Elezioni politiche del 25 settembre 2022: una breve guida…novarese

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di Simone Balocco

Domenica 25 settembre, tra le ore 7 e le ore 23, si terranno le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento: si entrerà nella XIX legislatura repubblicana. Sono chiamati alle urne oltre 51 milioni di italiani (su una popolazione di 59 milioni) e 5 milioni di italiani residenti all’estero iscritti all’AIRE, l’Anagrafe dei cittadini Italiani Residenti all’Estero.

Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, si voterà in autunno e per la prima volta si è fatta la campagna elettorale durante l’estate. Ma, soprattutto, si voterà durante una pandemia (Covid-19), una guerra (la guerra in Ucraina), le tensioni tra Cina e Usa per Taiwan, l’aumento dei prezzi delle materie prime e l’inflazione galoppante.

Sempre domenica 25 settembre, inoltre, gli elettori siciliani riceveranno un’altra scheda elettorale, poiché dovranno eleggere i rappresentanti per il rinnovo del Consiglio regionale ed il Presidente della Giunta in quanto lo scorso 4 agosto il Governatore uscente, Nello Musumeci, ha rassegnato le dimissioni. Visto che i siciliani sarebbero stati chiamati alle urne a novembre per il rinnovo delle cariche di Palazzo dei Normanni, sede della giunta e del consiglio regionale, Musumeci, per permettere un risparmio allo Stato e alla Regione, ha deciso di dimettersi così di accorpare il voto politiche-regionali. Per i siciliani si parlerà di election day.

Domenica 25 settembre per votare, l’elettore dovrà recarsi nel suo seggio di riferimento e dovrà presentare un documento in corso di validità (carta di identità, patente di guida, passaporto) e la tessera elettorale. In caso di smarrimento o riempimento degli spazi per i timbri della stessa, nel week end elettorale, il cittadino-elettore potrà recarsi nel municipio del proprio comune di residenza e chiederne, gratuitamente, il duplicato.

 

Come si è arrivati a queste elezioni?

Questa legislatura (la XVIII) si sarebbe dovuta concludere il prossimo marzo, ma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sciolto con decreto le Camere lo scorso 21 luglio. Il Capo dello Stato ha preso questa decisione in quanto quello stesso giorno il Presidente del Consiglio in carica, Mario Draghi, è andato per la seconda volta a rassegnare le dimissioni al Quirinale dopo che lo stesso Capo dello Stato, una settimana prima, il 14 luglio, le aveva respinte. Mattarella aveva preso atto che, nonostante il governo Draghi non fosse stato sfiduciato, praticamente, era impossibile creare un nuovo governo e, sentiti i Presidenti di Palazzo Madama e Palazzo Montecitorio, ha sciolto le Camere.

In base all’articolo 61 della Costituzione, dal giorno dello scioglimento delle Camere (giovedì 21 luglio), le elezioni politiche si devono tenere entro settanta giorni e, di conseguenza, la domenica “utile” era il 25 settembre. La prima riunione delle nuove Camere si terrà giovedì 13 ottobre, ovvero non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Fino a quando le nuove Camere non si riuniranno, le “precedenti” ed il governo attuale rimarranno in carica per il disbrigo degli affari correnti.

 

Resoconto della XVIII legislatura

Questa ultima legislatura, iniziata il 23 marzo 2018, ha avuto tre governi: Conte I (1° giugno 2018-5 settembre 2019), Conte II (5 settembre 2019-13 febbraio 2021) e Draghi (da 13 febbraio 2021 a oggi). Il governo Draghi è il sessantasettesimo governo della storia repubblicana e Mario Draghi è il trentesimo Presidente del Consiglio. A oggi nessuna donna ha mai presieduto un governo e nessuna è stata mai nominata vice-Presidente del Consiglio: Maria Elena Boschi è stata, nel governo Gentiloni, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

I Presidenti delle Camere sono stati Maria Elisabetta Alberti Casellati al Senato e Roberto Fico alla Camera dei deputati, esponenti rispettivamente di Forza Italia e Movimento Cinque Stelle. La Alberti Casellati è la prima donna ad aver ricoperto la carica di Presidente del Senato nella storia repubblicana. Il giorno della convocazione delle Camere, dopo la registrazione degli eletti, coordineranno i lavori delle Camere i due parlamentari più anziani in quel momento presenti: nella scorsa legislatura sono stati Giorgio Napolitano al Senato e Roberto Giachetti alla Camera.

