di Simone Balocco
Il prossimo week end 400 milioni di cittadini dell’Unione europea aventi diritto di voto saranno chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo. Era il 10 giugno del 1979 quando, per la prima volta nella storia, i cittadini degli allora nove Paesi membri della Comunità Economica Europea furono chiamati ad eleggere direttamente i loro primi europarlamentari.
Quelle della prossima settimana (in Italia si voterà domenica 26 maggio dalle 7 alle 23, in concomitanza con le elezioni regionali del Piemonte ed il rinnovo di 3.865 consigli comunali, di cui trenta di città capoluogo di provincia) saranno le none elezioni europee, con la particolarità del caso britannico. Come si sa, con il referendum sulla “Brexit” del 23 giugno 2016, il Regno unito di Gran Bretagna uscirà dall’Unione europea. Eppure giovedì prossimo gli elettori di Sua Maestà si recheranno per eleggere i loro settantatre rappresentanti: con la prima seduta dell’Europarlamento, il 2 luglio, questi potrebbero però non insediarsi.
Lo spoglio delle scheda sarà effettuato, a livello comunitario, proprio dopo le ore 23 di domenica, anche se in alcuni Stati (Paesi Bassi, Repubblica d’Irlanda, Lettonia, Malta, Repubblica ceca, Slovacchia e, come detto, la Gran Bretagna) si avrà già votato tra giovedì e sabato. In quattro Stati (Belgio, Cipro, Grecia, Lussemburgo) è obbligatorio recarsi alle urne, mentre in tutti gli altri è facoltativo, anche se votare è un diritto ed un dovere,
La percentuale di votanti è sempre in diminuzione: se nella I legislatura (nove Stati membri) aveva votato l’85,65% degli aventi diritto al voto, la scorsa tornata elettorale europea in Italia l’affluenza era arrivata al 57,2%.
Queste elezioni europee sono importanti per (almeno) tre motivi:
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per la seconda volta, l’elettorato europeo voterà, indirettamente, per la nomina del Presidente della Commissione europea che subentrerà Jean-Claude Juncker;
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è più forte rispetto a cinque anni fa il vento del populismo e del sovranismo che sono tratti caratterizzanti dell’euroscetticismo e della volontà di molti partiti nazionali presenti all’assemblea parlamentare di far uscire il proprio Paese dalla zona euro o dall’Unione europea;
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nei prossimi cinque anni, l’Unione europea deve diventare un punto di riferimento nel Mondo.
In questi anni, secondo tanti, Bruxelles si è dimostrata lontana non solo dalla “pancia” dell’Europa, ma incapace di gestire problemi che caratterizzano un singolo Paese membro. Ed il caso greco tra il 2009 ed il 2012 è stato emblematico. Molti partiti vorrebbero che Junker e soci uscissero per sempre di scena, mentre altri vorrebbero che vincessero i classici partiti, gli unici capaci di guidare con diligenza una complessa “macchina” come quella comunitaria. Altri invece premieranno i partiti che fanno del sovranismo e del nazionalismo estremo la loro arma vincente.
Queste elezioni saranno anche l’occasione per tastare la situazione politica interna di ogni Paese membro, tra consensi in salita o in discesa dei partiti al governo.
Nell’idea del percorso integrativo, il voto europeo non è da valutare come quello singolo di ogni Paese, essendo una cosa differente, ma in tutti gli Stati queste elezioni sono sempre una cartina torna-sole della situazione politica nazionale e per il nostro Paese sarà interessante vedere come risponderanno la maggioranza di governo e le opposizioni parlamentari.
Un po’ di storia del Parlamento europeo
Con attualmente 751 membri, il Parlamento europeo è l’istituzione democratica con più rappresentanti al Mondo.
L’archetipo del Parlamento europeo è stato, dal 18 aprile 1951, l’Assemblea comune della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio, con i settantotto parlamentari nominati dagli allora parlamenti dei sei Paesi membri-fondatori, mentre con la nascita della Comunità Economica Europea questo cambiò il nome in Assemblea parlamentare ed i membri passarono a centoquarantadue, sebbene non ci furono allargamenti a nuovi Paesi.
Jean Monnet, uno dei padri del percorso dell’integrazione europea, sostenne che nel processo di integrazione non era importante avere un percorso fondato su un parlamento eletto, ma bensì designato, dando più importanza al carbone e all’acciaio, i fondamenti della CECA.
Il Consiglio d’Europa, nel 1949, e l’Unione Europea Occidentale, nel 1954, aprirono le danze tra le organizzazioni internazionali successive alla fine del secondo conflitto mondiale, con la creazione della prima assemblea consultiva e quella parlamentare. Il nome “Parlamento europeo” fu coniato solo nel 1962.
A partire dal 1° gennaio 1973, con il primo allargamento, gli europarlamentari divennero centonovantotto (entrarono il Regno unito di Gran Bretagna, la Repubblica d’Irlanda e la Danimarca).
Il 20 settembre 1976 il Consiglio europeo, l’istituzione comunitaria composta dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri della Comunità Economica Europea, prese una decisione storica: l’Assemblea parlamentare sarebbe diventata, nel giro di tre anni, un’istituzione elettiva a suffragio universale diretto, come un qualsiasi parlamento nazionale democratico.
