20 gennaio 2017, ore 12: Donald Trump sarà il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America

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by Simone Balocco

Domani in Campidoglio, a Washington D.C. (District of Columbia), a mezzogiorno, si terrà come da prassi, il giuramento del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America: domani Donald John Trump diventerà ufficialmente il 45° Presidente degli USA.

Vincitore a sorpresa delle 58e elezioni Presidenziali americane tenutesi lo scorso 8 novembre, Trump succede a Barack Obama, Presidente dal 2009 e per due mandati consecutivi. Dopo otto anni torna alla Casa Bianca un esponente repubblicano: prima di Trump, l’ultimo fu George W. Bush, in carica dal 2001 al 2009.

Con il giuramento, terminerà il suo ruolo di “Elect President” (Presidente eletto), lo spazio di tempo che è andato dalla vittoria al giuramento. In questo lasso di tempo è iniziata una “collaborazione” tra di lui e il Presidente uscente per prepararsi al meglio e garantire un passaggio indolore di poteri. Il concetto di “Presidente eletto” non riguarda il Presidente uscente che ha vinto le elezioni.

Da domani, la nuova abitazione di Donald Trump sarà il 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington, la Casa Bianca, residenza del Presidente degli Stati Uniti d’America.

Donald Trump ha alcuni primati nella storia delle presidenze statunitensi: è il Presidente più anziano ad entrare in carica; è il primo Presidente a non aver mai ricoperto una carica politica nella sua vita (gli ex Presidenti sono stati in passato senatori, deputati, governatori di Stati, vice-Presidenti, Segretari di Stato, un Comandante in capo dell’Esercito continentale, due ambasciatori, tre generali dell’esercito, un Segretario della guerra ed uno del commercio); è il primo imprenditore ad insediarsi alla Casa Bianca, nonché colui con il patrimonio personale più grande. L’ultimo Presidente USA a non avere avuto un passato in politica fu Dwight Eisenhower (eletto nel 1953) in precedenza Comandante generale della Nato.

Il Presidente degli Stati Uniti ricopre diverse cariche e ha molti poteri: è contemporaneamente Capo di Stato, Capo del Governo, Comandante in capo delle Forze armate, oltre che responsabile delle funzioni esecutive del governo federale, della nomina dei giudici federali e dei giudici membri delle Corti d’appello e della Corte Suprema, nomina dei funzionari pubblici, Ha diritto di veto sulle leggi e concede la grazie.

Chi è Donald Trump – “The Donald” (come è stato soprannominato) è nato il 14 giugno 1946 nel quartiere newyorkese di Queens, da Fred e Mary McLeod, entrambi di origine europea (tedesca il padre, scozzese la madre). Iniziò a lavorare sin da giovane nell’azienda paterna, la “Elizabeth Trump & Son”, specializzata nelle costruzioni edili nella città di New York e nel suo hinterland. Nel 1971 divenne capo della società cui cambiò il nome in “The Trump Organization”: si impose come uno dei più grandi costruttori edili ed affaristi della Grande mela.

Noto per le sue costruzioni di lusso (una su tutte, la “Trump Tower”, alta 58 piani al numero 721 di Fifth Avenue, all’angolo con la 56a Strada) e per essere stato tra gli anni Ottanta e Novanta un personaggio televisivo ed aver partecipato ad alcune pellicole ed ad alcuni match di wrestling, ma non come concorrente. Trump ha investito molto in concorsi di bellezza e nello sport, in particolare nel football americano. Nota, ma controversa, è stata anche la sua università, la “Trump University”, con sede a New York, recentemente chiusa.

Il settimanale di attualità, politica ed economia “Time”, ha nominato Donald Trump “Persona dell’anno”: per la tredicesima volta la prestigiosa rivista ha indicato come persona influente dell’anno che si va a chiudere un Presidente degli Stati Uniti. Prima di lui hanno vinto, e la loro immagine è andata sulla copertina del primo numero di dicembre, Franklin Delano Roosevelt (tre volte), Harry Truman, Eisenhower (due volte, di cui una sola da Presidente), John Fitzgerald Kennedy, Lyndon B. Johnson (due volte), Richard Nixon (due volte, consecutive), Jimmy Carter, Ronald Reagan (due volte), George Bush senior, Bill Clinton (due volte), George W. Bush (due volte) e Barack Obama (due volte).

