di Simone Balocco
Era la stagione 2011/2012, quella con lo scudetto sulla maglia del Milan, la patch di squadra campione del Mondo per club per (unita alla coccarda per la vittoria della Coppa Italia) e quella della prima stagione di Antonio Conte sulla panchina della Juventus che ha portato al primo di otto scudetti consecutivi per la squadra bianconera.
Ma la stagione 2011/2012 è stata anche quella del ritorno in Serie A, dopo 55 anni, del Novara Calcio. Era dai tempi azzurri di Lena, Pombia e Baira che in massima serie non c’era la squadra del falco, una squadra che in due stagioni aveva fatto il doppio salto di categoria Lega Pro-Serie A con Attilio Tesser in panchina ed una rosa di giocatori che, quella stagione, era praticamente scevra di un passato in massima serie.
La città non aspettava altro che due date: il 27 luglio (giorno della stesura dei calendari) ed il 4 settembre, giorno del kick off del campionato (poi slittato all’11 settembre per lo sciopero dei giocatori).
Lo stadio “Piola” subì un importante restyling e fu ampliato di quasi dieci mila posti, furono staccati 7.200 abbonamenti e Novara non vedeva l’ora che iniziasse il torneo. Torneo che però vide la squadra retrocedere subito.
Sono passate otto stagioni ed in questo lasso di tempo il Novara non è più riuscito a tornare in Serie A, disputando cinque campionati cadetti ed tre di Serie C (con vittoria, in un caso, di campionato e Supercoppa di Lega).
Sembra passata un’eternità, eppure ancora oggi molti tifosi azzurri ricordano con immenso piacere l’esperienza in massima serie perché aveva portato la squadra cittadina a stringere un grande legame con il territorio e a portare al “Piola” le squadre ed i tifosi che solitamente il tifoso medio vedeva in televisione. Oltre che le squadre più forti del Paese.
Eppure quella stagione può essere ricordata sono tanti aspetti. Quali? Eccoli qua sotto, in ordine (più o meno) temporale.
Takayuki Morimoto si presenta e dice “Quest’anno spacchiamo tutto”
Domenica 12 giugno 2011, alle ore 22:35 circa: l’arbitro Guida di Torre Annunziata emette il triplice fischio e pone fine a Novara-Padova. La squadra azzurra, vincendo 2-0 e grazie allo 0-0 dell’andata nella finale play off, supera il Padova e vola in Serie A. L’inimmaginabile è diventato…immaginabile: dopo 55 anni, la squadra azzurra era riuscita a tornare nella principale serie calcistica nazionale.
Lo stadio “Piola” impazzì tra invasioni di campo e squadra e tifosi in delirio. La festa poi passò in centro città dove un anno prima si tennero i festeggiamenti della promozione in Serie B. I festeggiamenti andarono avanti fin oltre le 02:30 e anche al mattino successivo qualche macchina era ancora in giro con fuori la bandiera del Novara.
Era scoppiata la “Novara-mania” e tra i tifosi non si aspettava altro che l’inizio del campionato ma prima ancora i supporter volevano la presentazione della squadra prima della partenza per il ritiro di Acqui Terme.
La data scelta per la presentazione fu il 17 luglio e la location era la consolidata piazza Duomo. A presentare l’evento, Fabrizio Gigo e il giornalista novarese Massimo Barbero. Vi presero parte moltissimi tifosi azzurri che riempirono la piazza in ogni spazio.
Prima dell’inizio della serata, partirono cori verso squadra, dirigenza e il nuovo direttore sportivo. Il clou avvenne con la presentazione dei giocatori, ruolo per ruolo: prima i portieri, poi i difensori, i centrocampisti e poi gli attaccanti. In seguito, mister Tesser e il suo staff e Massimo de Salvo, oltre agli sponsor.
Quella sera furono presentate anche le maglie: ad indossarle Samir Uijkani (maglia gialla, portiere), Andrea Lisuzzo (terza maglia, rossa), Filippo Porcari (seconda maglia, bianca) ed il giocatore più atteso di tutti. Un ragazzo di 23 anni con quasi (allora) oltre ottanta presenze in Serie A, quindici reti segnate e con alle spalle la convocazione al Mondiale del 2010 con la Nazionale del suo Paese, quella giapponese: Takayuki Morimoto.