Tra il 7 ed il 10 giugno 1979 si tennero le prime elezioni legislative: gli europarlamentari eletti furono, allora, quattrocentodieci, eletti con il metodo della “proporzionalità decrescente”. Fino al 2007 i parlamentari europei eletti erano settecentoottantadue e l’Unione europea era intanto passata a 27 Stati membri, con gli ingressi di Bulgaria e Romania. A partire dal 1° luglio 2013, l’Unione europea ha salutato l’ingresso del ventottesimo Stato membro, la Croazia.
Con il trattato di Nizza, ci fu la prima riduzione, portandoli a 736, poi aumentati a 754 nel 2012.
In base al trattato di Lisbona, il 25 maggio 2014 gli europarlamentari saranno 751. Vediamo ogni Stato quanti deputati eleggeva ogni Stato prima della “Brexit”:
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Germania 96
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Francia 74
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Regno Unito 73
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Italia 73
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Spagna 54
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Polonia 51
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Romania 32
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Paesi Bassi 26
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Belgio 21
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Grecia 21
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Portogallo 21
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Repubblica ceca 21
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Ungheria 21
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Svezia 20
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Austria 18
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Bulgaria 17
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Slovacchia 14
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Danimarca 13
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Finlandia 13
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Croazia 11
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Lituania 11
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Repubblica d’Irlanda 11
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Lettonia 8
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Slovenia 8
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Cipro 6
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Estonia 6
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Lussemburgo 6
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Malta 6
Con l’uscita dei settantatre eurodeputati inglesi, il numero degli eurodeputati passerà da 751 a 705: degli scranni britannici, ventisette saranno ripartiti tra gli Stati per un computo migliore di proporzionalità. Saranno ridistribuiti gli scranni di
- Francia (+5),
- Spagna (+5),
- Italia (+3),
- Paesi Bassi (+3),
- Irlanda (+2),
- Svezia (+1),
- Austria (+1),
- Danimarca (+1),
- Finlandia (+1),
- Slovacchia (+1),
- Croazia (+1),
- Estonia (+1),
- Polonia (+1)
- Romania (+1).
Domenica si voteranno, quindi, 76 eurodeputati italiani.
Nella storia della CEE-UE, il Parlamento europeo non è mai stato sciolto (come invece può avvenire per i singoli parlamenti nazionali) ed ogni legislatura è durata cinque anni.
Già nel 1958 si iniziò a parlare di voto diretto, come espresso nell’art. 138 del Trattato di Roma: l’idea fu dell’allora Ministro degli Esteri italiano Gaetano Martino e del gruppo di lavoro presieduto dal liberale belga Fernand Dehousse.
Il primo presidente dell’Assemblea Comune Europea fu il socialista belga, nonché uno dei padri fondatori dell’integrazione europea, Henry Paul Spaak, mentre il primo presidente dell’Assemblea parlamentare europea fu un altro “padre fondatore”, Robert Schumann.
Il primo presidente del Parlamento europeo democraticamente eletto fu l’ex magistrato francese Simon Weil, esponente del partito liberal-democratico. Nella seconda parte della prima legislatura le successe il laburista olandese Piet Dankert.
Il presidente uscente dell’Europarlamento è Antonio Tajani, espressione del Partito Popolare Europeo, uno dei due partiti più votati insieme ad Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.
Tajani è il primo presidente italiano del Parlamento europeo dal 1979, mentre ricoprirono il suo ruolo quando questo non era democraticamente eletto Alcide de Gasperi, Giuseppe Pella, Gaetano Martino, Mario Scelba ed Emilio Colombo.
A livello di Presidenti della Commissione europea, i nostri connazionali che hanno ricoperto quel ruolo sono stati, a oggi, Franco Maria Malfatti (1970-1972) e Romano Prodi (1999-2004). Hanno ricoperto il ruolo di commissario europeo (anche per più Commissioni) dal 1979 a oggi Lorenzo Natali, Antonio Giolitti, Carlo Ripa di Meana, Filippo Maria Pandolfi, Antonio Ruberti, Raniero Vanni d’Archirafi, Mario Monti, Emma Bonino, Antonio Tajani, Franco Frattini, Ferdinando Nelli Feroci e Federica Mogherini
Cosa fa il Parlamento europeo
Il Parlamento europeo è l’unica “camera” dell’Unione europea, non essendoci una controparte come in tutte le altre democrazie mondiali (es. il Senato). Oltre al Parlamento europeo, le altre istituzioni europee sono:
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il Consiglio europeo;
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il Consiglio dell’Unione europea;
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la Commissione europea;
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la Corte di giustizia dell’Unione europea;
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l’Alto rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune;
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la Corte dei conti europea;
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la Banca Centrale Europea;
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il Servizio europeo per l’azione esterna;
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il Comitato economico e sociale europeo;
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il Comitato Europeo delle Regioni;
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la Banca Europea per gli Investimenti;
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il Mediatore europeo;
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il Garante europeo della protezione dei dati.