Quella appena terminata è stata una legislatura molto complicata: dopo che si era votato il 4 marzo 2018, solo il 1° giugno successivo ha giurato il governo Conte (detto “governo giallo-verde” perché composto da Movimento Cinque Stelle e Lega) visto lo stallo che si ha avuto per 89 giorni con ben cinque giri di consultazioni da parte di Sergio Mattarella, quattro da parte dei Presidenti delle Camere (due Casellati, due Fico) e due mandati esplorativi andati a vuoto (Giuseppe Conte e Carlo Cottarelli). Si ebbe il timore, in caso di impasse prolungata, di sciogliere le Camere e tornare ancora al voto. Ma con l’incarico finale a Giuseppe Conte, un indipendente vicino Movimento Cinque Stelle e non eletto in Parlamento, il pericolo è stato scongiurato.

 

Procedure burocratiche e campagna elettorale

Tra il 12 ed il 14 agosto compreso, i partiti hanno presentato al Viminale, sede del Ministero degli Interni, i simboli ed i contrassegni elettorali, mentre tra il 21 ed il 22 agosto sono state presentate le liste elettorali presso gli uffici centrali elettorali costituiti nelle Corti d’Appello di ogni città capoluogo di regione (oltre a Bolzano, Caltanissetta, Brescia, Lecce, Taranto, Sassari, Catania ma non Aosta, compresa nel distretto di Torino). Di pari passo, burocraticamente, si sono mossi anche gli uffici elettorali dei comuni, le prefetture e lo stesso Ministero degli Interni.

Il 23 agosto (il giorno dopo il termine ultimo per la presentazione delle liste dei candidati) è iniziata ufficialmente la campagna elettorale, il periodo in cui ogni partito e/o coalizione si presenta agli elettori per mostrare il proprio programma elettorale e convincerli a dare loro il voto. La campagna elettorale terminerà venerdì 23 settembre alle ore 23:59.

Una caratteristica della campagna elettorale è la par condicio: tradotta in “parità di condizione”, significa che nei quarantacinque giorni precedenti l’ultimo giorno pre-voto, ovvero dal 19 agosto, tutti i partiti hanno il medesimo accesso ai mass media senza distinzioni, vantaggi o svantaggi: una stessa condizione di tempo e spazio in tv e radio. I sondaggi elettorali, invece, non sono più pubblicati e diffusi dal 10 settembre, ovvero quindici giorni prima del voto, per non influenzare l’elettorato.

Sabato 24 settembre, dalla mezzanotte fino alle 23:59, entrerà in vigore il “silenzio elettorale”, un intero giorno di riflessione con il divieto di parlare di politica sui media affinché l’elettore possa concentrarsi sul partito e sul candidato da votare senza ulteriori influenze. Lo stesso giorno si allestiranno i seggi elettorali nelle scuole. Ogni seggio elettorale si comporrà di sei persone: un presidente (nominato dal Presidente della Corte d’appello), quattro scrutatori (tutti nominati dalla commissione elettorale del comune ed uno di loro diventerà vice-presidente di seggio) ed il segretario, scelto dal presidente di seggio e iscritto nelle liste elettorali dello stesso comune.

La città di Novara si comporrà di 91 seggi elettorali (dette “sezioni elettorali”), mentre la Provincia avrà in totale 345 seggi.

 

I rinnovi di Camera e Senato

Fino alle scorse elezioni si è votato per eleggere 315 senatori e 630 deputati, ma da questa legislatura il numero dei parlamentari diminuirà: si eleggeranno 400 deputati e 200 senatori, con una riduzione di 345 parlamentari (230 deputati e 115 senatori).

Dei 400 deputati e dei 200 senatori, otto e quattro di questi saranno eletti, rispettivamente, nella circoscrizione “Estero”: sono nostri connazionali che per diverse ragioni vivono e risiedono all’estero e che rappresentano gli interessi dei nostri connazionali nelle circoscrizioni dove saranno eletti.

Fino alla scorsa legislatura questi erano diciotto, ma, a seguito del risultato del referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020 sul taglio dei parlamentari, sono diminuiti anche loro.

I parlamentari non sono sempre stati 630 e 315: tra la I e la II legislatura (1948-1953), i deputati erano 574, diventati poi 590 nel 1953 (III legislatura), 596 nella IV legislatura (1958- 1963) ed infine 630 dalla V legislatura fino alla XVIII (1963-2018). I senatori, invece, sono stati 237 nelle prime due legislature (1948-1953/1953-1958), diventando 246 nella III (1958-1963) e nella IV legislatura (1963-1968), mentre dalla V legislatura (1968-1972) alla scorsa (1972-2018) sono stati 315.

