26 agosto 1944: l’eccidio di Vignale

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di Simone Balocco

Vignale è uno dei tredici quartieri che compongono Novara ed è posizionato nella zona nord della città, sulla direttrice che porta al lago d’Orta (Strada statale 229). E’ attraversato da Corso Risorgimento ed è “tagliato” dalla linea ferroviaria che collega Novara con Arona, Borgomanero, Romagnano Sesia e Varallo Sesia.

Questo piccolo abitato è noto per due eventi storici. Il primo è riferito all’armistizio firmato il 24 marzo 1849, il giorno dopo la “battaglia della Bicocca”, tra il Regno di Sardegna (capitanato da Carlo Alberto) e quello austriaco (guidato dal generale Josef Radetzky). In quella battaglia persero la vita circa 1.000 soldati e i feriti furono oltre tremila. L’esercito sabaudo uscì sconfitto, terminò la Prima guerra di indipendenza e Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II (futuro primo re d’Italia). Uscendo dall’abitato di Vignale sulla sinistra, si nota il murales dello street writer torinese “Neve” che ritrae lo stesso Carlo Alberto di Savoia e Josef Radetzky che firmano l’armistizio.

Il secondo evento invece è accaduto durante la fase finale della Seconda guerra mondiale ed è l’eccidio di tredici ragazzi uccisi dalla squadra fascista di Vincenzo Martino avvenuto sabato 26 agosto 1944. Le vittime erano Angelo Saini, Antonio Denti, Fausto Gatti, Igino Mancini, Secondo Passera, Erminio Sara, Pietro Molinari, Giuseppe Schiorlini, Renato Crestanini, fratelli Giovanni e Natale Diotti e Orione e Spartaco Berto.

Cosa successe in quei tragici giorni e quel 26 agosto di settantotto anni fa? C’è da fare un excursus storico su quello che stava accadendo nel nostro Paese (e a Novara) in quel periodo.

La situazione novarese

Quello che accadde la notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, durante l’ultima riunione del Gran Consiglio del Fascismo, ebbe un’eco di straordinaria importanza: con l’“ordine del giorno: Grandi”, Benito Mussolini fu sfiduciato da parte del supremo organo fascista e cadde il regime. Mussolini venne incarcerato ed il Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio, traghettò il Paese per quarantacinque giorni, fino alla firma dell’armistizio con gli Alleati, avvenuto a Cassibile, nei pressi di Siracusa, il 3 settembre 1943 e reso pubblico l’8 settembre. La guerra però non era finita perché per Hitler era troppo importante salvaguardare l’Italia, la parte meridionale del fronte di guerra in Europa, e si mosse affinché nascesse una “nuova” Italia: il 23 settembre 1943, nacque la Repubblica Sociale Italiana, uno Stato fantoccio come la Francia di Vichy, la Slovacchia di Tiso, la Norvegia di Quisling, la Romania di re Michele I, lo Stato croato degli ustasha ed il Manchuko in Estremo oriente.

La notizia della caduta del fascismo (e del conseguente arresto di Mussolini) fu presa con gioia e soddisfazione dai cittadini novaresi: terminava la dittatura, ma la guerra non sarebbe finita nell’immediato e Novara, come tutto il Paese, avrebbe dovuto fare i conti con mesi difficili e aspri. Vennero distrutti alcuni simboli fascisti presenti in città, i fascisti e militari rimasti fedeli alla “causa” presidiarono i punti nevralgici. Per loro, nulla era ancora perso.

Novara fu “assorbita” nella Repubblica Sociale Italiana: molti novaresi vissero tra perquisizioni, coprifuoco e minacce come nel resto dell’Italia. E non mancarono gli omicidi di antifascisti: il 12 settembre 1943 i tedeschi uccisero il ceranese Giuseppe Ubezio, ucciso a colpi di mitraglia nei pressi della caserma “Perrone” perché ritenuto un possibile ladro di armi.