In base all’articolo 14 del Trattato di Lisbona, si stabilisce che il Parlamento europeo si compone di rappresentanti dei cittadini dell’Unione e non devono essere più di 750, più il presidente.
La rappresentanza deve essere, come si dice in gergo, “regressivamente proporzionale”, con una soglia minima di sei deputati europei per ogni Stato membro. A nessuno Stato membro dovranno essere assegnati più di novantasei seggi (quota spettante alla Germania in quanto è il Paese membro con più abitanti).
Il Parlamento europeo ha tre sedi, a dispetto di un’unica sede per ogni Paese:
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a Bruxelles, in Belgio, vi sono anche le sedi del Consiglio, della Commissione europea e le riunioni delle commissioni;
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a Strasburgo, nella regione francese dell’Alsazia, sede ufficiale e dove una settimana al mese si tengono le sessioni plenarie;
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a Lussemburgo, capitale dell’omonimo piccolo Stato, vi è la sede del Segretariato generale.
La seduta plenaria è altresì la sede in cui i rappresentanti dei cittadini dell’Unione europea, i deputati europei, “partecipano al processo decisionale comunitario e fanno valere i propri punti di vista presso la Commissione e il Consiglio” (come riporta il sito del Parlamento europeo quando si parla di “assemblea plenaria”).
Poiché riunisce un numero elevato di partecipanti, la seduta plenaria non può essere improvvisata e deve, per quanto possibile, seguire un’organizzazione prestabilita.
Per il medesimo motivo, l’ordine del giorno della “plenaria” viene fissato con precisione dalla conferenza dei presidenti dei gruppi politici. Le restanti settimane i deputati europei si riuniscono nelle commissioni.
Il Parlamento europeo ha tre poteri:
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potere legislativo;
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potere di bilancio;
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potere del controllo democratico.
L’assemblea europea ha diverse funzioni, come il controllo sulla stessa Commissione tramite presentazioni di interrogazioni scritte ed orali, nonché la mozione di sfiducia, oltre a fare l’esame delle proposte legislative della stessa.
Il potere legislativo, il Parlamento europeo lo esercita attraverso tre procedure:
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procedura di cooperazione;
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procedura di parere conforme;
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procedura di co-decisione.
Le prime due sono state adottate con l’Atto Unico Europeo (17 febbraio 1986), mentre l’ultima è stata adottata con il trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) ed è l’azione ordinaria attualmente in vigore.
Il Parlamento europeo approva il bilancio annuale dell’Unione europea presentato dalla Commissione europea e allo stesso tempo stabilisce quello per l’anno successivo, proprio come un qualsiasi parlamento.
L’approvazione avviene di concerto con il Consiglio europeo, ma il Parlamento europeo ha facoltà di respingerlo e di proporre modifiche nelle spese obbligatorie, nonché proporre emendamenti alle spese non obbligatorie del bilancio.
Uno dei compiti principali del Parlamento europea é l’approvazione di adesione di un nuovo Stato, oltreché approvare tutti gli accordi internazionali stipulati dall’Unione europea.
Il Parlamento europeo dà la fiducia, inoltre, su ogni candidato-commissario: se dà il via libera, questo politico diventerà commissario, mentre in caso contrario lo Stato proponente dovrà optare su un’alternativa.
Le elezioni del Parlamento europeo
Domenica prossima 48 milioni di italiani aventi diritto di voto dovranno recarsi ai seggi elettorali, muniti di documento di identità in corso di validità e tessera elettorale, per eleggere il nuovo Parlamento europeo. Verrà consegnata una scheda di colore diverso in base alla circoscrizione elettorale europea di voto (es. gli elettori della Provincia di Novara, residenti in Piemonte e quindi nella circoscrizione “Nord-Ovest”, avranno la scheda di colore grigio) e l’elettore dovrà fare una croce su un partito candidato alle elezioni europee e potrà scrivere, se vorrà, il nome di massimo tre persone candidate al Parlamento europeo per lo stesso partito politico. Non è possibile il voto disgiunto, pena nullità della scheda.
Come cinque anni fa, i cittadini dovranno potranno indicare più di un nome e dovranno alternarlo in base alla rappresentanza di genere: non si potrà votare tre uomini o tre donne, ma dovrà esserci per forza una uomo e una donna.
Le prime elezioni del Parlamento europeo si tennero, in Italia, il 10 giugno 1979 e furono eletti ottantuno rappresentanti.
Gli europarlamentari italiani sono stati ottantuno fino al 1989, dal 1994 al 2004 settantotto e la scorsa legislatura settantatre. Da questa diventeranno settantasei.
La carica di eurodeputato è incompatibile con quella di membro del governo, di membro della Commissione europea, di giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia, membro della Corte dei conti, membro della Banca europea per gli investimenti (BEI) e di funzionario delle istituzioni dell’Unione. La carica è incompatibile con quella di deputato o senatore nel proprio Paese: in caso di elezione, il parlamentare dovrà optare o per Roma o per l’Europa.