In base agli articoli 56-58 della Costituzione è diverso l’elettorato passivo per le elezioni politiche: per candidarsi alla Camera sono necessari 25 anni compiuti al momento della candidatura, mentre per il Senato necessitano 40 anni. In base all’articolo 48, l’elettorato attivo è di 18 anni per entrambe le Camere. L’elettorato attivo per il Senato cambia a partire da questa legislatura: fino alle scorse elezioni politiche, la scheda per l’elezione del Senato spettava a chi aveva compiuto 25 anni di età al momento del giorno delle elezioni.

Sono esclusi dal “rinnovo elettorale” i sei Senatori a vita attualmente in carica: l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (già Senatore a vita prima di diventare Capo dello Stato), Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia e l’ultima nominata, Liliana Segre. I senatori a vita votano alle elezioni politiche, ma non possono candidarsi.

 

Il diritto di voto alle elezioni politiche: uno sguardo al passato

La nostra Costituzione, all’articolo 48, dice che il voto è personale, uguale, libero, segreto: non può votare una persona al posto di un’altra; il voto di un elettore “pesa” quanto il voto di un altro elettore; il voto non deve forzato da altri ma è l’elettore che decide senza costrizioni di andare a votare e cosa votare; il voto è segreto perché nessuno deve sapere cosa un elettore vota nella cabina e questo non può essere condiviso nello stesso momento con altri elettori. Votare è un diritto ed un dovere: una libertà (di scelta), ma anche un obbligo (morale, soprattutto). Il voto è, inoltre, inviolabile: nessun cittadino si può vedere tolto il diritto di voto.

Il suffragio universale è stato introdotto nel nostro Paese dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Fu reso “operativo” con le prime elezioni amministrative democratiche della primavera 1946, anche se la prima volta in cui votarono contemporaneamente tutti gli italiani fu per il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sulla scelta della forma di governo tra monarchia e repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente per redigere la Costituzione. Allora, e fino al 1975, la maggiore età era fissata a 21 anni, poi abbassata a diciotto anni.

Fino al 2 giugno 1946, non vigeva, come detto, il suffragio universale diretto e tra il 1861 ed il 1913, nell’allora Regno d’Italia, poterono votare solo gli uomini, ma non tutti perché il voto era ristretto a pochi milioni di persone, vale a dire solo a quelli con una determinata età (25 anni fino al 1882; 21 anni fino al 1912), con un certo livello di istruzione (che sapessero leggere e scrivere, a fronte di un analfabetismo pari allora al 78%) ed il pagamento di una certa quota di tasse (40 lire fino al 1882, 20 lire fino al 1912).

Nel 1912, per le “politiche” dell’anno successivo, l’allora governo Giolitti abolì tutte le restrizioni e diede il diritto di voto a tutti i maschi di 21 anni di età, l’allora maggiore età.

A partire dalle elezioni del 1924, con l’avvento del regime fascista, le elezioni sono sempre state contestate per via di mancanza di libertà di scelta, intimidazioni e violenze da parte delle camicie nere e brogli conclamati. Durante il fascismo si votò anche nel 1929 e nel 1934, mentre a partire dal 1939 la Camera dei deputati del Regno d’Italia cambiò nome in Camera dei fasci e delle corporazioni ed i suoi rappresentanti furono tutti nominati dal regime, ponendo fine al diritto di voto maschile.

 

Le leggi elettorali usate nelle elezioni politiche

La Costituzione non fa riferimento a quale debba essere la legge elettorale da utilizzare nelle elezioni politiche. In queste elezioni si voterà per la seconda volta con la legge (elettorale) 3 novembre 2017 numero 165 detta “Rosatellum bis” dal nome del suo “inventore”, il deputato di Italia Viva (ex Partito Democratico) Ettore Rosato.

Il “Rosatellum  bis” è una legge dello Stato (legge 3 novembre 2017 n. 165) pubblicata sulla Gazzetta ufficiale l’11 novembre 2017. Questa legge è un “bis”, avendo avuto delle modifiche rispetto alla prima versione. Il “Rosatellum I” prevedeva, inizialmente, che i candidati alla Camera e al Senato fossero eletti entrambi al 50% tra sistema maggioritario e proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. Non ebbe sostegno parlamentare a causa dello sbilanciamento verso il maggioritario, fu modificata e approvata il 26 ottobre 2017. Divenne il “bis” dopo ben otto voti di fiducia tra le due Camere ed è stata promulgata il 3 novembre successivo.