Ha spiazzato tutti a fine novembre quando ha annunciato che rinuncerà a tutte le sue cariche aziendali per evitare un conflitto d’interesse con la sua nuova carica per dedicarsi (giustamente) anima e corpo al difficile (ma prestigiosissimo) incarico che andrà a ricoprire, salvo poi smentirsi pochi giorni fa. Sarebbe stato un gesto inaspettato ma che, pensandoci, ha ben ragion d’essere: essere il Presidente degli Stati Uniti d’America significa essere l’uomo più potente del Mondo e ciò va fatto con piena coscienza e libertà d’azione.

Politicamente, Donald Trump rientra nella categoria dei conservatori, anche se il suo pensiero e i suoi discorsi sono ricchi di idee populiste. E proprio il suo populismo è ciò che preoccupa la maggior parte degli americani e del Mondo, visti i poteri che ha il Presidente degli Stati Uniti d’America. Il giorno dopo la sua elezione in tutto il Paese ci sono state molte manifestazioni spontanee di dissenso contro Trump.

Le chiavi del successo (politico) di Trump sono state il controllo dell’immigrazione clandestina, la riforma della celebre “Obamacare” sulla sanità; la diminuzione della spesa sanitaria per il governo; incentivi fiscali per il cittadino per l’acquisto di una polizza sanitaria e una serie di nuovi rapporti con la Cina e, per facilitare la ripresa delle aziende americane, proponendo di mettere una serie di dazi per i prodotti made in China.

Il baluardo della politica elettorale di Trump è stata l’intenzione di costruire un muro che dividerebbe Stati Uniti e Messico per bloccare gli arrivi negli States di persone dal pedigree criminale.

Altre proposte in campagna elettorale da parte del tycoon sono state la riforma del sistema fiscale, con l’esenzione del pagamento delle tasse alle persone che vivono sole non sposate con reddito inferiore ai 25 mila dollari e dei nuclei familiari con meno di 50 mila dollari. Trump punterà molto sul diritto al porto d’armi, la contrarietà all’aborto e ai divieto ai matrimoni tra persone omosessuali.

I capisaldi della politica di Trump riguarderà un giro di vite sull’immigrazione, il rilancio delle infrastrutture (strade e ponti, trasporti), la totale riforma della sanità (abbandono dell’”Obamacare”), attuare politiche contro il libero scambio e il rendere la Corte suprema molto conservatrice con giudici di origine conservatrice.

Nei suoi primi cento giorni di presidenza, Trump ha posto come prioritari la riforma fiscale, il controllo dell’immigrazione (in particolare quella clandestina), la riforma sanitaria e l’incentivazione ad un incremento dei posti di lavoro. In politica estera l’obiettivo è sconfiggere il famigerato Stato islamico e dovrà lavorare molto per piacere all’Europa, che vede la sua elezione come il fumo negli occhi: l’attuale Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, sembra molto anti-Trump, in quanto lo ritiene (a torto o a ragione) lontano dal Mondo politico ed economico, affermando che con lui si potrebbero perdere almeno due anni in attesa che si metta “in carreggiata”.

Se tutti conoscono il passato professionale di Trump, il suo orientamento di voto è sempre stato discusso: il magnate ha sostenuto in passato sia i repubblicani che i democratici, con un passato anche nel Partito riformista. E il sostegno non è stato solo di “voto”, ma anche di investimenti. Un anno e mezzo fa ha deciso di “scendere in campo” anche lui, annunciando la sua candidatura con il partito dell’elefantino contro Obama e la sua amministrazione. Mai nessuno, compresi i vertici del Partito, avrebbero pensato in una vittoria contro Hillary Rodham, data vincitrice da tempo.

Mike Pence, il vice- Trump – Nato a Columbus, Indiana, nel 1959, Michael “Mike” Pence sarà il quarantottesimo vice-Presidente degli Stati Uniti. Subentrerà a Joe Biden, vice- di Obama nei suoi otto anni di amministrazione. Pence, politico di professione, è stato in passato deputato dell’Indiana e dal 2013 a oggi governatore dell’Indiana.

Il vice-Presidente sostituisce il Presidente in caso di impedimento delle funzioni del Presidente ed in caso di morte del Presidente diventa Presidente fino all’indizione di nuove elezioni. E’ la prima carica in linea di successione, davanti allo speaker della Camera (l’equivalente del nostro Presidente della Camera dei Deputati). Nella storia degli USA è successo nove volte che un vice- sia diventato Presidente e cinque Vice siano diventati Presidenti (quattro all’elezione successiva): gli ultimi due sono stati Gerald Ford e George Bush senior, entrambi repubblicani.

