Ho avuto gli occhi lucidi vedendo giocare il Novara. E tu?

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di Simone Balocco

 

Mi considero un tifoso di calcio nella media: supporto la mia squadra, vado allo stadio sono abbonato da anni, non salgo mai e non scendo mai dal carro (sono sempre “sul carro”), mi arrabbio se un mio giocatore sbaglia, applaudo sempre la giocata se fatta da un giocatore avversario, mi arrabbio se l’arbitro non punisce un avversario per un fallo commesso contro un giocatore della mia squadra, mi arrabbio se l’arbitro fischia fuorigioco inesistenti ad un mio giocatore e non fischia fuorigioco grandi come il “Piola” ai miei avversari, mi “permetto” di consigliare all’allenatore dal mio settore di togliere o inserire un giocatore (del resto faccio parte di quei “60 milioni di commissari tecnici e allenatori” che abitano il nostro Paese). E sempre, a fine partita, vado attaccato alla balaustra dei “distinti” del “Piola” accanto al tunnel ad applaudire il Novara (“Calcio” quanto “Football Club”) prima che torni negli spogliatoi. Ed essendo un tifoso passionale, è successo che durante una partita mi sia venuto quel magone che mi ha portato ad avere gli occhi lucidi, quello che io considero l’ultimo “stadio” prima che le lacrime scorrano copiose su un viso.

Per me il calcio è emozione, passione, sfogo, amore e credo che molti miei amici, o tifosi in generale, provino ciò che provo io. Non ho mai pianto per il calcio, ma ammetto di esserci andato molto vicino in alcune occasioni. E pensare che la mia prima volta allo stadio era stata bagnata da lacrime, ma di paura*.

Ecco le volte in cui il Novara mi ha portato ad avere gli occhi lucidi.

12 maggio 1996, Novara vs Alzano, stadio “Comunale”, 33° giornata, campionato di Serie C2

Ho aspettato quel Novara-Alzano per almeno due settimane quel maggio 1996: il Novara era ad un passo dal ritorno, dopo quindici anni consecutivi in Serie C2, in Serie C1. In classe non si parlava d’altro: finalmente ci sarebbe potuta essere la mia prima gioia da tifoso del Novara Calcio, la squadra della mia città cui mi ero avvicinato tre anni prima. Vincere per chiudere definitivamente il discorso “promozione”. Mi ricordo tre cose di quella domenica: pioveva tantissimo, il gol di Pellegrini, i miei occhi lucidi. Mai fino a quel momento avevo avuto gli occhi lucidi per una partita di calcio: il Novara c’era riuscito nell’”impresa”. Una gioia straripante per una piazza che dopo anni di vacche magre (ma anche tanta sfortuna e campionati veramente mediocri) tornava nella pagina 214 del Televideo, quella dedicata alla Serie C1. E pensare che quella stagione non era iniziata bene per il Novara, ma i campionati finiscono sempre con il triplice fischio dell’arbitro all’ultima giornata. La Serie C1 per noi tifosi azzurri era come se la squadra fosse stata promossa in Serie A: che fosse tornata la luce dopo anni di buio? La stagione 1997/1998 vide il Novara Calcio ripartire a fatica ancora dalla Serie C2. Ergo: in Serie C1 rimanemmo una sola stagione. Ma ne era valsa la pena. Almeno per me. E la morte lo scorso 20 febbraio di Pierluigi Frosio, l’allenatore di quei famosi “Ragazzi del ‘96” mi ha fatto tornare i brividi pensando a quella stagione.

13 gennaio 2010, Milan vs Novara, stadio “Meazza”, ottavi di finale di Coppa Italia

