di Simone Balocco
Il 27 marzo 1975 era un giovedì ed il mondo cinematografico italiano subì uno scossone: quel giorno uscì un film di Luciano Salce che cambiò per sempre il concetto di film comico italiano. Quel film era frutto dell’unione di una serie di sketch radiofonici e di due libri editi da “L’Europeo” che vendettero molto tra il 1971 ed il 1974, con i quali l’autore capì che il successo cartaceo doveva andare sul silver screen. Quel 27 marzo di quarantatre anni fa uscì il quattordicesimo film interpretato da Paolo Villaggio, quel giorno uscì “Fantozzi”.
Villaggio, morto lo scorso 31 luglio all’età di 84 anni, è nell’immaginario collettivo conosciuto come “Fantozzi”, la storia di un uomo protagonista della serie cinematografica del cinema italiano che ha fatto ridere milioni e milioni di persone. Un personaggio comune, mediocre e conformista, sfortunato nella vita e vessato da colleghi e superiori, con una famiglia che lo stima appena composta da una moglie brutta e da una figlia altrettanto brutta. Nonostante la serie sia iniziata nel 1975 ed è terminata solo nel 1999, oggi quando i film della saga passano in tv, fanno impennare lo share d’ascolto, che sia il primo film (il sopraccitato “Fantozzi”) o l’ultimo (“Fantozzi 2000 – La clonazione”) che ha chiuso un capitolo del nostro cinema, tra l’altro con un episodio che non è piaciuto per nulla ai fan storici.
Le caratteristiche dei film della saga fantozziana (è stato coniato proprio un aggettivo ad hoc) sono le iperboli, ovvero ogni cosa è caratterizzata da elementi portati all’eccesso, gli errori grammaticali nei dialoghi, oltre che a situazioni a limiti del paradosso. Ed è stato proprio questo il bello di Ugo Fantozzi: ridere delle disgrazie che capitano ad uno che potrebbe essere o l’amico o il vicino di casa. Chiunque di noi.
E ancora oggi, a quarantatre anni dall’uscita nei cinema e a quarantasette dal primo dei libri, è ancora attuale, soprattutto dal punto di vista lavorativo e sociale: Fantozzi aveva il posto fisso e la totalità dei lavoratori italiani aveva il contratto a tempo indeterminato, aveva la macchina propria, una famiglia, è ragioniere e fa il contabile. Un italiano come tanti negli anni Settanta-Ottanta-Novanta.
E anche i social network sono stati travolti dal fenomeno “Fantozzi” in questi ultimi anni: su Facebook molti utenti riportano meme con l’immagine del ragioniere o dei personaggio della saga, citano le battute più epiche e le usano nella vita di tutti i giorni. C’è addirittura un gruppo che richiama alla ditta dove lavorava Fantozzi dove sono iscritti oltre 20mila persone (maschi quanto femmine) dove tutti riportano le immagini dei film o i filmati di alcune scene dei film e tutti commentano, riportando nella vita di tutti i giorni alcune scene. Ed il giorno della morte di Villaggio il gruppo era listato a lutto, con immagini e ricordi del celebre attore genovese che ha scritto una parte della storia della commedia italiana.
Ma vediamo nel dettaglio cos’è stata la saga “Fantozzi”.
I libri – Molti film sono stati tratti da libri e la saga fantozziana non è stata da meno. Chi pensava che Paolo Villaggio fosse anche uno scrittore? E invece l’attore genovese ha scritto decine e decine di libri, ma solo quelli inerenti il ragioniere più famoso d’Italia sono stati trasposti al cinema.
Il primo libro di Villaggio è stato “Fantozzi”, edito nel 1971 ed uscito allegato con “L’Europeo” ed era un’antologia di racconti scritti dallo stesso attore genovese.
Villaggio presentò per la prima volta questa tipologia di personaggio (che si chiamava però Giandomenico Fracchia) nella trasmissione tv “Quelli della domenica”, adoperando un linguaggio allora mai usato e che segnerà la storia della nostra editoria e della nostra televisione.
A oggi ha venduto oltre un milione di copie e il motivo è semplice: la storia di un uomo vessato, sottomesso e chiuso nella sua vita noiosa e grigia e molti lettori, negli anni, si sono rivisti nelle gesta di Ugo Fantozzi o gli hanno fatto ricordare di avere un parente, un amico o un vicino di casa che gli ricordava il ragioniere.
Dopo di questo usciranno, in serie, “Il secondo tragico libro di Fantozzi” (nel 1974), “Le lettere di Fantozzi” (1976), “Fantozzi contro tutti” (1979), “Fantozzi subisce ancora” (1983). Tutti questi, salvo il terzo, diventeranno parte della sagra. Dal 1994 in poi, usciranno altri libri con oggetto Ugo Fantozzi, ma che non ebbero mai il successo dei primi.
Come nasce il personaggio di Ugo Fantozzi? Innanzitutto non è tutto inventato, in quanto è esistito un Fantozzi nella vita di Villaggio e lui, da dipendente della “Italsider” di Genova, ha visto con i suoi occhi superiori ottusi e perfidi trattavano male i dipendenti, facendoli sentire “inferiori” a loro.
Il successo fu tale che la triade Villaggio-Salce-Benvenuti decise di trasportare i primi due libri al cinema. E il successo fu immediato.
