25 novembre 2020: siamo tutti orfani di Diego Armando Maradona, l’”aquilone cosmico” del calcio

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di Simone Balocco

La notizia della morte di Diego Armando Maradona, nel tardo pomeriggio italiano di mercoledì 25 novembre, è piombata come un fulmine a ciel sereno.

Sessant’anni compiuti lo scorso 30 ottobre, l’ex calciatore argentino è morto nella sua Buenos Aires a causa di un arresto cardiocircolatorio: lo scorso 4 novembre si era sottoposto ad un delicato intervento alla testa per asportare un ematoma subdurale e dall’11 novembre era tornato a casa per la convalescenza. Poi la notizia che nessuno avrebbe voluto sentire: la morte del Dio del calcio.

Perché mercoledì 25 novembre, giorno di Santa Caterina d’Alessandria, è morto quello che è considerato come il più forte calciatore di tutti i tempi. Amato e detestato, venerato e criticato: Diego Armando Maradona non è mai stato un personaggio banale. Come non banale è stata la sua vita: una montagna russa partita da Villa Fiorito, periferia povera di Buenos Aires, con la cima del Mondiale vinto (da solo) nel 1986 in Messico, i trionfi con il Napoli e poi la caduta tra brutte storie legate al consumo di droga, amicizie poco raccomandabili, doping, problemi di salute.

Non appena è uscita la notizia della morte di Maradona, tutti i canali televisivi hanno interrotto le discussioni sul Covid-19 per parlare della morte del talento. Per non parlare dei social network, con tutti gli appassionati di calcio e del talento argentino che hanno postato un ricordo, un’immagine o una rete di questo giocatore piccolo, tracagnotto e con i capelli ricci che è considerato un Maestro del calcio. Il Napoli, sui social, ha il logo listato a lutto e la home page del sito ha un’immagine del pibe de oro e la scritta “Per sempre. Ciao Diego”.

Se il Maradona-uomo è stato (magari) deprecabile, il Maradona-calciatore è stato un qualcosa di fantastico, il Calcio con la C maiuscola. Ed il destino ha voluto che Maradona lasciasse il Mondo terreno in occasione dei 15 anni dalla scomparsa di un altro genio e sregolatezza del calcio mondiale: George Best. E Best e Maradona sono considerati degli immortali del calcio e fra cinquant’anni si parlerà ancora di loro e di cosa hanno dato al calcio.

La notizia della morte di Maradona ha rattristato i napoletani e tutti i tifosi del Napoli: una folla di tifosi si è recata nei Quartieri Spagnoli dove c’è un grosso murales e tutti si sono stretti (nonostante il Covid 19) in un abbraccio collettivo in ricordo del loro Eroe. E Napoli e Maradona sono un legame inscindibile: basti pensare che in piazza Nilo è presente un’edicola votiva con una sua immagine con indosso la maglia azzurra del Napoli che è motivo di attrazione per il centro della città partenopea.

Cosa è stato però Maradona? Possiamo parlare di lui rubando una frase iconica del film “Amici miei atto II” di Mario Monicelli del 1982”, quando Melandri-Moschin definì il “genio” con queste parole: “È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione”.

Ed il Pibe de oro (uno dei suoi soprannomi) è stato un genio e per capirlo basta vedere i filmati delle sue giocate. Non solo quelle con la maglia del Napoli, ma anche quelle con la maglia dell’Argentina, del Boca Juniors e della sua affermazione con la maglia dell’Argentinos Juniors. E proprio lo stadio dei “bichos colorados”, la “Paternal”, dal 2003, è intitolato a lui e sicuramente anche lo stadio di Napoli verrà intitolato alla memoria di Maradona: dalla sera di mercoledì il “San Paolo” è acceso a giorno in ricordo della gesta del pibe de oro su quel manto erboso. Un segno di rispetto e gratitudine verso colui che ha reso il Napoli, tra il 1984 ed il 1991, una delle quattro squadre italiane più forti del periodo, e che ha portato in alto il nome della città di Napoli che prima degli anni di Maradona era una città problematica.