Dopo la presentazione di tutta la squadra, Barbero rivolse al nuovo puntero azzurro una domanda in cui si specificava che a 23 anni aveva tanta esperienza alle spalle e che era ormai pronto ad esplodere definitivamente. Morimoto, nonostante fosse in Italia da sei anni, non capì bene la domanda rivoltagli, vuoi per il frastuono, vuoi per la “difficoltà” nel capire la domanda, lui rispose con quattro parole che fecero “crollare” piazza Duomo: “quest’anno spacchiamo tutto”. I tifosi esplosero in un boato e fecero partire cori in suo favore.
Ed effettivamente, del parco attaccanti, Morimoto era quello con più esperienza in massima serie e con i “numeri” migliori. Peccato che a fine campionato, il numero 11 di Kawasaki totalizzò solo diciannove presenze segnando quattro reti e servendo due assist. Una grande delusione, unita al fatto che doveva andare al Chievo a gennaio ma non superò le visite mediche di rito. A oggi, l’operazione di mercato che ha portato Takayuki Morimoto in azzurro è la più cara della storia del club.
Il primo e l’ultimo gol: Francesco Marianini e Santiago Garcia
Come detto, la stagione 2011/2012 vide ai nastri di partenza, tra le 20 squadre partecipanti, il Novara. Dopo 55 anni, la squadra gaudenziana tornava nel massimo campionato disputando il suo tredicesimo torneo: raggiungeva l’Alessandria al terzo posto “regionale”.
La prima giornata si sarebbe dovuta disputare il 4 settembre ma questa si disputò solo il 21 dicembre a causa dello sciopero dei calciatori. Il Novara avrebbe dovuto esordire in casa contro il Palermo, diventando la prima squadra ad ospitare una partita di Serie A su un campo sintetico. “Avrebbe dovuto” perché l’onore toccò invece al Cesena che, ospitando il Napoli, ebbe questo privilegio. Il Novara debuttò in campionato l’11 settembre al “Bentegodi” di Verona contro il Chievo di Domenico di Carlo (lo stesso di Carlo che allenerà il Novara nella sfortunata seconda parte della stagione 2017/2018).
La partita fu subito in salita per il Novara in maglia rossa, con gli scaligeri in vantaggio già 2-0 dopo 25 minuti con le reti di Pellissier e Thereau. Iniziava nel peggiore dei modi l’avventura del Novara, con la squadra sin dalle primissime battute in difficoltà. Se non che al minuto 85, Massimo Paci, sfruttando un tiro da calcio d’angolo, superò di testa Stefano Sorrentino portando il risultato sul 2-2. Prima del gol del difensore marchigiano, il gol del momentaneo 2-1 era stato segnato al minuto 27 da Francesco Marianini, lesto a calciare in porta il passaggio di Morimoto.
Quello del numero 18 pisano era la prima rete del Novara in massima serie dopo 55 anni: l’ultimo prima di lui a riuscirci era stato Giambattista Moschino (scomparso lo scorso 20 luglio) contro il Torino, in casa, il 3 giugno 1956.
Tra la prima giornata e l’ultima, il Novara siglò 35 reti. L’ultima la siglò Santiago Garcia sotto la Curva Sud del “Meazza”.Tra il gol di Marianini e quello di Garcia, quella stagione andarono a segno con undici reti Marco Rigoni, con quattro Morimoto, con tre Jeda e Mascara, con due Rubino, Porcari e Caracciolo e con una rete Paci, Meggiorini, Radovanovic, Gemiti e Mazzarani. Il Novara beneficiò anche dell’autogol di Diakité in Novara-Lazio.
La querelle Cellino – 17 – campo in sintetico
Massimo Cellino, si sa, è un tipo vulcanico. Presidente del Brescia oggi in Serie A, l’imprenditore cagliaritano è noto nel Mondo del calcio per essere stato per 22 stagioni il presidente del Cagliari. E Cellino era il presidente del Cagliari quando il Novara giocava in Serie A.
Il calendario aveva fissato il match di andata tra le due squadre allo stadio “Sant’Elia” alle ore 18 di sabato 17 settembre. Apriti cielo: giocare di 17, il giorno “porta sfortuna” per antonomasia (per i superstiziosi, ovviamente). Cellino, tra il serio ed il faceto, si mosse a proposito e chiese alla Federcalcio di spostare la partita al giorno dopo, ma ricevette un niet.
Allora cosa chiese il vulcanico Cellino ai propri tifosi? Di andare allo stadio tutti vestiti di viola. Come dire: contro la sfortuna, vestiamoci del colore della sfortuna stessa (sempre così credono gli scaramantici) per cercare di portare alla vittoria la squadra di mister Ficcadenti.