La saga cinematografica- Come detto, quarantatre anni oggi usciva nelle sale “Fantozzi”. La regia fu affidata a Luciano Salce, un ex attore passato da pochi anni alla cinepresa, la sceneggiatura fu di Leo Benvenuti. Il successo fu incredibile, tanto che l’anno successivo fu girato il seguito, “Il secondo tragico Fantozzi”.
Un successo inaspettato che porterà alla nascita di una vera e propria saga. Dopo i primi due, usciranno otto altri film tra il 1980 ed il 1999, compreso un “Fantozzi” storico (“SuperFantozzi“): “Fantozzi contro tutti” (1980), “Fantozzi subisce ancora” (1983), il già citato “SuperFantozzi” (1986), “Fantozzi va in pensione” (1988), “Fantozzi alla riscossa” (1990), “Fantozzi in paradiso” (1993), “Fantozzi – Il ritorno” (1996) e “Fantozzi 2000 – La clonazione” (1999).
Con la prosecuzione della saga, dal terzo film in poi uscirà di scena Luciano Salce per fare posto ad un maestro della comicità italiana, Neri Parenti. Il regista fiorentino “guiderà” tutti i film fantozziani, fino al penultimo, quando il “cerchio” si chiuse con la regia di Domenico Saverni. Saverni è stato sceneggiatore di molti altri film di Villaggio, sempre sotto la regia di Parenti (“Com’è dura l’avventura”, la trilogia de “Le comiche”, “Ho vinto la lotteria di Capodanno”, “Io speriamo che me la cavo”). Molti italiani hanno apprezzato i film sul ragioniere più sfortunato della storia, per la semplicità della trama, le situazioni surreali, i personaggi paradossali.
Cosa rende un film unico nel suo genere, a parte la trama? Gli attori e le scene che sono ricordate e tramandate a figli e nipoti.
Ed ecco ergersi maestosi attori e attrici di puro talento: da Liù Bosisio a Milena Vukotic, da Gigi Reder ad Anna Mazzamauro, da Giuseppe Anatrelli a Riccardo Garrone. Per non parlare dei personaggi che interpretarono gli altri colleghi che ebbero un ruolo secondario, ma ancora oggi ricordati con estremo piacere per le gag e quelli che interpreteranno i superiori di Fantozzi.
E poi ci sono loro, le scene che ancora oggi sono viste e riviste e ripetute. Per non parlare delle battute, ripetute anche nella vita di tutti i giorni.
La critica ha sempre preferito i primi due film come capisaldi della comicità, lasciando gli altri episodi a dei sequel a volte forzati e per nulla divertenti. Anche se questi “sequel forzati” hanno contenuto alcune chicche degne di nota.
Perché tanti reputano bellissimi solo i primi due? Semplice: furono la novità di un panorama cinematografico italiano diviso tra commedia sexy all’italiana, poliziotteschi e spaghetti western. Nei primi due film, si vede la vera novità di un personaggio sui generis: coniugazioni verbali sbagliate, mimica e gestualità uniche, situazioni imbarazzanti e al limite del paradosso. Per non parlare della sudditanza fisica (e psicologica) davanti ai potenti e la lotta contro di loro. Non è un errore definire i primi due film della saga “impegnati” e di spessore, con un Ugo Fantozzi che non si tira mai indietro e che agisce d’impulso. Nei successivi film, la grinta di Fantozzi diminuisce, si commisera e si biasima a più non posso. Un altro film della saga di rilevanza è anche “Fantozzi va in pensione”, riconosciuto come uno dei più belli in quanto comico, ma caratterizzato da una vena drammatica.
Ma non terminano mai le iperboli, ovvero portare una cosa all’eccesso quasi al grottesco. Sono iperboli fisiche (il manicotto caldo sulla pancia, le frustate sulla schiena, i birilli mangiati, le lingue felpate, gli occhi pallati), ma anche numeriche. E qua entra in scena il numero “18”, il numero iperbolico per antonomasia di Fantozzi: diciotto giorni senza che la moglie avesse sue notizie, la cabina numero 18 sul treno per Montecarlo, 180 come il numero a caso detto da Fantozzi al night, il diciottesimo piano dove si ritrovano i potenti della MedaDitta per regalarsi strenne di Natale costosissime, i 18.000 gradi Fahrenheit dei pomodorini di guarnizione, i 18mila megawatt di potenza dello yatch di Barambani, le 1800 domande poste dal “cervellone” per trovargli l’anima gemella. Per non parlare dei “92 minuti di applausi”, gli anni dei dirigenti della MegaDitta (la madre del MegaDirettore Naturale Conte Lamberti immaturamente scomparsa all’età di 126 anni, la 102enne baronessa Filiguelli de Bonchamp), i tempi e le bobine dei vari film del cineforum, i diversi metri di lunghezza percorsi dalla contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare per il varo della nave, il suo modo di essere agitato (“mani due spugne, fronte perlata, salivazione azzerata e puzzava come un cane marcio dopo una giornata di pioggia”). Ma sono anche iperboli i titoli nobiliari, i titoli accademici e quelli vari ed eventuali usati dai superiori di Fantozzi. Un’iperbole denigratoria e di canzonatoria verso di loro, a dire il vero, ponendo l’accento sui loro tic e sulle loro manie.
L’attore protagonista: Paolo Villaggio – Ad impersonificare il ragioniere più famoso del nostro cinema non poteva esserci l’ideatore di tale personaggio: Paolo Villaggio.
Genovese del 1932, Paolo Villaggio nella sua lunghissima carriera di attore ha interpretato ruoli comici, drammatici, impegnati ed è riconosciuto come uno dei grandi della comicità italiana.