Per le elezioni europee, l’Italia viene divisa in cinque aree/circoscrizioni:
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Nord-Ovest (scheda grigia: Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia; 20 seggi);
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Nord-Est (scheda marrone: Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia; 15 seggi);
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Centro (scheda rossa: Toscana, Lazio, Marche, Umbria; 15 seggi);
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Italia meridionale (scheda arancione: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata; 18 seggi);
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Italia insulare (scheda rosa: Sicilia e Sardegna; 8 seggi).
Ogni singola Nazione usa un proprio sistema elettorale, non esistendo un sistema elettorale unico. In Italia vige, a differenza del “Rosatellum” usato nelle scorse elezioni politiche, il sistema proporzionale con soglia di sbarramento fissata al 4%: i partiti che a spoglio completato non supereranno quella soglia non avranno deputati eletti. A partire dalla VII legislatura vi è questa soglia di sbarramento, mentre fino ad allora era dello 0.5%. In base al trattato di Lisbona, il massimo di soglia potrà essere la massimo del 5%.
Nessuna elezione ha portato un singolo gruppo ad avere la maggioranza assoluta dei seggi e, di conseguenza, tutte le scelte sono state approvate tramite compromessi e negoziati.
I candidati a Presidente della Commissione europea sono i seguenti:
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per i popolari europei, il tedesco Manfred Weber (attualmente capogruppo del PPE);
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per i socialisti-democratici, l’olandese Frans Timmermans (Commissario europeo per la migliore legislazione uscente);
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per l’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, il “TeamEurope” (guidato dall’ex Premier belga Guy Verhofstadt);
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per i Verdi, il candidato principale sarà la tedesca Ska Keller e l’olandese Bas Eickhout;
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per Conservatori europei riformisti, il ceco Jan Zahradil (capogruppo uscente del gruppo);
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per Sinistra europea, la slovena Violeta Tomič e lo spagnolo Nico Cué.
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per Europa della libertà e democrazia diretta, l’inglese Nigel Farage;
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per Europa delle nazioni e libertà, il francese Nicolas Bay e l’olandese Marcel de Graaff
In base al principio dello “Spitzenkandidaten“ (trad. “principali candidati”), il gruppo politico più votato potrà indicare il suo candidato-Presidente della Commissione europea.
Le elezioni europee del 2014 furono vinte dal Partito Popolare Europeo che ottenne 221 seggi, mentre Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici trenta seggi in meno. Le due “famiglie” ottennero 412 seggi, il 55% totale.
In Italia, alle scorse europee il Partito democratico sbancò con il 40,8% dei voti (ottenendo 31 seggi) con la grande sorpresa del Movimento 5 Stelle, alla prima elezione europea, che ottenne il 21%. Forza Italia si assestò al terzo posto con il 19%.
L’affluenza fu in calo di ben otto punti percentuali rispetto alle Europee di cinque anni prima.
I gruppi parlamentari presenti nel Parlamento europeo
I partiti politici europei sono un importante fattore per l’integrazione in seno all’Unione europea, contribuendo a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione. A livello di singolo Stato, ogni candidato-eurodeputato afferisce ad un partito nazionale.
Ogni eletto aderirà poi ad un euro-gruppo: per candidarsi all’Europarlamento si segue il criterio con cui, ad esempio in Italia, si elegge un deputato, vale a dire diciotto anni per votare, venticinque anni per essere eletti.
Ogni Paese vota in base ai propri criteri (es. in Belgio il voto è obbligatorio, mentre in Austria si può votare già a 17 anni). Sarà difficile, se non impensabile, trovare un sistema elettorale unico per tutti gli Stati membri: basti pensare che non si vota lo stesso giorno, ma scaglionati.
Il Parlamento europeo ha, come detto, a oggi, 751 seggi, ripartiti in maniera proporzionale decrescente tra gli Paesi membri: più un Paese ha abitanti, più seggi ha a disposizione. La Germania è il Paese più grande per numero di abitanti e ha 96 seggi, ovvero 1 eurodeputato ogni 867mila abitanti. In base a questo principio però il Lussemburgo, che ha 500mila abitanti e sei seggi, ha un deputato ogni 84.500 abitanti, dieci volte la Germania che dovrebbe allora avere novecentonovantasei rappresentanti
Una volta eletti ed insediatisi a palazzo Charlemagne, gli eurodeputati dovranno lavorare alle leggi europee e approvare, o bocciare, il bilancio. Dal mese di luglio, dovranno eleggere il nuovo Presidente della Commissione europea che sarà eletto con il 50%+1 dei voti.
Il Presidente del Parlamento europeo rimane in carica due anni e mezzo senza rinnovo. A partire dal 1979, il PPE e l’allora PSE si sono suddivisi i Presidenti, essendo i gruppi parlamentari più numerosi ed importanti.
In un solo caso, nel corso della legislatura 1999-2004, non ci fu un presidente facente parte “della sinistra”, ma fu scelto un esponente del terzo gruppo più numeroso, l’ALDE: l’irlandese Pat Cox ruppe questo “tacito” duopolio.
Fino al 2009 presiedeva la prima seduta del nuovo Parlamento europeo l’eurodeputato più anziano di età, mentre dalla scorsa legislatura ha tenuto la prima seduta l’ultimo presidente eletto oppure uno dei suoi 14 vice-.