La squadra di governo – Il Presidente degli Stati Uniti d’America è contemporaneamente capo di stato e di Governo. E dalle ore 12 anche il suo esecutivo diventerà operativo. Diventerà operativo anche il suo gabinetto, che si compone di alcune persone dal passato controverso e che non piacciono ad alcune esponenti repubblicani. Il ruolo più delicato è quello di Segretario di Stato, l’equivalente del nostro Ministro degli Affari esteri. Trump per quel ruolo ha scelto l’imprenditore Rex Tillerson, Amministratore delegato della Exxon Mobil, una delle compagnie petrolifere più potenti del Mondo e uomo che ha da sempre rapporti con Vladimir Putin e per questo motivo controverso. Prenderà il posto di John Kerry, in carica dall’”Obama II”.

Questa sarà la squadra di Donald Trump (cabinet Trump). Negli Usa i ministri sono detti “segretari”.

Rex Tillerson Segretario di Stato;

Steve Mnuchin Segretario del Tesoro;

Generale James Mattis Segretario della Difesa;

Jeff Sessions Procuratore generale (General Attorney);

Ryan Zinke Segretario agli Interni

Wilbur Ross Segretario del Commercio;

Andrew Puzder Segretario del Lavoro;

Tom Price Segretario alla Salute e ai Servizi Umani

Ben Carson Segretario alle politiche abitative e allo sviluppo urbano;

Elaine Chao Segretario ai trasporti;

Rick Perry Segretario dell’Energia;

Betsy DeVos Segretario dell’Istruzione;

David Shulkin Segretario degli Affari dei Veterani

Scott Pruitt Segretario dell’Ambiente;

John F. Kelly Segretario alla Sicurezza interna

Altri ruoli chiave

Tenente Generale Michael T. Flynn Consigliere della Sicurezza Nazionale;

Stephen Bannon Consulente strategico del Presidente;

Reince Priebus Capo di gabinetto della Casa Bianca;

Sean Spicer Portavoce della Casa Bianca;

Mike Pompeo direttore della CIA;

Nikki Haley Ambasciatrice presso le Nazioni Unite:

Scott Pruitt direttore dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente;

Robert Lighthizer rappresentante per il Commercio;

Mick Mulvaney direttore dell’Ufficio per la gestione e il bilancio;

Linda McMahon direttore dell’agenzia per le piccole imprese;

A oggi, il Segretario all’Agricoltura ed il direttore del Consiglio dei Consulenti Economici sono ancora da nominare.

L’età media della squadra di governo sarà di poco superiore ai 59,5 anni. Il sito “Internazionale” (via www.theatlas.com) ha riportato che il patrimonio netto del gabinetto Trump è maggiore di ben dieci Nazioni del Mondo (circa 35 mld di dollari).

Linea di successione alla carica di Presidente degli Stati Uniti d’America – In base al “Presidential Succession Act” del 1947 (e successive modifiche), questo è l’ordine di successione alla carica di Presidente degli Stati Uniti d’America nel caso in cui il titolare sia incapacità, morte, dimissioni e impeachement (e successiva condanna). Lo stesso discorso vale per il Presidente eletto.

  • I Vice-Presidente degli Stati Uniti d’America

  • II Presidente della Camera dei Rappresentanti

  • III Presidente del Senato

  • IV Segretario di Stato

  • V Segretario del Tesoro

  • VI Segretario della Difesa

  • VII Procuratore generale (Attorney General)

  • VIII Segretario all’Agricoltura

  • IX Segretario al Commercio

  • X Segretario del Lavoro

  • XI Segretario della Salute e dei Servizi umani

  • XII Segretario alla Casa e allo Sviluppo urbano

  • XIII Segretario ai Trasporti

  • XIV Segretario all’Energia

  • XV Segretario all’Istruzione

  • XVI Segretario agli Affari dei Veterani

  • XVII Segretario alla Sicurezza interna

Il giuramento – Domani alle ore 12, come detto, si terrà l’Inauguration Day, la cerimonia che prevede il giuramento e l’entrata in carica del Presidente e del suo vice-.

Alla cerimonia di insediamento saranno presenti i membri del Congresso, i giudici della Corte suprema, alti ufficiali dell’esercito e anche il Presidente uscente. Anche il vice-Presidente giurerà e lo farà prima del Presidente.