Eppure se si pensa a Paolo Villaggio viene subito alla mente Ugo Fantozzi, anzi molti quando vedono un film dell’attore in televisione lo confondono (“Oggi danno un film con Fantozzi”). Perché se Villaggio in carriera ha recitato in molte pellicole degne di nota (“L’armata Brancaleone”, “Professor Krantz tedesco di Germania”, “La voce della luna”, “Il segreto del bosco vecchio”, “Io speriamo che me la cavo”, “Cari fottutissimi amici”), tutti lo legano al ragioniere impiegato nella MegaDitta e a tutti quei personaggi che, chi più chi meno, possono essere considerati dei “Fantozzi 2.0”: da Giandomenico Fracchia nei due film con lui protagonista (“Fracchia la belva umana”, “Fracchia contro Dracula”) a Paolo Ciotoli (“Ho vinto la lotteria di Capodanno”), da Paolo Casalotti (“I pompieri” e “Pompieri 2 – Missione eroica”) a Paolo Coniglio (“Sogni mostruosamente proibiti”), da Dalmazio Siraghi (“Scuola di Ladri”, “Scuola di ladri – parte seconda”) al personaggio de “Le comiche”. Tutti personaggi che ricordano gli ultimi film della serie “Fantozzi”. E questo forse è stato un limite di Villaggio: nonostante la sua bravura, non si è mai separato dal personaggio che lo ha reso celebre. E molti amanti della saga (ma anche i detrattori) non hanno apprezzato gli ultimi film fantozziani: banali, senza mordente, copie sbiadite di quelli precedenti.
In carriera Villaggio ha vinto molti premi cinematografici (una Grolla d’oro, un David di Donatello, un David di Donatello alla carriera, un Leone d’oro alla carriera, un Nastro d’argento), letterari (Premio Flaiano, Premio Gogol) e nel 1995 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro lo nominò Commendatore della Repubblica. E chissà quanti avranno sentito la canzone di Fabrizio de Andrè “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” del 1963? Le parole della celebre canzone sono proprio di Paolo Villaggio, grande amico del cantautore genovese.
La notizia della sua morte, lo scorso 3 luglio, ha fatto cadere nello sconforto i milioni di fan sparsi nello Stivale e sui social network è stato un tripudio di ricordi nei suoi confronti. Onore al merito.
La famiglia Fantozzi – Fantozzi, innanzitutto, era il cognome di un collega di Villaggio quando era impiegato in una grande azienda di Genova.
Il ragionier Ugo Fantozzi (matricola 1001/bis o 7829/bis) lavora da molti anni nella ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica, un’azienda romana specializzata in molte cose ma di cui nessuno sa veramente di cosa si occupi. E’ un ragioniere, lavora presso l’Ufficio sinistri ed è entrato in azienda con il grado più basso, quello di “spugnetta per francobolli”. Il suo colloquio e il suo colloquiante erano strani: doveva rispondere a due domande da parte del presidente della commissione, un cinefilo di spessore ed invasato del cinema d’essai, riguardanti un suo giudizio sul cinema espressionista tedesco e sul regista americano David Wark Griffith.
I tratti di Ugo Fantozzi sono epici: piccolo di statura, non particolarmente attraente, goffo nei movimenti, molti errori di coniugazione verbale e di espressione, servilismo verso i superiori. E proprio questa caratteristica è al centro di tutta la saga, tanto da renderlo però a volte insopportabile.
Famosissimo anche il suo abbigliamento: pantaloni alti in vita con le bretelle (idem anche il costume da bagno), cappellino modello spagnolin e nel primo film andava a dormire con la sciarpa e i guanti. Ma sono anche epici i momenti in cui il suo corpo subisce pene: le mani schiacciate nella portiera della macchina e nelle porte, la salivazione azzerata e le mani spugne quando è emozionato, la lingua felpata durante la corsa ciclistica, il pollice schiacciato da un martello, le frustate sulle schiena dopo aver colpito un autovettura che trasportava un improbabile “ministr du petrol” africano, l’inginocchiamento sui ceci, la dieta ferrea a Ortisei, la crocifissione in sala mensa. Oppure l’aver ingoiato un uccello intero durante un’imbarazzatissima cena con bicchieri. Per non parlare dell’essere finito dentro un pentolone di polenta ed essere salito in sella alla bici mentre il sellino cadeva.
Ma Fantozzi è anche uno che si è ribellato all’autorità dei suoi superiori: dal commento colorito durante il solito dibattito dopo il solito cineforum dopo aver visto il solito film pesante e lungo al lancio di una pietra verso la finestra dell’azienda dopo aver lavorato fianco a fianco con un collega estremista di sinistra. Oppure insultare il Direttore Onorevole Cavaliere Catellani che lo stava umiliando davanti alla famiglia e colleghi compiaciuti durante la par
E poi quella gestualità che hanno contraddistinto sempre la figura del ragionier Fantozzi, tanto da renderlo…umano: le parolacce, la rabbia verso la sfortuna, i rutti dopo aver bevuto acqua gassata o litri di birra.
Senza contare le storpiature del suo cognome: Pupazzi, Fantocci, Bambocci, Bagherozzi, Beccacci, Cagnacci, Mortacci, Fantozzo e Tozzi-Fan sono segno di mancanza di rispetto da parte di tutti nei suoi confronti.
Fantozzi da del “lei” a tutti quelli che incontra o che non conosce e quando usa la seconda persona singolare lo fa perché sbaglia il congiuntivo.
