Arona – C’è il progetto di restauro delle mura Borromee, quello che rimane della Rocca di Arona, un tempo come la gemella di Angera. In estate è stato presentato ufficialmente l’ambizioso progetto di restauro delle mura, realizzato dallo studio torinese Simonetti Architettura su incarico della famiglia Borromeo.
La Rocca è stata riaperta nel 2011 dopo anni di abbandono; s’è trattato di uno dei progetti più ambiziosi della prima amministrazione Gusmeroli che ha voluto ridare agli aronesi uno dei suoi simboli più amati. La storia della Rocca è sempre stata indissolubilmente legata alla città; la fortezza venne fondata prima dell’anno mille sotto il controllo dei Longobardi e adibita a scopo difensivo, nel 1227 divenne poi proprietà dei Visconti. Due secoli dopo, precisamente nel 1439, Filippo Maria Visconti la cedette come feudo a Vitaliano I Borromeo e da quel momento rimase in mano alla famiglia per ben quattro secoli, dando i natali al futuro cardinale San Carlo Borromeo nel 1538.
La storia della fortezza termina nel 1800 quando l’esercito Napoleonico ricevette l’ordine di distruggere alcune fortificazioni occupate dagli Austriaci: da quel momento della Rocca di Arona rimangono solo alcuni resti.
“Tutto ciò che abbiamo realizzato in questi anni di amministrazione lo abbiamo fatto pensando in grande – ha detto il sindaco Alberto Gusmeroli durante la serata – Vogliamo migliorare la fruibilità del sito per promuovere e incentivare l’incoming turistico: quando si torna a usufruire di beni di questo valore, dopo lunghi periodi di abbandono, cresce l’economia del territorio e così è stato per la Rocca in questi sei anni di riapertura. Il progetto che abbiamo presentato è per noi allo stesso tempo la realizzazione di un sogno e un punto di partenza verso nuovi traguardi”.
Roger Michel di IDA ha invece detto: “Come l’accoglienza riservata all’ Arco di Palmira ha dimostrato, Arona ha un forte legame con il patrimonio culturale. L’Istituto di Archeologia Digitale è orgogliosa di aprire un fondo a favore della Rocca Borromea con lo scopo di garantire risorse che permetteranno di portare a compimento l’ambizioso progetto della sua riqualificazione. IDA è fortemente intenzionata a proseguire la collaborazione con la città di Arona al fine di ricordare, ricostruire e restaurare un passato che unisce tutti noi”.
Anche l’architetto Salvatore Simonetti è intervenuto sottolineando: “La Rocca di Arona è un sito archeologico di assoluto rilievo dal punto di vista culturale e scientifico. Gli scavi archeologici inizieranno nell’estate 2018, dopo una prima fase di studi, e si concluderanno nel 2020. Il progetto prevede la realizzazione di alcune strutture ricettive in grado di ospitare e accogliere i visitatori (Centro di interpretazione della Rocca, bookshop, caffetteria) e allestimenti innovativi con tecnologie applicate alla fruizione del patrimonio archeologico quali la fotografia immersiva”.
Il progetto
Si tratta di un progetto di ampio respiro quello che si prevede per la Rocca di Arona. Innanzitutto si è partiti con il restauro della Torre Mozza. Questa faceva parte del secondo recinto difensivo e risale al periodo del quattro – cinquecentesco. Delle sette torri di difesa ne rimangono tre e la torre Mozza è quella che si presenta nel miglior stato di conservazione. Nell’Ottocento è stata restaurata costruendo un tetto che in origine non c’era. Si riporterà la torre allo stato originale, realizzando anche una terrazza panoramica.
Saranno restaurate le mura che rimangono ancora a ricordo del palazzo: tra queste i resti della sala d’armi voluta da Vitaliano Borromeo nella metà del V secolo, insieme al più ampio complesso del palatium (le stanze del Signore).
Anticamente gli edifici si concentravano sui tre lati della piazza d’armi e attorno a due cortili divisi dalla Torre Santa Maria. Si narra che la stanza dove nacque San Carlo Borromeo si trovasse al terzo piano del palazzo.
Oggi i resti murari del salone della armi, della camera dei “tre laghi” e della porta del soccorso sono le vestigia di maggiore rilevanza. Si possono altresì osservare le mura della chiesetta di Sant’Ambrogio, un piccolo oratorio senza campanile ad aula rettangolare sul cui fronte era raffigurato il santo patrono milanese.
Attualmente lo stato di conservazione delle mura della sala d’armi è soggetto a numerose criticità, sia di natura statica che a causa di infestanti.
Le mura saranno quindi messe in sicurezza al termine delle ricerche archeologiche. Saranno costruite passerelle e mura di vetro in modo da creare un percorso ideale all’interno di quello che era il palazzo. Il museo diventerà un polo culturale di primaria importanza, così come voluto anche dalla famiglia Borromeo.
Se, poi, gli interventi della torre mozza, della rocchetta e gli scavi archeologici sono stati finanziati, sono invece ancora scoperti i tre progetti di maggiore rilevanza: il restauro delle mura, 350 mila euro, il museo ed il centro di interpretazione degli scavi archeologici, 1 milione e 200 mila, e il progetto multimediale esterno, 200 mila euro.