“Il blog che parla di calcio senza parlare di calcio”: intervista a Sergio Sorce, ideatore di “undicicontati.it”

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by Simone Balocco

Italia: terra di santi , poeti, navigatori e…gente che ama e scrive di calcio. Per molti è più facile giocare a calcio, perché scriverci è molto difficile. Il web è pieno di siti e blog che trattano di calcio, in maniera seria o meno seria. A Novara c’è un ragazzo che, nonostante un passato da ex calciatore dilettante, si è “messo in proprio” aprendo un blog che ha molto seguito, undicicontati.it. Sergio, novarese del 1981, ha dedicato (più o meno) undici minuti del suo tempo e ha risposto alle nostre domande. Abbiamo scoperto cose molto interessanti. Non ci credete? Leggete…

Sergio, perché un blog?

Anni fa scrissi via mail a degli amici alcune impressioni sull’attualità calcistica, filtrate dal mio vissuto. Uno di loro un giorno mi disse: “Perché non apri un blog? Sarebbe bello se ti leggessero anche altri”

Come nasce undicontati.it?

Dalla voglia di illuminare un mondo sommerso. Quello di chi la domenica mangia pasta in bianco al posto delle lasagne. Poi vestito con un giaccone di due taglie più grandi passa a prendere un compagno e va a Ornavasso per giocare nella nebbia una partita di Prima Categoria di cui nessuno si ricorderà. A parte i due ragazzi, nel frattempo un po’ invecchiati.

E dalla voglia di raccontare il calcio dove girano un sacco di soldi dal punto di vista di quei due ragazzi.

Nell’attacco ho scritto, praticamente, “è più facile giocare a calcio che scriverci”. Confermi?

Arrigo Sacchi disse “A pallone possono giocare tutti. A calcio in pochi”, segnando il confine che separa i due ragazzi in trasferta a Ornavasso da chi di calcio ci mangia. Premesso questo, aggiungo che di calcio possono scrivere in pochissimi. Tolti i quotidiani sportivi, le biografie e qualche rarissima rivista di qualità (mi viene in mente “Undici”) cosa resta della letteratura calcistica? I romanzi sul calcio in Italia non vendono. E il motivo è racchiuso nella tua domanda. Di Osvaldo Soriano ce n’è stato uno. Ed era pure argentino.

Come nasce, in media, un pezzo per il blog? Li scrivi tutti tu o ti aiuta qualche d’uno?

E’ un blog personale quindi i pezzi sono tutti miei, ma il tema può nascere da una chiacchierata con un amico. Però ci sono tre articoli scritti da amici che mi hanno chiesto “ospitalità”. L’ho fatto con gioia, sia per l’argomento scelto sia per l’intenzione con cui l’hanno fatto. Assolutamente in sintonia con “Undicicontati”.

Il blog, molto curato, è diviso in molte sezioni. Ce le racconti e spieghi?

Undiciritratti” è una raccolta in cui descrivo volti noti intrecciandoli alla quotidianità dell’uomo comune. L’autore sono io ma cerco di fare in modo che il narratore sia l’uomo della strada. Per esempio ho parlato dell’addio al calcio di Totti mettendomi nei panni di quel genio di tifoso che ha scritto il due aste “Speravo de morì prima”.

Undiciracconta” è uno spazio in cui provo a portare il lettore sulla “terra e polvere” di de Gregori. O almeno ci provo. Che siano ricordi autobiografici o racconti inventati non importa. Provengono tutti da un mondo che ho vissuto. L’unico che conosco.

Undiciconsiglia” è una sezione di recensioni su libri che ho letto con le interviste agli autori, quando possibile. E’ una parte ancora un po’ scarna che mi impegnerò ad arricchire. Il materiale non manca.

Undicitazioni” è il mio personale “Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano” di Gino e Michele. Ovvero una rassegna delle citazioni migliori secondo me, calcistiche e non.

Infine “Undicipresenta” è un biglietto da visita e “Undicicontatti” è un gioco di parole per invitare chiunque a scrivermi critiche o suggerimenti.

Sul blog ci sono anche dei video divertenti. Come nascono e chi ti filma?

E’ nato tutto per gioco, dalla parodia che ho fatto dei video di Formentera di BoboVieri, su suggerimento di un mio collega. Poi c’ho preso gusto e ringrazio la pazienza di mia moglie Cinzia che mi sopporta. E’ lei la regista. Sono semplici inviti a leggere i miei pezzi. Li pubblicavo sulla pagina Facebook, poi aperto un canale Youtube.

