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Città di Novara

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“Pronto Avvocato?”: la responsabilità della gestione nei luoghi pubblici degli animali di affezione.

DiAntonio Costa Barbè

Mar 31, 2025

di Antonio Costa Barbé

La completa responsabilità della gestione nei luoghi pubblici degli animali d’affezione e, in particolare, dei cani, è del proprietario o del detentore. I cani nei luoghi pubblici devono sempre essere condotti per mezzo di guinzaglio, di lunghezza non superiore a un metro e mezzo; deve sempre essere disponibile la museruola e idonei mezzi di raccolta delle deiezioni. La violazione di queste previsioni assoggetta il proprietario, o il detentore alle sanzioni amministrative previste dalle leggi regionali di recepimento e dai regolamenti comunali. La giurisprudenza della Corte di Cassazione afferma che, nel caso in cui il proprietario affidi l’animale a un privato -che ne diviene dunque il detentore- e l’animale cagioni un danno a terzi, la responsabilità del proprietario sussista solamente nell’ipotesi in cui lo stesso sia in concreto ancora in grado di esercitare il potere di controllo sull’animale (Cass. Sez. 4, n. 34765 del 03/04/2008) ovvero nel caso in cui abbia affidato l’animale a persona incapace di esercitare su di esso una effettiva custodia o di contenerne il naturale slancio. Ovviamente, va chiarito cosa si intenda per “persona in grado di esercitare su di esso un’effettiva custodia o di contenerne il naturale slancio”. Sussiste sempre la responsabilità del proprietario qualora l’animale che causa il danno sia stato affidato a terzi non professionisti del settore. Il quadro normativo vigente prevede in capo al proprietario l’onere di conoscere il grado di pericolosità, di indole o di capacità fisiche anche potenziali dell’animale, in relazione alle differenti peculiarità di specie, di razza e individuali. Sarà dunque compito del proprietario scegliere il detentore dell’animale ed informarlo adeguatamente, assumendosi le responsabilità connesse a tale scelta. A seguito dell’evoluzione del concetto giuridico di animale da compagnia, che ha superato la ‘banale’ qualificazione di “bene mobile”, vengono quindi attribuiti al proprietario specifici diritti e doveri. Le norme e la giurisprudenza sono dunque arrivate a definire concretamente numerosi aspetti e risvolti che caratterizzano il concetto di “proprietà” di un animale da compagnia e, di conseguenza, quello di “proprietario”. Occorre a questo punto precisare quando la proprietà degli animali possa acquisire la qualifica di proprietà pubblica o di proprietà privata. Un ente pubblico diviene proprietario di un animale da compagnia in caso di ritrovamento di animali randagi, animali smarriti e non reclamati e animali abbandonati, nonché in caso di confisca penale o amministrativa. Esaminiamo insieme le tre definizioni. Quali sono gli animali randagi? Gli animali randagi sono quelli per i quali non è identificabile un proprietario privato; gli animali smarriti e non reclamati sono quelli la cui proprietà, a seguito del ritrovamento, non è stata reclamata nei termini di legge; gli animali abbandonati invece sono quelli il cui proprietario, con una condotta spesso penalmente rilevante, ha “abdicato” al proprio diritto di proprietà. Tutti questi animali sono o entrano a far parte del patrimonio disponibile del comune del territorio nel quale vengono rinvenuti. Per quanto riguarda la proprietà privata di animali da compagnia, il titolo di proprietà può essere acquisito tramite gli ordinari mezzi di trasferimento come vendita, eredità, donazione e adozione. In considerazione del fatto che i diritti e doveri del possessore di un animale da compagnia, risultano assimilabili a quelli del proprietario, sia gli enti pubblici che i soggetti privati possono acquisire il possesso di un animale attraverso un atto d’affido, anche successivo ad un sequestro penale o amministrativo. Tanto negli atti relativi alla proprietà, quanto negli atti relativi al possesso, si è resa necessaria l’identificazione certa dell’animale da compagnia, motivo per cui è stato dapprima introdotto l’obbligo di tatuaggio (specificatamente per i cani), successivamente evolutosi nel microchip o in altri mezzi di riconoscimento adatti alle diverse specie. È bene chiarire che il microchip, quanto il tatuaggio, può contribuire all’identificazione del proprietario, ma non ne costituisce un titolo assolutamente inopponibile. Esso risulterà infatti superabile nel caso in cui sussistano fonti di prova sufficienti a superare la presunzione di proprietà determinata dall’abbinamento del nominativo del preteso proprietario al numero di microchip.