La sfiga e gli sbeffeggi della buona sorte nei confronti di Fantozzi tocca l’apice con la celeberrima “nuvola da impiegato”, una particolare nuvola che segue lui e i suoi colleghi (e che si nasconde “per 14 mesi”) durante le loro pause ricreative o durante le vacanze estive, rovinando tutti con la pioggia battente anche se il cielo era sereno.
Fantozzi ha regalato vere perle di comicità: dalla sveglia “al limite delle possibilità umane” al tifo indiavolato davanti al televisore, dal campeggio al lago tra i turisti tedeschi alla partita a tennis con il collega Filini, dagli insulti dei superiori alla cura dietetica del medico pazzo di Ortisei, fino alla pantomima della “sindrome di Menier” e l’accento svedese per non disputare la corsa ciclistica.
Fantozzi è sposato con Pina (l’unica interprete della saga di cui non si sa il cognome) e ha una figlia di nome Mariangela. La consorte è brutta, dimessa, asseconda le decisioni del marito e gli è sempre fedele, mentre la figlia è brutta, non particolarmente perspicace e paragonata ad una babbuina.
Pina in tre dei dieci film è stata interpretata da Liù Bosisio (“Fantozzi”, “Il secondo tragico Fantozzi”, “SuperFantozzi”), mentre in tutte le altre ha avuto il volto di Milena Vukotic, mentre Mariangela, presente in otto pellicole, ha avuto come unico interprete l’attore Plinio Fernando. Lo stesso Fernando interpreterà anche la figlia di Mariangela, Uga.
Le due “Pina” sono state l’una l’opposta dell’altra: amorevole, fedele, mai sopra le righe e commovente la prima; più decisa, poco innamorata e meno incline alle decisioni del marito l’altra. Entrambe sono legate sentimentalmente a Fantozzi in quanto nessun altro uomo lo prenderebbe in moglie e viceversa.
E anche il rapporto con Mariangela delle due “Pina” è differente: amorevole e materna la Bosisio, amorevole, materna ma negli ultimi film più cattiva la Vukotic nei suoi confronti. Basta pensare che in “Fantozzi in paradiso”, Pina-Vukotic la definì “babuina” dopo che cacciò di casa i genitori perché non erano in “sintonia” con il compagno e Ughina.
Mariangela è stata l’esempio della figlia emarginata, poco intelligente, ma legata ai genitori. Oltreché particolarmente brutta (non a caso Villaggio ha scelto un uomo per il suo ruolo). Mariangela pratica la danza ed è una figura centrale nella saga, tanto da avere anche una figlia, Uga, nata dopo un rapporto sessuale a seguito di una scommessa vinta dal suo superiore alle Poste, Loris Batacchi (interpretato da Andrea Roncato), un perverso playboy romagnolo di carriera. I nonni Fantozzi dopo averlo conosciuto di persona, impedirono alla figlia di frequentarlo. A prendersi cura della neonata sarà il nuovo compagno di Mariangela, il dottor Piero Bongo, un uomo di cui non si conosce l’aspetto se non avere le braccia di un gorilla. E proprio sul discorso “babbuina-scimmia”, lei e il padre sono artefici di momenti comici degni di nota.
I colleghi e altre figure storiche della serie – Se Ugo Fantozzi è il protagonista assoluto, anche i colleghi della MegaDitta ricoprono un ruolo essenziale. Nella saga si trovano tantissimi colleghi (ed una sola collega) che hanno accompagnato il ragioniere durante i film della saga, con silhouette, modi di fare e di dire che sono entrati nell’immaginario collettivo come delle vere macchiette. E quando questi attori hanno interpretato altri ruoli in altri film, tutti li identificano con il loro ruolo svolto nelle pellicole fantozziane.
Tra i colleghi di Ugo Fantozzi abbiamo la vamp bruttina ma cui piace giocare a fare la piaciona (la signorina ragioniera Silvani), l’organizzatore di eventi ricreativi che finiscono sempre male (il geometra-ragioniere Renzo-Arturo-Silvio Filini in base alla situazione), il collega arrivista, ruffiano e sciupafemmine (il geometra Luciano Calboni), quello che invece di lavorare giocava a battaglia navale (il ragionier Fonelli). Tutti i colleghi di Ugo Fantozzi sono a loro modo dei…Fantozzi: sfortunati, artefici di cose assurde e grottesche, ma di una simpatica unica.
Figura storica è anche quella del maestro Mario Canello e la sua orchestra che ha in Pasquale Coppola (che non si vede) la sua voce: questo allampanato maestro di un’orchestra di infimo ordine lo si incontra al veglione di Capodanno nel primo “Fantozzi” e non poteva esserci un soggetto più squallido per un veglione fatto in un sottoscala altrettanto squallido, tanto che alle 22:30 fece spostare le lancette dell’unico orologio avanti di un’ora e mezzo perché poi aveva un altro veglione dove presenziare.
Meritano una menzione anche Cecco, “il figlio del fornaio sotto casa”, interpretato da Diego Abatantuono che farà perdere la testa (e riempire la casa di pane) alla signora Pina, salvo poi denigrare il povero ragioniere con la farina e il pane dinnanzi allo zio e agli altri inservienti del forno, con la certezza però che non gli avrebbe mai portato via la moglie; il dottor Birkermaier dell’Università di Jena che durante le “vacanze alternative” ad Ortisei (a metà maggio) fu il terribile dietologo che invitò un affamato Fantozzi al suo tavolo a guardarlo mentre mangiava “le polpette di Bafaria”, oppure Folagra, un ragazzo di simpatie vicine all’extraparlamentarismo di sinistra che Fantozzi conobbe dopo aver chiesto di cambiare ufficio e che lo indottrinerà verso la lotta comunista con “letture maledette” che porteranno il ragioniere a lanciare, vestito con l’eskimo e la sciarpa rossa al collo, una pietra contro la MegaDitta come sfogo per lo sfruttamento subìto.