D’ora in avanti, in questo articolo, per motivi di praticità si farà riferimento al “Rosatellum bis” come un unico “Rosatellum.

Il “Rosatellum” è la settima legge elettorale italiana: tra il 1948 ed il 1992 (undici legislature) si è votato con il proporzionale puro; dal 1994 al 2001 con il “Mattarellim” (tre legislature, 1994-1996-2001), il “Porcellum” è stato usato in tre elezioni (tre legislature, 2006-2008-2013) e per due volte il “Rosatellum bis” (2018 e 2022). Le altre due leggi elettorali erano (anche se non sono mai state utilizzate) l’”Italicum” ed il “Consultellum”, abrogate nel 2017 e sostituite dal “Rosatellum”.

L’uso del suffisso latino “-um” per le leggi elettorali italiane si deve al politologo Giovanni Sartori quando, dopo il varo della “legge Mattarella”, in un suo editoriale sulle colonne del “Corriere della Sera”, diede per la prima volta un nome latinizzato, “Mattarellum”. La tradizione è poi continuata con “Porcellum”, “Italicum”, “Consultellum” e “Tatarellum”, la legge elettorale regionale in vigore dal 1995.

 

Il “Rosatellum”: specifica e metodo di elezione

Essendo l’Italia una repubblica parlamentare, il 25 settembre non si voterà il Presidente del Consiglio, ma un partito e/o una coalizione di partiti. Si elegge il parlamento, punto.

Nello specifico, in base agli articoli 92-93 della Costituzione, “il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri” e questi “prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica” ed entro dieci giorni dovranno avere la fiducia di entrambe le Camere (articolo 94). Se le Camere concederanno la fiducia, il governo sarà effettivo e potrà iniziare a lavorare, altrimenti se anche una sola Camera non voterà la fiducia si dovrà rifare l’iter. La fiducia parlamentare è requisito indispensabile per l’esistenza di un governo. Dei 27 Paesi membri dell’Unione europea, sono repubbliche parlamentari Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

Il “Rosatellum” è una legge elettorale mista perché prevede l’elezione dei parlamentari con due “sistemi” elettorali diversi: 1/3 sarà eletto con il sistema maggioritario, 2/3 con il sistema proporzionale. Nello specifico, il 37% sarà eletto attraverso un voto maggioritario a turno unico uninominale, il 2% sarà eletto con il voto (per corrispondenza) degli italiani residenti all’estero ed il 61% sarà eletto tramite collegi plurinominali con il sistema proporzionale.

Per la Camera, la ripartizione è fatta su base nazionale, mentre per il Senato è su base regionale.

Il “Rosatellum” prevede la costituzione di coalizioni pre-elettorali, insiemi di partiti che si uniscono (appunto) per scopi elettorali per avere un vantaggio rispetto ad un partito che si presenta da solo: i partiti creano coalizioni affinché possano unire tra loro le forze sottoscrivendo patti elettorali ed idee condivise. Ovviamente non è obbligatorio legarsi a coalizioni: il Movimento Cinque Stelle, come alle scorse elezioni, ha stabilito che parteciperà da solo a queste elezioni politiche.

Le coalizioni principali sono “Centro-destra” che comprende Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi moderati (che unisce Noi Moderati con l’Italia, Italia al Centro e Coraggio Italia-UDC guidate rispettivamente da Maurizio Lupi, Giovanni Toti e Luigi Brugnaro) e altri quattordici piccoli partiti “di supporto” i cui contrassegni non saranno presenti nelle schede elettorali; “Centrosinistra” che comprende Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, +Europa, Impegno civico e altri dodici piccoli partiti “di supporto” che non hanno un contrassegno nelle schede elettorali.

Un’altra coalizione vede uniti Azione ed Italia Viva (i partiti degli ex Pd Carlo Calenda e Matteo Renzi) che viene considerata nel gergo “terzo polo” (a fronte dei primi due poli che sono le due coalizioni elencate prima). Un’altra coalizione è quella di Unione popolare di Luigi de Magistris che comprende Rifondazione comunista, Potere al popolo, ManifestA, Democrazia e Autonomia e altri piccoli gruppi politici.

Altri partiti non coalizzati che si presentano all’appuntamento elettorale da soli sono Italexit per l’Italia, Italia Sovrana e Popolare, Noi di Centro Europeisti e Vita. Molti partiti si presentano solo in alcuni collegi. Ci saranno anche liste “linguistiche” (la SVP in Alto Adige, Partito Autonomista Trentino Tirolese in Provincia di Trento, Patto per l’Autonomia in Friuli e Union Valdôtaine in Valle d’Aosta).

