di Simone Balocco
23 dicembre 2012–23 dicembre 2020. Queste due antivigilie di Natale, per il Novara, sono state completamente diverse tra loro.
Nel primo caso, la squadra di Aglietti era penultima in classifica, ma la sera di quell’antivigilia in casa ospitò la Pro Vercelli dopo sessantacinque anni in Serie B, imponendosi per 2-0: da quel momento, iniziò la remuntada che vide gli azzurri spingersi fino al quinto posto in classifica, disputare i play off e arrivare ad un passo dal ritorno in Serie A.
A distanza di otto anni da allora, la musica è cambiata: quattro giorni fa il Novara ha perso 2-0 contro la Pistoiese un match che definire “delicato” è un eufemismo. Delicato perché, perdendo contro la squadra orange, il Novara è sceso fino al quint’ultimo posto in classifica, a pari punti con la stessa Pistoiese e con l’Olbia. E il 10 gennaio, con la ripresa del campionato dopo la sosta natalizia, i sardi saranno di scena proprio al “Piola” in un match che si preannuncia vitale, perché in caso di ulteriore sconfitta (con magari la vittoria contemporanea di Giana Erminio, Livorno, Lucchese e Piacenza) si potrebbero aprire scenari che i tifosi non vogliono neanche immaginare: l’ingresso ufficiale nei play out e la paura di non uscirne più da qui alla fine del campionato.
La sconfitta del “Melani” ha confermato la crisi del Novara in questo campionato: 17 partite giocate, quattro vittorie, sei pareggi e sette sconfitte. Un risultato che nessun tifoso si sarebbe aspettato anche solo al termine del match del “Picchi” contro il Livorno dello scorso 21 ottobre, quando la squadra azzurra si impose e per qualche ora è stata anche prima in classifica in attesa che si completasse il turno di campionato.
Da allora, da quella vittoria, il buio: undici partite giocate, nessuna vittoria, sei pareggi, cinque sconfitte, sette gol realizzati, sedici gol subiti ed una classifica che vede il Novara risucchiato in zone che, in terza serie, erano almeno 18 anni che non occupava. Solo che allora, in caso di retrocessione, c’era il “paracadute” della Serie C2, ultimo livello professionistico, mentre ora c’è la Serie D, il che significa dilettantismo, categoria che la squadra azzurra, che ha compiuto 112 anni martedì, non ha mai giocato. Ed unito al fatto che non è mai fallita dal punto di vista societario, la rende una delle 12 squadre italiane con questo primato: un primato che rende orgogliosi i tifosi e che gli stessi tifosi non vogliono. Il campionato terminerà il 25 aprile e ci saranno in palio ancora 63 punti da conquistare: nulla è precluso, tutto si può aggiustare. Certo è che questa squadra deve darsi una mossa perché a oggi nessuna squadra avversaria ha impressionato come gioco e tecnica (forse il solo Renate, meritatamente al primo posto in classifica e con venti punti di vantaggio sul Novara) e fa specie vedere una squadra che solo il 17 luglio si era fermata ad una partita dalla Serie B e che ora lotta in posizioni che non le competono come tradizione.
Ed invece il Novara è questo: sette sconfitte su diciassette partite significa una percentuale del 41%, una partita ogni quattro persa. Una squadra che non segna dopo l’”abbuffata” di Piacenza (3-3, 9 dicembre), una squadra che non vince da più di 990 minuti (recuperi compresi), una squadra che ha paura, che gioca con il freno tirato, una squadra che se passa in vantaggio si fa rimontare (leggasi “Piacenza”) e che se incassa per prima il gol non ce la fa a rimontare o se lo fa fatica in una maniera incredibile (o ha “regali” come il rigore concesso a Grosseto).
Nelle stagioni recenti, solo nel 2013/2014 il Novara non aveva vinto per più partite, dodici. Il che significa che se gli azzurri non dovessero vincere contro Olbia e Como (ultima partita del girone di andata) questo record sarebbe battuto. Si sa che i record sono fatti per essere battuti, ma questo primato i tifosi non vogliono che si batta, anche perché tutti sanno come poi andò a finire sei anni fa (per chi non se lo ricordasse, retrocessione in Lega Pro dopo che due anni prima la squadra era in Serie A venendo surclassata nei play out dal Varese di Pavoletti. Anzi dal solo Pavoletti, autore dei quattro gol dei biancorossi in quelle due partite-salvezza).
Perché, diciamocelo, le stagioni negative possono capitare a tutte le squadre (Serie A in primis, con maggior esborso economico), ma ciò che è capitato da metà settembre in avanti si poteva evitare (caso fideiussione in primis).
Il 2 gennaio inizierà il mercato invernale e tutti sperano che possa arrivare a Novarello una sorta di “salvatore della patria” (o più di uno) pronto ad aiutare la squadra a risalire la classifica.
Per tradizione, il mercato invernale non ha mai fatto fare al Novara il salto di qualità (se non nel gennaio 2013, quando arrivarono i vari Seferovic, Colombo e Crescenzi che fecero fare davvero il salto di qualità ad una squadra tecnicamente già forte di suo) e i tifosi non si aspettano molto da una società che secondo loro dovrebbe cambiare più di metà giocatori in rosa, unita al fatto che secondo loro questa società non ha la forza economica per comprare buoni giocatori (e che gli stessi “buoni giocatori” non verranno mai a giocare in una squadra così in difficoltà e così in basso in classifica).
La domanda è: ora, che si fa?
Chi deve rispondere a questa domanda è proprio la dirigenza, insediatasi a ridosso del Natale scorso, che si era presentata con l’obiettivo di un ritorno in Serie B e, già che c’era, in Serie A. Tutti tifosi a inneggiare e ora tutti a pentirsi di quanto detto un anno fa.