Milan-Novara del 13 gennaio 2010 pei prossimi trent’anni rimarrà nell’immaginario collettivo di noi tifosi azzurri come la Partita, quella che ha reso il Novara dopo (tanti) decenni finalmente mainstream: la famosa partita degli ottavi di finale di Tim Cup 2009/2010, la partita dei13mila tifosi novaresi a San Siro. E’ stata la partita che una piazza piccola (ma volitiva) come Novara aspettava non solo dopo la vittoria per 0-2 il 25 novembre 2009 allo stadio “Franchi” contro il Siena (allora in Serie A) nel quarto turno di Coppa Italia, ma dopo tanti anni di terze e quarte serie calcistiche in campi dimenticati da Dio e contro squadre che oggi neanche esistono più perché scomparse o “esistite” solo per far dannare noi tifosi novaresi in quelle 2-3 stagioni. Finalmente quella sarebbe stata la partita della svolta: giocare una partita ufficiale contro una squadra di Serie A in trasferta. Quel mercoledì pomeriggio, 13mila tifosi del Novara si erano mossi per seguire la squadra in trasferta. Vuoi la distanza breve tra le due città, vuoi il prezzo popolare dei biglietti (10 euro per il 1° anello verde e 2° arancio, ad esempio), vuoi che tanti tifosi del Novara non erano mai stati a San Siro, vuoi tante altre cose: fu esodo. E per 90 minuti (più recupero) il Novara ha giocato in casa…a San Siro. Il piccolo Novara aveva realizzato fino a quel momento in campionato una striscia positiva di diciannove risultati utili consecutivi (tredici vittorie, sei pareggi, zero sconfitte) e viaggiava al comando del girone A di Lega Pro. L’avversario era un Milan molto rimaneggiato (non furono convocati Dida, Nesta, Beckham, Pirlo, Borriello; Ronaldinho era squalificato; Oddo, Zambrotta e Seedorf erano infortunati), ma in campo c’erano comunque Ambrosini, Bonera, Kaladhze, Flamini, Jankulovski, Huntelaar e Inzaghi, ovvero gente che aveva alzato al cielo Champions e coppe mondiali. Il Novara di Attilio Tesser era un Novara “operaio”, ma molto cazzuto: Fontana, Ludi, Centurioni, Cossentino, Gheller, Rigoni, Tombesi, Porcari, Shala, Gonzalez (che fino a pochi anni prima faceva il postino a Tandil, in Argentina) e Bertani contro i rossoneri. Da una parte una squadra senza cognomi dei giocatori sulla maglia, dall’altra chi invece il cognome sulla maglia ce l’aveva.

La settimana prima della partita venne aperta la vendita dei biglietti e la città di mobilitò: le filiali della banca autorizzata dal Milan a vendere i tagliandi furono prese d’assalto già un’ora prima dell’apertura, con i tifosi che avevano già in mano soldi e documento d’identità per accaparrarsi non solo un biglietto, ma un vero cimelio. Molti andarono anche in altri comuni della Provincia se non in Lombardia per accaparrarsi il biglietto. Lunedì 11 gennaio ce l’avevo fatta anche io: biglietto preso e tutti al “Meazza” dove ci sarebbero stati più spettatori del Novara quel pomeriggio che tutta la capienza allora del “Piola” (7,5 mila posti a sedere).

L’autostrada A4 direzione “Milano” fu teatro di una carovana di macchine e pullman senza precedenti nella storia del club azzurro. Organizzarono torpedoni le scuole, gli ordini professionali e molte associazioni per prendere parte all’Evento calcistico novarese del secolo: il piccolo Novara alla “Scala del calcio”. Chi non poté prendere parte all’happening avrebbe potuto vedere la telecronaca della partita in diretta su Rai3 con i commenti di Carlo Nesti e Fulvio Collovati. Ma io avevo il biglietto ed ero stipato nel 1° anello verde con altre migliaia di tifosi azzurri.

Vinse il Milan 2-1, ma mi voglio soffermare sul gol di Pablo Andrés Gonzalez, il gol del pareggio dopo appena un minuto di gioco nella ripresa: un tiro di sinistro da posizione defilata che è riuscito a superare, sul secondo palo, Storari. Gol spettacolare sotto il settore del “Meazza” dove c’era la parte più consistente di quei 13mila cuori azzurri, tra cui io. Ed al gol di Gonzalez, vuoi l’emozione, vuoi il miracolo di uno che fino a pochi anni prima in Argentina non era un calciatore professionista ma un postino, vuoi che tutti noi tifosi novaresi non ci credevamo…mi sono venuti i lacrimoni. Paola, la mia futura moglie era accanto a me, mi ha visto e mi ha detto “ma stai piangendo!?!?”. Quasi a non capire. Le ho detto “sì” ed ero felice come un bambino. Non ci potevo credere: il Novara aveva segnato a San Siro e stava giocando quasi alla pari con il Milan. Oddio, il Milan ha preso a pallate Alberto Fontana (allora portiere del Novara in campo), ma il Novara era riuscito a tenere botta e a farsi vedere pericoloso dalle parti di Storari. Ma al minuto 80 la doccia fredda: gol di Flamini e fine dei giochi.

