Salvate il soldato Novara

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by Simone Balocco

calcio

Ventotto partite giocate (ventinove contando il match di Coppa Italia disputato contro il Piacenza), tredici sconfitte (quattordici contando la partita contro i biancorossi emiliani): questo è il rullino di marcia del Novara a 2/3 di campionato. Una stagione, senza ombra di dubbio, delle più incolori della storia recente azzurra. Senza contare che in casa, tra le mura amiche, la squadra prima di Corini e ora di di Carlo ha racimolato la miseria di tre vittorie vittorie e quattro pareggi in quattordici incontri disputati. A oggi, nel complesso, solo l’Ascoli, con quattordici sconfitte, ha perso più partite.

E l’ultima sconfitta azzurra, l’altro ieri in viale Kennedy contro il Foggia nel terzo turno infrasettimanale della stagione, ha lasciato i (pochi) supporter presenti al “Piola” sbigottiti: 0-1 per i pugliesi che hanno giocato in inferiorità numerica per 67 minuti tirando dalle parti di Montipò complessivamente due volte. Di contraltare il Novara ha avuto sempre il pallino del gioco e si è fatto vedere dalle parti di Guarna in almeno sei occasioni. Peccato che, a parte forse in un’occasione, l’ex portiere dello Spezia dello storico 0-6 del “Picco” di cinque anni fa non è stato mai veramente impegnato.

Novara che aveva già perso sabato scorso ad Avellino contro un avversario sempre ostico da affrontare in casa propria, ma allora privo di ben cinque elementi. L’effetto di Carlo sembra essere scemato dopo il convincente 3-1 del “Tombolato” ed il pareggio contro lo Spezia, ma ora per gli azzurri la classifica si fa molto pericolosa: 16a posizione a due punti dalla quint’ultima (la Virtus Entella) che giocherebbe i play out per rimanere in Serie B. Senza contare che il Cesena (quart’ultimo a -3 dal Novara) ha una partita in meno perché martedì sera le avverse condizioni climatiche non gli hanno permesso di affrontare la Pro Vercelli (terz’ultima con quattro punti dietro il Novara) in ripresa dopo il secondo ritorno di Grassadonia in panchina.

Novara che deve guardarsi pericolosamente alle spalle, anche perché il calendario nelle prossime partite non gli è favorevole: sabato ci sarà la trasferta allo “Stirpe” di Frosinone e poi due partite casalinghe consecutive contro Brescia e Palermo. Si dice che giocare in casa sia più vantaggioso del giocare fuori, ma visto l’andamento della squadra del presidente de Salvo tra le mura amiche, le partite interne contro due ex allenatori azzurri (Boscaglia e Tedino) potrebbero essere decisive per la prosecuzione positiva del campionato.

Andiamoci piano però: mancano ancora quattordici partite alla fine del campionato, divise equamente fra “Piola” e trasferte, per un totale di quarantadue punti a disposizione. Nulla è compromesso, ma quello che spaventa di più i tifosi è la scarsa reattività della squadra dinnanzi alle problematiche: in questo 2018, Casarini e compagni in sette partite hanno racimolato sette punti sui ventuno a disposizione, segnando sette reti ed incassandone dieci.

Le ultime due partite giocate sono sintomatiche: errori di concentrazione, errori di marcatura, poca grinta e reattività, difesa molto in difficoltà, centrocampo che non filtra e attacco spuntato (tanto che al “Partenio Lombardi” ha segnato Calderoni, “professione” terzino sinistro). Senza contare che molti giocatori sono molto sotto le aspettative di inizio stagione: da un Ronaldo che va troppo ad intermittenza ad un Dickmann che in quattro partite con di Carlo è sempre stato sostituito (avendone giocate ben dieci consecutive per intero con Corini prima del suo esonero), da Maniero e Macheda che sono ancora a bocca asciutta in questo anno nuovo (e non segnano rispettivamente da dicembre e novembre) a Sciaudone. E proprio l’ex giocatore dello Spezia è il più criticato dai tifosi non solo per i tanti errori commessi in campo, ma anche per alcuni gesti, come l’aver preso due cartellini contro il Foggia in poco più di venti minuti di gioco, tornando in campo dopo tre panchine consecutive. E sabato allo “Stirpe” il numero 9 bergamasco sarà assente per squalifica, lasciando il centrocampo azzurro con un uomo in meno a disposizione.

