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Città di Novara

Il Blog dei Cittadini

Giovanni Udovicich, bandiera

DiSimone Balocco

Set 3, 2025

di Simone Balocco

 

Giovanni Udovicich, bandiera*

 

Se ad un ex calciatore è intitolato uno stadio, una curva o un settore di questo, significa che questo ex calciatore ha scritto una pagina importante nella storia di quella squadra. Questo ad esempio è ciò che accaduto domenica 13 febbraio 2022 a Giovanni Udovicich quando, prima di Novara-Imperia, gli è stata intitolata alla sua memoria la Curva Nord dello stadio “Piola” di Novara.

Chi è Giovanni Udovicich? Torniamo al 1946.

Udovicich allora ha 6 anni ed insieme al padre, alla madre, al fratello e alla sorella maggiore arrivano a Novara “alloggiando” alla caserma “Perrone”. Gli Udovicich non sono immigrati del Sud “saliti” al Nord in cerca di fortuna, ma profughi: sono fuggiti da Fiume. Gli italiani che abitavano allora in quella zona (Friuli orientale, Fiume, Dalmazia, Istria, Pola e Zara) avevano subito, tra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la fine della guerra, le persecuzioni delle forze comuniste jugoslave di “Tito” e le infoibazioni, e con i trattati di Parigi del 10 febbraio 1947 il nostro Paese perse gran parte della Venezia Giulia, l’ultima parte di Dalmazia e la città di Trieste fu divisa in parte A (l’attuale Provincia) e Zona B (Istria nordoccidentale) entrambe sotto controllo militare (Alleato e jugoslavo). Nessun italiano era più persona gradita in quella ex parte orientale d’Italia a meno che non si fosse piegato al nuovo Stato jugoslavo: chi non accettava era “caldamente” invitato ad andarsene. Per molte famiglie si recideva un cordone ombelicale, tutti persero le loro case, i loro averi, la loro dignità e dovettero lasciare la terra dei loro avi, dove erano nati e cresciuti.

Tantissimi (ex) italiani si spostarono in tutta Italia, alcuni emigrarono all’estero. Gli Udovicich si mettono quindi in viaggio verso Genova, a 700 chilometri di distanza da Fiume che cambia nome in “Rijeka”. Fiume è una città con una vita “italiana” tribolata: simbolo della “vittoria mutilata”, Fiume da sempre è una città di lingua e cultura italiana ma nel 1918 non viene annessa al Regno d’Italia perché diventa uno “Stato libero”. Rimane con questo status tra il 12 novembre 1920 (trattato di Rapallo, che annette Gorizia, Trieste, Pola e Zara al Regno d’Italia) ed il 27 gennaio 1924 (trattato di Roma, che dissolve lo Stato libero tra Regno d’Italia e Regno dei Serbi, Croati e Sloveni).

Dopo essere stati alcune settimane a Genova, gli Udovicich non possono più rimanere definitivamente lì ed è data loro la possibilità di scegliere di spostarsi a Bologna, Roma o Novara. Optano per Novara e sono sistemati alla “Perrone”: tutti gli esuli che optano per Novara sono inseriti nel “campo profughi” della caserma cittadina.

Grazie alla legge 4 marzo 1952 n°137, lo Stato italiano pone fine al problema residenziale degli esuli attraverso 9 miliardi di lire di stanziamenti per la costruzione di abitazioni popolari a loro dedicate. A partire dal 1956, tutti gli esuli arrivati a Novara (Udovicich compresi) sono trasferiti in un “sotto-quartiere” costruito ad hoc in una zona sud della città che avrebbe ospitato quegli italiani cacciati dalle loro terre natie: “Villaggio Dalmazia”, un area di 58mila metri quadri dove sono costruiti oltre 300 alloggi destinati a 1.300 profughi. La prima pietra è posata il 3 ottobre 1954 e Villaggio Dalmazia (tutt’oggi esistente) è inaugurato il 20 agosto 1956.

Preso contatto con la nuova realtà cittadina, Giovanni scopre il calcio e gli piace davvero tanto. È selezionato per partecipare ad un torneo benefico che ha fatto la storia di Novara per oltre dieci anni nel periodo post bellico, il Torneo dei Ragazzi, voluto fortemente da don Aldo Mercoli come modo per togliere i ragazzi dalla strada, farli sentire importanti e membri di una collettività facendogli dimenticare la guerra appena terminata e la povertà.

