by Simone Balocco
Era il 1962, più precisamente il periodo compreso tra il 14 ed il 28 ottobre. Nei Caraibi si temette lo scoppio della Terza guerra mondiale. Quella più brutta, quella nucleare.
La mattina del 14 ottobre, un aereo spia americano fotografò dall’alto delle specie di rampe per l’installazione di missili nucleari, alcune pronte ed altre in costruzione. L’Avana dista 370 chilometri dalle coste americane e si temette che potessero partire dei missili nucleari verso le coste degli Stati uniti d’America del Sud e, perché no?, anche della East Coast. Durante quel periodo furono intercettati anche dei sottomarini sovietici carichi di strumentazioni nucleari.
Per quattordici giorni, il Mondo stette con il fiato sospeso: mai Unione sovietica e Stati uniti d’America erano arrivati, in quegli anni “caldi” di Guerra fredda, quasi ad uno scontro così epocale. Se avesse attaccato Cuba, sotto la spinta sovietica, di conseguenza sarebbero stati legittimati ad attaccare gli USA e ora il Mondo, magari, non ci sarebbe più.
E invece, dopo estenuanti negoziati, il 28 ottobre Mosca smantellò quelle basi e, di contraltare, Washigton tolse dalla Turchia i suoi missili.
Con gli anni, gli Stati del Mondo firmarono (o meglio, quasi tutti lo fecero) trattati che riducevano gli esperimenti nucleari fino alla loro dismissione: il Mondo tirò finalmente un grosso sospiro di sollievo. Da “crisi dei missili di Cuba” sono passati cinquantacinque anni, ma la storia sembra che non aver insegnato nulla.
E’ notizia che martedì scorso la Corea del Nord, dopo quarantacinque giorni di silenzio (senza digrignare i denti contro il Mondo), ha lanciato un missile Hwasong-15 “con testata pesante extra-large capace di colpire la totalità del continente americano”, come ha riportato il sito on line del Corriere della Sera. E’ un grosso missile, sia come gittata che potenza esercitata.
Questo missile ha raggiunto un altezza di 4.475 km di altezza, è volato per 53 minuti ed è caduto dopo 950 chilometri di volo, precipitando non in acque internazionali, ma a circa 250 km dalle coste nipponiche, nella zona economica esclusiva del Giappone, vale a dire una zona di mare dove il Giappone ha giurisdizione sulle materie ittiche (esplorazione e sfruttamento) o altre risorse, impedendo ad un altro Stato di porre questioni.
Alcuni scienziati e analisti pensano che un missile di quel tipo, se lanciato, possa arrivare comodamente a toccare non solo le coste americane, ma addirittura città come New York e Washington. Un conto sono i 300 chilometri e poco più della distanza con Cuba, un conto gli oltre 10 mila che distano tra Pyongyang e l’America. I passi in avanti dell’industria nucleare nord coreana hanno fatto passi da giganti di anno in anno, se non di trimestre in trimestre.
Il regime nord coreano ha lanciato un comunicato in cui sosteneva che il Paese non minaccerà il Mondo come crede…il Mondo, ma l’importante, in parole semplici, è che il Mondo non minacci (o attacchi) la Corea del Nord. Quindi a Pyongyang interessa che le (tante) sanzioni internazionali che colpiscono da anni il regime socialista asiatico non si trasformino in una dichiarazione di guerra o in un attacco. Come dire: can che abbia non morde, ma voi non avvicinate la mano.
Si torna a parlare di “guerra preventiva”: si attacca prima di essere attaccati durante un periodo di stasi delle operazioni pre-belliche. Linguaggio da Guerra fredda, un linguaggio che si pensava morto e sepolto con il crollo del Muro o con l’implosione dell’Urss, ma che invece sta tornando di prepotenza nel lessico di questi primi diciassette anni di Ventunesimo secolo.
La domanda è: la Corea del Nord, fa paura o non fa paura all’umanità? I presupposti ci sono, visto che lo scorso 3 settembre un lancio di un missile ha provocato addirittura un terremoto di magnitudo molto alto, tanto da distruggere le gallerie del sito nucleare. Pyongyang fa paura a sé stessa, figurarsi al resto del Mondo, anche perché ha minacciato di far esplodere un ordigno nucleare nell’Oceano Pacifico. L’obiettivo dichiarato della Nord Corea è di “distruggere gli Stati uniti d’America”. Di stesso tenore le parole del Rappresentante permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu, Nikky Haley: se ci sarà una guerra, il regime nordcoreano sarà completamente distrutto. Un vento gelido si sta innalzando sul Mondo, la paura è tanta e tutti sperano che non si arrivi mai ad un attacco che coinvolgerebbe l’intera umanità.