In città la paura di una rivalsa da parte dei fascisti era grossa, soprattutto perché dal 1944 in avanti, si temettero imboscate ed attentati. Nacquero piccoli rifugi contro bombardamenti rintracciabili con la lettera “R” scritta sui muri (e ancora oggi quella “R” si può ancora vedere su qualche muro del centro cittadino). In alternativa, furono costruiti rifugi fai da te da parte delle singole famiglie novaresi.

Per chi non si arruolava c’era la fucilazione o l’internamento nei campi di concentramento in Germania e Polonia. Tanti non vollero arruolarsi, vissero clandestinamente e lottarono contro il nemico invasore con il rischio di essere arrestati o uccisi.

All’epoca della caduta di Mussolini, prefetto di Novara era Francesco Ballero. Nonostante fosse stato nominato dal regime, non appena Mussolini cadde il prefetto dimostrò un fervido antifascismo, collegandosi con alcuni personaggi vicini alla sinistra, in particolare Piero Fornara. Ovviamente fu esautorato dall’incarico e al suo posto, a Palazzo Natta-Isola (sede allora come oggi della Prefettura), arrivò, il 21 ottobre 1943, Dante Tuninetti. Podestà era il conte Gerardo Leonardi, a cui successero tre Commissari prefettizi: Ferdinando Lo Monaco, Ettore Bossi e Carlo Laboranti.

La caduta del regime permise la scoperta e la presa di coscienza di tanti novaresi che decisero di “cambiare casacca”, abbandonando il fascismo ed il suo ideale per abbracciare il pensiero e la lotta antifascista: chi per convenienza, chi perché allora non poteva fare altrimenti, chi voleva combattere chi aveva instaurato la dittatura e portato il Paese in una tragica guerra. Epicentro furono diverse famiglie vicine ai dettami del socialismo, del comunismo e del liberismo: dai Bonfantini ai Ballario, dai Pasquali ai Tosi e ai Bermani, dai circoli “popolari” ai ritrovi abituali dei dopolavoristi.

Il Novarese (allora comprendente anche l’odierno VCO) fu teatro di lotte intense, soprattutto in Val d’Ossola ed in Valsesia (quest’ultima facente parte della Provincia di Vercelli, ma molto legata culturalmente al Novarese). In Ossola nacque una delle Repubbliche partigiane, veri e propri “Stati’’ nati in seguito alla delegittimazione della Repubblica Sociale Italiana allora in grossa difficoltà e nacquero come “zone libere” di autogoverno: si ebbero Repubbliche partigiane in Piemonte, Liguria, Lombardia Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Umbria, territori dove la lotta partigiana era aspra.

Nel 1943 iniziò la “Resistenza” contro il nemico tedesco unito ai repubblichini di Salò. In quella lotta, milioni di italiani combatterono tra loro con morti e feriti. I nazifascisti commisero atti criminali: dai rastrellamenti di via Rasella ai fatti delle Fosse ardeatine, dagli eccidi compiuti nel Centro-Nord (da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto, da Boves alla Benedicta a Civitella, ad esempio), fino alle deportazioni degli ebrei italiani nei campi di concentramento nazisti, da dove la quasi totalità di loro non tornò a casa.

Quando si pensa alla “Resistenza novarese”, vengono in mente molti personaggi di rilievo che hanno combattuto affinché il territorio si scrollasse di dosso le tossine fasciste. I principali furono Alberto “Andrea” Jacometti, Vincenzo “Cino” Moscatelli, Eraldo “Ciro” Gastone, Franco Toscano, Enrico Massara, Francesco Albertinale, Luigi Borasio, il futuro vescovo Leone Ossola; Rina del Ponte, Marcella Balconi, Renza Sguazzini e Gisella Floreanini. Ma il personaggio cardine della Resistenza nel Novarese, senza essere stato però a tutti gli effetti un partigiano, è stato Piero Fornara.

Nacquero i primi gruppi partigiani, in collaborazione con il Comitato di Liberazione Nazionale, un’organizzazione che univa partiti e movimenti che diresse e coordinò la Resistenza contro i nazifascisti. Il CLN novarese era guidato da Alberto Jacometti e lo costituivano socialisti (capitanato dallo stesso Jacometti), democristiani (con Luigi Cappa), comunisti (guidati da Sergio Scarpa), azionisti (con Carlo Zorzoli) e l’Unione delle Donne Italiane capitanate da Gisella Floreanini.