Il Presidente viene eletto fino al terzo scrutinio a maggioranza assoluta dei membri (50%+1), dopo di che ci sarà il ballottaggio tra i due più votati. Se dopo questa procedura non si trova il Presidente, verrà eletto il più anziano tra i contendenti. In totale, i vice-Presidenti sono ventotto, visto che ogni due anni e mezzo sono nominati in conseguenza al nuovo Presidente del Parlamento europeo.
Il Presidente convoca le sedute e presiede la riunione dei capigruppo dei partiti, rappresenta l’assemblea nei rapporti con le altre istituzioni e nei rapporti internazionali. L’ultimo Presidente del Parlamento europeo è stato Antonio Tajani, in carica per 2 anni e mezzo: prima di lui, per lo stesso tempo, era stato il tedesco Martin Schulz, già Presidente del Parlamento europeo.
Come tutti i parlamenti nazionali, anche il Parlamento europeo ha delle commissioni. Le commissioni parlamentari europee sono composte da un minimo di ventiquattro ad un massimo di settantasei deputati e ciascuna è dotata di un presidente, di un ufficio di presidenza e di una segreteria. La loro composizione politica rispecchia quella dell’Aula.
Le commissioni parlamentari si riuniscono una o due volte al mese a Bruxelles e le loro discussioni sono pubbliche. Sono venti ed in seno alle commissioni, i deputati europei elaborano, modificano e votano proposte legislative e relazioni di iniziative.
Da sempre, gli eurodeputati si sono riuniti in gruppi, e mai in delegazioni nazionali, e fanno parte di gruppi parlamentari paneuropei, uniti sotto gli stessi ideali: i cristiano-democratici, i socialisti, i verdi, i liberali, i comunisti (prima del 1989) e così via. Con il passare delle legislature, e soprattutto degli allargamenti, nei vari gruppi si sono trovati anche partiti lontani dall’ideologia fondante del gruppo.
Un gruppo parlamentare europeo è considerato una “famiglia”, dove afferiscono tutti i partiti politici nazionali risultati eletti dal voto europeo. Per formare un gruppo parlamentare europeo, devono prendervi parte almeno venticinque eurodeputati provenienti da almeno un quarto dei Paesi membri (dal 2014 almeno di sette Stati diversi).
A oggi, i gruppi parlamentari europei presenti al Parlamento sono:
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Partito Popolare Europeo, cristiano-democratico e conservatore;
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Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici, socialdemocratico e progressista;
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Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, vicini al liberalismo e al centrismo;
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Verdi Europei-Alleanza Libera Europea, improntati sull’ambiente e sula sua protezione;
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Conservatori e Riformisti Europei, espressione della destra conservatrice europea (più a destra del PPE, per intenderci);
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Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Verde Nordica, che comprende comunisti, socialdemocratici ed ecologisti;
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Europa della Libertà e della Democrazia Diretta, famiglia parlamentare vicina a politiche euroscettiche;
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Europa delle Nazioni e delle Libertà, che comprende i nazionalismi estremi.
La “famiglia” partita più grande è il Partito Popolare Europeo, dal 1999 ininterrottamente con la maggioranza relativa e, di conseguenza, con il più alto numero di eurodeputati. Aspira ad un’Europa dei valori vicina ai cittadini e basata sulla democrazia, la trasparenza, la responsabilità e la prosperità attraverso la promozione di un’economia sociale di mercato. E’ di orientamento europeista, moderato e con un carattere vicino al centro-destra. Nato come gruppo cristiano-democratico, negli ultimi anni ha ospitato partiti lontani dal pensiero iniziale, come il Partito conservatore inglese e danese ed il Socialdemocratico portoghese. Anche i partiti liberali-conservatori ne fanno parte. Dal punto di vista “italiano”, vi fanno attualmente parte gli eletti di Forza Italia, Alternativa popolare, Unione di Centro e il partito regionalista della Südtiroler Volkspartei.
Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici è quello, come si intuisce dal nome, di centro-sinistra presente nell’assemblea europea e comprende partiti laburisti, socialisti e socialdemocratici: è nato a metà della legislatura numero III e nel 2009 ha cambiato nome in Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici. I suoi valori fondamentali sono la democrazia, l’uguaglianza, la solidarietà e la giustizia sociale. APSD si prefissa di rilanciare l’economia e prevenire nuove crisi finanziarie, dando alle persone un patto per l’equità, trasformando l’Europa nella forza leader nel Mondo contro i cambiamenti climatici, promuovendo l’uguaglianza dei generi in Europa, uno sviluppo di un’efficace politica europea sull’immigrazione accrescendo il ruolo dell’Europa come partner per la pace, la sicurezza e lo sviluppo. La “pattuglia” italiana vede come membri solo gli esponenti del Partito democratico.
Il terzo partito europeo più importante (per numero di aderenti) è l’ALDE, l’Alleanza dei Liberali e Democratici Europei e si divide in due sottogruppi: Democratici Europei e Liberal Democratici. I suoi valori fondanti sono la democrazia e il liberalismo economico, politico e sociale. Nessun eurodeputato italiano vi fa parte.
