di Simone Balocco
Via de’ Bardi è una via di Firenze nei pressi del centro del capoluogo toscano. A pochi passi, quindi, da Ponte Vecchio, Galleria degli Uffizi, Piazza della Signoria e dalle altre bellezze che caratterizzano la capitale del Rinascimento.
In via de’ Bardi, al civico 32, nell’autunno del 1980 si riunirono cinque ragazzi tra i 20 e i 27 anni con un tratto in comune: fare musica. Erano Federico Renzulli, Gianni Maroccolo, Antonio Aiazzi, Francesco Calamai e Sandro Dotta. A parte Federico, erano tutti toscani di nascita. Questi ragazzi suonavano una musica alternativa, di nicchia, un rock contaminato da uno stile musicale nato in Inghilterra qualche anno prima: la new wave. Un suono molto particolare, molto alternativo e ascoltato da persone altrettanto (musicalmente) alternative.
Questi ragazzi si sono incontrati dopo che Federico (detto Ghigo) aveva scritto un annuncio dove era alla ricerca di gente per mettere su un gruppo. Federico scelse come luogo delle prove una sorta di cantina di un palazzo fiorentino che già utilizzava con il suo ex gruppo, i Café Caracas, scioltosi poco prima e che aveva fatto da “gruppo spalla” ai Clash a Bologna. Federico voleva dare a quel gruppo una sterzata new wave, ma Raffaele, il cantante e bassista, voleva una sterzata pop. Grandi discussioni e strade che si separano. Federico si gettò a capo fitto sul nuovo gruppo: aveva 27 anni, aveva esperienza musicale da vendere, aveva abitato anche a Londra e aveva “studiato” il punk e la new wave che nella capitale inglese allora erano i generi più suonati ed ascoltati.
Poco dopo lasciò il neonato gruppo Sandro. Federico voleva suonare solo la chitarra ed il gruppo assoldò un 18enne che sembrava un mix tra uno sciamano e un rocker alternativo: Pietro Pelù detto Piero.
Come chiamare la band? Renzulli aveva lavorato con il Telex (un sistema di comunicazione allora in voga) e decise che il gruppo si sarebbe chiamato proprio…con un codice Telex: L.IT.FI.BA., realizzato usando le iniziali del codice Iricon (L), di Italia, Firenze e via de’ Bardi, dove c’era la sala prove.
Quarantadue anni dopo il loro primo incontro, quella band di giovani fiorentini alternativi ha pubblicato complessivamente la bellezza di tredici album trainati da singoli di successo e quest’anno chiuderà il cerchio della carriera con una serie di concerti tra Padova (26-27 aprile), Napoli (3-4 maggio), Roma (10-11 maggio), Firenze (16-17 maggio) e Milano (24-25 maggio) con un tour dal nome prorompente: “L’ultimo girone”. Fino a due-tre mesi fa queste erano le uniche date: i Litfiba suoneranno live in altre quattordici date da Nord a Sud fino al 26 agosto.
E pensare che il loro primo concerto lo hanno tenuto il 6 dicembre 1980 in una parte dalla Casa del Popolo di Settignano, un paese ad una decina di chilometri da Firenze, la Rokkoteca Brighton. In quel locale molto atipico (ma molto punk e rock ‘n roll) c’erano 200 persone stipate, un palco piccolo, una nuvola di fumo, loro che si muovevano come se avessero sotto i piedi delle uova e Pelù che si buttava sul pubblico. Suonarono circa 40 minuti, ma da allora sono diventati grandi ed iconici.
Piero Pelù fu sin da subito la parte carismatica del gruppo: istrionico, animale da palcoscenico, una voce inconfondibile. Era un punk attratto dalla scena londinese di fine anni Settanta ed aveva in Bennato, Jannacci, Demetrio Stratos, i Sex Pistols e Iggy Pop i suoi punti di riferimento musicali.
I Litfiba, in quattro decenni di storia, hanno avuto diverse “ere” contraddistinte da diverse vicissitudini, tra cambi di line up, addii, ritorni, collaborazioni e tanto, tanto rock. Una storia divisibile in quattro capitoli (1980-1999, 2000-2008, 2009-2012, 2021-2022) caratterizzati da diverse influenze musicali: musica etnica, heavy metal, pop rock, psichedelia. Un mix musicale che a volte non è sempre piaciuto, ma che ha permesso al gruppo di approcciare nuovi stili, nuove tendenze ed un modo nuovo di essere Litfiba.
