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di Antonio Costa Barbè
Il lockdown ha avuto effetti negativi sulla nostra salute fisica ma anche sul nostro benessere mentale. E una delle cause è un comportamento scorretto dei (e sui) social.
Articolo 32
Multicultural group of young people men and women looking shocked at mobile phone
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Da qualche anno ormai si sente parlare sempre più spesso di doomscrolling, parola composta da “doom” e “scrolling”. Il primo è un sostantivo e si riferisce al destino, a qualcosa di catastrofico, a una sventura ; il secondo è un verbo e fa riferimento al continuo scorrere di informazioni (verso il basso su un PC o su un dispositivo mobile) senza alcuna interruzione e senza un reale motivo.
Il termine doomscrolling è stato usato, pare, per la prima volta nel 2018 su Twitter, secondo una antropologa statunitense Karen Ho.
Un desiderio quasi compulsivo che porta le persone a consumare una notizia dietro l’altra: senza accorgersi, infatti, ci si ritrova a scorrere continuamente verso il basso sullo schermo dello smartphone o del tablet, guardando i feed dei propri profili social, dei siti d’informazione e così via, senza mai arrivare a una fine vera e propria. Le persone, infatti, hanno la sensazione che ci sia sempre qualcos’altro da leggere mentre gli algoritmi cercano sempre di premiare i contenuti con più interazioni.
Il doomscrolling è un comportamento che può certamente avere effetti negativi sul benessere mentale e fisico delle persone, modificandone la percezione della realtà. Per la verità alcuni giornalisti che durante i periodi di lockdown ricordavano a tutti quanto fosse importante non focalizzarsi sempre nel leggere notizie negative sul Covid-19, sulle restrizioni in atto e via dicendo. Ma si sa, avendo più tempo a disposizione, tutti noi abbiamo iniziato a trascorrere un maggior numero di ore su social network e in Rete. Tra bollettini sanitari e aggiornamenti giornalieri sul numero di contagi o sulla situazione delle terapie intensive, Internet è diventato il luogo in cui molti di noi si sono rifugiati in cerca di risposte, nonostante il rischio di imbattersi costantemente in fake news, notizie manipolate e altro ancora.
Il fenomeno è stato alimentato non solo dalla pandemia ma anche da altri fatti di cronaca che hanno segnato l’ultimo anno. Tra crisi di governo, economie al collasso, vaccini, proteste di vario tipo, decessi di personaggi famosi e altri efferati crimini, le cattive notizie hanno imperversato sugli schermi del PC e dei nostri dispositivi mobili. La mente umana, infatti, comincia a elaborare un maggior numero di informazioni quando si verificano eventi traumatici e inaspettati. Alla base di questo fenomeno sembra esserci anche il bisogno innato degli esseri umani di cercare minacce (o nemici) da fronteggiare. Questa negatività infinita non fa altro che alimentare la nostra ansia e il bisogno di avere nuove minacce da cui proteggerci, mentre il terrore affrontato comodamente sul divano di casa davanti allo schermo sul divano di casa davanti allo schermo di un televisore sembra avere su di noi un effetto placebo, in grado di suscitare facendoci sentire più sicuri. A questa situazione di insicurezza hanno contribuito anche i media che, alla ricerca del milionesimo clic, tendono a sacrificare sempre di più la verifica e l’accuratezza delle informazioni in nome della spettacolarizzazione e del sensazionalismo. La distorsione della realtà viene sfruttata abilmente dai social network per veicolare “quelle” informazioni in grado di suscitare emozioni, in grado di tenere incollate le persone per ore allo schermo anche se si tratta di informazioni “deprimenti”. Quale effetto può avere questa sovraesposizione mediatica sulla nostra salute e sul nostro benessere? Un surplus di notizie e informazioni negative e deprimenti può mettere in difficoltà il cervello umano creando un maggior senso di ansia e depressione (e anche disturbi del sonno).
Il doomscrolling incide anche pesantemente sulla produttività, sul livello di concentrazione e persino nelle relazioni con partner e familiari. Per frenare questo comportamento negativo è necessario limitare il tempo passato online, mentre è fondamentale chiedersi se quello che si legge è davvero importante. Meglio cercare delle alternative offline e selezionare con cura le proprie fonti quando si è alla ricerca di informazioni. Limitarsi a scegliere una figura/sito di riferimento può essere una soluzione per rallentare quella voglia compulsiva di tenersi in formati. Comunque, è sempre possibile bloccare, silenziare o smettere di seguire quegli account/profili/hashtag specializzati nel diffondere cattive notizie. Perché la nostra salute resta il bene più prezioso.
(P.S.: sono disponibili sul Play Store di Google o sull’App Store di Apple una serie di applicazioni dedicate al “benessere digitale” (!!) che permettono di limitare l’utilizzo dello smartphone per un periodo di tempo da noi stabilito…)
Un grazie a”computeridea”