di Simone Balocco
Giovedì sera è morto Marco Foti: aveva 55 anni, ne avrebbe compiuti 56 fra poco più di un mese. Lascia la moglie, due figli, i genitori, due fratelli, nipoti e cugini. Ma non ha lasciato solo i suoi cari: ha lasciato una “famiglia” di persone che lo hanno conosciuto durante la sua professione di giornalista. In particolare, i tifosi del Novara, tra cui il sottoscritto.
Il sottoscritto a Marco Foti deve tanto. Tantissimo. E con un solo, enorme, rimpianto: non averlo conosciuto prima di giovedì 6 aprile 2013.
Lui ai tempi conduceva, con Daniele Faranna, il programma del giovedì su Radio Azzurra dove partecipava anche un giocatore del Novara. Pochi giorni prima di quel giovedì gli chiesi (me lo ricordo: via email) se avrei potuto partecipare un giorno come “ospite tifoso”. Lui mi disse di sì subito e quel giovedì sera entrai per la prima volta negli studi di baluardo La Marmora 19.
Quell’ora di trasmissione volò letteralmente. Durante gli spot pubblicitari dissi a Marco che anche io, nel mio piccolo, scrivevo (e scrivo tuttora) per questo blog: lui mi disse che mi aveva già letto, ma non avevamo mai avuto modo di presentarci e conoscerci dal vivo. Ovviamente sapevo lui chi fosse e, parli tu che parlo io, gli dissi che mi piaceva il mondo della radio e che un giorno mi sarebbe piaciuto lavorarci o comunque averci a che fare.
Con Marco sin da subito nacque un certo feeling, di stima reciproca. Sono poi andato in radio ancora una volta con un paio di amici il 26 maggio per vedere in diretta il ritorno della finale play off tra Empoli e Novara. Se la prima volta avevo portato bene (sabato 8 giugno, Novara vs Sassuolo 3-2), la seconda non era andata bene (4-1 Empoli e tutti a casa).
Verso fine agosto Marco, di punto in bianco, mi ha scritto un messaggio in cui mi chiedeva se per il tal giorno potevo trovarmi con lui al centro commerciale a Novara perché doveva parlarmi di una cosa che aveva in testa. Ci incontrammo e mi chiese questo: “vuoi aiutarmi nella realizzazione di un programma radiofonico sportivo su Radio Azzurra?” La mia risposta è stata subito “sì”. Il programma si chiamava “Ogni maledetta domenica” ed è durato tutta la stagione: lui conduttore, io sua spalla. Il programma, della durata di due ore e mezzo circa, era una sorta di “Bar Sport”, una cosa molto cara a Marco: un programma serio, impegnato ma molto scanzonato e divertente.
Grazie a quel programma non solo ho potuto commentare le partite del Novara Calcio (anche se quella stagione Radio Azzurra non prese i diritti delle radiocronache) e della Serie A, ma ho avuto modo di conoscere tante persone nuove (anche tifosi azzurri) e scoprire tante realtà sportive che fino ad allora non conoscevo o conoscevo vagamente (pallanuoto, taekwondo, football americano, twirling, atletica leggera, ginnastica artistica, mini-basket), scoprendo che Novara non era solo calcio, ma c’erano (e ci sono ancora oggi) altre belle realtà che meritavano (e meritano) di essere seguite.
Quell’anno in radio è stata una delle esperienze più belle della mia vita. In più prima del Natale 2014 ho avuto modo di conoscere anche la famiglia di Marco in quanto una sera lui ha invitato me e Paola a casa sua a Pettenasco, dove ho conosciuto sua moglie Ezia e i figli Emanuele e Susanna. Lui aveva preparato la pizza e mi aveva raccontato tutta la sua storia giornalistica (e non) come la sua esperienza a Radio Radicale, RVL La Radio, Alta Italia TV, Novarapuntocom ed il suo approdo a Radio Azzurra. La serata a casa Foti durò almeno quattro ore , ma il tempo volò così velocemente che mi è sembrato di esserci stato solo cinque minuti.
