di Simone Balocco
Quando si ferma il classico “uomo della strada” e gli si chiede cosa conosce della Novara sportiva, lui senza battere ciglio risponderà “Novara Calcio”. Se la stessa domanda la si pone ad uno spagnolo o a un portoghese, la risposta sarà totalmente diversa e lui ci risponderà senza battere ciglio “Hockey Novara”. Eh si perché se in Italia gli appassionati di calcio risponderanno pensando alla cavalcata del Novara Calcio di Attilio Tesser della doppia promozione Lega Pro-Serie A, all’estero lo sport novarese è rappresentato dall’Hockey Novara, la storica squadra cittadina che ha scritto una grande pagina di questo sport molto di nicchia ma che in alcune zone d’Italia è più sentito del calcio.
Fino al 2016, l’Hockey Novara è stata la squadra italiana di club più scudettata, la prima ad avere sulla maglia le tre stelle poiché ha vinto 32 scudetti. Oggi l’Hockey Novara non esiste più e in città l’hockey su pista è rappresentato dalla Azzurra Hockey Novara. Peccato che città non si viva più di hockey come tra gli anni Settanta e Novanta, quando il palazzetto di viale Kennedy (successivo alla pista di viale Buonarroti) era pieno di tifosi in festa e attenti a seguire la squadra di hockey più forte di sempre. Così forte da non vincere mai la Coppa dei Campioni, vinta sempre dalle squadre spagnole e portoghesi.
Abbiamo rubato 50 minuti divisi in due tempi da 25 minuti (la durata di un incontro di hockey su pista) ad un giocatore che ha fatto parte di quella squadra diventandone una bandiera, Fabrizio Osenga (aka Fabrizio Poli), che ci ha raccontato un po’ della sua storia di hockeista, il suo passato nell’Hockey Novara e di quella squadra davvero incredibile.
Fabrizio, a Novara da sempre si seguono calcio e hockey su pista. Sappiamo che sei tifoso del Novara, perché ha deciso di giocare a hockey su pista?
I miei genitori mi portavano sempre alla pista di viale Buonarroti per poter usare i pattini che mi avevano regalato e li ho incontrato il magico mondo dell’hockey.
Quali ricordi hai del tuo primo allenamento con l’Hockey Novara e chi è stato il tuo primo allenatore?
In senso assoluto Leo Zaffinetti che era davvero il factotum per tutti i ragazzini che approcciavano l’hockey, poi tanti grandi nomi del tempo della prima squadra che si alternavano a tenere i marmocchi. Poi Giovanni Innocenti in qualche prima esperienza di Serie A. Ricordo con grande stima e riconoscenza Paolo Ragazzi e Checco Marchesini nei centri federali e infine Mino Battistella nel salto in quella che ritengo la più forte squadra di tutti i tempi qui a Novara. Del primo allenamento qui a Novara dopo i mondiali ricordo di aver ritrovato i miei compagni di selezione nelle giovanili e non mi sembrava vero che il loro arrivo in maglia azzurra fosse coinciso con la possibilità di vestire la maglia dell’Hockey Novara in prima squadra.
Cosa significava per un novarese come te giocare nella squadra di hockey su pista più forte di tutte, ovvero l’Hockey Novara?
Beh brividi seppure con quella dose di incoscienza che l’età permetteva e che ti teneva al riparo dal fatto che già è difficile essere profeta in patria, tanto più in una squadra di fenomeni come quella in cui mi trovavo.
Raccontaci del tuo debutto in Serie A1. Cosa hai provato e se la notte hai dormito.
In realtà ogni notte era una “notte prima degli esami” anche, come nella maggior parte dei casi, con la quasi certezza di rimanere in panchina. Gli impegni erano sempre importanti e solo il pensiero di dover essere pronto in ogni momento (come voleva il Mr sempre con i guanti indossati) teneva alta l’adrenalina. Se poi l’avversario dava modo di avere minuti in campo allora tanto più. Capisci insomma che la tensione agonistica era sempre alta
Hai giocato in quella che era la golden age dell’hockey pista italiano. Che ricordi hai di quegli anni?
Atleti di primissima fascia a livello mondiale in squadra. Palazzetti pieni in ogni ordine di posti. Impegni internazionali di assoluto prestigio. Un pubblico che ti spingeva oltre ogni limite e una città pronta a sostenere con passione a dir poco viscerale.
Come erano i derby contro l’Amatori Vercelli? E le partite contro Monza, Seregno, Lodi e le toscane?
Sempre impegni preparati con la massima intensità e la consapevolezza di trovare ogni volta avversari e tifoserie che davvero ti gelavano il sangue nelle vene. Ma sapevi che vestivi una maglia importante e avevi compagni di squadra che il mondo intero ti invidiava. In più per me è la maglia della mia città, i colori in cui sei nato e dove sempre hai voluto essere.