Di una certa importanza è anche la “famiglia” dei Verdi, che punta su politiche verdi come le fonti di energia rinnovabili, la salvaguardia dell’ambiente e dei consumatori e la tutela delle donne. Ha un sottogruppo che è l’Alleanza Libera Europea. E’ molto forte ed ha un certo peso elettorale in Francia, Germania e Danimarca, mentre ha poco seguito nei Paesi dell’Europa mediterranea. Si pone come anti-violento, indirizzato alla parità di genere e allo sviluppo globale sostenibile. L’Italia è rappresentata da un solo esponente, non iscritto a nessun partito.
L’Alleanza dei Conservatori e Riformisti europei è un partito politico europeo di centro-destra, moderatamente euroscettico e molto conservatore. E’ stato fondato il 1º ottobre 2009 dopo la creazione del Gruppo dei Conservatori e Riformisti. L’Alleanza propone una riforma radicale dell’Unione europea e condivide principi che si basano su libertà personale, democrazia parlamentare, sovranità nazionale, famiglie forti, tasse basse, moneta solida, libero commercio e Stato di diritto. Non crede nel federalismo e ne fanno parte molti partiti provenienti in passato dal PPE e dall’Unione Europea delle Nazioni. La “pattuglia” italiana vede eletti tra le file di Fratelli d’Italia e Direzione Italia.
Il Partito della Sinistra Europea è un partito politico europeo ed associazione di partiti politici socialisti, comunisti e della sinistra ecologista. È stato costituito nel gennaio del 2004 con l’obiettivo di presentarsi alle successive elezioni europee. Il Partito della Sinistra europea crede nell’assolutizzazione del mercato all’Europa dei diritti e dello stato sociale, della pace e della cooperazione La parte ecologista proviene dai Paesi scandinavi che non rientrano nei “Grune” tradizionali. Politicamente è più a sinistra dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici. L’Italia conta una sola esponente, non iscritta a nessun partito.
Europa delle Libertà e della Democrazia è contrario al centralismo burocratico di Bruxelles ed è nato dalla fusione tra Indipendenza e Democrazia e Unione per l’Europa delle Nazioni. Questo gruppo parlamentare si fonda sulla piena cooperazione democratica e trasparente dell’Unione europea, tenendo sempre conto delle singole tradizioni culturali e storiche nazionali di ogni Stato membro. I suoi capisaldi sono il diritto di autodeterminazione dei popoli ed i diritti umani-civili-politici, ma anche tenere conto del nazionalismo, del regionalismo, dell’autonomia e dell’indipendenza. A differenza, ad esempio, del Parlamento italiano, il suo omologo europeo prevede un nutrito numero di deputati vicini alle istanze dei verdi e dell’ecologismo, molto radicate in Francia e Germania. L’Italia è rappresentata da tutti gli eletti del Movimento 5 Stelle.
Il gruppo più euroscettico e contrario alle politiche europee è Europa delle Nazioni e delle Libertà, incentrato su politiche molto vicine all’estrema destra, forte in molti Paesi dell’Unione. In passato questa “famiglia” era guidata dal gruppo Alleanza Europea per la Libertà, che prese spunto da un altro gruppo politico europeo vicino alla destra radicale, Identità Tradizione e Sovranità, durato un solo anno (2007-2008) anche perché non raggiunge mai il limite minimo di venticinque eurodeputati. Attualmente a questo gruppo afferiscono il Partito della Libertà Austriaco, Interesse Fiammingo, Raggruppamento Nazionale, Alternativa per la Germania, la Lega, il Partito per la Libertà olandese, il Congresso della Nuova Destra polacca e tre indipendenti.
L’ultimo gruppo raccorda tutti coloro che non fanno parte di nessun gruppo poiché inferiore ai venticinque membri provenienti da almeno ¼ dei Paesi membri: i Non iscritti. Una sorta di “gruppo misto”, visto che racchiude anche eurodeputati indipendenti.
Conclusioni: cosa aspettarsi da questo voto?
Votare alle elezioni europee significa partecipare alla direzione che dovrà avere l’Unione europea nei prossimi cinque anni sotto tanti punti di vista: dal cambiamento climatico alle politiche commerciali, dalla sicurezza alle nuove sfide economiche. Ma anche porre davvero l’Ue faro del Mondo, un esempio da seguire.
Ancora più di cinque anni fa, in questa elezione sarà determinante capire che effetto hanno sui cittadini la presenza di forti partiti sovranisti, populisti ed euroscettici. E visto che in Europa soffia da diverso tempo un vento “contrario” ai popolari e ai socialisti, questa è la volta in cui o fanno il botto (elettorale) o non sfonderanno più.
I più contestati sono il Presidente uscente della Commissione europea, Juncker, ed il Presidente francese Macron, espressioni della lontananza dei “palazzi” dalle piazze nazionali. Ma anche Angela Merker, la Cancelliere tedesca, non se la passa bene come del resto la sua omologa britannica Theresa May, uscita con le ossa rotte dalla “Brexit” e dal suo negoziato con Bruxelles.