Per la circoscrizione “Estero” i due poli presentano una lista unitaria (Salvini-Meloni-Berlusconi da una parte, Partito democratico – Italia democratica & progressista dall’altra) e i partiti “specifici” come il MAIE (Movimento Associativo Italiani all’Estero) e l’USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani).

Come ogni legge elettorale, anche il “Rosatellum” prevede delle soglie di sbarramento, come nelle leggi precedenti: con la “legge Mattarella” (“Mattarellum”, 1994-2006), i partiti potevano partecipare alla ripartizione proporzionale solo se superavano il 4% dei voti; con la “legge Calderoli” (“Porcellum”, 2006-2013) per partecipare alla ripartizione dei seggi un partito doveva ottenere almeno il 4% a livello nazionale, le coalizioni almeno il 10% ed un partito collegato a questa coalizione poteva avere seggi solo se superava il 2%, mentre per il Senato partecipavano alla ripartizione dei seggi i partiti che ottenevano almeno l’8% nazionale e le coalizioni il 20%, con la possibilità di partecipare alla ripartizione anche i partiti che avevano ottenuto almeno il 3% se collegati a quella coalizione. Particolarità di questa legge elettorale, l’assegnazione del premio di maggioranza se il partito o la lista avesse ottenuto la maggioranza relativa a livello nazionale alla Camera e a livello regionale in ogni Regione.

Con il “Rosatellum”, invece, la soglia minima è al 3% su base nazionale per Camera e Senato, mentre a livello di coalizione dovrà essere del 10% e all’interno della coalizione, le forze che prendono tra l’1 e il 3% riversano i voti alle altre liste della coalizione che hanno superato il 3%. I voti delle liste che rimangono sotto l’1% andranno invece dispersi. Non è previsto il premio di maggioranza.

Con il “Rosatellum”, ci si può candidare in massimo cinque collegi plurinominali ed in un solo collegio uninominale. Se un candidato è eletto sia all’uninominale che al plurinominale, dovrà scegliere per forza l’elezione al maggioritario uninominale. Se un candidato sarà eletto in più collegi plurinominali dovrà scegliere, lasciando il posto a chi lo segue nella lista. Nel collegio uninominale, in caso di parità di voti verrà eletto il più giovane tra quelli che hanno ricevuto lo stesso numero di voti. Ma la cosa fondamentale è che nel collegio uninominale vince chi ottiene anche un solo voto in più degli avversari, quello che in Gran Bretagna, patria di questo sistema elettorale, è chiamato “first past the post” o “the winner takes it all”.

Nel proporzionale, quindi, l’elenco dei candidati è compreso tra 2 e 4 in base ad ordine stabilito a priori da parte dei singoli partiti. Questa lista prestabilita è detta “lista bloccata” e sono presenti, in maniera alternata, un uomo ed una donna (o viceversa).

Il Senato è diviso in 20 circoscrizioni (1 regione, 1 circoscrizione indipendentemente dal numero degli abitanti della regione), mentre per la Camera le circoscrizioni sono 28 (14 regioni rappresentano una circoscrizione, tranne la Lombardia che ne prevede quattro e due rispettivamente per Lazio, Sicilia, Campania, Veneto e Piemonte), più una all’estero.

Per presentarsi alle elezioni, i partiti hanno dovuto raccogliere le firme tra gli elettori presentarle agli uffici elettorali. Le firme, non meno di 750 per ogni collegio plurinominale, dovevano essere depositate entro il 14 agosto, nello stesso giorno in cui si sono presentati i simboli elettorali al Ministero dell’Interno. Non hanno dovuto presentare le firme i partiti che hanno un gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere: non hanno dovuto raccogliere le firme Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva, Liberi e Uguali, +Europa, Coraggio Italia, Noi con l’Italia, SVP. Tutti gli altri hanno dovuto fare la raccolta firme. Complessivamente un partito che avesse voluto presentarsi in tutti i collegi plurinominali avrebbe dovuto raccogliere almeno 36.750 firme la Camera e almeno 19.500 firme per il Senato, oppure in un tot di collegi plurinominali ma raccogliendo almeno 750 firme per ogni collegio plurinominale in cui voleva candidarsi.

Ogni coalizione (o partito) ha dovuto presentare un proprio programma e ha dovuto esprimere un “capo politico” ma no un candidato Presidente del Consiglio (anche perché non esiste in una repubblica parlamentare).