La storia calcistica di Maradona nasce con la maglia biancorossa dell’Argentinos Juniors con cui debuttò in Primera División a 16 anni nel 1976. Si diceva di lui che fosse un fenomeno, un prodigio ed un predestinato. Con la squadra delle “formiche rosse” rimarrà fino al 1981, quando passò ad una delle due big argentine, il Boca Juniors.

Maradona approdò a 21 anni alla Bombonera, lo stadio dei xeneizes, con in tasca due classifiche marcatori vinte, due titoli di miglior giocatore sudamericano e la vittoria del Mondiale Under20 di categoria nel 1979 in Giappone.

Con gli azul y oro militò una sola stagione e nell’estate 1982 fu convocato dal Ct Menotti per il Mondiale spagnolo: avrebbe dovuto essere convocato per il Mondiale casalingo di quattro anni prima, ma lo stesso Menotti lo lasciò a casa perché lo considerava ancora troppo giovane per giocare un Mondiale.

L’Italia lo ammirò proprio nel Mundial spagnolo perché l’Albiceleste era nello stesso girone della seconda fase dell’Italia e tutti si ricordano della marcatura “a francobollo” di Claudio Gentile su di lui.

Dopo il Mondiale rimase in Europa ed in Spagna, firmando un contratto con il Barcellona: el pelusa (il suo primo, storico, soprannome) sbarcava nel Continente dove avrebbe fatto vedere a tutti che era il più forte di tutti.

Rimase in Catalogna due stagioni che però non furono per nulla esaltanti ed il giocatore subì, inoltre, anche un grave infortunio alla caviglia il 24 dicembre 1983 nel match contro l’Athletic Club con il fallaccio da macellaio di Andoni Goikoetxea: era il 24 settembre 1983 e si temette per il proseguo della carriera del giocatore.

L’estate successiva lasciò Barcellona e tutti noi sappiamo dove andò a giocare-

Il 5 luglio 1984 per i tifosi del Napoli fu un giorno da ricordare per sempre, un giorno indimenticabile. Il motivo? Diego Armando Maradona uscì dal tunnel sotterraneo dello stadio “San Paolo” e fu presentato ai tifosi e alla stampa. Lo stadio di Fuorigrotta era pieno come un uovo solo per vedere dal vivo questo 24enne dal talento incredibile palleggiare per qualche minuto. Corrado Ferlaino, allora Presidente del Napoli, aveva fatto un regalo incredibile non solo ai suoi tifosi e alla sua città, ma a tutto il calcio italiano. E l’Ingegnere sborsò ben 13 miliardi al club presieduto allora da Josep Lluís Núñez: un costo esorbitante, un salasso. Ma con il senno di poi, ne valse la pena.

Maradona in Serie A giocò sette stagioni dove vinse due scudetti (1986/1987; 1989/1990), una Coppa Italia (1986/1987), una Supercoppa italiana (1990) ed una Coppa UEFA (1988/1989). Vinse anche la classifica marcatori della stagione 1987/1988 con sedici reti.

Il Napoli in quel periodo conquistò, inoltre, due secondi posti, un terzo, un settimo ed un ottavo. La stagione 1990/1991 fu la sua ultima con la maglia del Napoli: la positività ad un controllo antidoping il 17 marzo 1991 lo fece squalificare per 18 mesi e quel giorno finì la sua carriera nel Napoli.

Con la maglia azzurra, Maradona disputò 259 partite, segnando 116 reti: il suo primato è durato fino al 23 dicembre 2017, quando fu superato da Marek Hamšík: oggi il Pibe de oro è il terzo top scorer, superato anche da Mertens che a sua volta ha superato anche lo stesso Hamšík.

Nel 1992 Maradona accettò l’offerta del Siviglia dove fece benino e nell’estate 1993 tornò in Argentina, dove giocò cinque partite con il Newell’s Old Boys di Rosario e chiuse la carriera con il Boca Juniors all’età di 37 anni nel 1997.

Ma Diego Armando Maradona fu strepitoso con la Nazionale di calcio dell’Argentina dove fu il traino, il faro, il genio e la sregolatezza da 1977 al 1994. In mezzo 91 partite e trentaquattro gol, con quattro Mondiali (1982-1986-1990-1994) e tre Copa America disputate.