Sono attesi diversi voti per la Lega di Salvini, i Democratici svedesi di Jimmie Åkesson, il Partito della libertà olandese di Geert Wilders e i due nemici giurati dell’Unione europea, ovvero Viktor Orbàn e Alternative für Deutscheland. Poi, come sempre, saranno i cittadini a scegliere. Tecnicamente, il PPE e i socialisti saranno le due “famiglie” più votate, ma le forze antisistema potrebbero ritagliarsi molti seggi, togliendoli proprio ai due gruppi storici.
Saranno elezioni anti-Europa? No, perché comunque negli Stati membri c’è un forte credo verso Bruxelles e le organizzazioni comunitarie. Fatto sta che i vertici dell’Unione europea devono cambiare registro altrimenti di volta in vota le forze antisistema potrebbe rodere voti ai grandi gruppi politici, influenzando le scelte dell’Europa.
Gli europei favorevoli all’Unione europea, all’Euro e alle politiche di Bruxelles sono in netta maggioranza rispetto agli avversari quindi non dovrebbero esserci scossoni.
Il voto europeo di settimana prossima sarà un banco di prova verso il processo di integrazione che se dal punto di vista “integrativo” ha avuto un exploit clamoroso, toccando l’apice il 1° maggio 2004 con l’allargamento a dieci Paesi contemporaneamente, di cui otto dell’ex blocco comunista, continuato tre anni dopo con l’ingresso di Bulgaria e Romania, ha ancora dei problemi dal punto di vista economico e sociale.
Dal punto di vista economico, il successo lo ha avuto l’euro, la moneta unica: il 1° gennaio 2002 erano dodici i Paesi membri ad adottare la moneta unica, passati ora a diciotto (l’ultimo Paese membro ad aderire all’Eurozona è stata la Lettonia), anche se tanti partiti vorrebbero che il proprio Paese uscisse dalla zona Euro. In alcuni Stati però c’è un po’ di malumore sulle risposte che Bruxelles da ai nuovi Stati: in Ungheria nonostante il Premier sia anti-Ue, gli ungheresi sono pro-Ue; in Croazia è forte ancora il nazionalismo che gli ha da sempre caratterizzati e non si sentono ancora “europei”.
Il piano politico invece va molto più a rilento dei due precedenti ed è un vero problema visto che ad oggi l’Ue non ha un’unica “voce”, ma ogni Paese membro dice la propria, soprattutto nella difesa e nella sicurezza comune, anche se dal 1999 è presente l’Alto Rappresentante per la Politica Europea di Sicurezza Comune. A oggi, questa istituzione ha avuto quattro esponenti, le ultime due donne: il tedesco Jürgen Trumpf, lo spagnolo Javier Solana, la britannica Catherine Ashton e l’italiana Federica Mogherini. Un ruolo esclusivo ma con alcune voci “indipendenti”.
Chi saranno gli sfidanti di questa tornata elettorale al sistema europeo? Senza dubbio Marine Le Pen, paladina dell’euroscetticismo ed il suo partito Raggruppamento Nazionale (erede del Front National) contro Emmanuel Macron. Sarà l’alleato forte della Le Pen, Matteo Salvini, contro il nuovo PD del neo segretario Luca Zingaretti ed i suoi alleati della coalizione di centro destra relegati all’opposizione parlamentare. Sarà Angela Merkel contro i populisti locali che non tollerano più il periodo della “Grossa coalizione” e la CDU è in netto caldo.
Sarà anche un banco di prova per la Spagna, appena uscita dal voto dello scorso 28 aprile, l’Austria del giovane cancelliere Sebastian Kurz oltre che per i governi del cosiddetto “gruppo di Visegrad” (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia), con il leader ungherese Viktor Orbán, avverso a molte Nazioni per le sue politiche discriminatorie (una su tutte, la costruzione di un muro al confine ungherese e serbo per impedire che nel Paese magiaro possano entrare gli immigrati).
Il populismo sarà il vero avversario da battere, o quello da cui seguire la scia in base ai punti di vista. Il populismo si basa su un fondamento importante: alcuni elettori sono stufi di essere considerati non solo cittadini di Serie B ma anche del fatto che l’Unione europea sia una grossa macchina burocratica che pensa più alle misure degli ortaggi, all’abolizione dell’ora legale e alla grandezza delle reti dei pescatori invece di puntare sulle politiche di sicurezza nazionale e sulle politiche immigratorie.
Non c’è che dire: molti partiti populisti, euroscettici e sovranisti o sono al governo (leggasi in Italia Lega e Movimento Cinque Stelle, leggasi Orbán in Ungheria, leggasi i fatti che hanno portato al referendum pro o contro la “Brexit”) o se sono all’opposizione sono molto forti o sono in ascesa.
Quindi il popolo vuole un cambiamento: via la vecchia classe politica poco illuminata, dentro le ragioni del popolo, quello che il popolo vuole per sentirsi tutelato e al sicuro. I sovranisti si pongono di mettere al primo posto del percorso europeo le loro Nazioni a scapito delle élite e di immigrati. Peccato che propria questa “filosofia” sta danneggiando l’Unione europea e portando una ventata di odio sul Continente.