Giovanni è notato da Ottavio Borzino, dirigente del settore giovanile del Novara, allora in Serie A. Siamo nel 1954 quando Giovanni è selezionato dalla principale squadra cittadina che nel mentre ha visto il ritiro, a 41 anni, di Silvio Piola, da sette stagioni militante nel club azzurro: è bello pensare che un giorno i due si siano anche solo sfiorati e guardati negli occhi. Per quale motivo? Silvio Piola e Giovanni Udovicich rappresentano da una parte il top scorer di sempre in massima serie del Novara (e del calcio italiano) e dall’altra il ragazzino che, timoroso, entrava in punta di piedi al “Comunale” di via Alcarotti, tempio allora del calcio novarese. Giovanni allora però non sa che sarebbe uscito dal Novara ventidue anni dopo, il 30 maggio 1976, diventando il giocatore con più presenze nella storia del club. Eh sì, perché il “Nini” (il suo soprannome) ha indossato la maglia azzurra 516 volte, diventando la bandiera del club ed un calciatore noto anche a livello nazionale. Una “storia d’amore” iniziata da attaccante (per caso) il 9 febbraio 1958 allo “Stadio della Vittoria di Bari” e chiusasi quella domenica di fine maggio di diciotto anni dopo come stopper (il suo vero ruolo) in quel Novara-Ternana. Udovicich si ritira per via di un infortunio al ginocchio, un infortunio oggi guaribile con pochi mesi di stop, ma che allora significava il ritiro per un calciatore. La stagione successiva al suo addio al calcio giocato (la 1976/1977), il Novara retrocede in Serie C dopo sette campionati cadetti consecutivi. Per il club (ed i suoi tifosi) inizia un “calvario” terminato solo il 25 aprile 2010 con il ritorno della squadra in Serie B dopo trentatre anni consecutivi tra Serie C, Serie C1, Serie C2, Lega Pro e, per qualche settimana, nell’estate 1990, Interregionale (con il Novara poi ripescato tra i “pro”).

Una volta ritiratosi, “Nini” esce dal mondo del calcio ed è assunto presso la Banca Popolare di Novara, ma non appena ha occasione va allo stadio a vedere giocare il “suo” Novara. Con la promozione del Novara in Serie A nella stagione 2011/2012, molti tifosi chiesero (tra il serio ed il faceto) al club di tesserare il “Nini” anche solo per fargli giocare un secondo di una qualsiasi partita in massima serie, perché con il Novara lui aveva giocato in ogni categoria salvo che nella serie “regina”. Avendo allora 72 anni la cosa non si poté fare. Sarebbe stato un qualcosa di eccezionale, da raccontare e tramandare negli anni a venire.

“Nini” Udovicich era di ruolo “stopper”, un ruolo che oggi non esiste più. La “Treccani” definisce lo stopper come quello che “ha fondamentalmente il compito di marcare il centravanti avversario, per impedirgli di entrare in possesso del pallone o per interrompere le sue azioni d’attacco”. In pratica, “francobollarsi” al numero 9 avversario. Quante battaglie tra lui ed il bomber di turno sui campi di tutta Italia.

Giovanni Udovicich muore il 4 settembre 2019 a 79 anni. Il giorno delle sue esequie la chiesa di San Martino di Novara è piena di gente: ci sono i suoi ex compagni di squadra, una rappresentanza del Novara, tantissimi tifosi “over”, tanti giovani e anche tanti che non seguono la squadra, ma che vedono in “Nini” un bastione di “novaresità”. Sul feretro è appoggiata una maglia del Novara e nel piazzate antistante la chiesa sventola l’enorme bandierone con la sua effige stilizzata presente al “Piola” (quanto in trasferta) dalla stagione 2016/2017. Bandierone che il 7 settembre, prima di Novara-Lecco, fa il giro del campo con tutto lo stadio in piedi a tributare un commosso applauso in ricordo dello storico giocatore. Quella sera poi il Novara vince 3-0 e tanti sono sicuri che il “Nini” ha spinto gli azzurri alla vittoria.

La storia calcistica (ed umana) di Giovanni Udovicich dovrebbe essere insegnata nelle scuole calcio: fedeltà verso la propria squadra, rispetto ed educazione verso la maglia, rispetto verso avversari. Purtroppo il mondo del calcio attuale ha più mercenari che bandiere e gente come Udovicich sono mosche bianche. Gli anni dove il “Nini” svetta in area di rigore sono un altro calcio: un calcio dove la maglia non è solo una cosa in materiale sintetico da indossare la domenica, ma un qualcosa che si indossa nel cuore, nell’anima e nella mente.

