I mulini del Lago di Como

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di Sara Melito

Come spesso accade in Italia, le valli prendono il nome dei corsi d’acqua che le attraversano. La Val Sanagra, mollemente adagiata nel cuore delle Lepontine, non fa eccezione.

A pochi chilometri dalla mondanità scintillante del Lago di Como, questa valle antichissima, formatasi durante l’Era Glaciale, è uno scrigno geologico che conserva alcune delle più antiche conformazioni rocciose d’Italia.

Affascinante osservare il succedersi delle Ere visibili nelle sovrapposizioni delle rocce sui fianchi delle montagne, ma io sono a caccia d’altro, di storie di uomini e di alberi.

Il sentiero sale dolcemente nel fitto di un bosco di castagni e noccioli. Sotto i piedi un tappeto di foglie e tutte le sfumature dell’autunno. Lo scarpone affonda nel soffice sottobosco di ricci vuoti e ghiande, evita i sassi più grossi e le radici che affiorano dal terreno.

Il piccolo mondo a terrà è così ammaliante: operoso e inarrestabile, è popolato di impronte, minuscoli insetti, funghi, frutti e foglie. E poi l’odore della terra, scura e umida dopo la pioggia.

Proseguo fino a quando il bosco si apre e lo sguardo abbraccia la Valle. E’ lunga e stretta, modellata prima da un ghiacciaio ma poi scavata dal fiume. L’autunno si fa sentire con tutta la sua forza prorompente, incendiando di rossi, arancioni e gialli le foglie che ancora rimangono sugli alberi. Non durerà. Le piogge cancelleranno ogni sfumatura e la nebbia avvolgerà ogni cosa addormentandola nell’inverno. Lo raccontano le storie che si sentono da queste parti. Come quella del Rogolone, una quercia secolare che nei suoi trecento anni ha vissuto tutti i mutamenti della Val Sanagra.

Prima c’erano i mulini e un’economia sorretta dalle fornaci. Le macine incessantemente scandivano il tempo e la vita degli uomini, poi, come l’acqua che scorre, tutto è cambiato, i mulini sono stati abbandonati, la grande quercia è rimasta.

Il sentiero mi porta oltre, più in alto, attraverso le strade ingarbugliate di un antico borgo dai tetti in pioda e i muretti a secco.

Economie scomparse e lavori dimenticati hanno caratterizzato la vita della Val Sanagra ancora nella metà del secolo scorso.

Le acque del fiume , attraverso un ingegnoso sistema di ruote dentate, venivano addomesticate dall’uomo e utilizzate per muovere macine e mantici e le industrie locali producevano chiodi o mattoni.

Gli abitanti della valle non avevano bisogno d’altro, la montagna, con i suoi contrafforti rocciosi dove ancora oggi nidificano le poiane, rappresentava un confine naturale invalicabile, ma anche una protezione, nel suo ostinato isolamento.

L’incanto si è rotto quando una piena improvvisa del torrente ha rovinosamente eroso le sponde trascinando con se i mulini. Gli uomini se ne sono andati, emigrando verso il Lago di Como, abbagliati da un’economia in ascesa.

La valle è sprofondata nell’abbandono e la natura ha lentamente ripreso possesso dei luoghi e delle cose.

Nulla però è mai veramente perso finchè lo ricordiamo, ed è grazie al coraggio di pochi, rimasti in questo luogo così periferico, se oggi possiamo visitare questo piccolo gioiello dimenticato.

Gli antichi mulini sono stati trasformati in agriturismi, eco-musei, allevamenti di trote. Ognuno fa la sua parte, ricucendo le trame di una storia bruscamente interrotta.

La grande quercia continua ad osservare i mutamenti; affronterà un nuovo inverno e aggiungerà anni ai tanti che ha già vissuto.

Escursione realizzata grazie a Controvento Trekking.

Se volete saperne di più http://www.controventotrekking.it/