Eppure la Commissione europea ha redatto un testo in cui riporta, nel sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, le sessanta buone ragioni perché l’Europa ha bisogno dell’Unione europea: dalla pace all’economia sociale di mercato, dalla moneta unica all’equità fiscale, dalla protezione dei consumatori al mercato unico fino alla libertà di circolazione di persone, merci, servizi e capitali.
In questi ultimi anni, con la crisi europea che ha colpito l’Europa, soprattutto i Paesi con un’economia ed un sistema industriale debole, l’euro da moneta della svolta è diventata, in alcuni casi, la moneta della…rivolta. In questo ultimo anno, in particolare, dove la crisi ha colpito di più, si sono imposti all’attenzione una serie di partiti politici antisistema che sono contrari, oltre alla moneta unica, anche alle politiche di Bruxelles (immigrazione in primis, una problematica che ha visto l’Italia quasi abbandonata al suo destino dall’Unione europea, almeno fino all’arrivo a Palazzo Chigi del governo giallo-verde).
Il tema dell‘immigrazione è il vero banco di prova di Bruxelles. L’Italia, grazie al Ministro degli Interni, ha mostrato sempre i muscoli, intimando di non aiutare le “baracche del mare” ad approdare nei porti italiani, dirottando i disperati verso i porti degli altri Stati comunitari.
Fondamentale saranno anche le nuove politiche sullo sviluppo sostenibile dell’Unione europea per arrivare ad una sorta di nuovo Rinascimento: un’Europa competitiva, “sul pezzo”, responsabile e ambiziosa.
E la parte del gigante la dovrà fare il clima, la protezione dell’ambiente, la riduzione dell’inquinamento, il risparmio energetico. Tematiche che sono sulla bocca di tutti da decenni, ma che ora come non mai devono diventare pregnanti.
Negli incontri di Sibiu dello scorso 9 maggio (la Giornata dell’Europea, in ricordo del 69° anniversario della “dichiarazione Schuman”, il punto di partenza del percorso dell’integrazione europea), in Romania (presidente di turno dell’Ue per la prima volta nella sua storia) i leader dei Paesi membri hanno lancia un patto ponendo le caratteristiche della nuova Europa: competitiva, equa, sostenibile e influente sulla scena internazionale. In poche parole: Unione europea al primo posto nel Mondo.
Nella cittadina transilvana, ventuno Capi di Stato di governo (ad eccezioni dei Paesi con a capo una monarchia) hanno pensato a dieci “impegni” da mantenere da qua al futuro per rendere davvero l’Unione europea il faro del Mondo:
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Difendere un’Europa unita, da est a ovest, da nord a sud;
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Restare uniti, nel bene e nel male e […] parlare con un’unica voce;
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Cercare sempre soluzioni congiunte, ascoltandosi a vicenda in uno spirito di comprensione e rispetto;
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Continuare a proteggere lo stile di vita, la democrazia e lo Stato di diritto;
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Ottenere risultati sulle questioni di maggiore importanza;
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Rispettare sempre il principio di equità, che si tratti di mercato del lavoro, assistenza sociale, economia o trasformazione digitale;
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Darsi i mezzi giusti per essere all’altezza delle ambizioni;
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Salvaguardia del futuro delle prossime generazioni di europei;
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Protezione dei cittadini e garanzia della sicurezza rafforzando il potere di persuasione e di coercizione, collaborando con i partner internazionali;
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L’Europa sarà un leader mondiale responsabile.
La palla ora passa ai cittadini europei comunitari che avranno il compito di indirizzare l’Europa verso il futuro, ponendola come baluardo democratico e politico di esempio nel Mondo. Un compito molto gravoso, vista l’incertezza che c’è nel Mondo e la paura che il sistema possa crollare o prendere una piega inaspettata.
Non è mai facile governare un Paese, figurarsi un’entità come l’Unione europea. Per alcuni un appiglio ed un faro, per altri la causa di tutti i mali del Continente.
Per chi volesse approfondire le tematiche europee, consigliamo questi testi:
Ignazi P. – Bardi L., Il Parlamento europeo, il Mulino, Bologna, 1999
Pasquinucci D. – Verzichelli L., Elezioni europee e classe politica sovranazionale (1979-2004), il Mulino, Bologna, 2004
Pocar F., Diritto dell’Unione e delle comunità europee, Giuffrè editore, Milano, 2002
Telò M., Dallo Stato all’Europa. Idee politiche e istituzioni, Carocci, Roma, 2004
Telò M., L’Europa potenza civile, Laterza, Roma-Bari, 2004
Rapone L., Storia dell’integrazione europea, Carocci, Roma, 2003
Come sitografia di riferimento, consigliamo:
https://europa.eu/european-union/index_it
http://www.europarl.europa.eu/portal/it
https://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it
https://www.what-europe-does-for-me.eu/it/portal
https://www.money.it/elezioni-europee-2019-quando-data-legge-elettorale
https://www.toscanaoggi.it/Mondo/Consiglio-Ue-Dichiarazione-di-Sibiu
immagine in evidenza tratta da www.balcanicaucaso.org