Dopo quattro minuti di recupero, l’arbitro Candussio fischiò la fine della partita: Milan ai quarti, Novara a casa. Ma la piccola squadra di Lega Pro uscì tra gli applausi di tutto lo stadio, per aver messo sotto una squadra molto più forte di lei. Tutti applaudirono: i tifosi applaudirono gli “eroi di Milano”, i giocatori applaudirono i 13mila tifosi, gli avversari applaudirono tutti. Fu davvero un grandissimo momento di calcio e di sport. Ed io ero lì, ad applaudire i miei “ragazzi”.

A fine stagione il Novara fu promosso in Serie B e l’anno dopo vinse i play off e giocò in Serie A: in due stagioni, il doppio salto. Peccato che dopo la retrocessione in Serie B del 2012 il Novara abbia perso una buona fetta di tifosi, ma io sono sempre qua a tifare e supportare la squadra della mia città. Meglio magari pochi tifosi oggi anziché migliaia di tifosi che tifavano solo perché, tra il 2010 ed il 2012, tifare “Novara” era una moda in città.

5 giugno 2011, Novara-Reggina, 2-2, stadio “Piola”, campionato di Serie B, semifinale di ritorno play off promozione

Ogni partita è un’emozione e Novara-Reggina, semifinale play off di ritorno datata 5 giugno 2011, è stata per me un’emozione unica. E pensare che potevo perderla: c’era il “ponte” del 2 giugno, ero a Roma e se il mio amico Andrea (tifoso romanista ma con il cuore azzurro) avesse tardato cinque minuti in più a portarmi in stazione avrei perso treno, partita e…emozione. Ma mi ha accompagnato in tempo in stazione, non ho perso il treno ed io ho potuto commuovermi calcisticamente per la terza volta nella mia vita.

Breve recap: il Novara era tornato in Serie B dopo 33 anni, aveva chiuso la regular season al terzo posto in classifica e avrebbe giocato i play off di andata contro la Reggina. In caso di passaggio del turno, finale play off contro la vincente di Varese-Padova.

Giovedì 2 giugno andata a Reggio Calabria, ritorno tre giorni dopo a Novara: al Novara bastavano anche solo due pareggi (con qualsiasi risultato) per agganciare la finale e dopo lo 0-0 del “Granillo”, bastava un altro pareggio per arrivare all’ultimo step di quella incredibile stagione.

Stadio “Piola” pieno, tifosi azzurri carichi e squadra carica quella sera. Pioveva come quindici anni prima contro l’Alzano. Ero molto emozionato: credevo nella finale.

Dopo otto minuti vantaggio Novara con autogol di Adejo. Dopo ventiquattro minuti, pareggio di Bonazzoli. Il primo tempo si chiuse sul punteggio di 1-1: 1-1 al 90’ e sarebbe stata “finale”.

Al minuto 74 Novara in dieci uomini per “rosso” a Bertani ed un minuto dopo la doccia fredda: gol di Bonazzoli, 1-2. Con quel risultato in finale ci sarebbe andata la Reggina che in quel frangente avrebbe anche meritato di giocarla. La paura si stava palesando in maniera incredibilmente, tutto il “Piola” era muto. I tifosi reggini facevano (giustamente) festa.

Verso la fine della partita ho detto diverse volte ad alta voce: “non può finire così!”. Non poteva finire in quel modo: campione d’inverno con l’Atalanta, sei punti su dodici contro Atalanta e Siena promosse direttamente in Serie A, un calcio spettacolo, gol clamorosi, la stampa che aveva dedicato tanto inchiostro alla squadra di Tesser, un campionato assurdo. Non poteva finire davvero così!