La provocazione di Cellino fu vista a Novara a metà tra la boutade e la volontà di imporre la propria forza per cambiare l’orario di una partita. E cosa chiesero i tifosi del Novara ai loro giocatori? Di far segnare Filippo Porcari che indossava il numero 17 per dimostrare a Cellino che la sfortuna non esiste. Il Cagliari si impose per 2-1 con reti di Thiago Ribeiro e Joaquín Larrivey e rete della bandiera di Morimoto.
Nel match di ritorno, lo stesso Cellino disse, in merito al campo del “Piola”, che una partita di calcio non si poteva giocare su un campo sintetico non ritenendolo un campo da calcio. I tifosi del Novara, in memoria anche della querelle “17 settembre 2011”), non presero bene le sue parole e suoi social lo attaccarono ferocemente. Il match in viale Kennedy si chiuse sul punteggio di 0-0.
La doppia vittoria contro l’Inter
“Oh ma cxxxo fa il Novara in A?”. Con questo coro, martedì 21 settembre, nella Curva Sud del “Piola”, si presentarono i (circa) cinquemila tifosi dell’Inter. La squadra nerazzurra era la prima grande che si presentava in viale Kennedy. Era guidata da un tecnico emergente (Gianpiero Gasperini) e la tra gli undici in campo c’erano sette reduci del triplete. In tribuna, Massimo Moratti, presidentissimo interista.
Fino a quel momento però la squadra non stava affrontando un periodo di forma positivo, visto che in due partite aveva racimolato solo un punto.
Lo stadio novarese era sold out e c’era curiosità nel vedere la prima casalinga del Novara in massima serie (l’ultima “casalinga” in Serie A risaliva al 3 giugno 1956 e vide il Novara perdere 1-2 contro il Torino).
Dopo i primi venti minuti di totale controllo interista (e tanti tifosi temevano in una goleada), i tre punti a fine partita se li prese il Novara: un 3-1 senza se e senza ma, con la squadra di Tesser che (con i gol di Meggiorini e la doppietta di Rigoni) aveva quasi ridicolizzato una squadra che fino a due stagioni prima dominava il calcio italiano, europeo e mondiale. Una vittoria clamorosa che vide poi nel corso della settimana l’esonero di Gasperini per far spazio a Claudio Ranieri.
E il tecnico testaccino guidò l’Inter anche nel match di ritorno, datato 12 febbraio 2012. E anche a San Siro il Novara si prese i tre punti: 0-1 con gol di Andrea Caracciolo (arrivato al Novara con il mercato di gennaio) su imbeccata di Jeda. Un gran gol sotto la Curva Sud dove al terzo anello erano assiepati gli oltre duemila tifosi azzurri. Una partita che vide per tutti i 90 minuti il totale controllo dell’Inter, con Uijkani chiamato a fare i miracoli davanti ai tiri in porta dei vari Pazzini, Sneijder e Stankovic.
Era la prima vittoria di Emiliano Mondonico sulla panchina del Novara. A fine campionato, per sei punti l’Inter (poi passata alla 30a giornata ad Andrea Stramaccioni, tecnico della Primavera interista) non si qualificò alla Champions League dopo dopo anni.
Ed il piccolo Novara fece sei punti solo contro la Beneamata. Alla faccia del coro “Oh ma che cxxxo fa il Novara in A?”.
Il ricordo di Edmondo Mornese da parte della Roma
Pioveva tanto sabato sera 5 novembre. In tutta Italia la pioggia la stava facendo da padrona e faceva freddo. Il Novara quella sera avrebbe ospitato, nell’anticipo della 11a giornata, la Roma di Luis Enrique. Priva di Francesco Totti, i giallorossi si presentarono con Daniele de Rossi capitano ed una squadra sulla carta con chiare intenzioni di vittoria del campionato. Fu una partita strana: primo tempo di dominio assoluto Novara, secondo tempo di dominio assoluto Roma. Il che significò 0-2 per gli ospiti con i gol in tre minuti (73′ e 76′) di Bojan Krkic e Pablo Osvaldo. Per il Novara, la rabbia per l’errore di Meggiorini nel primo tempo a tu per tu con Stekelemburg: se invece di tirare, l’attaccante avesse passato la palla a Rigoni libero, magari il numero 10 avrebbe segnato e la partita avrebbe preso un’altra piega.