In “Fantozzi subisce ancora” si erse Franco (detto “Franchino”), il vagabondo (fin troppo) irsuto dall’accento campano che viaggiava con il suo banjo e che fu raccattato dalla Silvani con il suo camper e che farà fare una figuraccia “culturale” a Fantozzi per punirlo di non aver permesso alla moglie di fare il bagno nuda come lui stesso avrebbe fatto. Per intenderci, quello della “prostata” e del “kibbutz”.
Sono però tre i colleghi storici di Fantozzi: i già citati Filini, Silvani e Calboni.
Filini è l’organizzatore di eventi ricreativi, come la partita “scapoli e ammogliati” sul terribile campo di periferia e il veglione di San Silvestro. Filini è un personaggio sui generis ed è la spalla di Fantozzi in quanto, a parte l’ultimo film, è sempre al suo fianco in ogni occasione: la battuta di caccia, la partita di tennis, la coppa ciclistica, la “pesca miracolosa” nella discarica, la cena dalla Serbelloni. Noto per la sua acuta miopia, Filini è anche lui vessato dalle angherie dei superiori, ma è sempre allegro, mai arrabbiato e sempre in vena di organizzare cose.
La signorina Silvani, di cui non si sa il nome di battesimo, è l’amore proibito di Fantozzi. Innamorato di lei dalla fine degli anni Sessanta (in “Fantozzi”, del 1975, si dice che la corteggi da sette anni), è un donna che gioca a fare la vamp ma che usa i colleghi (è stata eletta anche “Miss IV piano”), e in particolare Fantozzi, per i suoi scopi. Fantozzi ha cercato in ogni modo di conquistarla, ma lei lo ha sempre respinto, salvo nel “Secondo tragico” dove lo porta a Capri per far ingelosire il marito Calboni, e in “Fantozzi in paradiso”, addirittura si concederà a Cortina, ma solo perché la signora Pina, dietro pagamento di gioielli e denaro, la convince perché il congiunto era vicino alla morte. Nelle prime pellicole, il carattere della Silvani era dolce ed educato, ma con il passare della serie (non è presente solo in “Fantozzi contro tutti” e “Superfantozzi”, dove il suo ruolo di femme fatale, molto più bella, è toccato all’attrice svedese Eva Lena), diventò volgare e maleducato con tutti. E la stessa Silvani sfrutterà ancora il povero ragioniere facendogli credere di essere incinta di lui (a distanza di tre anni dal loro rapporto) e chiederà al ragioniere i soldi del mantenimento solo per pagarsi un’operazione chirurgica che la renderà ancora più brutta di prima, prendendosi gioco dei sentimenti del povero Ugo. Nota: il figlio si sarebbe chiamato “Ugo II Cuor di Leone”, con grande trasporto alla notizia da parte della Silvani.
La Silvani, perennemente zitella (a parte la breve parentesi “Silvani in Calboni”) è stata l’emblema di quelle persone che hanno sempre fatto credere alle persone di fare una diversa da quella che in realtà vivevano. Vite di basso profilo, senza eccezionalità e piene di debiti.
Ma il collega che è entrato nel cuore degli amanti della serie è senza dubbio il geometra Luciano Calboni. Calboni è presente solo nei primi quattro film: nei primi tre è interpretato dall’attore napoletano Giuseppe Anatrelli, mentre nel quarto a prendere il posto del defunto Anatrelli ci fu Riccardo Garrone. Ma i baffi di Calboni erano solo ed esclusivamente quelli di Anatrelli ed infatti Villaggio, Benvenuti e Parenti decisero di farlo uscire dalla saga, come forma di rispetto nei confronti dell’allora 56enne attore napoletano.
Cosa aveva di così “mistico” il Calboni interpretato da Anatrelli? Rappresentava colui con cui nella vita non si condividerebbe nemmeno una fetta di torta: antipatico, spocchioso, arrivista, ruffiano, “caccia balle”. Il tutto unito ad un baffetto ed a dei capelli impomatati da far invidia agli attori dei film in bianco-e-nero.
Sono (almeno) quattro le scene dove Calboni toccò cime di comicità superlative: quando battezza Fantozzi “puccettone”, quando si inchina davanti al superiore di turno con fare di riverenza per ingraziarselo, la scena nello scompartimento diretto ad Ortisei dove è afflitto da flatulenza incolpando Fantozzi facendolo uscire dallo scomparto, la serata all’”Ippopotamo”. E proprio nel night club di bassa lega, Calboni diede sfoggio della sua arroganza e della sua mancanza di rispetto verso tutto e tutti. Le battute in cui ordina per lui e per i colleghi Filini e Fantozzi “tre scotch” e “tre crepes”, sbagliando le pronunce, sono un caposaldo della comicità fantozziana. Per non parlare della “Prunella Ballor” mostrata al cameriere da Filini, i bruttissimi peluches incellophanati regalati alle “signore”, il conto da “seicentoquarantanovemila lire più il 18% di servizio” e i tanti taxi prenotati.