Il Presidente giurerà a mezzogiorno nelle mani del Presidente della Corte suprema e il discorso di giuramento è lo stesso in uso dal 1884: “Giuro solennemente di adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti, e di preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità”. Non appena Trump reciterà queste parole, la banda eseguirà quattro rulli di tamburi e fanfare e l’inno “Hail to the Chief”, seguito da ventuno salve d’obice della “Presidential Salute Battery” del 3º reggimento di fanteria degli Stati Uniti.

George Washington, il primo Presidente, si insediò il 30 aprile 1789 e giurò nella Federal Hall di New York ventiquattro giorni dopo la sua elezione. Nel 1801, Thomas Jefferson fu il primo a giurare a Washington, diventata allora capitale federale.

Fino al 1937 il giorno dell’Inauguration Day si teneva il 4 marzo, mentre dal giuramento di Dwigth Eisenhower l’Inauguration day si tiene il 20 gennaio: Trump è il 12° Presidente a giurare il 20 gennaio. John Adams, il secondo Presidente, è stato il primo a giurare il 4 marzo: era il 1797 e quel giorno (ogni quattro anni) ha coinvolto venticinque Presidenti. In quattro occasioni, tra il 1793 ed il 1933, il giuramento è stato fatto il 5 marzo in quanto era domenica (Monroe, Taylor, Hayes e Wilson).

Con la nuova data, la cerimonia solo in tre occasioni si è tenuta il 21 gennaio, in quanto il 20 era domenica: “Eisenhower II”, “Reagan I” e “Obama II”.

Dal 4 marzo 1867 al 20 gennaio 1977, l’Inauguration day si tenne nel portico est del Campidoglio, mentre dal 20 gennaio 1981 (Reagan I) si tiene sul lato ovest. Gli insediamenti di William Howard Taft e del Reagan II (nel 1909 e 1985) si tennero dentro il Campidoglio.

I primi giorni da Presidente eletto di Trump – La campagna elettorale tra Trump e la Rodham è stata combattuta a viso aperto tra i due candidati: dopo una fase iniziale di rispetto, in estate sono volati, come si dice in gergo, gli stracci. In particolare a partire dal secondo dibattito televisivo (quello del 9 ottobre 2016 alla Washington University di Saint Louis, nel Missouri, con la moderazione da parte di Martha Raddatz e Anderson Cooper di CNN e ABC) tra Trump e la Rodham il dibattito è caduto molto basso, con colpi bassi, polemiche ed insulti (una su tutte, la vicenda delle violenze alle donne uscita a settembre aveva affossato Trump). La vittoria del tycoon ha portato in strada molti americani a protestare contro la sua elezione al grido di “Trump is not my President” (Trump non è il mio presidente), con arresti da parte della polizia.

Eppure dopo di allora Trump ha cambiato modi di porsi ed atteggiamenti, soprattutto le parole. Ha destato interesse il cambio dei toni, in quanto il Presidente eletto ha cambiato il linguaggio. Che Trump si sia “istituzionalizzato”? Ovviamente si, in quanto ora Trump è a capo della potenza economica e militare del Mondo e ha delle responsabilità molto importanti.

Eppure da oltre un mese è nata una querelle con la Cina, dovuta al fatto che la Presidente di Taiwan abbiamo chiamato Trump per congratularsi e parlando di “Cina unica” (una convenzione diplomatica istituzionalizzata nel 1979 e tuttora in vigore) ha destato scalpore. Il Presidente cinese ha detto che la politica estera americana verso la Cina è partita con il piede sbagliato, definendo Trump “immaturo” diplomaticamente e “superficiale” di storia dei rapporti tra i due Stati. Taiwan è riconosciuto solo da ventidue Stati al Mondo (Città del Vaticano l’unica europea) e da nessuno dei cinque del Consiglio di Sicurezza dell’Onu con diritto di veto.

Per una politica americana che pare lontana dalla Cina (è ciò è stato ben specificato nella campagna elettorale di Trump), ecco una politica estera vicina a Mosca e anche questo è stato ben specificato in campagna elettorale. La Rodham ha accusato Trump di essere troppo legato a Putin e alla Russia, visto con il fumo negli occhi nella passata amministrazione. Insomma, la foreign policy della nuova amministrazione americana parte con il piede sbagliato.

Trump, coerente con il suo pensiero, ha confermato il suo avvicinamento con Putin, tanto che il Segretario di Stato sarà Rex Tillerson, Amministratore delegato di Exxon, compagnia petrolifera con fortissimi affari con la Russia.

La CIA ha reso noto il fatto che gli hacker russi abbiamo interferito nelle votazioni presidenziali per “aiutare” Trump a vincere.

