C’era una volta Giōrgos Katidīs al Novara

Condividi sulla tua pagina social

di Simone Balocco

Ci sono calciatori che hanno scritto la storia compiendo gesti epici: la “parata del secolo” di Gordon Banks su Pelé nel Mondiale messicano del 1970; il “gol del secolo” (e la “mano de Dios”) di Diego Armando Maradona a Messico ’86; le gesta dell’Olanda del “Calcio totale” nel 1974; i gol “alla Baggio” o “alla del Piero”. Per non parlare delle gesta infinite di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo o di tanti altri campioni della storia della pedata.

Gesti positivi, ma molti calciatori si sono distinti anche per gesti negativi in campo.

Uno di questi è stato compiuto il 16 marzo 2013 da parte di un (si diceva) promettentissimo calciatore greco di 20 anni. Un gesto che lo ha fatto andare su tutti i giornali e su tutte le televisioni del suo Paese (e non solo), facendolo conoscere alle masse. Il giocatore in questione era Giōrgos Katidīs, oggi svincolato (ovvero senza un contratto con una squadra) e fino alla scorsa stagione tesserato con i (per noi) misconosciuti cechi del Příbram.

Riavvolgiamo il nastro al 16 marzo 2013 e approdiamo allo stadio “Olimpico” di Atene dove si affrontano una delle grandi del calcio ellenico, l’AEK, ed i neopromossi del Veria.

Katidīs, numero 8 sulle spalle, al minuto 84 portò in vantaggio i suoi e per la gioia per il gol importantissimo fece una cosa che fanno molti suoi colleghi: togliersi la maglia e correre verso il settore occupato dai propri tifosi. Gioia, grinta e tutti che vedono il suo corpo tatuato. A fine esultanza l’arbitro lo avrebbe ammonito perché un giocatore non può togliersi la maglia dopo un gol realizzato. Ma Katidīs, nel mentre della concitazione post-gol, fece un gesto sconsiderato: il saluto romano. E lo fece per diversi secondi. Rivolto ai suoi tifosi. Qualche membro dello staff della squadra capì subito cosa fece nell’esultanza e gli tirò poi giù il braccio.

Apriti cielo: tutti indignati per il gesto del giocatore.

Katidīs venne bersagliato da tutto il Mondo del calcio per aver compiuto un gesto errato e da non fare.

Quando capì di aver fatto una “pirlata”, in lacrime negli spogliatoi provò a scusarsi sui suoi canali social dicendo che non sapeva la natura del gesto, di non sapere che quello è stato un gesto che ha fatto del male in Europa e al suo Paese, tanto che durante la Seconda guerra mondiale è stato invaso dai nazisti, tra il 1969 ed il 1974 Atene è stata sotto una dittatura filofascista detta “dei colonnelli” e nel 2013 la grave crisi economica che aveva colpito il Paese ellenico aveva portato all’affermazione del movimento filo-nazista Alba Dorata.

Pochi giorni dopo arrivò la “sentenza” della Federcalcio greca: multa di 50mila euro e giocatore bandito a vita da tutte le Nazionali bianco-blu. In pratica, la carriera di Giōrgos Katidīs, 20 anni al momento della “celebrità”, terminava lì. Anche perché se Katidīs era sconosciuto nel resto del Mondo, in Patria era stato prima il capitano della Nazionale Under19 vice campione d’Europa nel 2012 e poi il perno della Under 21, risultando uno dei giocatori più positivi. Per scusarsi, poco dopo il “gesto”, ha deciso di tatuarsi la scritta “Il mio errore 16 03 13” sulla tibia sinistra. E visto che i tatuaggi rimangono per sempre, quella “scritta” gli ricorderà a vita di quella cosa che ha fatto su quel campo da calcio.

E cosa può fare un giocatore radiato dalla propria Nazionale ed odiato dai propri connazionali? Una cosa sola: andare all’estero. E Giōrgos Katidīs nei primi giorni del luglio 2013 venne acquistato, a parametro zero, dal Novara, allora in Serie B e con una grande voglia di tornare in Serie A. Il Novara di mister Alfredo Aglietti, reduce dalla sconfitta nei play off contro l’Empoli dopo la mitica remuntada, partiva tra le favorite del campionato e contava a centrocampo il ragazzo di Tessalonica per tentare l’immediato ritorno in massima serie.

Contratto di un anno e Katidīs (arrivato in bianco-blu con il compagno della Under21 Giannis Poutoridis) divenne il primo giocatore greco nella storia della squadra azzurra.