Con la parola “bandiera”, nel calcio, tra il giocatore e la tifoseria nasce un legame inscindibile, l’uno si identifica con l’altra. Anche se si può pensare che Novara sia stata la sua comfort zone, c’è chi pensa che il “Nini” abbia sprecato la sua carriera in provincia e avrebbe meritato palcoscenici migliori, mentre c’è chi gode nell’averlo avuto per ben diciotto anni consecutivi nella squadra della propria città. Il suo record di presenze dura da quasi cinquant’anni e durerà ancora per tanti anni. Non solo a Novara, ma anche in tante altre piazze: è difficile che un giocatore giochi diciotto stagioni consecutive con una sola squadra. A dire il vero, durante la sua carriera, Giovanni Udovicich poteva anche lasciare il Novara e andare in Serie A perché le offerte a lui e alla squadra non mancarono, ma lui rifiutò sempre tutte le proposte pur di giocare sempre a Novara. Ed anche per questo in città il “Nini” è una sorta di mito. Mettere la maglia davanti a tutto: un segno di rispetto e riconoscenza.

Si pensi ai calciatori-bandiera e l’elenco è lungo: Boniperti, Scirea e del Piero per la Juventus; Rivera, Costacurta, Maldini, Baresi e Mazzola, Facchetti, Bergomi e Zanetti per Milan e Inter; Giulio Savoini per il Vicenza; Giacomo Bulgarelli per il Bologna; Giancarlo Antognoni per la Fiorentina; Losi, Totti e de Rossi per la Roma; i compianti Juliano e Riva per Napoli e Cagliari. Oppure all’estero Pelé per il Santos; Beckenbauer per il Bayern Monaco; Eusebio per il Benfica; Charlton e Giggs per il Manchester United; Puyol, Xavi, Iniesta e Messi per il Barcellona; Terry per il Chelsea; Santillana, Butragueno, Raul e Casillas per il Real Madrid; Gerrard per Liverpool. E “Nini” può stare a pieno titolo in questo Olimpo di campioni.

Il nome di Giovanni Udovicich ha superato i confini del Novarese anche grazie a Fernando Acitelli che gli ha dedicato una poesia all’interno della sua “antologia poetica” “La solitudine dell’ala destra”. Il mito di Udovicich ha accarezzato tanti tifosi di altre squadre anche per essere stato una “figu” molto ambita (non solo a Novara) e riconoscibile per via dell’incipiente calvizie che lo stopper cresciuto al Villaggio Dalmazia aveva sin dalla giovane età. Riconoscibile anche per il suo numero di maglia (la mitica 5), per il suo stile di gioco e per quella sua particolarità fisica che lo ha reso riconoscibile da tutti. Ed ancora oggi quando sui social appare la “figu” del “Nini”, in tantissimi (anche non novaresi) ricordano i tempi quando giocava e si faceva notare per stile ed eleganza.

E poi la mistica novarese della maglia numero 5. Il motivo? Come Udovicich, è stata indossata da Edmondo Mornese, Ambrogio Baira, Massimo Venturini, Matteo Paladin, Mario Tacca, Giuseppe Casabianca, Gabriele Cioffi, Carlalberto Ludi, Samuele Bonaccorsi (che in quel Novara-Imperia segnò un gol quasi come segno del destino con tutto lo stadio che, dopo che lo speaker disse “per il Novara…ha segnato con la maglia numero 5…Samuele…”, urlava per tre volte il cognome del difensore catanese) fino all’ultimo di oggi, Davide Bertoncini.

“Nini” Udovicich e Novara, la città che lo ha visto crescere e diventare uomo, padre e nonno. Lui nato a Fiume dove non è mai più voluto tornare, ma che ha sempre avuto nel cuore.

Chissà come sarebbe stata la storia umana e (magari) calcistica di Giovanni “Nini” Udovicich a Bologna o Roma, le due città che avrebbero potuto ospitare lui e la sua famiglia. Non lo sapremo mai e ai tifosi del Novara è andata bene così, perché hanno avuto l’onore di avere tra le proprie fila un giocatore come lui, ringraziando Mario e Marianna di aver scelto la città di San Gaudenzio in quel brutto 1946. E siamo sicuri che sarebbero orgogliosi che “Nini” sia diventato un’icona.

 

immagine in evidenza tratta dal www.legab.it

 

*Questo articolo è stato selezionato per far parte dell’antologia “Racconti sportivi” (volume I), pubblicata nel maggio 2025 dalla casa editrice Historica, contenuto tra le pagine 85 e 89. L’antologia è stata curata da Stefano Andrini,