Qual è il pezzo più bello che hai scritto? Inteso come pathos e impegno nello scriverlo.

“Il mio Islam”. L’ho scritto due anni fa, all’indomani della strage del Bataclan. E’ il primo pezzo che ha avuto una certa risonanza. Non è il più bello, forse, ma è stata la prima volta in cui mi sono messo davvero in gioco. Lì ho capito davvero che impronta dare al mio blog: narrare la realtà usando il calcio come passepartout. Quella volta, nel fiume in piena dei commenti post-attentato, il mio pensiero andò a Salem, un mio ex compagno di squadra tunisino. E’ stato l’unico vero rapporto diretto che ho avuto con l’Islam. Oggi ne cambierei il finale perché un buon pezzo, come un buon romanzo, non dovrebbe giudicare ma solo far riflettere. Invece nelle ultime righe mi perdo in una morale spiccia. Potrei cambiarlo. Chi se ne accorgerebbe? Ma lo lascio così. Penso sia una scelta sincera.

Qual è il tuo rapporto con i social network? Li usi per diffondere l’immagine del blog?

Utilizzo principalmente la pagina Facebook (Undicicontati). Mi rendo conto che dovrei postare più spesso, perché un blog richiede costanza, ma purtroppo hanno inventato il lavoro. La mia è solo passione. E la alimento anche con Instagram, un modo più che altro per dare colore alle parole.

Lo ammetto, sono un tuo lettore. Mi hanno colpito, tra i tanti, il pezzo sulla “Lega Fantacalcio Novara” e l’incontro con Sulley Muntari. Raccontaceli.

Il primo è un pezzo che mi hanno “commissionato” i miei amici per raccontare la nostra folcloristica Lega del Fantacalcio. Nonostante chilometri di distanza, mogli e figli, ci ritroviamo ancora dopo vent’anni a fare le stesse battute, a ricordare gli stessi aneddoti e a creare nuovi tormentoni. Ognuno di loro rappresenta un personaggio. A modo suo. E sono sicuro che sia così in ogni banda di amici.

La partitella che ho giocato con Muntari la devo a un mio amico che ha lavorato per lui come preparatore atletico. Durante il periodo in cui era svincolato, prima di passare al Pescara, Muntari si concedeva qualche sgambata con gente da dopo-lavoro. Mi sono chiesto perché lo facesse. E la risposta è pura passione. Mi son chiesto cosa potesse provare. Divertimento. Il mio stesso divertimento. L’umiltà con cui si è mescolato a ragazzi scarsi quanto me mi ha fatto riflettere. Alla base di tutto, per la maggior parte, c’è ancora la voglia di evasione che questo gioco sa dare. Anzi, probabilmente te la dà più una partitella del giovedì sera che un posticipo della domenica. Mi piace pensarla così. Anche se arrivi in Ferrari e le scarpe della Nike sei passato a prenderle in un negozio sulla strada (senza pagarle perché è il tuo sponsor tecnico).

Se ti dico “Sankt Pauli”, cosa rispondi?

Un club i cui i trofei in bacheca sono inversamente proporzionali ai successi fuori dal campo. Mi sono avvicinato pochi anni fa. Poi sono andato ad Amburgo ed è stato amore folgorante. Scrivo per www.stpauli.it, il sito dei tifosi italiani ufficialmente riconosciuto dal club. E’ una squadra che appartiene ancora alla gente, dove i tifosi non sono clienti. Ti dico vietare cori razzisti all’interno dello stadio. Costruire un asilo nido fra la tribuna e la curva in cui lasciare i figli durante la partita. Ti dico associazionismo. Impedire la vendita del nome dello stadio a uno sponsor, perché giudicata una mossa troppo commerciale. Ti dico vietare annunci pubblicitari un quarto d’ora prima della partita e durante l’intervallo. Perché la squadra viene prima di tutto. Un fenomeno kult (inevitabilmente oggi un po’ edulcorato) che affonda le radici nella lotta del quartiere operaio di Amburgo contro la speculazione edilizia del governo. Ti dico il Jolly Roger (il teschio dei pirati con le tibie incrociate) come simbolo di lotta al sistema ritratto sulle bandierine del calcio d’angolo e sulla fascia da capitano. E’ un’isola per tutti quelli che credono in un altro calcio ancora possibile. Ti direi molto di più ma gli 11 minuti a mia disposizione stanno scadendo.

Cosa ne pensi del panorama “bloggistico” italiano sul calcio? Hai dei punti di riferimento?