La MegaDitta e i superiori – Molte scene dei film sono girate presso i locali dell’azienda dove lavorano il nostro ragioniere e i suoi strambi colleghi. Ed essendo una saga basata sull’iperbole, quindi sull’esagerato, l’azienda non poteva non chiamarsi “ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica”, ribattezzata “Megaditta” per la sua grandezza ed è stato il teatro di diversi momenti di comicità. Non si è mai saputo cosa trattasse di preciso (trattando sette tipologie diverse di prodotti), ma la location è nota ai più, essendo la sede della Regione Lazio in via Rosa Raimondi Garibaldi (quartiere Garbatella), fatta diventare per l’occasione il teatro delle (poche) gesta lavorative dei colleghi di Fantozzi e centro nevralgico del malaffare finanziario. Nel terzo film, la sede della MegaDitta diventò il palazzo dell’ENEA, posta sul Lungotevere Thaon di Revel, nei pressi di Ponte Milvio.
Durante i dieci film, vengono scoperti tutti (o quasi) gli uffici della MegaDitta: dall’Ufficio Impiegati Smarriti al Furti e Ricatti, dal Lettere anonime al Bustarelle e Tangenti, dall’Amministrazione alla Ricerca Impiegati Smarriti fino all’ufficio di Fantozzi nei primi episodi, l’Ufficio sinistri. Ma nel contesto aziendale fantozziano non fa ridere il nome degli uffici, ma fa ridere il trattamento che Villaggio ha dato ai capi e ai dirigenti. Queste persone erano altolocate, ricche, snob, ricche di fobie e tic che le fanno sentire più umane di quanto si possa credere. I dirigenti e i direttori sono rappresentati come senza cuore e molto maleducati: basta vedere il trattamento che fanno a Mariangela Fantozzi al momento del raccontare loro la poesia natalizia, lanciandole delle noccioline, imitando le gesta delle scimmie e chiamandola “Cita”, salvo stare zitti quando il padre entra e la porta via.
I superiori di Fantozzi sono persone che giocano d’azzardo a Montecarlo e hanno riti scaramantici terribili, persone che si divertono ad umiliare i dipendenti a biliardo premiandoli in caso di sconfitta, persone che si dimostrano magnanime e che lavorano anche la notte di Natale, ma che hanno la sedia in pelle umana e l’acquario con dentro i dipendenti, persone senza fiducia nei dipendenti e che fanno in modo di metterli sempre in difficoltà per farli sentire degli inferiori.
Anche nella MegaDitta le iperboli si sprecano nel descrivere i titoli dei superiori di Fantozzi: a capo di questa c’è il Mega Direttore Galattico duca conte Maria Rita Vittorio Balabam. Altri potenti sono il Mega Direttore Clamoroso Pier Carlo Ingegner Semenzara, il Direttore Onorevole Cavaliere Conte Gran Maestro dell’Ufficio Raccomandazioni e direttore dell’Ufficio Sinistri Diego Catellami (detto Catellani), il Mega Presidente Galattico Arcangelo. Poi ci sono il Direttore Conte (e poi Ispettore degli ispettori) Corrado Maria Lobbiam (quello del varo della nave e della tragica cena del tordo), il Direttore Totale Dott. Ing. Gran Mascalzon. di Gran Croc. Visconte Cobram, il Gr. Ladr. Farabut. di Gr. Croc. Mascalz. Assas. Figl. di Gr. Putt. Marchese Conte Piermatteo Barambani Megalom e il Direttore dei Direttori, di cui si sente solo la voce ma non si vede la figura. In “SuperFantozzi”, il superiore del nostro ragioniere, durante l’episodio successivo all’annessione di Roma all’Italia, fu il gentiluomo torinese Gran Farabutt. Lup. Mann. duca Modestino Balabam, che costrinse tutti i suoi dipendenti a praticare il canottaggio e a disputare, il giorno dopo il suo insediamento, la omonima coppa (questa scena ricalcò la presentazione del Visconte Cobram).
Il CdA della MegaDitta è costituito dal Gran Consiglio dei Dieci Assenti, che nella saga si vede solo in “Fantozzi contro tutti”, quando devono controllare chi ha scritto l’insulto in cielo contro il Mega Direttore Arcangelo.
Anche Fantozzi, in “Fantozzi alla riscossa”, diventa un potente, diventando addirittura Dott. Ing. Lup. Mann. Presidente Natural. Prestanom. Om. Di Pagl. Gran. Test. Di Caz. Fantozzi per mano del Duca Conte Francesco Maria Barambani. Ovviamente fu un ruolo fasullo, da prestanome di altri che gli intestarono tutto e fu messo a capo di una cricca tanto che il povero ragioniere fu anche arrestato per corruzione.
E poi c’è la “combo” Cobram I – Cobram II: il primo obbligò tutti i sottoposti a praticare il ciclismo quasi a livello professionistico, mettendo in palio una coppa a lui intitolata su un percorso impervio; il secondo, passato da dimesso ragionier Fonelli a MegaDirettore Naturale del Personale “Cobram II” “dopo serie di spiate, di ricatti, di adesioni alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, alla P2 e con quattro abbonamenti a vita a Famiglia Cristiana, l’inoffensivo e dimesso ragionier Fonelli era stato improvvisamente nominato Mega Direttore Naturale del personale da semplice impiegato e poi organizzatore dei Giochi olimpici aziendali, dove l’agonismo doveva avere il sopravvento su tutto e che l’ufficio arrivato ultimo dei quattro partecipanti sarebbe stato spedito a lavorare nella miniere di carbone “di Sassu Strittu, frazione di Carbonia”. Degne di nota le modalità in cui Fantozzi seppe delle due nomine: un funerale sbagliato (con il ragioniere che cadde in una tomba) e il non aver sentito la telefonata di Filini che gli annunciava il nuovo Mega Direttore Naturale del Personale, che il giorno dopo venne insultato dal ragionier per il suo nuovo outfit proponendo il celebre “lancio”.