Ma Novara-Roma è ricordata anche per una cosa molto carina che ha fanno fatto le due società in ricordo di un giocatore che ha vestito le maglie di entrambe le squadre e che sotto la Cupola e sotto il Colosseo si è tolto tante soddisfazioni: Edmondo Mornese. Già capitano del Novara con 334 presenze in maglia azzurra, Mornese è stato tra i protagonisti dello storico primo scudetto della Roma (1941/1942) con la quale giocò quattro stagioni.
L’ex azzurro-giallorosso è morto a 52 anni il 30 dicembre 1962 e Novara e Roma non si sono mai più incontrate e l’occasione del match casalingo in terra novarese ha spinto le dirigenze delle due squadre a rendere omaggio al loro ex giocatore con una corona di fiori: quella mattina, nonostante una forte pioggia, davanti alla tomba del “Mondo”, posarono una corona di fiori in sua memoria il Presidente Carlo Accornero, il direttore sportivo Mauro Pederzoli e il team manager Mattia Venturini per il Novara Calcio ed il direttore sportivo Walter Sabatini, il responsabile organizzativo Antonio Tempestilli e il team manager Salvatore Scaglia per la Roma.
Erano presenti alla deposizione della corona anche la sua famiglia. In memoria di Edmondo Mornese (come saprà chi si addentra al “Piola”), è stato intitolato il piazzale antistante lo stadio che da accesso al settore “distinti”.
Il gol di Raffaele Rubino contro il Parma
Gol in Serie C2, gol in Serie C1 ed il Lega Pro, gol in Serie B: a Raffaele Rubino mancava solo il gol in Serie A. E neanche quando era al Siena (gennaio-giugno 2004) era riuscito a segnare.
Ma a Raffaele Rubino mancava il gol in Serie A con il Novara e se lo avesse fatto, sarebbe stato il primo giocatore a segnare in tutte le serie professionistiche italiane con la stessa maglia. Una cosa mai realizzata in Italia.
E ci riuscì, il capitano del Novara? Ovviamente si e il record lo stabilì il 26 novembre 2011 contro il Parma: ducali già in vantaggio 0-1 al 29′ per l’autogol di Centurioni, pareggio del numero 9 barese al minuto 70 su cross di Rigoni.
Il capitano azzurro si librò in volo colpendo di testa la palla e bruciando sul tempo Mirante. 1-1 e palla al centro. Quando la palla gonfiò al rete, il “Piola” esplodette nel vedere il suo leader (in campo) entrare nella storia del calcio italiano.
Intorno a Rubino si assieparono tutti i compagni per abbracciare il loro compagno in lacrime. Il massaggiatore Lorenzo Demani diede a Rubino una t-shirt bianca con la scritta in pennarello nero “Record” che lui mostrò a tutti. Nella gioia, Rubino lasciò la maglietta lì e Mirante, (sicuramente) arrabbiato per il gol preso, gettò fuori dal campo il “cimelio”, prendendosi gli insulti e le urla dei tifosi azzurri. La partita si concluse per 2-1 con gol vittoria di Rigoni che portò i tre punti al Novara dai tempi della…vittoria contro l’Inter. Ma quella partita fu la partita di Raffaele Rubino, l’attaccante che ha scritto la storia del club azzurro. Anche in massima serie.
Per la cronaca: Rubino ha lasciato il Novara il 30 giugno 2014, diventando (a oggi) il secondo marcatore di sempre in maglia azzurra) dietro a Romano, superando persino Silvio Piola.
Il record di Rubino è stato poi superato il 9 gennaio 2016 da Lorenzo Pasciuti del Carpi contro l’Udinese: il centrocampista carrarino diventava così il primo calciatore a segnare con la maglia di una sola squadra dalla Serie D alla Seria A. Serie D, tra l’altro, categoria che il Novara non ha mai disputato, risultando a oggi una delle undici formazioni italiane a non aver mai giocato tra i dilettanti.
Un uomo chiamato “Rinuado”
Il mercato invernale è stato inventato per aiutare le squadre a sistemarsi dopo “qualche” errore di mercato (estivo). Tutte le squadre intervengono nella finestra di gennaio: chi per cedere giocatori che si sono dimostrati inidonei, chi per cedere ad altre squadre i propri giocatori più forti, chi per salvare una stagione che pare già compromessa.
Ed il Novara Calcio, nel gennaio 2012, decise di intervenire cercando di portare a Novarello i giocatori giusti per salvare la stagione. L’allora direttore sportivo Mauro Pederzoli cedette in prestito, dopo pochi mesi, Granoche, Meggiorini, Labrin, Pinardi e Giorgi, con Morimoto che non passò le visite mediche del Chievo e che quindi rimase in azzurro. Arrivarono in Piemonte Andrea Caracciolo, Giuseppe Mascara, Gabriel Silva e Daniel Jensen. Quest’ultimo, danese, aveva preso parte con la sua Nazionale al Mondiale tedesco del 2006.