La notizia dell’ultimo lancio missilistico nordcoreano ha fatto il giro del Mondo, sono impazziti sui social network gli hashtag di condanna di questa ennesima “guerra verbale” tra la Corea del Nord e gli Usa e, di rimpetto, anche Corea del Sud e Giappone.
L’artefice di questa paura che il Mondo possa precipitare nel baratro come le due settimane dell’ottobre 1962 è un ragazzo di quasi 34 anni (li compirà il prossimo 8 gennaio), da sei a capo del potere in Corea del Nord, Nazione dotata del quinto esercito più potente al Mondo. Il suo nome è Kim Jong-il.
Il giovane Kim ha preso il potere nel suo Paese dopo la morte del padre Kim Jong-il. Si vociferava doveva prendere il suo posto all’inizio il fratellastro Kim Jong-nam, morto lo scorso 13 febbraio, ritenuto il possibile erede di Kim “padre” ma lontano dalla corsa al potere già prima che Kim Jong-un arrivasse a sedersi sul “trono” di Pyongyang.
Kim è il capo del Partito del Lavoro di Corea, un partito che si rifà al comunismo più stalinista e fondato su Juche, l’ideologia che tiene “in piedi” questo Paese guidato da un’idea politica uscita sconfitta con la fine della Guerra fredda. Kim è cattivo, spietato e sembra non aver paura di nulla. Sa che il suo popolo è costretto quasi alla fame, ma lui si diverte a provocare e a lanciare missili, dimostrando di avere anche lui (inteso come il suo Paese) i muscoli per affrontare una guerra nucleare. Il leader nord coreano vive della luce riflessa dell’epoca del padre, chiamato “caro leader” e venerato come una divinità nei 120mila chilometri quadrati del Paese. Tutti sono ai suoi piedi, anche perché chi non si allinea al suo pensiero, viene fatto uccidere o sparire. Punto.
Il simbolo del Nord Corea è l’annunciatrice tv, la giornalista 74enne Ri Chun-hee, che, vestita di tutto punto di rosa, ogni volta esalta nella tv di Stato le gesta del suo leader.
Sono anni che questo “politico” minaccia il Mondo, sono anni che fa compiere esperimenti per dimostrare che il suo Paese è forte, vale come una grande potenza del Mondo ed è diventato uno “Stato nucleare” con tutti i crismi. Lui non sa che oggi le potenze di calcolano su basi democratiche e non su dittature, ma a lui interessa poco: lui vuole distruggere gli Usa, il male del Mondo. E nel mentre il suo popolo è ridotto alla fame e a partecipare, vociante e festante, a parate intrise di propagandismo che fanno “rima” con i raduni celebrativi del nazismo a Norimberga.
Gli Stati uniti d’America, “il Male”, cosa dicono? E qui entra in scena un altro personaggio, altrettanto sui generis come Kim: il Presidente Donald Trump. Trump dal 20 gennaio scorso (da neanche un anno, quindi), è a capo della potenza economica e militare del Mondo e in questo (finora) breve periodo di governo, il tycoon è stato la versione “morbida” di Kim Jong-un. Non ha lanciato missili verso la Corea del Nord, ma ha mosso delle navi verso la Corea del Sud, storica alleata americana in Estremo oriente, quasi a voler preparare un attacco verso Pyongyang. Senza contare il discorso della costruzione del muro divisorio tra USA e Messico, la volontà di cestinare l’Obama care, le politiche ambientali in contrasto con l’indirizzo preso dal Mondo, il divieto di ingresso nel Paese di abitanti di sette Stati facenti parte di una black list, per non parlare della crisi con la Russia ed il collegato Russia gate che ha travolto il genero e alcuni esponenti del suo gabinetto. Non a caso il suo indice di gradimento è oggi al 38%, il più basso di sempre a meno di un anno dalla salita dalla Casa bianca di un Presidente degli Stati uniti d’America.
Trump non è mai stato un fan di Kim e in molte occasioni non ha lesinato critiche alla sua persona e alle sue politiche, ma anche l’esponente del “Grand Old Party” non ha mai abbassato i toni sul nucleare. Trump in quella parte di Mondo ha due alleati preziosi: la Corea del Sud di Moon Jae-in, da sempre rivale dei “cugini” del Nord, e il Giappone di Shinzō Abe, il nemico numero 1 per Pyongyang in Asia.
Tutto questo “braccio di ferro” tra Repubblica Popolare Democratica di Corea e Stati Uniti d’America va a stridere con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2017 alla Campagna internazionale di abolizione delle armi nucleari (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), impegnata da dieci anni nell’abolizione di tutte le armi nucleari e il rispetto del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, siglato a New York lo scorso 20 settembre. Questo trattato, il primo vincolante della storia, è entrato in vigore “90 giorni dopo la ratifica del 50° stato firmatario”: gli Stati ora sono cinquantatre sui 193 membri delle Nazioni unite.