La trasmissione la stagione successiva non si fece più perché Radio Azzurra prese i diritti radiofonici del Novara Calcio: il programma venne accantonato perché ora ci sarebbe stato da raccontare via radio le partite. Rimasi ancora a Radio Azzurra (con il beneplacito di Ugo Ponzio, direttore della radio) e, da “spalla” di Marco, divenni la “spalla” della redazione sportiva, curando dallo studio, quando il Novara giocava fuori casa, il warm up delle partite per poi dare la linea allo stesso Marco (diventato “prima voce”) e/o agli altri radiocronisti, dare gli aggiornamenti delle altre partite, commentare a fine partita il match ed interloquire con gli stessi inviati sui campi. Ciò che facevo in quella stagione è quello che faccio ancora oggi.
Anche quella fu un’altra bella stagione e grazie a Marco ho avuto per la prima volta la possibilità di accedere alla tribuna stampa di una stadio e fatto la radiocronaca di una partita: era il 2 aprile 2015 e all’”Atleti Azzurri d’Italia” di Bergamo il Novara giocò contro l’Albinoleffe. Fu un viaggio allucinante, avendoci impiegato tre ore ad arrivare in un traffico pazzesco ed entrando in tribuna stampa a secondo tempo iniziato, ma allo stesso tempo divertente.
Con quella mia seconda stagione radiofonica, il mio rapporto con Marco si cementificò ancora di più. In lui avevo trovato una sorta di faro, un punto di riferimento: era davvero brava a fare le radiocronache, sapeva trasmettere emozioni, sembrava che lui fosse accanto a tutti noi tifosi anche se la squadra giocava a Salerno, Palermo o Cagliari.
Per non parlare delle sue grida di gioia dopo una rete azzurra.
Indimenticabile rimarrà la sua radiocronaca di Bari-Novara del 25 maggio 2016, quella del 3-4 con gol di Galabinov al minuto 114: brividi a sentirla a distanza di anni, brividi a sentirla ora che Marco non c’è più. Brividi anche nel ricordare che prima delle interviste nel post gara Marco, che come al solito metteva tutto sé stesso nelle radiocronache, ad un certo punto, si era messo a piangere in diretta: si era lasciato alle spalle la tensione e la paura che il Novara non potesse passare il turno nonostante la tripletta di Gonzalez per fare spazio alla gioia di aver raccontato le gesta di “un Novara eroico” (come lui stesso lo ha definito in diretta).
Marco ha fatto le radiocronache del Novara fino alla stagione 2018/2019, se non ricordo male. Poi ha lasciato il timone a Massimo, Paolo, Daniele e a Fabio, la new entry del gruppo dei “radio-tifo-cronisti” di Radio Azzurra. Le aveva ridotte, ma seguiva, scriveva e commentava. La sua ultima partita che ha visto live del Novara è stata quella di Vado Ligure del 13 marzo 2022: me lo ricordo perché ero in studio e dopo molto tempo lo avevo sentito parlare al microfono in diretta.
Un paio di mesi fa avevo scritto un post su una pagina Facebook con cui collaboro dove parlavo dei “quattro moschettieri” di Radio Azzurra e, alla fine del pezzo, ho scritto che i “moschettieri” erano in realtà cinque con Marco ed auspicavo che prima o poi lui sarebbe ritornato in tribuna stampa, si sarebbe seduto in cabina, avrebbe indossato la cuffia e, prendendo in mano il microfono, avrebbe raccontato ancora una volta una partita del Novara. Sapevo che ciò non sarebbe mai successo visto i gravi problemi di salute e la malattia che lo aveva colpito, ma in cuor mio ci speravo un giorno.
L’ultima volta che ho visto Marco Foti risale all’autunno 2018 durante una delle “panisciate” che organizzano i tifosi del Novara. Ovviamente eravamo seduti vicino. Ogni volta che ci vedevamo ci davamo sempre il “cinque” ed io lo chiamavo sempre “direttore”: così feci anche in quell’occasione.