Nel 1982 il gruppo pubblicò il primo EP “Litfiba” e grazie alla vittoria del secondo Rock Festival italiano che si tenne a Bologna quell’anno poterono poi pubblicare il loro primo 45 giri. Gli EP (Extended Play) erano una via di mezzo tra un disco singolo ed un album avendo più tracce del primo ma meno del secondo) ed erano molto pubblicati a quei tempi.
L’anno dopo i Litfiba collaborarono con la compagnia fiorentina Krypton per la realizzazione della colonna sonora del loro spettacolo “Eneide”: mai un gruppo aveva realizzato una colonna sonora prima di un aver pubblicato un disco. Il gruppo iniziò a suonare anche fuori dall’Italia e tra il 1983 suonò due volte a Parigi e a Berlino dove ottennero un buon successo di pubblico e critiche.
Tra il 1985 ed il 1988 uscirono i primi tre dischi dei Litfiba: “Desaparecido”, “17 re” e “Litfiba 3”. Questi album rientrano nella cosiddetta “trilogia del potere”, dischi incentrati su tematiche antimilitariste, contro il potere dei forti sui deboli, contro le dittature ed i totalitarismi: l’impegno politico nelle canzoni dei Litfiba sarà il perno di tutte le loro future canzoni. Da segnalare, le canzoni come Eroi nel vento, Istanbul, Re del silenzio, Apapaia, Tex, Louisiana e Santiago. Quest’ultima con un testo in aperta critica verso la visita di Papa Giovanni Paolo II, nell’aprile 1987, nel Cile di Pinochet, regime allora accusato di commettere crimini contro i diritti umani.
Nel 1990 uscì il disco della svolta dei Lifiba, “El Diablo”, seguito poi nel 1993 da “Terremoto”, nel 1994 da “Spirito” e nel 1997 da “Mondi sommersi”. Questi quattro dischi rappresentarono, invece, la “tetralogia degli elementi”, in quanto il trait d’union erano il fuoco, la terra, l’aria e l’acqua. I temi delle canzoni di “El Diablo” e “Terremoto” erano molto netti: la critica alla politica italiana del tempo, il pacifismo, l’amore verso il dio denaro, la lotta alla mafia. Le canzoni simbolo della “tetralogia” sono tra le più famose del gruppo: El Diablo e Proibito, Dimmi il nome e Fata Morgana, Spirito e Lacio Drom, Regina di cuori e Goccia a goccia, Vivere il mio tempo e Il mio corpo che cambia. Nel 1999 pubblicheranno anche “Infinito”, disco dedicato al tempo che porta la “-logia” a cinque elementi.
L’epoca della “tetralogia” vide il gruppo disertare per scelta la tv, ma ottenere un buon successo di critiche e tenere tantissimi concerti tutti sold out. Attraverso i live vennero pubblicati i dischi “Aprite i vostri occhi”, “Pirata” (il primo disco d’oro per le 25mila vendite del gruppo) e “Croce e delizia”. Come ogni rock band, anche i Litfiba sentirono i concerti dal vivo erano il loro “terreno di battaglia”: suonarono in tutta Italia ed in Francia, Unione Sovietica, Svizzera, Danimarca, Germania, Jugoslavia, Spagna, Australia, Canada, Lussemburgo, Paesi Bassi, Inghilterra. Oltre al Concerto del Primo maggio, al Montreux Jazz Festival, in stadi, palazzetti e festival musicali.
In quel decennio i Litfiba uscirono dall’underground e abbracciarono il mainstream, vendendo più dischi, cambiando look e stile. Soprattutto Piero Pelù che si “trasformò” cambiando il suo look metallaro e maledetto per abbracciare uno stile più sobrio.
Ma nel 1999, dopo la pubblicazione di “Infinito”, Pelù decise di lasciare il gruppo ed intraprendere la carriera solista. In base ad un accordo, Ghigo tenne il marchio “Litfiba” e Pelù il “cornucuore”, il simbolo della band. L’ultimo concerto della band è stato al Monza Rock Festival l’11 luglio 1999. I fan non presero per nulla bene la decisione di Pelù. Addirittura gli Elio e Le Storie Tese dedicarono ai due musicisti una canzone (Litfiba tornate insieme), contenuta in “Cicciput”, implorando (in maniera simpatica) ai due artisti di tornare insieme e continuare a suonare per i fan.