Al 90’ il Novara prese la palla a centrocampo. La palla andò a Gemiti sulla sinistra ed il terzino tedesco la crossò. La palla superò la difesa reggina, si fiondarono di testa capitan Rubino ed un difensore granata che spizzò la palla. La palla sembrò cadere poco distante dalla riga dell’area di rigore reggina. Su questa si fiondò col destro Marco Rigoni. Un tiro al volo che cambiò la storia del Novara: traversa, gol. Gol. Gol al 90’. Gol del 2-2. Il “Piola” crollò, Rigoni si tolse la maglia, andò sotto la Curva Nord e venne abbracciato da tutta la squadra.

Era giusto così: il giocatore più tecnico e forte della rosa azzurra aveva fatto un gol che solo uno come lui poteva fare. Io sono esploso in un urlo incredibile, ho iniziato a saltare e avevo le lacrime agli occhi. Era scritto nel destino che quella palla doveva entrare al 90’, all’ultimo respiro. Era il sentore che era la stagione giusta. E domenica 12 giugno in Serie A ci andò, giustamente, il Novara.

26 novembre 2011, Novara-Parma, 2-1, stadio “Piola”, 13a giornata, campionato di Serie A

Faceva freddo sabato 26 novembre 2011. O meglio, era giustamente fine novembre e non poteva fare il caldo di soli due mesi prima. Il Novara era in Serie A e quel sabato avrebbe ospitato il Parma al “Piola”: gli azzurri avevano sette punti in classifica, mentre il Parma di mister Franco Colomba (ex tecnico del Novara nella stagione 1994/1995 in Serie C2) di punti ne aveva quindici. Il Novara non vinceva in casa dal 3-1 all’Inter del 20 settembre e tra noi tifosi c’era la speranza di tornare a fare, prima o poi, i tre punti e rifiatare un po’ in classifica.

Gli ospiti sembravano più in forma, quadrati, carichi ed infatti, al minuto 29, passarono in vantaggio grazie all’autogol di Matteo Centurioni. La paura della sesta confitta dodici partite era forte tra noi tifosi novaresi. Ma il calcio è bello perché non è scontato ed infatti a vincere è stato il Novara con le reti di Rubino e Rigoni. Tre punti importati che diedero morale.

Posso essermi quindi commosso per il ritorno alla vittoria in casa? Si, ma la mia commozione non è stata per i tre punti in sé, ma per il gol di Raffaele Rubino.

Minuto 70, Mazzarani ha provato il tiro da fuori area, ma un difensore del Parma ha deviato la palla che si è diretta verso l’out di sinistra. Rigoni ci è arrivato per primo, ha crossato in mezzo e come un ariete sulla palla si è fiondato di testa capitan Rubino che ha insaccato alle spalle di Antonio Mirante sotto la Curva Nord, feudo del tifo azzurro.

Rubino, dopo aver visto gonfiarsi la rete, si è inginocchiato verso la curva e si è messo a piangere, abbracciato dai suoi compagni. Quel gol era storia: era diventato il primo calciatore a segnare in tutte le serie professionistiche con la stessa squadra. E Lele aveva segnato con la maglia del Novara in Serie C2, in Serie C1/Lega Pro, in Serie B e ora in Serie A. Mai nessuno c’era riuscito prima di lui.

Dopo l’abbraccio collettivo, il massaggiatore della squadra, Lorenzo Demani, ha raggiunto Rubino e gli ha dato una t-shirt bianca, di quelle che si vendono al mercato, con una scritta nera in mezzo. La scritta a mano con pennarello nero recitava “Record”.

La mia reazione? Lacrime vere perché attendevo quel suo gol con spasmodica passione e ci tenevo che Raffaele Rubino segnasse almeno una rete quell’anno per raggiungere quel record, possibilmente con me presente allo stadio. E non appena “Lele” ha segnato e ho “concretizzato” cosa avesse fatto, mi sono messo ad urlare e a saltare dicendo “Ha segnato Lele, ha segnato Lele, c’è l’ha fatta!”. Poco dopo Mirante, ovviamente incacchiato per la rete subita, ha preso la maglia bianca che Lele aveva lasciato nei pressi della sua area di rigore e la calciò via in malo modo. Da allora per il portiere del Parma solo fischi e insulti non appena aveva la palla tra i piedi.