Arrivò anche il difensore centrale di origine palermitana Leandro Rinaudo. Classe 1983, Rinaudo, nonostante il fisico da corazziere, era bersagliato da infortuni che da oltre due anni gli avevano fatto saltare tantissime partite e che avevano impedito il suo di qualità. Il giocatore arrivava al Novara in prestito dal Napoli e aveva alle spalle sei stagioni consecutive in Serie A. Insomma, un era colpo di mercato, il giocatore giusto per aiutare Paci, Lisuzzo, Ludi e Garcia a fare meglio nel girone di ritorno.
Peccato che il campionato di Leandro Rinaudo a Novara fu davvero negativo: solo 5 partite giocate (su 21) ed una tenuta fisica davvero precaria. Insomma, una delusione epocale.
Se si parla con i tifosi del Novara di Leandro Rinaudo, questi diranno in coro: “Cesena Novara 3-1”. Motivo? Eccolo qua.
Il 15 gennaio 2012, il Novara era di scena a Cesena in un match tra ultime in classifica. Entrambe le squadre schierarono i giocatori arrivati con il mercato invernale ed il Novara schierò dal 1′ Rinaudo. O meglio, “Rinuado” perché ci fu un clamoroso errore di scrittura sulla maglia del giocatore.
Solo questo? Assolutamente no, perché Rinaudo, al ritorno in campo dal 26 settembre 2010, in 90 minuti si prese un cartellino “giallo” e causò il rigore siglato poi da Mutu. Un debutto terribile per un campionato che si dimostrò altrettanto terribile per il giocatore che si consolò con la nascita a marzo dei suoi gemelli. In pochi si ricordano del lieto evento, in tantissimi di ciò che fece a Cesena.
Dopo le cinque presenze in Serie A con il Novara, Rinaudo giocò ancora una stagione in massima serie a Livorno (2013/2014) per poi chiudere nella stagione 2015/2016 dopo tre esperienze non esaltanti in Serie B con Virtus Entella, Bari e Vicenza. Appesi gli scarpini al chiodo, divenne per un lasso di tempo direttore sportivo del Venezia e della Cremonese.
L’esonero di Attilio Tesser
Quando una squadra non va, necessita di una “scossa” e questa “scossa” consiste nell’esonero dell’allenatore. Una pratica che si fa dalla notte dei tempi e che ha visto, almeno una volta, anche i migliori allenatori del Mondo non terminare la stagione. E nella stagione 2011/2012 questo successe anche ad Attilio Tesser. Nel tardo pomeriggio del 30 gennaio 2012, a seguito della sconfitta esterna contro il Palermo, la notizia che i tifosi non avrebbero mai voluto sentire: Attilio Tesser non sarebbe più stato l’allenatore del Novara.
Si chiudeva un ciclo iniziato l’8 giugno 2009 tra lo stupore di tutti e che si chiudeva dopo il ritorno in B del Novara dopo 33 anni e del ritorno in A dopo 55 anni, con in mezzo la vittoria della Supercoppa di Lega Pro: 601 giorni, 116 partite in panchina ed un amore reciproco tra un signore del calcio ed una piazza che si legò subito al suo “Komandante”. Un amore pazzo (in senso positivo), viscerale e tanto umano quanto sincero. Parliamo di un uomo che dava del tu ai tifosi e loro idem.
Parliamo di uno che ha portato i novaresi allo stadio, parliamo di uno che ha scritto la storia del club. Parliamo di un signore che dopo anni di gavetta e delusioni calcistiche aveva trovato, sotto la Cupola di San Gaudenzio, le sue rivincite. Ma così non si poteva andare avanti: 20 partite giocate, 12 punti realizzati, 18 gol fatti, 38 subiti e una retrocessione già scritta dopo la doppietta di Budimir in quel Palermo-Novara che aveva portato Massimo de Salvo alla “tragica” decisione di esautorare il tecnico di Montebelluna.
Ma visto che tra la piazza e l’uomo Tesser si era creato un legame fraterno, ecco che sin dalle ore 19 di quel freddo lunedì, poco dopo la notizia dell’esonero, un capannello di supporter si trovò sotto la casa del tecnico per incontrarlo e dargli tutto il loro supporto. Tesser era in casa ma si negò ai tifosi e i tifosi in poche ore arrivarono a superare le duecento presenze. Duecento persone sotto la casa di un allenatore a duecento metri scarsi dallo stadio di via Alcarotti.