Con Pelù, lasciarono la band il bassista Daniele Bagni, il tastierista Roberto Terzani, il batterista Franco Caforio e lo seguirono nel suo percorso artistico. Il cantante fiorentino trovò poi anche il supporto di Gianni Maroccolo, uscito dal gruppo nel 1989 poco dopo l’uscita di “Pirata”.
Come solista, Pelù ha pubblicato sei dischi (“Né buoni né cattivi” nel 2000, “UDS” nel 2002, “Soggetti smarriti” nel 2004, “In faccia” nel 2006, “Fenomeni” nel 2008). Il successo di Pelù fu molto importante, indirizzandolo verso un rock molto pop e con canzoni che riscossero molto successo (e che non forse non avrebbe mai composto e cantato nella sua epoca con i Litfiba). Nell’estate 1999 Pelù creò con Luciano Ligabue e Lorenzo Jovanotti il progetto “LigaJovaPelù” ed i tre artisti incisero Il mio nome è mai più contro la guerra in Kosovo: i proventi del singolo furono destinati ad Emergency per aiutare le persone bisognose nella ex Jugoslavia e in Africa.
Ghigo Renzulli invece decise di continuare la strada con i Litfiba partendo con un nuovo cantante (Gianluigi “Cabo” Cavallo), un nuovo bassista (Gianluca Venier), un nuovo tastierista (Mauro Sabbione) ed un nuovo batterista (Ugo Nativi). Del resto i Litfiba li aveva “creati” Ghigo e non voleva che il gruppo finisse.
I Litfiba senza Pelù incisero tre dischi (“Elettromacumba” nel 2000, “Insidia” nel 2001 e “Essere o sembrare” del 2005), ma i fan non apprezzano affatto la nuova piega del gruppo. Le troppe discussioni poi portarono all’addio di “Cabo” che venne rimpiazzato da Filippo Margheri. Poi Roberto Terzani tornò al basso e Pino Fidanza divenne il nuovo batterista. Ma nel 2008, dopo 28 anni, la storia dei Litfiba finì: Renzulli sciolse il gruppo.
Per un Pelù in cima alle classifiche e con concerti sold out, ecco un Renzulli che vide i trionfi del vecchio partner, ma il destino aveva altre frecce da scoccare e l’11 dicembre 2009, a dieci anni dalla separazione, le strade di Piero e Ghigo si unirono ancora e nacquero i nuovi Litfiba con Daniele Bagni al basso, Pino Fidanza alla batteria e Federico Sagona alle tastiere. La scelta rincuorò i fan che tornarono a seguire la band. Il gruppo da allora pubblicò due dischi (“Grande Nazione” nel 2012, “Eutopia” nel 2016) e tre live, tra cui “Stato libero di Litfiba”. Questi dischi rientrano nella “trilogia degli Stati”.
Dal prossimo 26 aprile con il tour “L’ultimo girone”, inizierà l’ultima strada del gruppo e a fine estate si chiuderà la storia artistica di questa band che ha iniziato la sua carriera esibendosi a Settignano nel dicembre 1980 e che l’ha vista vendere milioni di dischi diventando un’icona. Un gruppo musicale che ha fatto di lotta al conformismo, impegno sociale, lotta alle ingiustizie, provocazione e trasgressione il suo mantra.
Con il loro ritiro dalle scene si chiuderà una grande pagina musicale, una storia mai più ripetibile che ha ispirato tantissimi cantanti e tantissime band. Ed è stata la storia di un gruppo che chiuderà in bellezza una carriera partita da una cantina di Firenze e da un palco stretto in una Casa del Popolo e che è arrivata sino all’Olimpo del rock italiano.
“…buon viaggio, Lacio drom”, Litfiba!
Ps 1: il codice Telex LIT.FI.BA. non è mai esistito
Ps 2: il Raffaele dei Café Caracas era Raffaele Riefoli che diventerà poi famoso con il nome di Raf
Ps 3: Piero Pelù non cantò mai la sigla del cartone animato “Jeeg robot d’acciaio”.
Ps 4: i Litfiba hanno suonato nel Novarese solo tre volte: la prima volta il 13 giugno 1985 al Salone Borsa di Novara. Hanno suonato poi a Veruno e a Fontaneto d’Agogna
immagine in evidenza tratta da www.allmusicitalia.it