Ogni trasferta a Vercelli un’Odissea. Cartelli stradali che ti ricordavano di essere sempre più vicino all’Inferno paese dopo paese in soli 15 km di viaggio. Palazzetti così caldi da trovar difficile anche solo fare riscaldamento in pista pregara.
Lo stesso vale per le trasferte in Brianza, a Lodi, in Toscana, a Giovinazzo….e vuoi non ricordare le Venete?!
Ai tempi si diceva: “il sabato sera al palazzetto a vedere la Coppa dei Campioni contro il Barcellona e la domenica pomeriggio al “Comunale” a vedere il Novara in Serie C2”. Parlaci del palazzetto di viale Kennedy dei tuoi tempi.
Ancora YouTube è pieno di filmati e documenti fotografici che ricordano quel periodo tra il 1984 e il 1988 in cui entrare sul parquet di viale Kennedy rappresentava un’esperienza che ricordi per tutta la vita. Di quel Palazzetto che oggi ha un nome (che altrettanto ha segnato la vita) ricordo ogni cosa. Lo scricchiolare del parquet sotto le ruote, l’odore di cloro delle docce, le porte sempre rotte degli spogliatoi, il magazzino dove regolavi i pattini e limavi le stecche, le urla dei primi tifosi che appendevano gli striscioni, i cori contro i tifosi avversari, i posti assegnati in spogliatoio e la maglia appesa, le scaramanzie……..
Il tifo e il calore sempre comunque, anche quando ti sfanculavano perché non bastava quello che facevi
Il fatto che il calcio disputasse la C2 non toglie nulla al fatto che con i ragazzi del Piola ci fosse un rapporto di amicizia e reciproco sostegno. Del resto le stesse tifoserie organizzate hanno sempre saputo sapientemente spendersi sui due fronti con pari intensità.
Quale è il più bel ricordo con la maglia del Novara?
Il primo scudetto vinto a Bassano con il superGoal partita della mia “aletta” Pier Carlo Ferrari e il rientro a Novara a notte fonda con la città in festa.
Le sfide di Coppa Campioni contro gli idoli di sempre di Barcellona, Porto, Liceo, Reus.
Le prime esperienze di commento sportivo con l’interesse delle testate nazionali come Gazzetta e Corriere dello Sport che davvero sono state esperienze futuristiche di cronaca sportiva oggi frequentata da un po’ tutti i canali di rilievo.
Non hai mai giocato in Nazionale, purtroppo. Hai ricevuto però delle convocazioni? Mentre nelle Nazionale giovanili hai dato il tuo contributo.
Nelle giovanili posso anche vantare un Trofeo Bonacossa (equivalente di titolo italiano di categoria) oltre alla costante presenza alle convocazioni nazionali dei centri federali. Poi ho sospeso per un periodo la mia attività agonistica per seguire la musica e il djing.
Quale era il giocatore più forte di tutti in Italia e all’estero quando giocavi tu? Ovviamente puoi anche indicarne più di uno.
Ci metto tutti i miei compagni di squadra senza timore di sbagliare. Aggiungo Daniel Martinazzo e Franco Girardelli che ritengo per classe e carattere assoluti campioni
Quale è oggi il giocatore più forte di tutti in Italia e all’estero? Ovviamente puoi anche indicarne più di uno.
Oggi vedo individualità meno spiccate rispetto ad un tempo, che significa un allineamento di valori tra i singoli ed un maggior peso di squadra. In aggiunta non vedo tantissime partite ed ogni volta metterei sugli scudi un atleta diverso.
Da quando si giocano le coppe europee, solo il Follonica del tuo amico Massimo Mariotti ha vinto la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Immagino sarai stato contento per “Mister Hockey”, ma hai provato un po’ di invidia per il club toscano che, ironia della sorte, ha gli stessi colori dell’Hockey Novara?
Non solo per i Mariotti Brothers, anche per i Michielon Twins e i fratelli Bertolucci. Insomma capisci che al di là di tutto ci sta che ci provi per una vita e la Coppa vada poi altrove. Non ti nascondo che con il Porto a Novara dopo il primo tempo si era convinti che tutto potesse succedere fuorché perderla (Massimo Mariotti era qui).
Igualada 40mila abitanti, Reus 103mila, Voltregà 4mila, Barcelos 120mila, Noia 10mila. Queste squadre hanno in bacheca, complessivamente, 19 Coppe dei Campioni. Novara, 105mila abitanti zero vittorie e quattro finali perse. Ti sai dare una spiegazione?
Ne avrei almeno un paio ma trattandosi di un vissuto personale concedimi di poterle tenere per me. Rimane il fatto che Novara era e potrebbe tornare ad essere la piazza favorevole a ritentare l’impresa. Ben vengano queste possibilità di riabilitare l’Hockey!
