a cura dell’Avvocato Antonio Costa Barbè
DOMANDA:
L’ abbandono di minori si configura se affidati temporanemente ai nonni -capaci- quando il padre non intende averli con se’ secondo le disposizioni contenute in un verbale di separazione o in una sentenza?
RISPOSTA:
La norma sanzionatoria di cui all’art. 591 codice penale “Abbandono di persone minori o incapaci” punisce fra l’altro chiunque abbandoni un minore di 14 anni ovvero una persona incapace, per qualsivoglia causa, di provvedere a sè stessa.
Il reato in questione è collocato nel capo del codice penale relativo ai delitti contro la vita e l’incolumità personale: tanto trova la sua ragione d’essere nello stato di incapacità in cui versano i soggetti passivi (destinatari) di provvedere a se stessi, dal quale deriva una possibilità di danno ad essi qualora siano lasciati privi di assistenza.
Partendo dal presupposto che ABBANDONARE significa lasciare in SITUAZIONE di PERICOLO, l’elemento soggettivo del reato esige non soltanto la volontà di privare dell’assistenza il minore, ma anche la consapevolezza della situazione di concreto pericolo per la vita o l’incolumità del soggetto, tra virgolette, abbandonato
ll reato di abbandono si configura dunque quando il minore viene, appunto, realmente “abbandonato” da parte del genitore, e non rientra in tale fattispecie il fatto che lo stesso venga temporaneamente collocato presso parenti per motivi contingenti ( es. cure mediche specialistiche, assistenza particolare, studi o quando l’altro genitore non acconsenta a tenere presso di se’ il minore pur dovendolo fare).
Queste situazioni non hanno nulla a che vedere con uno stato di abbandono ma, anzi, il tutto accade nell’ interesse del minore stesso.
Un conto è mollare il piccolo in macchina da solo tutta la notte perchè si vuole andare in discoteca, o decidere di affidare il minore a una bis-cugina quindicenne o a una parente
tossica conclamata, un’altro conto è lasciarlo temporaneamente dai nonni che bene lo possano accudire per i motivi sopra esemplificati.
In altre parole, se la scelta e’ logica e razionale per qualsiasi ed avviene nell’ interesse del minore, mancherebbe la configurazione di reato.
Cassazione: Le registrazioni audio sono importanti prove per dimostrare le violenze psicologiche
Per la Corte di Cassazione la registrazione delle conversazioni è legittima. Lo dicono alcune sentenze tra cui: la n. 7239 dell’ 8 giugno 1999 e la n. 36747 del 24 settembre 2003. Quest’ultima in particolare stabilisce che «le registrazioni di colloqui anche all’insaputa dell’interessato sono perfettamente lecite ed equivalgano ad una presa di appunti scritti; non solo, la cosiddetta “registrazione fonica” costituisce valido elemento di prova davanti al giudice».
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 31342 del 16 marzo 2011 la registrazione fonica di un colloquio telefonico ad opera di uno dei partecipi al colloquio medesimo è prova documentale rappresentativa di un fatto storicamente avvenuto, pienamente utilizzabile nel procedimento a carico dell’altro soggetto che ha preso parte alla conversazione.
Inoltre, secondo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18908 del 13 maggio 2011 è legale registrare una conversazione tra presenti perchè chi dialoga “accetta il rischio” di essere registrato; tuttavia la diffusione della registrazione costituisce violazione della privacy se è fatta per scopi diversi “dalla tutela di un diritto proprio o altrui”. Fuori dalla necessità di tutelare “un diritto proprio o altrui”, invece, la semplice registrazione di una conversazione non è reato se è effettuata per fini personali, in questo caso non c’è bisogno del consenso dell’interlocutore purchè la registrazione venga custodita e non si proceda alla sua “comunicazione o diffusione”. Invece per poter diffondere a terzi la registrazione, quando ciò non sia necessario alla tutela di un diritto, è indispensabile il consenso dell’interlocutore per non incorrere nel reato di trattamento illecito dei dati personali (Dlgs 196/2003)
Dunque la registrazione (anche segreta) non costituisce reato se, e solo se, a farla è chi partecipa o assiste alla conversazione, mentre non è uno strumento utilizzabile da terzi che, invece, non possono captare conversazioni altrui.
«La comunicazione, una volta che si è liberamente e legittimamente esaurita, senza alcuna intrusione da parte di soggetti ad essa estranei», dice la Cassazione, «entra a fare parte del patrimonio di conoscenza degli interlocutori e di chi vi ha non occultamente assistito, con l’effetto che ognuno di essi ne può disporre».
La Corte di Cassazione ha recentemente riaffermato, con sentenza n. 29320 del 2012, che le registrazioni audio di dialoghi poste in essere da persona partecipante alla discussione possono essere utilizzati a fini processuali sebbene catturate di nascosto. Vietate sono invece quelle effettuate da un soggetto assente che ha lasciato il dispositivo audio attivo per registrare conversazione di terzi. Questo secondo caso si configura come “intercettazione”, la quale deve sottostare a tutti gli oneri procedimentali richiesti dalla legge.
La registrazione del colloquio per la Corte di Cassazione è un ottimo strumento di difesa. Può rappresentare un’ utile prova di prepotenze, minacce, insulti e ricatti subiti.