Se si pensa a Diego Armando Maradona e alla Nazionale la mente va ad un luogo e ad una data: Stadio di Città del Messico, 22 giugno 1986, quarto di finale del Mondiale contro l’Inghilterra. Lì Maradona divenne mito immortale del calcio. Il match fu vinto dall’Albiceleste per 2-1 proprio con una doppietta del suo fenomenale numero 10. Due reti epiche, icone, indimenticabili: il “gol della mano di Dio” ed il “gol del secolo”.

Nel primo caso, al minuto 51’, Maradona si scontrò in area icon il portiere avversario Shilton. Sembrò che Maradona toccasse con la testa il tiro andato poi in rete, ma si vide che in maniera netta il giocatore toccò la palla con la mano. Tutti videro il fallo meno l’arbitro Alì Bennaceur, circondato dai giocatori inglesi che protestavano ma lui convalidò la rete del vantaggio

Ma, quasi per farsi perdonare del gesto furbo di prima, al minuto 57, lo stesso Maradona prese passa a centrocampo dal compagno Héctor Enrique.

Maradona ed Enrique erano nella metà campo argentina e lì inizio lo show del capitano argentino: in quattordici secondi e toccando tredici volte il pallone, il pibe de oro si involò verso la porta di Shilton scartando, palla al piede, ben cinque avversari e lo stesso Shilton per il gol del 2-0. Quel gol è considerato da tutti come “il gol del secolo” e proprio mercoledì il video di quella rete è stato rivisto da tutti quanti. In particolare quell’azione non può non essere vista se non ascoltando il commento del giornalista Victor Hugo Morales

…la tocca per Diego, ecco, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due, tocca la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga…sempre Maradona….genio, genio, genio..c’è c’è c’è…goooool…voglio piangere…Dio santo, viva il calcio…golaaaaazooo…Diegooooool…Maradona…c’è da piangere, scusatemi…Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi…aquilone cosmico…da che pianeta sei venuto per lasciare lungo la strada così tanti inglesi? Perché il Paese sia un pugno chiuso che esulta per l’Argentina…Argentina 2 Inghilterra 0…Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona….Grazie Dio per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2 Inghilterra 0…”.

Dopo il ritiro da calciatore, Maradona intraprese la carriera di allenatore, iniziando con il Mandiyú di Corrientes e con il Racing Club de Avellaneda. Erano il 1994 ed il 1995 e nel 2008, a grande sorpresa, Maradona divenne Ct della Nazionale argentina che qualificò al Mondiale sudafricano del 2010, dove uscì ai quarti di finale per mano della Germania.

Tra il 2011 ed il 2020, Maradona ha allenato con scarse fortune negli Emirati Arabi, iN Messico e Argentina e dallo scorso anno era allenatore del Gimnasia La Plata, club dell’omonima città a 60 km da Buenos Aires: una piccola squadra, con un solo titolo nazionale vinto 81 anni fa ma con una tifoseria molto calda e vicina alla squadra.

L’Argentina ha indetto tre giorni di lutto nazionale in onore e per rispetto verso uno dei suoi cittadini più importanti. Sicuramente il più forte calciatore di sempre.

Sono tante le istantanee di Diego Armando Maradona

  • l’intervista premonitrice rilasciata nel 1972, a dodici anni, dove gli venne chiesto quali erano i suoi sogni e lui disse che il primo era di giocare un Mondiale e il secondo di vincerlo;

  • l’amichevole giocata ad Acerra nel 1985 nel fango per raccogliere fondi per il figlio di tifoso del Napoli gravemente malato:

  • ll gol della mano de dios:

  • il gol del secolo;

  • il gol da centrocampo contro il Verona;

  • la punizione contro la Juventus;

  • il palleggio con le scarpe slacciate nel pre-gara della semifinale di Coppa Uefa contro il Bayern Monaco;

  • l’urlo dopo il gol contro la Grecia ai Mondiali di Usa ’94

Dal 25 novembre 2020, Diego Armando Maradona non è più tra noi. Nessuno si dimenticherà mai di lui: uomo povero diventato grande e idolo dei poveri.

Non sarà stato un esempio, ma ciò che lui ha dato al calcio rimarrà sempre impresso nella testa, nella mente e nei cuori di tutti gli appassionati di calcio. E non solo.

immagine in evidenza tratta da www.stylo24.it