L’importanza del Collegio elettorale – Come abbiamo imparato a conoscere alla vigilia del voto dell’8 novembre scorso, il sistema elettorale americano è molto particolare rispetto a quelli utilizzati non solo in Italia ma anche nel Mondo. Il Presidente degli Stati Uniti d’America è votato in via indiretta: i 130 milioni di americani chiamati alle urne hanno espresso il loro voto ed il candidato più votato si prende un tot di delegati (detti Grandi elettori) in base a quanti deputati può eleggere alla Camera dei deputati in base al numero di abitanti residenti in quello Stato (più abitanti, più delegati). Sono in palio 538 Grandi elettori: il primo candidato che arriva a 270 (maggioranza relativa) vince le elezioni: l’8 novembre Trump ha preso 306 Grandi elettori mentre la Rodham 232.

La somma di 538 si ottiene dalla somma del numero dei deputati (435), dei senatori (100) e dei tre Grandi elettori di Washington DC.

L’8 novembre sono anche arrivati i voti per corrispondenza: tra i quarantacinque e i quattro giorni prima, avevano già votato molti americani inviando la loro scheda direttamente da casa con posta ordinaria.

Lo scorso 19 dicembre si è riunito il Collegio elettorale dove i 538 Grandi elettori provenienti dai cinquanta Stati che compongono gli States hanno votato su due schede il loro Presidente ed il loro vice-Presidente in base al voto popolare nel loro Stato di provenienza. In base alla riunione del Collegio elettorale, Donald Trump è stato confermato “Presidente eletto” e domani sarà l’erede di Obama.

La storia ha visto la presenza dei cosiddetti “elettori infedeli” (Faithless electors), vale a dire Grandi elettori che non hanno votato per il Presidente scelto dagli elettori del loro Stato. Solo in sei casi è successo questo “tradimento”: nonostante qualcuno abbia votato “contro”, alla fine ha vinto le elezioni il Presidente eletto, ovvero il Presidente che ha ottenuto almeno 270 Grandi elettori. L’”elettore infedele” in caso di voto “contro” può pagare una penale di circa mille dollari.

Le prime volte dell’amministrazione Trump – Per la prima volta nella storia dei Presidenti americani, l’inquilino della Casa Bianca è al terzo matrimonio: prima dell’attuale moglie Melania Knauss, il tycoon è stato sposato dal 7 aprile 1977 all’8 giugno 1992 con la (allora) cecoslovacca Ivana Zelníčková e dal 19 dicembre 1993 all’8 giugno 1999 con Marla Maples. E’ sposato con la ex modella slovena dal 22 gennaio 2005. Da questi matrimoni, Trump ha avuto cinque figli (tre con Ivana ed uno con la Maples e uno con la Knavs) e 8 nipoti.

Melania Knavs Trump avrà due primati: sarà la prima First Lady non nativa americana (è nata in Slovenia) e la prima a non soggiornare nella Casa Bianca in quanto ha detto che rimarrà a New York per aiutare il figlio Barron William con la scuola. Melania Trump “subentra” a Michelle Robinson Obama.

La vittoria inaspettata dell’8 novembre 2016 – Donald Trump ha vinto da clamoroso outsider le elezioni presidenziali americane dello scorso 8 novembre. Su 130 milioni di aventi diritto al voto, 62,4 milioni di americani hanno votato per l’esponente repubblicano mentre 65,1 per l’avversaria, l’esponente democratica Hillary Rodham Clinton, Segretario di Stato nel primo mandato di Barack Obama, già senatrice di New York e First Lady durante la presidenza del marito Bill Clinton (1993-2000). Nonostante abbia preso più voti, la Rodham ha perso in quanto ha avuto 232 Grandi elettori contro i 306 di Trump.

La campagna elettorale tra i due contendenti è stata molto particolare, in quanto si sono fronteggiati due candidati diametralmente opposti non solo nella politica ma anche nello stile e nella comunicazione.

Donald Trump ha vinto in tre Stati dove la vittoria sancisce, praticamente, la vittoria finale: Florida, Ohio e Pennsylvania, conquistati da Obama nelle scorse elezioni. Inoltre il tycoon ha vinto in Michigan e Wisconsin, Stati tradizionalmente vicini al voto democratico.

Se la Rodham ha attecchito tra i bianchi e le persone con alto reddito, Trump ha preso voti dai senza titoli universitari e tutti quelli con un basso reddito.