Mercoledì però ho scoperto che non ci sarebbe stato più nulla da fare per lui e, proprio in quei momenti, ho letto della morte di Antonio Nacca, un signore di 99 anni che avevo conosciuto grazie a Marco ad “Ogni maledetta domenica” dieci anni prima e di cui avevo una grande stima e rispetto. Proprio come avevo io di Marco.
Venerdì mattina poi la notizia della morte di Marco tramite un gruppo Whatsapp di tifosi azzurri di cui entrambi facciamo parte. La notizia mi ha destabilizzato, ma ero pronto, in cuor mio, a ricevere quella notizia anche se non si è mai pronti per queste cose.
Venerdì Facebook è esploso: tutti quelli che hanno conosciuto Marco hanno postato loro ricordi, immagini e pensieri nei suoi confronti. Lo stesso ho fatto anche io, postando la foto che ho fatto con lui a fianco quel giovedì di dieci anni e mezzo fa.
Il destino ha voluto che Marco morisse ad Omegna, la “capitale” del Cusio, la città che lo ha visto anche giocare da giovane con la squadra rossonera. Lui, il “Marco Cusiano” per antonomasia.
Sono contento che Marco abbia fatto breccia nei cuori di tante persone come ha fatto breccia nel mio. Tutti sono affranti perché Marco era giovane, troppo giovane per morire.
Di Marco conservo tanti ricordi e lo immaginerò sempre con il cappello nero a tesa larga in testa, l’occhiale, il sigaro spento in bocca e quel sorriso che lo ha sempre caratterizzato e contraddistinto. Come immagine di evidenza di questo pezzo poi ho scelto una foto che l’amico in comune Alessio Marrari ci ha fatto qualche anno fa agli Street Games: io con il microfono in mano, lui con microfono e cuffie in testa. Ridevo in quella foto. Perché con Marco Foti io mi sono sempre divertito e trovato bene.
Marco fatto appassionare tutti con la sua inconfondibile voce, il suo brio nel commentare le partite e a raccontarle. Nelle sue dirette Facebook indossava sempre la felpe che gli aveva preparato il club azzurro della “Combriccola” e sul suo balcone di casa aveva una bandiera del Novara che sventolava sempre anche quando la squadra andava male. E quella bandiera sventolerà sempre a casa Foti anche se ora Marco non c’è più. Mancherà solo fisicamente, perché lui sarà al fianco della sua famiglia in primis e poi nei cuori e nelle menti di tutti i cuori azzurri che lui amava e voleva bene.
E sabato pomeriggio al suo funerale c’ea tantissima gente per rendergli l’ultimo saluto: tantissima gente è purtroppo rimasta fuori perché la chiesa era stracolma. Tutti coloro che hanno partecipato alle esequie erano addolorati per la morte di Marco ma hanno applaudito (commosso, come il sottoscritto) le parole dei suoi figli dal leggio dell’altare: parole importanti e belle in ricordo di loro padre. E del resto, come dice il detto, “la mela non cade mai lontana dall’albero”.
E’ morto sotto le feste, Marco Foti. E’ morto il giorno dopo il cambio di proprietà del Novara FC e due giorni prima la partita tra il Novara e la Triestina di Attilio Tesser, idolo dello stesso Marco. E’ finita 2-3 per la squadra friulana: chissà Marco come l’avrebbe commentata e quale sarebbero state le sue emozioni.
Grazie a Marco ho continuato a scrivere e a “fare radio” e spero che sia stato contento di avermi “coltivato” in questi anni.
Era uno schietto, polemista, arguto, mai banale, Marco Foti. Me lo porterò sempre nel cuore ed ogni volta che ascolterò la radiocronaca di quel Bari-Novara sarà come averlo accanto a me. Sempre.
Tutta questa non è piaggeria nei confronti di una persona che non c’è più, ma è quello che provo realmente per Marco.
Mi mancava prima, ora mi manca ancora di più. Ma so che Marco è accanto a me. Ed è accanto a tutti coloro che gli hanno voluto bene e che sempre gliene vorranno.