L’unica figura femminile di questo “potentato” è stata la contessa Pia Serbelloni Mazzanti Viendalmare, azionista dell’azienda e donna molto anziana, ovviamente snob, con la “erre moscia” di rito e magnanima verso i sottoposti solo per farsi buona i sindacati. Fantozzi nella saga parla di lei e della figlia Alfonsina, della polentata da Filippo a Courmayeur (dove gli presentò il gotha dell’enologia italiana da “la signora Bolla, i coniugi Bertani, la contessa Ruffino, i fratelli Gancia, Donna Folonari, il barone Ricasoli, il marchese Antinori, i Serristori, i Branca e i Moretti, quelli della birra”, rendendolo ubriaco solo alle presentazioni), della mattina sugli sci con Fantozzi falso “azzurro”, della lettura dell’assassino de “L’albicocco al curaro” mentre stava partendo il treno). E ancora oggi il nome “Serbelloni Mazzanti Viendalmare” viene usato comunemente per prendere in giro persone ricche e snob che si credono migliori e brave rispetto alle altre.
Last but don’t least, il professore Guidobaldo Maria Riccardelli, colui che fece il colloquio di assunzione di Fantozzi con le due domande sul cinema d’essai. Ricardelli obbligava tutti i dipendenti degli uffici della MegaDitta, una volta alla settimana (da vent’anni), ad assistere ad estenuanti cineforum, assistendo a film assurdi di autori sconosciuti perché troppo di nicchia, tanto che molti impiegati durante le proiezioni si portavano cuscini e treppiedi per poter dormire in sala. Il tutto con dibattito fino a notte fonda sulle tematiche e gli aspetti della pellicola appena vista. Riccardelli, che appare come un maniaco del genere, ama sentire le adulazioni (ipocrite) dei vari Calboni e Filini compiacendosi con sé stesso, mettendo sempre in cattiva luce Fantozzi che una volta, colto in flagranza di…sonno, fu obbligato a vedere sui ceci la continuazione del film. Per colpa di questi cineforum, Fantozzi e i colleghi, “sabato 18 alle ore 20:25”, si persero Inghilterra-Italia “valevole per la qualificazione alla Coppa del Mondo”. Fantozzi, che aveva “un programma formidabile: calze, mutande, vestaglione di flanella, tavolinetto di fronte al televisore, frittatona di cipolle per la quale andava pazzo, tifo indiavolato e rutto libero”, non riuscì a far staccare il telefono alla signora Pina, la quale rispose alla chiamata di Filini che obbligava ad andare a vedere “un film cecoslovacco con i sottotitoli in tedesco” contro sua voglia. L’ennesima visione della “Corazzata” al posto del film in questione sollevò l’ira di Fantozzi che si presentò sul palco del teatro, dicendo ciò che pensava della pellicola: “una cagata pazzesca”. I colleghi, trascinati per la prima volta dal loro collega più sfigato, legarono e picchiarono Riccardelli, bruciarono la sua rara copia del film e lo obbligarono “per tre giorni e tre notti” a vedere la triade “Giovannona Coscialunga – L’Esorciccio – La polizia si incazza”, con il direttore inginocchiato sui ceci. La scena, che ricalca i sequestri di persona in voga in quegli anni, vede tutti i dipendenti arroccati nel teatro con la polizia fuori che cercava di entrare, riuscendovi. Per punizione, i “congiurati” dovettero rifare la scena della scalinata della “Corazzata” “tutti i sabati pomeriggio fino all’età pensionabile”. Con Fantozzi nella parte del bambino dentro la carrozzina e spinto dalla madre giù per la scalinata. Il “momento Ricardelli” è visto come il superiore che invece di favorire l’attività ricreativa per i dipendenti, li obbligava a fare ciò che voleva lui, con la scusa di migliorarli con film noiosi e in lingua originale solo per il gusto sadico di fare ciò che lui voleva.
Lo sport – Da buon italiano medio quale era, Ugo Fantozzi nei film (soprattutto nei primi) ha dato prova di sé, anche grazie ai suoi colleghi, dimostrando di essere uno sportivo molto scadente. E dove c’è un livello alto di agonismo, le risate non mancano.
Nei dieci film (compreso “SuperFantozzi”), Fantozzi ha praticato “tragicamente” (per usare un termine caro alla saga) il calcio, il tennis, il biliardo, lo sci nautico, i tuffi, il ciclismo, lo sci, la giostra medievale (con l’impronunciabile spada “Excalibur”), il canottaggio, le bocce e alcune discipline dell’atletica.
L’interpretazione sportiva nei film è 100% puro Fantozzi: dalla partita scapoli contro ammogliati giocata in un campo impraticabile con visione di san Pietro che ne sanciva il termine, alla guerriglia di Italia-Scozia, dalla “salitella di viale de Amicis” e la “bomba” della Coppa Cobram al “rinterzo ad effetto con birillo centrale, il calcio a 5 sponde e 11 punti e “triplo filotto reale ritornato con pallino” e i 38 “coglionazzi” da parte di Catellani nella partita di biliardo a casa sua, dalla partita a tennis nella nebbia delle 6 di mattina con Fantozzi e Filini vestiti in maniera impeccabile ma decisamente sopra le righe, all’”azzurro di sci” a quota 1600 e la pista “Olimpica” di Courmayeur, al Fantozzi e Filini intenti a sbocciare.