Come era i palazzetti delle squadre europee? Quale è stato il palazzetto dove ti sono tremate le gambe?
Porto, Barcellona, La Coruna. L’ordine sceglilo tu
Quando decidi di lasciare l’hockey pista e se ti hanno chiesto di rimanere nel club magari come allenatore delle giovanili?
Io ho scelto di smettere il 27 settembre 1988, quando Stefano ha DOVUTO smettere. Mi si è spenta una luce. Da lì ho solo colto occasione di fare qualche seduta di allenamento per pura passione dello sport. La prima volta in cui sono riuscito a calzare i pattini su quel parquet è stata per me una enorme conquista di vita. Fino a quel giorno li ho litigato molto con me stesso e con la vita.
Hai sempre giocato a Novara e puoi essere tranquillamente considerato una “bandiera”. So che ai tempi avevi ricevuto offerte ma tu le hai rifiutate: cosa ti ha spinto a rimanere e dove ti sarebbe piaciuto giocare?
Essere a Novara, essere del Novara rimane la solo cosa che mi interessa. Ho avuto la fortuna di poterci essere in un momento storico importante. What else?!
L’hockey su pista italiano è entrato in crisi (vittorie del Follonica a parte) subito dopo la fine dell’era dell’Hockey Novara. Cosa non funziona nell’hockey italiano e perché non potrà mai essere al pari di Spagna e Portogallo.
La mia è solo una analisi rapida che rintraccia nella assenza dalle grandi città e la conseguente lontananza dalle platee televisive. In Spagna e Portogallo queste lacune non ci sono mai state, anzi in occasione di grandi eventi il giusto palcoscenico è sempre stato offerto. Vedi come la sola apparizione Olimpica sia in capo a Barcellona.
Sul fatto che il gap possa essere sanato ora gioca anche la possibilità di una solida rifondazione che tenga conto degli errori del passato.
L’1 e 2 maggio 2015 hai giocato un torneo tra vecchie glorie in Spagna. Hai fatto parte del “Veterani Hockey Novara” e giocato con il meglio dell’hockey su pista italiano ed iberico del tempo. Come è nato quel torneo e perché non è stato più replicato.
Reus ha organizzato il torneo a cui fai riferimento e sarebbe stato bellissimo poter replicare anche solo un reinvito magari in Italia. Purtroppo i costi non sono così leggeri a coprire tutte le spese di viaggio e soggiorno per i club. In più (vedi Novara) alcune realtà di peso sono notevolmente ridimensionate e la cosa non aiuta.
Anche nel 2011 andammo come Hockey “di” Novara a disputare il replay della finale di Coppa Cers anni 80 (vinta da noi e rivinta sul campo spagnolo) a Cerdaniola. Come vedi anche in quell’occasione pur avendo un invito/convocazione nominale si dovette ricorrere ad un “piccolo” ritocco al nome per potere dar vita alla trasferta.
Hai rimpianti sulla tua carriera di hockeista?
Di non aver proseguito con regolarità nell’attività con un periodo di interruzione in un momento importante della crescita agonistica.
Questa domanda te le devo fare: che ricordi hai di Stefano del Lago. Quel maledetto 27 settembre 1988 eri in panchina.
Di Stefano ricordi infiniti condivisi con tutti i compagni del tempo. Quella sera di Coppa Italia ero in radiocronaca della partita e mollai il microfono per richiamare l’attenzione dello staff medico. Fu solo l’inizio per me di un lungo e doloroso buio, di quelli che spesso si tengono nascosti per non farsi vedere deboli da fuori. Stefano, in quella sera da poco riconfermato Campione del Mondo, rimane un simbolo dell’Hockey intero. A lui rimane intestato indiscutibilmente il Palazzetto di Novara.
Quella sera ho perso un grande amico. Entrambi da poco 24enni.
Dopo il tuo ritiro sei diventato un valido operatore sanitario nonché un discjockey di successo. A parte il torneo in Spagna hai mai indossato più i pattini a rotelle altri eventi? Oltre che per hobby e divertimento.
A Novara si sono organizzati un paio di incontri con tutti i protagonisti (in campo ed in società) che hanno accompagnato gli anni in questione ed in entrambi i casi con buona cornice di pubblico). Pronto a calzarli di nuovo qualora si presentasse l’occasione.
In chiusura, la domanda delle domande: riapertura de “Il Maneggio” con un tuo deejay set di quattro ore o tu che alzi la Coppa dei Campioni con la maglia dell’Hockey Novara. Devi sceglierne una, per forza.
E una sarà: PalaDalLago h 21,00 si vince la Coppa e da mezzanotte al Maneggio fino al mattino!
Ringraziamo Fabrizo Osenga per la disponibilità e la gentilezza dimostrataci
Tutte le immagini sono state fornite al blog dallo stesso Osenga