Kim e Trump paiono accomunati da una senso di onnipotenza: comando ergo decido. E intanto nel Mondo si teme la catastrofe nucleare, visto che tutti li ritengono inaffidabili.
Ma Kim Jong-un cosa vuole veramente? Sicuramente il suo ultimo desiderio è quello di far scoppiare una guerra nucleare. Quello che vuole è una cosa duplice: concessioni e il rispetto del suo Paese, rendendolo al pari delle Cinque potenze dell’Onu e dei Paesi più ricchi e potenti del Mondo. Cosa che la Nord Corea non è, visto che dalla fine della Seconda guerra mondiale vige un forte sistema comunista, dove nessuno sa nulla di quello che succede sopra il 38° parallelo, dove le notizie sono scarne, dove la propaganda è super militarizzata e dove internet non si sa, in alcune zone, neanche cosa sia. E in più in quella zona, cosa da non sottovalutare, Amnesty International ha sempre detto che i diritti umani sono letteralmente calpestati. Oltre al fatto che il leader vive nel lusso e il suo popolo sia costretto alla fame, ma che durante le parate militari va in piazza a festeggiare e ad urlare in favore del suo capo indiscusso. Per carità, molti ci credono ma molti sono sicuramente minacciati: se non vanno in piazza, finiscono, come detto precedentemente, male. Nulla di nuovo sotto il cielo delle dittature più repressive.
Il prossimo 17 dicembre Kim Jong-un festeggerà i sei anni di leadership indiscussa e già cinque mesi dopo il suo insediamento compì il suo primo esperimento nucleare. Da quel giorno, la Corea del Nord ha iniziato a fare paura all’Occidente.
Chi in questa aspra lotta a colpi (per ora) di minaccia fa il doppio gioco sono Russia e Cina, con la seconda molto legata alla Corea del Nord per importanti scambi commerciali, oltre a condividere l’ideologia politica anche se Pechino, nonostante sia un regime comunista, è molto aperto economicamente. Non a caso la Cina è la seconda potenza economica mondiale per PIL dopo gli Stati uniti: la Corea del Nord, in questa classifica, occupa, non a caso, il 119° posto su centonovantatre. Eppure anche Pechino sta perdendo la pazienza, perché il fatto che l’Estremo oriente sia denuclearizzato è ritenuto solo un bene per tutti. Si parla di tagli alle vendite di petrolio. Basteranno?
Pyongyang vuole completare il programma nucleare che si è imposta, mentre gli USA l’hanno inserita dopo nove anni nella lista degli Stati fiancheggiatori del terrorismo interazionale. La paura è che possa scoppiare una guerra, coinvolgendo tanti Paesi. Proprio ora che il Mondo, piano piano, sta uscendo dalla crisi. Una mossa troppo azzardata.
Il generale americano McMaster ha precisato che la vicenda nord coreana non è un discorso solo tra Pyongyang e Washington, ma tra Pyongyang e il Mondo intero: si parla di minaccia globale e non di una disputa tra due Stati con un modo diametralmente opposto di intendere democrazia, politica, economia e libertà.
I negoziati sono sempre tra l’aperto e il chiuso, ma ad un certo punto c’è da porre fine a questa situazione. La Corea del Nord in questi mesi sta facendo sul serio o è tutto un bluff? Perché se la prima opzione fosse vera, è necessario trovare una soluzioni definitiva, ma se fosse vera la seconda, allora sarebbe tutto un grosso castello di carta che crolla con la prima pioggerella. E il Paese diventerebbe la barzelletta (politica) del Mondo.
Una cosa è certa: dietro a tanti proclami, per la Corea del Nord e USA, tra le tante urla, c’è dietro un ragionamento. Vale a dire: è davvero necessario portare il Mondo ad un altro conflitto? La Corea del Nord sarebbe all’altezza di combattere contro gli USA? Gli USA in quella parte di Mondo ha già avuto brutte esperienze (leggasi guerra del Viet Nam tra il 1964 ed il 1973) e c’è la necessità di andare con i piedi per terra.
Albert Einstein, nel 1946, si disse pronunciò la celebre frase “Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale ma sono sicuro che la Quarta verrà combattuta con clave e pietre”: il celeberrimo fisico tedesco sostenne che la Terza guerra mondiale avrebbe portato alla fine della civiltà con il ritorno dell’uomo all’età della pietra e all’uso di armi primitive in caso di altro conflitto mondiale.
Ne vale la pena? Kim, Donald, Mondo…ne vale davvero la pena?
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