Per non parlare del celeberrimo “scusi, chi ha fatto palo?”, chiesto dal nostro ragioniere ad un ignoto romano rompendogli il vetro della finestra di casa per chiedergli chi avesse colpito il legno nella partita più importante della storia del calcio, ma che, per colpa del professor Riccardelli, Fantozzi e i suoi colleghi non hanno potuto vedere. E lui, per risposta, si beccò un pugno in faccia che lo fece cadere a terra.
Cosa rimane oggi di Ugo Fantozzi – A distanza di oltre quarant’anni dalla loro uscita, i film della saga del ragionier Ugo Fantozzi vengono passati con frequenza in tv e hanno un buono share per essere film comunque vecchi. E molti italiani cosa fanno? Con i loro famigliari o a casa di amici si ritrovano e cenano a base di frittatona di cipolle e birra “Peroni” ghiacciata, oppure mangiano pasta e fagioli (o pasta con il tonno), magari il pesce crudo di un take away giapponese e al termine fanno partire cineforum “alla Riccardelli” tra di loro o sui social network.
E sarebbe interessante sapere come sarebbe stata la saga fantozziana ai tempi dei social. Questo strumento ha dato lustro ai film del ragioniere, con utenti che fanno foto abbigliati come lui, intenti negli sport praticati o in vacanza, o fotografano oggetti di colore viola (che per il Semenzara portano “scarogna”) o i luoghi dove sono stati girati i film (in particolare, la scena di quando prende l’autobus al volo).
Ricapitolando, Fantozzi è stato un mediocre, un inetto, uno sfigato, un servilista cronico, uno soggiogato da chiunque, uno sfruttato e una “merdaccia”. Eppure le sue sfortune lo hanno reso immortale e uno che piace, nonostante sia un eroe negativo.
Una cosa la si può dire: quante volte ci siamo sentiti Ugo Fantozzi nella nostra vita, tra sfortune, colleghi e amici simili all’allegra banda creata in radio, trasportata su carta e poi al cinema? Quanti di noi sanno a memoria le scene e le battute?
Il nostro Paese rispetto a quello raccontato da Villaggio nei primi film è cambiato e forse è peggiorato, perché negli anni fantozziani la disoccupazione era ai minimi, l’economia galoppava e il benessere era diffuso: oggi invece la disoccupazione è all’11%, stiamo uscendo poco alla volta da una grave crisi economica e c’è molta povertà, molti non sono sposati e non hanno figli, sono in affitto perenne e la macchina non è la loro ma dei genitori. E Ugo Fantozzi, deriso per il suo stile di vita e il modo di vivere, oggi è visto, paradossalmente, come una persona molto fortunata.
Villaggio ha messo su pellicola i vizi e le virtù degli italiani del tempo, dal lavoro alla famiglia fino alle gite e alla attività ricreative e culturali, ma è intorno al lavoro che gravita la vita di Fantozzi: non avendo hobby particolari, si lasciava travolgere sempre da Filini in cose assurde e pericolose, ma lui non poteva dirgli di no perché…anticipava la quota sempre il geometra/ragionier Silvio/Renzo, anche perché sennò gli sarebbe toccato stare in casa con una moglie brutta e sciatta e con una figlia mostruosa. E’ talmente legato al lavoro da non avere attività di svago, tanto che quando andò in pensione non sapeva cosa fare e decise di tornare a lavorare partecipando ad uno strano concorso per il posto “di aiuto del vice corruttore laterale mafioso, che consisteva nel risolvere un problema di contabilità nera, basata su codici segreti di esponenti piduisti dell’intrallazzone politico-camorrista“. Un crumiro vero e proprio il nostro ragioniere con la “Bianchina”.
Tutti noi nel nostro piccolo siamo stati, siamo e saremo dei piccoli Fantozzi. Perché è una peculiarità insita in noi e traiamo giovamento nel vedere le altre persone che nella vita di tutti i giorni sono dei piccoli Fantozzi. Li deridiamo, come loro deriderebbero noi.
Eppure quell’uomo semplice, dalla vita modesta e senza vie di fuga, è entrato nelle nostre case proprio attraverso l’hobby preferito dallo stesso ragioniere, la televisione (e il telecomando). Quella che gli ha fatto compagnia durante i dieci film: le partite di calcio, le tribune elettorali, l’“Oroscopone”, il discorso del Papa per cercare la smarrita Uga.
E quando le parole “Fantozzi” e “fantozziano” sono riportate anche nell’enciclopedia Treccani, significa che Villaggio, inconsapevolmente (o forse no?), ha scritto una grande pagina di comicità italiana, come era stato ai tempi per Totò, de Filippo, Sordi, Tognazzi o Gassman. Un non personaggio diventato un emblema ed esempio da seguire (o non seguire).
Ugo Fantozzi, l’unico essere umano a morire, risorgere e tornare alla vita vestito come era da morto o essere clonato da dentro una cozza in formato maxi.
Se esistesse, Fantozzi, sarebbe, paradossalmente, uno dei Mega Direttori della commedia italiana. Con o senza poltrona in pelle umana o serre di piante di ficus, “simbolo del potere”.
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