Il giorno dopo tutti parlarono del gesto di “Lele” Rubino: quelle lacrime umane, quella t-shirt bianca con la scritta nera in puro stile provinciale e l’abbraccio del suo “popolo” resero Rubino un giocatore mainstream. Rubino aveva iniziato quella stagione in Serie A come ultima scelta tecnica in attacco, facendosi da parte in favore di giocatori più giovani e che avevano più Serie A nelle gambe e nella testa rispetto a lui (o così si pensava). Anche se non era il capitano “in campo” perché spesso fu relegato in panchina, Rubino era il capitano del Novara tutti i giorni della settimana.

Anni dopo ho avuto modo di conoscere Raffaele Rubino gli ho raccontato cosa mi avesse “provocato” quel suo gol. Non si aspettava che un suo gol potesse aver portato un suo tifoso quasi alle lacrime. Mi ha detto “grazie” e ha sorriso: aveva fatto centro un’altra volta.

18 maggio 2018, Novara-Virtus Entella, 0-1, stadio “Piola”, 42a giornata, campionato di Serie B

Ci sono stagioni che partono male e finiscono peggio: è stata così la stagione 2013/2014, è stata così la stagione 2017/2018. In quelle due stagioni il Novara era in Serie B e nel primo caso ha perso (malissimo) la finale play out contro Pavolett…ah no scusate contro il Varese e nella seconda è retrocessa direttamente in Serie C senza passare (nemmeno) per i play out perdendo contro la Virtus Entella all’ultima giornata della regular season.

Una stagione che ha visto una campagna acquisti importante (Moscati, Maniero, Ronaldo e Sciaudone con Puscas arrivato con il mercato invernale), un cambio in panchina a gennaio (di Carlo per Corini) e una serie di prestazioni davvero negative. L’apice di quella stagione è stato il match contro la Virtus Entella di venerdì 18 maggio 2018. Al “Piola” in scena la quartultima (il Novara) e la terz’ultima (Virtus Entella) in classifica. 90 minuti decisivi: il Novara vincendo o pareggiando (con qualsiasi risultato) avrebbe avuto una chance salvezza affrontando la quint’ultima (l’Ascoli), mentre l’Entella aveva un solo risultato a disposizione, la vittoria. E visto che quella è stata una stagione davvero brutta, il Novara perse 0-1 e retrocesse direttamente in Serie C insieme alla Pro Vercelli e alla Ternana, mentre i liguri giocarono i play out contro l’Ascoli. Ad imporsi furono i bianconeri ed in Serie C si aggregò anche la Virtus Entella.

Mi ricordo che al gol di Crimi al 68’, la curva dei tifosi dell’Entella esplose mentre gli altri settori del “Piola” rimasero pietrificati. L’incubo si stava materializzando: Serie C diretta. Mi sono detto: “ci sono ancora 22 minuti di gioco più recupero, vuoi che non riusciamo a fare un gol e a fare questi benedetti play out?”. Niente: al triplice fischio, 0-1 e Novara all’inferno.

Partì una bordata di fischi rivolta a tutta la squadra. Di Carlo uscì a testa bassa coperto di insulti. Molti giocatori piansero ed erano per terra disperati. E disperati eravamo noi tifosi: dopo tre stagioni si tornava ancora in Serie C.

Avevo lacrime di rabbia perché la squadra che tifavo e supportavo mi aveva tolto un sogno. E dalla solita balaustra dove andavo sempre a fine partita ad incitare ed applaudire il Novara, quella volta era andato per esprimere la mia arrabbiatura contro la squadra.

Tutti noi tifosi ci siamo poi diretti dove esce il pullman della squadra a manifestare la nostra rabbia e frustrazione. La rabbia era alta, la tensione idem e c’era la polizia in tenuta antisommossa. Ovviamente non successe nulla, ma la tensione (mi ripeto) si tagliava con un coltello e, a parte uno screzio di un gruppo di tifosi contro la compagna di un giocatore, non successe nulla. Partirono cori ed insulti verso tutti quanti però.