Quanti parlamentari verranno eletti con il “Rosatellum”?

A seguito del taglio dei parlamentari, alla Camera dei Deputati, i cittadini eleggeranno 147 deputati con il sistema maggioritario a turno unico, 245 con il sistema proporzionale e otto con il voto dei cittadini residenti all’estero. Al Senato, i cittadini eleggeranno 74 senatori con il sistema maggioritario, 122 con il sistema proporzionale e quattro con il voto “estero”. Prima del referendum sul taglio dei parlamentari, erano eletti alla Camera rispettivamente 232, 386 e dodici deputati; 116, 193 senatori e sei senatori.

Come si eleggono e candidano i parlamentari esteri? Per essere candidati all’estero in una delle due Camere, non serve essere iscritti all’AIRE come per le elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013 ed il candidato non deve aver ricoperto cariche politiche nella circoscrizione negli ultimi cinque anni.

Gli elettori devono essere iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), l’elenco dei nostri connazionali che hanno la residenza all’estero per un periodo superiore ai 12 mesi (e non meno di tre mesi) o che sono cittadini italiani nati all’estero e da sempre residenti fuori dal nostro territorio o se hanno ricevuto la cittadinanza italiana all’estero.

E’ dalle elezioni politiche del 2006 che gli italiani all’estero votano ed il loro voto avviene per corrispondenza. I nostri connazionali all’estero entro il 24 agosto hanno inviato al comune italiano di riferimento la loro decisione di votare e hanno votato tutti il 22 settembre. La circoscrizione “Estero” è ripartita in Europa, America settentrionale-centrale, America meridionale, Africa, Asia, Oceania. I loro voti saranno conteggiati all’apertura delle urne: le schede degli italiani residente all’estero arriveranno nel nostro Paese per il 25 settembre così da essere scrutinate insieme alle altre: prima di allora saranno conservate (e vigilate) presso il Centro Polifunzionale della Protezione civile.

Domenica 25 settembre saranno consegnate due schede, una per la Camera ed una per il Senato.

In entrambe ci sarà il nome del candidato nel collegio uninominale nel rettangolo posto in alto. Nella stessa scheda, nella parte sottostante il rettangolo, dedicata ai collegi plurinominali, saranno riportati i contrassegni dei partiti che appoggiano il candidato al collegio uninominale.

In pratica: in alto c’è il nome del candidato nel collegio uninominale che scelto dalla coalizione o dal singolo partito (se non è coalizzato) e sotto ci sono i simboli di tutti i singoli partiti della (eventuale) coalizione che lo appoggiano con il nome dei candidati per la parte proporzionale plurinominale espressa da ogni partito.

Su ogni scheda si potrà apporre al massimo due X: una sul candidato all’uninominale e una sul simbolo di un partito collegato al candidato all’uninominale. Si può votare anche solo il candidato all’uninominale o solo un partito al proporzionale.

Se si mette la X solo sul nome del candidato all’uninominale, il voto viene ripartito nel proporzionale su tutte le liste a sostegno. Se si mette la X solo sul simbolo di una lista, il voto viene trasferito in automatico anche al corrispettivo candidato all’uninominale.

Si può votare solo per il candidato all’uninominale o per il singolo partito che è “legato” al candidato all’uninominale: non si può votare un candidato ed un partito che non sono nella stessa coalizione e non si possono esprimere preferenze scrivendo il nome di un candidato, pena nullità della scheda in quanto non sono previsti il voto disgiunto (come invece accade per le elezioni amministrative) ed il voto di preferenza.

La “filosofia” è questa: per il maggioritario uninominale, è “uno per tutti, tutti per uno” in quanto tutti i partiti (e gli elettori) voteranno il loro candidato di riferimento, mentre per il proporzionale ogni partito fa partita a sé ed è un “uno contro tutti”, a prescindere dalla coalizione.