Trump avrà dalla sua il fatto che Camera e Senato saranno a maggioranza repubblicana, in quanto contestualmente al voto dell’8 novembre, gli americani hanno anche votato il rinnovo totale della Camera (435 membri, di cui 234 almeno repubblicani) ed 1/3 dei senatori (la maggioranza ora è 51 a 44, con due indipendenti), oltre a dodici governatori, con la “presa” repubblicana di Vermont e Missouri. Il 6 gennaio si è insediato il nuovo Parlamento americano (il Congresso).

Il motivo della sconfitta della Rodham, data per vincitrice secondo i sondaggi, è, a questo punto, chiaro: la democratica rappresentava l’establishment, mentre Trump l’incarnazione del miracolo americano, per il quale negli USA non solo si può diventare ricchi partendo da zero, ma anche candidarsi a Presidente senza avere un pedigree politico e vincere. La Rodham era la continuità con Obama, mentre Trump rappresentava il nuovo contro la politica fatta dal primo presidente afroamericano e le ha fatto le pulci soprattutto in politica estera (quello che interessa maggiormente il Mondo), sulla situazione in Libia e nella lotta al terrorismo internazionale. Senza contare la querelle sulle email. E il candidato repubblicano ha spesso calcato la mano contro la Rodham sul discorso delle email, asserendo che se ha fatto queste cose con negligenza, figurarsi cosa potrebbe fare se venisse eletta.

Un motivo della sconfitta, a livello statistico, è che è difficile (ma non impossibile) che un partito esprima il Presidente per tre mandati consecutivi: i Democratici hanno avuto Presidenti dal 1801 al 1829, mentre i Repubblicani gli hanno avuti dal 1861 al 1889, dal 1897 al 1913, dal 1921 al 1933 e dal 1981 al 1993.

Perché ha vinto Trump? – Il tycoon ha cavalcato l’onda della insoddisfazione che si è perpetrata negli States negli ultimi venti anni. Nonostante sia stato sempre considerato il candidato meno giusto, Trump è riuscito a fare breccia nel cuore degli americani, anche se molti lo considerano un voto di protesta contro il “sistema”.

Se la candidatura della Rodham ha raccolto verso di sé la quasi totalità di tutto l’apparato dell’”asinello”, quella di Trump ha da sempre spaccato il Grand Old Party che negli ultimi mesi aveva anche pensato di ritirarlo dalla competizione, viste alcune sue affermazioni e soprattutto dopo le accuse di violenza sessuale ed evasione fiscale.

La vittoria di Trump ha spiazzato i mercati finanziari e tutte le Borse mondiali il 9 novembre e nei giorni successivi hanno tutte chiuso in forte negatività, con un rialzo dei prodotti farmaceutici e degli armamenti ed un ribasso delle società che commercializzano con il Messico e nelle risorse energetiche rinnovabili. Nei giorni successivi alle elezioni, e ancora oggi, i toni di Trump si sono acquietati e sono diventati più “presidenziali”.

Donald Trump ha vinto contro tutto e tutti in maniera clamorosa ed inaspettata. E, come accade anche dalle nostre parti, il trionfo dell’imprenditore di New York ha anche sancito il totale fallimento dei sondaggi: Trump è stato solo in alcuni (e sparuti) casi davanti alla Rodham e si pensava che mai avesse recuperato e mai l’avrebbe superata. Ed invece, nel silenzio dell’urna, oltre 62 milioni di americani gli hanno dato il voto, consapevoli forse di non aver trovato il candidato migliore, ma di sicuro un nuovo politico con la speranza di poter risolvere le problematiche della classe medio-bassa americana cercando di farla tornare a sorridere dopo anni di crisi.

Se come deputati, senatori, governatori ed ambasciatori gli americani hanno avuto persone lontane dalla politica (da Sonny Bono a Arnold Schwarzenegger, da Ronald Reagan a John Glenn a Jesse Ventura, da Shirley Temple all’imprenditore circense P. T. Barnum), per la prima volta nella loro storia un imprenditore di successo (anche se controverso) è riuscito a vincere le elezioni ed impossessarsi della Casa Bianca. Un altro caso di American dream.

Da domani inizierà, senza dubbio, un nuova era sia per gli States che per il Mondo. In bocca al lupo, Mister President.

Articolo redatto con la collaborazione di Paola Maggiora

l’immagine in evidenza di Donald Trump è stata tratta da www.qelsi.it

l’immagine della Casa Bianca è stata tratta dal sito www.urbanpost.it

l’immagine dello Studio ovale è stata tratta dal sito www.politica.excite.it