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“Sospesi. Diario di una pandemia”: dal 29 settembre 2020 la mostra fotografica di Paolo Trainito all’Ospedale Maggiore di Novara

DiPaola Maggiora

Set 27, 2020

di Paola Maggiora

Martedì 29 settembre 2020 alle ore 12.00, si terrà l’inaugurazione della  mostra fotografica di Paolo Trainito dal titolo “Sospesi. Diario di una pandemia”, in occasione della “Giornata del ringraziamento”. Questa mostra sarà visitabile dal 29 settembre all’11 ottobre 2020 presso il quadriportico dell’AOU “Maggiore della Carità” in corso Mazzini, 18 a Novara.

Paolo Trainito nato a Gela il 15.10.1975, si trasferisce a Novara nel 2004. Laureato in economia, lavora presso una società di ingegneria di Milano. La sua passione per la fotografia è nata a seguito della possibilità di girare il mondo e di entrare in contratto con tante persone e tante culture diverse, si è sviluppato un istinto immediato, per impressionare su pellicola volti, luoghi e spazi che sempre regalano unicità.

L’autore ci ha dedicato parte del suo tempo e ci ha spiegato in cosa consiste questo evento e da cosa ha preso spunto.

Da cosa è nata questa idea di fotografare attimi di vita proprio nel periodo più caldo della pandemia?

L’urgenza di voler lasciare una testimonianza. Il bisogno di dire grazie a tutti coloro che in questo momento drammatico si sono presi cura, hanno rischiato la loro vita e cambiato abitudini non solo personali, ma anche familiari. E lo stimolo più grande di mettermi in gioco e di rischiare l’ho trovato in casa: tutte le sere nel vedere gli occhi di mia moglie medico.

Come è stata gestita l’entrata e la preparazione (tuta, mascherina, guanti, protezioni in generale) in alcune zone “protette” dell’ospedale? I pazienti sapevano di essere fotografati? Reazioni?

Naturalmente il mio ingresso in ospedale e l’entrata nei diversi reparti è sempre stata protetta, il personale di ogni singolo reparto mi ha fornito il materiale di protezione e mi ha supportato nella mia indagine. Sono entrato in punta di piedi con un velo davanti all’obiettivo. Ho cercato di rappresentare quella realtà con profondo rispetto per chi in qual momento non sapeva, magari non voleva essere fotografato e l’ho fatto con tenerezza. Quasi tutti sapevano di essere fotografati tranne i pazienti intubati. Ho avuto la fortuna di incontrare i pazienti dimessi dall’ospedale guariti, e trasferiti in riabilitazione: ho fotografato ma soprattutto ho ascoltato con commozione i loro racconti di vita, i racconti di chi voleva urlare al mondo quello che aveva vissuto.

Stando a contatto con gli operatori sanitari, quali pensieri e sensazioni ha potuto osservare?

Stanchi, ma forti. anche in loro ho trovato molta voglia di raccontare. Tutti consapevoli di vivere un momento che non poteva passare inosservato e hanno vissuto la mia presenza con tranquillità raccontandomi sia aspetti organizzativi nuovi sia situazioni emotive vissute con le paure del domani.

Le fotografie sono tutte in bianco e nero: perché questa scelta?

Ho prodotto foto solo in bianco e nero perché non può esserci forza maggiore del bianco e del nero in questo momento. Il bianco e il nero come colori fondanti dell’esistenza umana, in continuo bilico tra l’esserci e lo scomparire.

Quale messaggio si vuole portare avanti?

Vorrei che tutti potessero leggere le mie fotografie nella loro verità, con le angosce e le paure che hanno vissuto i protagonisti di questi momenti, ma vorrei anche che si potesse leggere oltre, leggere la forza con cui li hanno affrontati. Chi visiterà questa mostra troverà degli appigli a cui sostenersi, dei ricordi, in questo girovagare e girone infernale che farà riemergere qualcosa che, in un modo o nell’altro, tutti noi abbiamo vissuto.

Lo rifarebbe? Se si, con quali differenze?

Rifarei sicuramente tutto, nello stesso modo, con la stessa autenticità e unità. Ho anche elaborato un video  di 8 minuti dove, con le mie fotografie  e  musiche elaborate appositamente per il video, racconto il fuori e il dentro l’ospedale, le emozioni vissute  e anche il percorso successivo di alcuni pazienti guariti. Ed è lì che vorrei tornare per proseguire le storie in quell’ospedale. E lì che vorrei tornare, dai pazienti guariti vorrei che tutto il progetto possa proseguire, vorrei ancor poter raccontare le vite e gli sguardi di chi, questa pandemia, l’ha vissuta.

Chi si sente in dover di ringraziare?

Ringrazio chi ha collaborato con me  al progetto fotografico e video (Luca Domenico Calcaterra, Fabrizio Jelmini, Dario Scalco, Federico Scarioni, Dino Bastiani), ringrazio il personale dell’AOU Maggiore e la Direzione che mi hanno supportato nella realizzazione (Carmelo Russo e Attilio Barlassina e gli sponsors),ringrazio la mia famiglia, Laura e Matilde,  ringrazio tutti gli operatori che mi hanno affiancato in corsia, ringrazio i protagonisti del progetto, medici, infermieri, operatori tutti (manutentori, donne e uomini delle pulizie ecc..)  e soprattutto i pazienti che mi hanno dato la possibilità di farsi prendere per mano.

 

Ringraziamo Paolo Trainito per la disponibilità ed invitiamo tutta la cittadinanza a partecipare alla mostra.

 

immagine in evidenzia concessa da parte dell’autore