Fatti di Vignale. L’eccidio del 26 agosto 1944

Nel 1944, considerato da tutti il peggior anno di guerra, il Partito Fascista Repubblicano (la nuova versione del Partito Nazionale Fascista) istituì il “braccio armato” del Partito: le Brigate nere, un feroce gruppo paramilitare in contrapposizione alle “brigate” partigiane (la “Garibaldi”, la “Osoppo”, la “Matteotti”). Nei loro due anni di “attività”, le Brigate nere commisero omicidi, furti, rapine, violenze e distruzioni. Il loro atto più crudele è stato quello perpetrato dalla Legione autonoma mobile “Ettore Muti” di Milano il 10 agosto 1944 con l’uccisione di quindici partigiani a seguito di un attentato antifascista contro un camion tedesco in viale Abruzzi due giorni prima.

Il Novarese, intanto, vide, tra il 15 settembre e l’11 ottobre 1943, la prima strage di ebrei in Italia dove morirono cinquantasette persone per mano dei soldati del 1° Battaglione SS del 2° Reggimento della Divisione corazzata Leibstandarte “Adolf Hitler”. Le vittime erano tutte della Provincia: tre di Novara, due di Orta, sedici di Meina, quattro di Stresa, quattordici di Baveno, nove di Arona, tre di Mergozzo, due di Intra e due di Bee (località Pian Nava). La strage è passata alla storia con il nome di “eccidio del Lago Maggiore“.

Non mancarono le azioni partigiane in Provincia. Il 24 agosto 1944 a Vignale i partigiani fecero saltare i due ponti del quartiere cittadino: quello ferroviario e quello sopra il canale Cavour. Era un’“operazione” atta a danneggiare (se non distruggere) infrastrutture, strade e luoghi che sarebbero serviti ai nazifascisti.

Allora a Novara, come nel resto d’Italia, era fatto d’obbligo per tutti i ragazzi l’arruolamento nell’esercito della RSI: chi non si arruolava, veniva perseguitato o ucciso. Molti giovani quindi furono aiutati anche da parenti ed amici a nascondersi per non essere costretti ad arruolarsi e tanti di loro iniziarono la lotta clandestina contro i repubblichini e i nazisti. Il 25 agosto 1944, inoltre, sarebbe scaduto il termine entro il quale i giovani dovevano farsi trovare presso caserme militari e sedi di polizia per arruolarsi (insieme ai richiamati) per l’arruolamento nell’esercito della RSI: chi non si presentava, era renitente e quindi un fuorilegge.

Chi aveva il compito di catturare i renitenti, nel Novarese, era la “squadraccia”, un reparto speciale della polizia novarese nata nel giugno 1944, alle dipendenze di Enrico Vezzalini, comandata dal questore Emilio Pasqualy e diretta dal tenente di polizia Vincenzo Martino. Nei giorni successivi a Ferragosto, la “squadraccia” arrestò tredici giovani renitenti (nove contadini e quattro operai). Come loro, ne furono arrestati tanti altri. Sia monsignor Ossola che Rina Musso si prodigarono affinché i ragazzi non venissero uccisi. Vennero rincuorati: nessuna ritorsione.

L’esplosione dei due ponti non causò morti e feriti tra i repubblichini e i nazisti, solo importanti danni materiali. I nazifascisti decisero di vendicarsi per l’atto. Non contro i responsabili, ma furono scelti quei tredici ragazzi arrestati precedentemente. Martino fece sapere che quei ragazzi sarebbero stati impiegati per lavorare alla ricostruzione dei ponti saltati per aria per mano partigiana.