Per il Senato, saranno tutelate le minoranze linguistiche di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige espresse con la lista Vallée d’Aoste (Union valdotaine-Stella alpina, Fédération autonomiste), Südtiroler Volkspartei (Partito popolare sudtirolese) e Partito Autonomista Trentino Tirolese, rappresentanti delle minoranze linguistiche di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

 

Il Piemonte e il Novara rappresentati alla Camera e al Senato

Con il taglio dei parlamentari, il Piemonte eleggerà venticinque rappresentanti in meno (17 deputati, 8 senatori) rispetto ai sessantotto eletti delle scorse elezioni politiche. A differenza di quattro anni fa, i collegi sono molto più grandi territorialmente, tanto che il collegio uninominale di Verbania entra a far parte del Novara e la stessa Provincia di Novara vedrà nove suoi comuni passare sotto “Vercelli”. I nove comuni del Novarese che voteranno per il collegio uninominale di Vercelli (chiamato Piemonte 2 –U03, mentre Novara sarà Piemonte 2 –U02) sono Briona, Carpignano Sesia, Fara Novarese, Ghemme, Grignasco, Prato Sesia, Romagnano Sesia, Sillavengo e Sizzano. In questo collegio sono compresi anche tutti i comuni del Vercellese e del Biellese

Il collegio uninominale di Novara comprende 78 comuni della provincia più i 74 del VCO, il quale, come detto, “sparisce” come collegio uninominale rispetto a quattro anni fa.

Per il collegio uninominale del Senato per la prima volta sessanta comuni del nord della Provincia di Torino voteranno in collegi esterni la loro provincia

Il Piemonte manderà a Roma complessivamente quarantatre rappresentanti: 29 deputati (10 deputati eletti nei collegi uninominali, 19 eletti con il sistema proporzionale) e 14 senatori (5 eletti nei collegi uninominali, 9 eletti con il sistema proporzionale). Alle elezioni di quattro anni fa la nostra Regione inviava sessantotto parlamentari (46 deputati, di cui 17 eletti all’uninominale e 29 con il proporzionale; 22 senatori di cui 8 con l’uninominale e 14 con il sistema proporzionale). Di questi, nove erano eletti nel territorio novarese e verbanese.

Il Piemonte è diviso in dieci collegi uninominali per la Camera e 5 collegi uninominali per il Senato.

Il Novarese ed il Vercellese formano il collegio plurinominale proporzionale chiamato Piemonte 2 – P01. L’altro collegio plurinominale, il Piemonte 2 – P02 si compone delle Provincie di Alessandria, Asti e Cuneo.

Alle scorse elezioni politiche, per la Camera, nel collegio uninominale Piemonte 2-02 è stato eletto il leghista Alberto Gusmeroli mentre al proporzionale sono stati eletti Diego Sozzani (Forza Italia), Enrico Borghi (PD), Davide Crippa e Lucia Azzolina per il Movimento Cinque Stelle, Marzio Liuni e Cristina Patelli per la Lega. Al Senato sono stati eletti al maggioritario (Piemonte 05) Gaetano Nastri di Fratelli d’Italia e al collegio proporzionale plurinominale Carlo Martelli e Mariassunta Matrisciano per il Movimento Cinque Stelle, Enrico Montani e Giorgio Bergesio per la Lega, Roberta Pinotti e Giacomo Taricco del Partito democratico, Maria Rizzotti per Forza Italia e Giovanbattista Fazzolari per Fratelli d’Italia.

Chi saranno i parlamentari che rappresenteranno a Palazzo Madama e a Montecitorio?. Lo scopriremo dopo a chiusura dei seggi e lo spoglio complessivo delle schede elettorali.

 

L’importanza del voto in questa tornata elettorale

Un problema che potrebbe sorgere in queste elezioni politiche (e che quasi sicuramente si verificherà) è quello dell’astensionismo: si spera che gli elettori possano recarsi in massa alle urne domenica prossima e sconfiggere l’astensionismo, la vera piaga (politica) degli ultimi anni. Sono anni che il tasso di astensione dal voto è molto alto: il picco di affluenza si ebbe con le elezioni della III legislatura, quando si recò alle urne il 93,91% degli elettori, mentre la più bassa si ebbe con le ultime elezioni politiche del 2018 (72,93%). Negli ultimi anni le persone invece di andare ai seggi sono “andate al mare” o sono rimaste a casa. Questa “scelta” è in costante aumento: alle scorse “politiche”, come detto, votò il 72,93% degli aventi diritto al voto, 2,3 punti percentuali in meno rispetto alle “politiche” del 2013. Sono tre elezioni politiche consecutive che questo trend è sempre in negativo ed il trend deve migliorare.

Difficilmente andranno a votare meno elettori rispetto a quelli che si sono presentati lo scorso 12 giugno per i cinque referendum abrogativi quando votò poco più del 20% degli aventi diritto al voto, ma si teme che il livello di astensionismo sia ancora alto. Si parla infatti di “partito dell’astensione”, un numero tale che se si “tramutasse” in un partito avrebbe un numero altissimo di parlamentari eletti.