Cosa sta succedendo al Novara? Come mai una squadra con un grosso monte ingaggi è così indietro in classifica e fa spazientire i tifosi? E’ una squadra nel complesso buona (sulla carta), ma che sembra essere entrata in un girone dantesco dove sfortuna, errori, scarsa vena e ingenuità la fanno da padroni.

Tanti danno anche la colpa alla società, rea di aver allestito una squadra non all’altezza della situazione e di non essere intervenuta in maniera importante nel mercato di gennaio. La cessione di da Cruz ha dato molta linfa alle casse societarie, ma il ds Teti è riuscito a portare a casa solo tre prestiti secchi (Puscas, Maracchi e Seck) senza intervenire dove la squadra aveva grosse lacune. Dei tre arrivi il numero 19 rumeno è quello più positivo, perché da quando è “atterrato” a Novarello ha giocato cinque partite segnando cinque reti e ad oggi è il top scorer della squadra (alla pari di da Cruz e ceduto a gennaio al Parma), ma ci si sarebbe aspettato di più. Maracchi ha giocato a oggi solo 35 minuti, mentre il senegalese non è mai sceso in campo in cinque panchine.

La brutta sconfitta contro l’Ascoli ha portato all’addio di Corini, tecnico molto positivo dal punto di vista umano ma non ancora un top coach, e all’arrivo di di Carlo, forse il miglior tecnico che de Salvo potesse prendere per la sua “creatura” a febbraio. I tifosi non mettono in discussione l’operato del nuovo mister, ma vogliono che uno delle sua esperienza possa risvegliare la squadra. Ovviamente il tecnico di Cassino fa quello che può e deve fare i conti con un Sansone che non segna dal 13 maggio 2017, un Maniero troppo statico in attacco, un di Mariano che gioca con il contagocce ma che ha una voglia matta di fare gol, Macheda che sembra il lontanissimo parente di quello visto la scorsa stagione. Oltre a capitan Casarini, lontano dalla forma migliore (anche psicologica), Ronaldo che va troppo a sprazzi e rallenta la manovra ed un reparto difensivo davvero in difficoltà. I giocatori del reparto arretrato (come nomi) sono invidiati da molti tifosi avversari, ma a oggi i gol subiti dal Novara sono ben trentacinque (1,25 gol a partita). Troppi per sperare di arrivare (di questo passo) a maggio tranquilli.

La fortuna bisogna anche cercarsela, ma questo Novara è anche un po’ troppo sfortunato perché non è la prima volta che gli avversari fanno bottino pieno con il minimo degli sforzi, ovvero vincere con un gol nato tramite un solo tiro in porta, mentre gli azzurri hanno più volte provato a impensierire i portieri avversari, segnando però ad oggi trentuno reti (1,10 gol a partita).

Fortuna o non sfortuna, questo Novara non va per nulla bene e paragonato agli altri campionati cadetti dal primo ritorno in Serie B della stagione 2010/2011, il confronto è disarmante: -21 punti rispetto al Novara di Tesser, -8 rispetto a quello di Aglietti (stagione della remuntada), quattordici punti in meno di quello di Baroni e nove in meno di quello dello scorso anno. L’unico valore “positivo” è che il Novara di oggi ha gli stessi punti del Novara targato Aglietti della stagione 2013/2014, quella della retrocessione in Lega Pro. La paura che tutti hanno è che la squadra finisca nel baratro come allora e che non riesca più a risalire la china.

La strada è ancora lunga, ma il percorso rischia di essere davvero impervio. I tifosi del Novara non meritano di soffrire come stanno facendo: nonostante la scarsa presenza sugli spalti martedì sera (dovuta anche alle temperature freddissime di questi giorni), i supporter hanno cantato e supportato la squadra, nonostante tutto, dal 1′ al triplice fischio. Sia in casa che in trasferta.

Questo Novara deve essere salvato come il soldato Ryan della pellicola di Steven Spielberg: tutta la tifoseria azzurra deve trasformarsi nel capitano John Miller del caso e trascinare la squadra fuori dalle zone basse della classifica come fecero gli americani a Omaha Beach per salvare l’Europa dal giogo nazifascista dopo il D-Day.

La storia non si ripete mai due volte, ma retrocedere in Serie C non è mai (nel caso) una cosa bella.