Apriti cielo, un’altra volta: polemiche sull’arrivo in Italia di un giocatore di quel tipo. Un fascista, un nazista, un negazionista e chi più ne ha, più ne metta. Addirittura un parlamentare di SEL fece un’interrogazione quasi a vietare l’arrivo del giocatore in Italia. Come dire: già sugli spalti molte tifoserie si macchiano di cori e striscioni deplorevoli, ci mancava solo un giocatore che potesse fomentare certi comportamenti…sui generis. La società allora presieduta da Massimo de Salvo non minimizzò mai ciò che fece il giocatore in patria, ma volle dargli un’altra opportunità visto che si professò sempre pentito.

Ed il Novara, che ha voluto dare una seconda chance al giocatore, come “ricompensa” gli diede la maglia numero 10. Ed il Novara si presentò ai nastri di partenza con il “cattivo” Katidis indossare la “dieci” e Marco Rigoni, uno che con la “dieci” sulle spalle aveva fatto i numeri con la maglia azzurra tra il 2009 ed il 2012, che si prese un’anonima “14”.

Sotto la Cupola di San Gaudenzio, il giocatore greco fu accolto bene da alcuni tifosi (più per l’effetto mediatico che per la sua tecnica) e volle cogliere questa opportunità per convincere la Federcalcio del suo Paese a ridargli la possibilità di tornare a vestire la maglia della Nazionale. E dimostrare anche agli italiani che non era un calciatore estremista.

Katidīs debuttò in azzurro (anzi, in giallo-nero) a Brescia il 7 settembre 2013 giocando mezz’ora al posto di Paolo Faragò. C’era molto hype nei suoi confronti ed il giocatore nel complesso di mosse bene.

Complessivamente, in tutta la stagione, Giōrgos Katidīs giocò dieci partite su quarantadue di campionato, e in diciotto occasioni non fu nemmeno convocato (anche per colpa di un infortunio). Né Aglietti (due volte), né Calori videro nell’ex nazionale greco il giocatore utile alla causa. E vuoi che quella fu una stagione sfortunata per il Novara (retrocessione ai play out), fatto sta che Katidīs come arrivò a Novara se ne andò a fine campionato senza troppi rimpianti.

Dopo il suo addio alla squadra azzurra, per Katidīs un andirivieni di squadre cambiate alla media di due a stagione: Veria e Levadeiakos; Panegialos ed i finlandesi del Jaro; Olympia Praga e Příbram. Queste ultime squadre non di grido (come le precedenti, a dirla tutta) con quest’ultima che si salvò dalla retrocessione tramite i play out.

Addirittura lo stesso Veria (avversaria di Katidis quel giorno “fatidico”) decise di dargli un’altra possibilità dopo la parentesi novarese, ma il giocatore la sprecò.

Eppure Giōrgos Katidīs in patria, fino a quel 17 marzo 2013, era considerato come un talento puro del calcio nazionale: a 17 anni aveva debuttato con l’Aris Salonicco in Souper Ligka e, dopo due stagioni, ecco l’approdo all’AEK dove giocò una sola stagione segnando due reti. E di conseguenza ecco arrivare le convocazioni con le Under nazionali, dove divenne addirittura capitano.

Lo scorso campionato il Příbram si è classificato 14° in campionato, si è salvato mediante i play out e nessuno si ricorderà mai più di questa squadra se non che vi giocò Giōrgos Katidīs, il centrocampista greco che per un gesto sbagliato (anche se non si capì mai veramente se sul fatto di conoscere la natura storica del saluto romano abbia bleffato o meno) vide compromessa la sua carriera di giocatore.

Anche se, ne siamo certi, non sarebbe mai entrato nella storia del calcio come i vari Banks, Maradona, Cruijff, Baggio, del Piero e compagnia. Così come in quella del Novara.

Chissà quanti tifosi del Novara hanno acquistato la “numero 10” di Katidis quella stagione.

Per la cronaca, dallo scorso ottobre Potouris, dopo essersi svincolato dai greci del OFI Creta, gioca in Sud Africa con i Cape Town City. Anche per lui, dopo Novara, poca gloria.

Da allora a Novara non sono più arrivati giocatori provenienti dalla Grecia.

Nota storica di rilievo: prima del match di campionato serale tra Novara e Cesena, disputato il 28 ottobre 2013, al “Piola” è stata mostrata la targa commemorativa in ricordo di Arpad Weisz, il tecnico ungherese di religione ebraica allenatore del Novara nella stagione 1934/1935 e morto, insieme alla moglie e ai due figli, ad Auschwitz il 31 gennaio 1944. La decisione della targa era stata presa dal Novara in accordo con il comune e con l’Istituto di Storia della Resistenza “Fornara” in tempi non sospetti, ovvero molto prima che il Novara tesserasse Katidis.

Immagine in evidenza tratta da www.tuttonovara.it