Cosa spinge tanti italiani a disertare le urne? Diverse ragioni: disinteresse verso la politica, troppe elezioni ravvicinate (politiche, amministrative, referendum), troppa poca diversità nell’”offerta” (“destra e sinistra sono uguali, arrivano al potere e non cambia mai nulla” è il pensiero dell’italiano medio); completa sfiducia verso partiti, politici ed istituzioni; i troppi litigi tra politici e le loro promesse (elettorali) non mantenute; votare in un periodo delicato come questo. Ma è il disinteresse di molti giovani a preoccupare.

Purtroppo da diversi anni notiamo persone stufe della politica, annoiate dai dibattiti e dai talk show (o dal leggere anche articoli come questo che “trattano” di politica).

L’astensione è uno dei grossi problemi che sta colpendo non solo la politica italiana, ma anche diversi Stati europei: basti pensare che alle recenti elezioni presidenziali francesi, quasi 1/3 degli elettori non si è presentato alle urne.

Molti pensano che votare sia inutile, che “tanto non cambierà niente”. Molti cittadini sono disinteressati dalle e alle vicende politiche, molti considerano i politici lontani dai cittadini e “fuori” dalla realtà. L’astensionismo poi è favorito da problemi di carattere civico: molti italiani non sono interessati alla politica e quel poco che sanno lo traggono “a spizzichi e bocconi” dal web o dal politico di turno, fraintendendo magari quello che dice. Per non parlare del fatto che tanti non sanno neanche chi occupa le cariche più alte delle nostre istituzioni e non conosce le basi della Costituzione.

Votare è un gesto responsabile: significa essere e voler far parte di una comunità. Significa dar voce al nostro pensiero e mettere al primo posto il bene nazionale: prima viene lo Stato che decide per me, poi vengo io che voto affinché qualcuno mi “governi” per farmi vivere meglio. Ma se non si mette davanti a sé stessi lo Stato, non si può pretendere altro però. Il voto è una conquista per tutti, ma il “votare” siamo noi, è la nostra idea, il nostro pensiero, la nostra esperienza, la nostra storia. Del resto, che cos’è la democrazia? L’unione delle parole greche demos e kratos: il potere del popolo. “Potere del popolo” chiamato ad esprimersi sulle sorti del proprio Paese.

Astenersi è una scelta rispettabile, ci mancherebbe, ma se non si vota significa non avere a cuore le sorti del proprio Paese: un voto su 51 milioni di schede con cambierà nulla, ma un voto sommato a due voti, a tre, a quattro, a cento, mille, un milione e cinquanta milioni può cambiare le sorti di un Paese. Partecipare al voto significa “consapevolezza”, quindi.

Votare in Italia, non è neanche obbligatorio come invece lo è in venti Paesi nel Mondo, tra cui Belgio, Grecia e Lussemburgo in Europa (anche se in questi tre Paesi però non si prendono provvedimenti contro chi diserta le urne). In Italia votare non è neanche più un obbligo con l’abrogazione del DPR n.361 del 30 marzo 1957 che stabiliva che “l’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese (…) L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco”. Allora non andare votare era una sorta di “assenza ingiustificata” (come a scuola), con motivazione scritta al sindaco. Votare è anche gratis: si entra nel seggio, si presenta agli scrutatori il proprio documento di identità e la tessera elettorale, si prende/prendono la/le scheda/e, si entra nell’urna, si mette una X sulla scelta, si richiude la scheda, la si riconsegna allo scrutatore che la inserirà nell’urna e quella scheda elettorale sarà scrutinata insieme alle altre all’apertura delle urne. Nulla di più facile e semplice.

Il voto è un dovere eticomorale e civico: un’”arma” a nostro favore dove possiamo davvero contare ed essere importanti.

E’ bello contare ed essere importanti. Perché è troppo facile lamentarsi quando neanche ci si reca alle urne per esprimere il già citato diritto e dovere civico.

 

 

 

Riferimenti per comprendere al meglio la legge elettorale e il sistema elettorale italiani

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/11/11/17G00175/sg

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/0755_guida_aire_2010.pdf

https://www.senato.it/istituzione/la-costituzione

https://www.orizzontipolitici.it/rosatellum-come-funziona-la-legge-elettorale-italiana/

www.lavocedinovara.com/elezioni/elezioni-rivoluzione-collegi-e-25-piemontesi-in-meno-in-parlamento

www.lavocedinovara.com/politica/elezioni-lunedì-mattina-la-commissione-elettorale-definira-gli-incarichi-nei-seggi