C’è un mare magnum di blog in Italia sul calcio. Com’è giusto che sia, visto quanto è popolare. Il mio preferito è Zonacesarini anche se all’inizio si concentravano su storie davvero singolari mentre adesso preferiscono l’attualità calcistica. Graficamente mi piace molto, si vede che c’è una gran ricerca e un team numeroso di ragazzi che ci lavorano. In generale però non vedo grande qualità. O forse non ho ancora trovato il blog che parli di calcio come piace a me. Sogno un blog che abbia lo spirito di Sfide degli esordi, il programma di Raitre.

Undici, anche se nasce su internet, lo definirei più una rivista (visto che esce mensilmente in cartaceo). E poi non si può paragonare una penna come Dalai ai blogger amatoriali.

Come lo vedi il calcio novarese? Praticato e scritto

Prima di internet il lunedì mattina era fisso il Corriere di Novara. Leggevo la cronaca della mia partita e poi una carrellata di tutti i risultati e le formazioni delle altre categorie. Oggi grazie a I am Calcio Novara seguo gli irriducibili della mia generazione, i miei ex compagni più giovani e le squadre nelle quali ho giocato. E’ un sito veramente completo. Sono aggiornato dalla Promozione in giù. Dei livelli più alti conosco poco, sono campi che non ho frequentato.

Per il resto abito a due passi dal Piola ma in questa stagione sto seguendo poco il Novara. E questo è male perché quelli come me, cresciuti negli anni bui della C2 con Solbiatese e Meda, dovrebbero solo ringraziare di godersi la serie B. Una città come Novara se la merita.

Hai un passato da giocatore dilettante. Raccontaci il tuo passato, il tuo ruolo e il tuo idolo.

Da tre anni ho lasciato la categoria e gioco negli Amatori. Quindi diciamo che il calcio giocato non lo vedo ancora come il passato. Certo non è la stessa cosa. Giocavo ala sinistra e il mio mito era un ossuto e imprevedibile gallese chiamato Ryan Giggs. Poi sono arretrato terzino e ho cercato di imparare qualcosa dai maestri del mestiere. Faticatori come Pessotto per intenderci, umili e affidabili.

Sotto la pelle ho la maglia della Pernatese, dove ho trascorso più di metà della mia carriera. Non ho mai vinto un campionato. Le mie vittorie sono altre. Ci sono ragazzi che incontro dopo anni e mi chiamano ancora “Cap”. Oppure allenatori che mi stringono la mano con affetto. A Pernate ho vissuto tutto, dalla panchina alla fascia di capitano, dalle promozioni alle retrocessioni. Ho giocato prevalentemente in Seconda Categoria, tranne un paio di stagioni in Prima e una in Terza.

Stagioni intensissime le ho vissute anche alla Sanmartinese. Un gruppo solidissimo quello.

Parentesi meno felici alla Sparta e a Casalino. Ma tutto serve, davvero tutto.

Il calcio vero, seppur da dilettante, l’ho assaggiato a Galliate quando un pulmino da hippy veniva a raccattare noi Juniores e la domenica portavo le scarpe in panchina ai titolari in Promozione. Alcuni davvero fenomeni. Mi sono scaldato mille volte senza entrare. Poi un giorno…

Ma tutto è iniziato alla Juventus Club. Ho giocato dieci anni, dai pulcini agli allievi. Alla società bastavano gli aiuti dei genitori, del quartiere e i soldi raccolti alla cena sociale di fine stagione. Era una famiglia. Quando ho scoperto che avevano un sito ho lasciato un messaggio. Pochi giorni dopo mi ha chiamato il presidente Balossini, un ex alpino coi baffi da cowboy che saliva in sella al Garelli lasciando nuvole di fumo dietro di sé. Mi ha chiesto di me e di mio padre. Ho risposto che sarei andato a trovarlo. Non ho fatto in tempo, è morto poco dopo. Mi sono perso dietro alle mille cose meno importanti. Ecco il calcio è questa roba qua. E’ un uomo di ottant’anni che cerca il tuo numero sulla rubrica del telefono per salutarti dopo vent’anni.

Sergio, undicicontati.it in tre parole?

Il blog che parla di calcio senza parlare di calcio

Cosa riservi ai tuoi lettori per il 2018?

Di raccontare il calcio di uno studente incazzato per un treno in ritardo e che non vede l’ora di congelarsi i piedi all’allenamento. Un ragazzo che al campo troverà un compagno ormai padre che non ha nessuna intenzione di smettere.

Ringraziamo Sergio per il tempo dedicatoci e vi invitiamo a visitare il suo blog (www.undicicontati.it), leggere i pezzi e a condividerli sui vostri social network.