I ragazzi uscirono dal carcere, salirono sul pullman che li portò al campo di lavoro di Vignale. I tredici ragazzi furono divisi in due gruppi: al ponte della strada statale andarono Giovanni e Natale Diotti, Fausto Gatti, Renato Crestanini, Erminio Sara, Secondo Passera, Iginio Mancini; al ponte della ferrovia andarono Orione e Spartaco Berto, Antonio Denti, Pietro Molinari, Giuseppe Schiorlini e Angelo Saini.

Ad un certo punto i militari li circondarono, spararono e li uccisero. Morirono tutti sul colpo. Tantissime persone assistettero in diretta alla loro morte sotto colpi della mitragliatrice. Quel gesto doveva servire da monito affinché tutti capissero che chiunque si sarebbe messo contro i nazifascisti sarebbe stato ucciso. A pulire e ricomporre le salme ci pensò Rina del Ponte Musso.

I ragazzi uccisi avevano, al momento della morte 18 anni (Secondo Passera, Orione Berto, Igino Mancini, Fausto Gatti), 19 anni (Giuseppe Schiorlini), 20 anni (Renato Crestanini, Angelo Saini, Angelo Denti), 21 anni (Natale Diotti, Spartaco Berto), 22 anni (Orione Berto) e 24 anni (Giovanni Diotti). L’età di Pietro Molinari non è stata riportata.

Il Novarese conobbe così un’altra strage nazifascista dopo quella di Borgo Ticino del 13 agosto dove morirono, per rappresaglia dopo un attacco partigiano contro un camion tedesco che portò al ferimento di quattro soldati tedeschi, dodici ragazzi del paese. Come a Vignale, la popolazione di Borgo Ticino fu obbligata ad assistere alla morte dei 12 ragazzi.

La strage di Vignale rimarrà la più cruda accaduta in città. Il successivo 24 ottobre a Novara, per rappresaglia, vennero uccisi sette antifascisti tra piazza Martini (tre persone) e piazza Cavour (quattro) a seguito dei fatti di Castelletto di Momo della stessa mattinata.

Cosa rimane oggi dell’eccidio di Vignale

Novara fu liberata il 26 aprile 1945 dopo l’incontro di Veveri tra la delegazione guidata da Ossola, Bonfantini, don Brugo, parte del CLN provinciale e l’esercito nazifascista di stanza a Novara. Allo storico incontro nel borgo novarese vi presero parte i futuri costituenti Sergio Scarpa e Corrado Bonfantini ed il tenente Arrigo “Moro” Cruppi. Quel 26 aprile si tennero tre riunioni (due in Vescovado, una a Palazzo Rossini, sede della Kommandatur nazista, il comando militare tedesco, nell’odierno corso Mazzini, davanti oggi al Poliambulatorio dell’ospedale) per decidere la sorte della città e degli invasori. La resa ufficiale avvenne proprio a palazzo Rossini. La resa fu trattata da ‘’Ciro’’ e ‘’Tia’’.

In tarda mattinata gli oltre mille fascisti decidono autonomamente di arrendersi: in centro città fu festa fin dal mattino non appena i partigiani attraversarono l’attuale corso Cavour tra due ali di folla. Il 28 aprile ci fu un rigurgito di lotta, ma tutto rientrò. I tedeschi lasciarono Novara definitivamente il 2 maggio.

Il Novarese non ha mai dimenticato, negli anni successivi la fine della guerra, i fatti di sangue che accaddero in provincia e ciò che avvenne a Vignale quel triste 26 agosto 1944. In città ed in provincia, alcune vie sono dedicate ai martiri del 26 agosto: un piccolo gesto ad perpetuam rei memoriam di quel tragico giorno.

Da allora, ogni anno, nella domenica più vicina al tragico evento (quest’anno, domenica 28 agosto), si tiene una messa di suffragio per i tredici ragazzi nella chiesa di Vignale (intitolata alla Regina della Pace). Al ricordo partecipano il sindaco o un suo delegato in rappresentanza dell’amministrazione comunale (l’assessore Silvana Moscatelli), un rappresentante dell’ANPI novarese, dell’Istituto Storico della Resistenza e di altre associazioni.