I fatti non sono stati dalla parte di questa società: ha preso il Novara quarto in classifica, tra gennaio e metà febbraio c’è stato un mese e mezzo di risultati non del tutto esaltanti, è arrivato (obtorto collo) lo stop del campionato per il lockdown causato dal Covid-19, i play off da sogno chiusi in semifinale. Tutti felici, contenti e pronti e carichi per la nuova stagione con gli azzurri protagonisti.
Solo che da metà settembre a oggi è scoppiata prima la grana fideiussione chiusa solo il 16 dicembre (con annessa la vicenda del pagamento degli stipendi di ottobre dei dipendenti della società, non dei giocatori), un mercato che ha visto arrivare solo all’ultimo giorno giocatori sulla carta di categoria (con precedente arrabbiatura da parte di mister Banchieri nella conferenza stampa pre-Lucchese verso una società che doveva rinforzare la rosa), la cessione di giocatori a oggi non rimpiazzati adeguatamente in campo (due su tutti, Nardi e Bortolussi), le tante assenze dovute di domenica in domenica per colpa dei contagi da Covid-19, i tanti cambi di modulo e di formazione, l’esonero di Simone Banchieri dopo il ko di Sesto San Giovanni con il Novara a ridosso delle prime posizioni, l’intermezzo negativo di Michele Marcolini (sette partite, zero vittorie, quattro pareggi, tre sconfitte) ed il ritorno di Banchieri in sella, con un punto nelle due partite con lui di nuovo in panchina.
La partita di Pistoia ha visto in campo un solo acquisto estivo (Giuseppe Panico), mentre tutti gli altri erano in panchina, salvo Firenze non convocato un’altra volta e fuori dal progetto. Un mercato estivo pessimo con giocatori arrivati e/o mai schierati, o schierati poco o che magari sarebbe stato meglio non impiegare.
La Serie C è una categoria particolare: tignosa, dedita poco alla tecnica, ma devota alla garra dove chi ha fame (di vittorie, di punti, di coraggio) vince e chi non ha fame viene travolto.
Banchieri lo ha subito fatto capire: chi ha fame e chi ha il Novara nel cuore gioca, se no panchina. Ed è stato di parola, visto che da quando è tornato ha schierato titolare Mattia Tordini, classe 2002 proveniente dal settore giovanile azzurro, alla ottava presenza in campionato tra i professionisti (la seconda consecutiva partendo dal 1’). E anche in difesa, Banchieri ha schierato per la seconda volta come terzino destro Cesare Pogliano, di “professione” centrale di difesa mancino. Meglio i ragazzini e giocatori “adattati” rispetto ai nuovi arrivi, per intenderci.
Il tecnico al “Melani” centrocampo ha schierato per la 14ma volta in campionato (su 17 partite) Tommaso Bianchi, segno che su uno come lui si può sempre contare anche se ultimamente il 32enne numero 23 di Piombino è parso stanco. Come del resto capitan Daniele Buzzegoli, tredici presenze e top scorer della stagione azzurra. A 37 anni e mezzo.
Tra i “colpevoli” di questa classifica amara sono gli attaccanti: Zigoni, Lanini, Panico, Gonzalez e Cisco in cinque hanno segnato sette reti. In particolare hanno deluso le aspettative Zigoni e Lanini, su cui si sperava potessero segnare molte più reti ed invece in due hanno segnato solo tre gol (due l’ex Venezia, una solo l’ex Juve Under23…in gol proprio contro la sua ex squadra). C’è anche da dire che hanno ricevuto anche poche palle per segnare, ma c’è anche da dire che quando hanno avuto le occasioni le hanno sprecate malamente.
E questa Serie C ha ancora una volta fatto capire che non si può fondare una squadra solo sui giovani: i giovani vanno bene, ma fino ad un certo punto perché ora che la squadra è quint’ultima, il compito di risalire in classifica spetta sì a loro, ma sono i senatori, i più esperti e quelli che sanno cosa fare quando le cose fanno male a far fare quel salto di qualità alla squadra.
Ma in queste condizioni la colpa non è dei singoli, ma la colpa è di tutti: nessuno escluso.
Chi non ha colpe sono i tifosi, che mai avrebbero immaginato che la loro squadra avrebbe chiuso il 2020 in zona play out visto fino al 11 gennaio scorso (giorno prima del match casalingo contro il forte Monza e prima partita dell’anno) era quarta in classifica. Che mai avrebbero pensato di non vedere vincere una partita delle ultime undici. Che mai avrebbero pensato di piazzarsi nei bassifondi della classifica. Che mai avrebbero pensato di passare un Natale ed un fine anno (calcistico) in queste condizioni. I tifosi, che non possono andare allo stadio, hanno sfogato la loro rabbia sui social e prima del match casalingo contro la Pro Patria hanno avuto un incontro con squadra e direttore sportivo per manifestare il loro sdegno ed il desiderio che qualcuno nella dirigenza si dimettesse e che i giocatori si impegnassero (molto) di più, oltre al fatto che per la prima volta dopo decenni le rivali storiche sono entrambe nei piani alti della classifica (meritatamente, si aggiunga). Il direttore sportivo inoltre è stato il più bersagliato anche con una serie di scritte ingiuriose nei suoi confronti apparse sui muri della biglietteria del “Piola”.
E ora, che si fa? Ora tutti devono leccarsi le ferite, tutti devono pensare a cosa voler fare “da grandi” e cercare di tirare fuori il Novara da questa posizione di classifica. Senza se, senza ma, senza perdere tempo. Ci sono davanti ancora quattro mesi di campionato e tutti devono avere due obiettivi: salvezza e dimenticare al più presto questo campionato.
La squadra ed una maglia che hanno 112 anni di storia meritano rispetto. Tanto rispetto.