Ad un certo punto è rimbalzata la notizia che Massimo de Salvo, allora presidente del club, avesse annunciato le sue dimissioni e che la squadra fosse in vendita. Tra l’altro de Salvo era presente allo stadio a vedere quella partita e al triplice fischio è stato insultato pesantemente da un gruppo di tifosi in tribuna: lui si era risentito del loro atteggiamento, ha sbottato e ha rassegnato le dimissioni (o così dicevano le voci sui social).

Durante la contestazione ho visto due amici-tifosi che provavano le mie stesse emozioni: con uno mi sono abbracciato e lui si è messo a piangere mentre io avevo ancora una volta gli occhi lucidi; all’altro ho detto “la squadra retrocede, ma noi non retrocediamo”, lui si è commosso e ha fatto il segno “ok” con il pollice. Alla fine di tutto sono andato con i miei amici in un pub a cenare e a bere qualcosa, rimuginando sulla stagione e sulla partita. La stagione successiva ci siamo riabbonati in blocco senza se e senza ma.

2 marzo 2019, Novara-Pro Vercelli, 2-1, stadio “Piola”, 29a giornata, campionato di Serie C

Nella mia esperienza da tifoso ho visto tutto: vittorie, sconfitte, pareggi, arbitraggi pessimi, giocate belle e brutte, stadi pieni e stadi vuoti. Ma non ce n’è: il gol è quel qualcosa che ti fa gioire. Soprattutto se è un bel gol, ovviamente.

Va da sé che per un tifoso del Novara, la partita più importante e attesa di tutta la stagione è quella contro la Pro Vercelli (e questo è lo stesso per i tifosi vercellesi). Ultimamente contro i “cugini” non abbiamo sfoderato grandi prestazioni: nella stagione 2020/2021 abbiamo perso il derby di andata e quello di ritorno, cosa che non accadeva dal torneo di Serie C2 2000/2001. Ma due “derby delle risaie” sono legati tra loro da un fil rouge: Pro Vercelli-Novara 2-1 del 16 ottobre 2016 (Serie B) e Novara Pro Vercelli 2-1 del 2 marzo 2019 (Serie C). Risultato inverso, emozioni diverse.

Partiamo dalla prima partita: vantaggio Novara con Sansone con gran gol da fuori area nel primo tempo, pareggio vercellese con La Mantia al 67’. La partita sembrava indirizzata verso il pareggio se nonché al 94’ da oltre 30 metri Simone Emmanuello si è inventato il gol della storia (e della vita): tiro del numero 20 bicciolano, palla che è andata a schiantarsi nel “sette” dove da Costa non poté arrivarci. Il “Piola” vercellese esplose per il gol, Emanuello si “spogliò”, i compagni lo assalirono e lo abbracciarono. Noi tifosi azzurri scioccati, impietriti e senza parole se non di urla ed insulti contro mister e squadra. La Pro Vercelli non batteva il Novara in Serie B dal campionato 1935/1936.

Poi è arrivata la partita di sabato 2 marzo 2019. Il Novara aveva da poco esonerato William Viali e al suo posto era stato chiamato Beppe Sannino: il tecnico di Ottaviano, non ben visto da molti tifosi azzurri (me compreso) per i suoi trascorsi (ottimi) alla guida del Varese, avrebbe debuttato proprio nel match dei match.

Quella è stata una partita palpitante: vantaggio azzurro al 9’ con l’autogol di Mammarella (su tiro da fuori di Nardi), pareggio al 77’di Crescenzi. Il Novara nella ripresa ci ha provato a farsi vedere dalle parti di Moschin, ma la palla non ne voleva sapere di entrare in porta.

Al minuto 89’, come sempre, lo speaker del “Piola” ha letto i minuti di recupero: 4. La partita sarebbe finita al 94’.

Non so per quale motivo, ma ad un certo punto, dopo l’annuncio, mi sono rivolto ai miei amici del “gruppo stadio” e ho detto “dai che finisce come a Vercelli al contrario!”. Loro non hanno detto nulla: forse erano in trance agonistica, forse non avevano dato peso alle mie parole. Fatto sta che al 92’ Claudio Zappa è entrato in area palla al piede ed un giocatore vercellese lo ha fatto cadere: rigore! Non ci potevo credere: rigore in pieno recupero.