Al termine della messa, il corteo si sposta in via 26 agosto 1944 dove c’è il cippo in ricordo delle vittime con una lapide con la scritta:

26-08-1944

Qui foste trucidati – innocenti – dal bestiale furore nazifascista ma il vostro sacrificio alimentava la sacra fiamma della libertà.

 

Sopra la dicitura, le foto in bianco e nero dei tredici ragazzi trucidati ed i loro nomi. Accanto alla lapide, in basso sulla destra, c’è un piccolo cippo con l’immagine di Angelo Zanetti, morto il 19 novembre 1944 in uno scontro a fuoco contro i nazifascisti.

I fatti di Vignale sono episodi di storia e libertà.

Storia” perché sono fatti accaduti non migliaia di anni fa ma recentemente in un periodo molto discusso e negativo della nostra storia. “Libertà” perché con il ritorno alla democrazia, l’Italia è tornata ad essere un paese civile e degno di rispetto capace di ripartire da zero ed il sacrificio dei tredici ragazzi di Vignale non deve essere mai dimenticato. Se Novara è libera, lo si deve anche grazie a loro.

 “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro”, asseriva Luis Sepúlveda. E aveva ragione: se non si vogliono ripetere gli errori del passato, i cittadini ed i governanti dovrebbero studiare i manuali di storia dalla prima all’ultima pagina.

Lo studio della storia è importante perché con essa si capisce la trilogia “chi siamo, cosa vogliamo, dove vogliamo andare”. Conoscere la storia, quindi il nostro passato, ci fa più ricchi, consci e responsabili. In particolare, i giovani devono conoscere la storia locale ed i fatti della Seconda guerra mondiale affinché capiscano i fatti accaduti.

Il ricordo della Resistenza e della sua lotta di liberazione deve essere studiata di più nelle scuole, di ogni ordine, o anche facendo campagne di studio. Se non leggere la moltitudine di libri scritti da chi visse quei momenti, a monito affinché ciò non si possa mai più ripetere negli anni futuri.

Nessuno deve dimenticare non solo i fatti della Seconda guerra mondiale, ma anche tragedie come quelle di Vignale che dovranno rimanere come monito di lotta e resistenza contro chi vuole imporre con la forza, la crudeltà e la violenza il suo pensiero.

 

Bibliografia
AA.VV., Novara fa da sé. Atti del convegno di Belgirate 1993, a cura di A. Mignemi, Provincia di Novara e Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea del Novarese e del Verbano Cusio Ossola “P. Fornara”, Novara, 1999;
A. Braga, I fili della memoria. Novara negli anni della guerra 1940-45, Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola “P. Fornara”, Novara 2001;
A. Braga, La città e la guerra. Itinerari. Novara 1940-1945, Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea del Novarese e del Verbano Cusio Ossola “P. Fornara” e Provincia di Novara, Novara, 2006;

L. Grassi, Gli eccidi di Vignale. Una comunità tra guerra e occupazione (1943-1945), Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea del Novarese e del Verbano Cusio Ossola “P. Fornara”, Novara, 2004;

E. Massara, Antologia dell’antifascismo e della resistenza novarese, Grafica novarese, Novara, 1984;
F. Omodei Zorini, Piero Fornara. Il pediatra delle libertà, Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola “P. Fornara” e Provincia di Novara, 2005;
G. Pozzi, Il linguaggio di Enrico Vezzalini, in “I sentieri della ricerca. Rivista di Storia”, pg. 25-41, Centro Studi Genocchi, Crodo, giugno 2006

Sitografia analizzata
http://www.isrn.it/
http://www.veveri.it/liberazione.htm
http://www.anpi.it/donne-e-uomini/1469/arrigo-gruppi
https://storia.camera.it/
https://www.lavocedinovara.com/storie-della-domenica/camillo-pasquali-un-sindaco-romantico/
https://www.lavocedinovara.com/culture/storie/rina-musso-un-cuore-semplice/
https://www.comune.villadossola.vb.it/it-it/Resistenza
http://novara.anpi.it/
https://www.casadellaresistenza.it/node/269

scheda


https://novara.anpi.it/storia/agosto.html#260844_vignale