Dal dischetto, Daniele Cacia (che aveva segnato anche all’andata il rigore del pareggio). Dal momento della decisione dell’arbitro a Cacia che posiziona la palla sul dischetto passarono due minuti e nel mentre mi sono precipitato dalla mia postazione del “rettilineo” (quella stagione i “distinti” erano inagibili) fino alle balaustre che danno sul campo: volevo gustarmi quel rigore da vicino. Cacia prese la rincorsa, tiro, gol ed esultanza “à la Cristiano Ronaldo” sotto la curva ospiti con tanto di dito indice sulla bocca.

Non appena si era gonfiata la rete, sono esploso: ho “rinfacciato” ai tifosi vercellesi il fatto che il 16 ottobre 2016 avevano vinto loro al 94’ e ora questo era toccato a noi. Ero in un delirio pazzesco, lacrime e gioia. Come dire: chi di gol al 94’ ferisce, di gol al 94’ perisce. Non avevo più voce. E vincere un derby con un gol in pieno recupero è sempre il meglio che si possa chiedere ad un tifoso. Per di più se il rigore è concesso generosamente, perché il fallo su Zappa non era da rigore. Ma a noi tifosi del Novara andava bene uguale. Un po’ meno alle nostre coronarie.

Queste sono (finora) le partite cui ho assistito e che mi hanno emozionato così tanto da farmi lacrimare. Ancora oggi però non mi compiaccio del fatto che non abbia pianto al triplice fischio di Guida che pose fine alla finale dei play off del 12 giugno 2011 e che vide il Novara battere il Padova e tornare in Serie A dopo 55 anni. Non avevo i lacrimoni, non ho pianto: non so darmi una spiegazione. Eppure ero contento, molto emozionato ma nessuna lacrima. Come non ho pianto la scorsa estate quando la Covisoc ha estromesso il Novara Calcio dal campionato ponendo fine alla sua storia ultracentenaria nei professionisti. Come non ho pianto il 12 settembre scorso all’ingresso in campo del Novara FC nel turno preliminare di Coppa Italia di Serie D contro il RG Ticino che significava che a Novara questa stagione si sarebbe giocato a calcio. Ero contento e soddisfatto, ma non ho pianto. Neanche sotto le note di “Ricominciamo” che ha accompagnato Gonzalez e compagni in campo quella partita. Emozionato, contento. Nessuna lacrima.

Che possa avere finalmente i lacrimoni domenica pomeriggio in radio nell’ascoltare la radiocronaca di Gozzano-Novara che, in caso di vittoria del Novara, potrebbe significare promozione con due giornate di anticipo in Serie C.

Chi vivrà, vedrà…e magari piangerà.

* La prima partita che sono stato in uno stadio è stato per Juventus-Fiorentina del 1 settembre 1991. Ero andato con i miei genitori insieme ad una coppia di amici di amici di Torino, Giovanni e Lina, che avevamo conosciuto al mare. Era la prima volta che entravo in uno stadio, avevo 10 anni. La Juventus vinse 1-0 con gol di Casiraghi, avevo visto giocare dal vivo il mio idolo Roberto Baggio e debuttare in Serie A Gabriel Omar Batistuta. Di quella partita, dal punto di vista tecnico, mi ricordo forse un paio di cose ma ciò che più mi ha sconvolto sono state le due tifoserie, rivali tra loro in maniera atroce: prima, durante e dopo la partita ci furono scontri tra le opposte fazioni, con seggiolini che andavano e venivano da una parte e dall’altra dei settori e non pochi tifosi della Viola che provavano a scavalcare per entrare nel nostro settore. Ad un certo punto mi sono messo a piangere perché avevo paura che venissero da noi e ci avrebbero picchiati tutti. Cosa che non avvenne.

Ripensandoci: meglio lacrime di rabbia come quelle contro l’Entella che quelle di paura in quel Juventus-Fiorentina.

immagine in evidenza tratta da Corriere di Novara