Cori, qualcuno che piangeva, tutti che volevano che Tesser scendesse. E poco dopo le ore 22, l’evento: Attilio Tesser scese in strada. Aveva un maglione giallo e gli occhi azzurri gonfi e lucidi. L’ex tecnico azzurro discusse con tutti i tifosi, i quali gli espressero tutto il loro amore e la riconoscenza. Al posto di Tesser arrivò Emiliano Mondonico, il quale rimase in sella solo sei partite dopo di che Tesser fu richiamato a condurre la squadra fino alla fine del campionato: Mondonico si era presentato in casa con una sconfitta (1-2 contro il Chievo), Tesser con una vittoria tra le mura amiche (1-0 all’Udinese). Sembrava che il nuovo corso “Tesser 2.0” avesse fatto bene a tutti, ma a fine stagione la squadra retrocesse.
Tesser fu riconfermato in estate nonostante avesse avuto molte richieste. Fu esonerato il 30 ottobre 2012 dopo la sconfitta esterna contro l’Ascoli.
Da allora è tornato a Novara tre volte come allenatore avversario (Ternana, Avellino, Cremonese) ed ogni volta per lui sono stati solo grandissimi applausi. Oggi Attilio Tesser allena il Pordenone alla sua prima stagione in Serie B: per Tesser, la promozione in cadetteria dei “ramarri” nero-verdi è stata la terza in dieci anni con tre squadre diverse (oltre a Novara e Cremonese).
Emiliano Mondonico, allenatore
Con la sconfitta per 2-0 contro il Palermo al “Barbera”, il Novara, dopo 20 giornate di campionato, si ritrovava con soli dodici punti in classifica. Era la prima giornata di ritorno ma molti tifosi (negativi perenni e non) iniziarono a pensare che la squadra non si sarebbe salvata e se ce l’avesse fatta, lo avrebbe fatto all’ultimo respiro. Nulla però era ancora compromesso, ma serviva dare una scossa. E nel calcio, in questi casi, la “scossa” significa esonerare l’allenatore, perché i giocatori sotto contratto non si possono esonerare facilmente. E a pagare è il tecnico: con un annuncio a fine pomeriggio, il 30 gennaio Attilio Tesser veniva esonerato. Al suo posto, quello stesso giorno, una notizia clamorosa: Emiliano Mondonico nuovo allenatore della squadra.
Il tecnico di Rivolta d’Adda era un guru del calcio italiano tutto “catenaccio” e ripartenze. Mondonico, classe 1947, aveva un curriculum (si aggiunga) superiore a Tesser ma da sette mesi non allenava perché era alle prese con una malattia debilitante. La sua ultima “panchina” era stata quella dell’Albinoleffe, dopo di che l’addio al lavoro di allenatore. La dirigenza azzurra fece una mossa molto mediatica, con la speranza di salvare il salvabile. Tempo ce n’era (nonostante i mugugni), ma non c’era da aspettare troppo.
Emiliano Mondonico rimase in sella al Novara per sei partite, portando cinque punti, frutto di una vittoria, due pareggi e tre sconfitte. Il top dell’esperienza azzurra di Mondonico fu la vittoria esterna contro l’Inter al “Meazza”.
A far esonerare il tecnico Rivolta d’Adda la sconfitta contro il Catania al “Massimino” del 26 febbraio che portò il Novara a far tornare in panchina Tesser. La cura Mondonico non era servita a dare fiato alla squadra che navigava ancora in acque pericolose di classifica. Come per l’esonero di Tesser, anche la notizia dell’addio di Mondonico fece dispiacere il tifosi azzurri, consci di avere avuto, anche se per meno di un mese, un signore nel vero senso del termine (come il tecnico di Montebelluna, del resto).
Dopo le sei panchine del Novara, Emiliano Mondonico si era ritirato dal calcio giocato facendo l’opinionista (come faceva prima), ma vide la malattia logorarlo piano piano. Emiliano Mondonico morì il 29 marzo 2018 all’età di 71 anni.
Bologna-Novara nel nome di Lucio Dalla
Una delle canzoni più celebri di Lucio Dalla è “4 marzo 1943”: usando la sua data di nascita, il cantautore bolognese raccontava la storia di una ragazza madre e di suo figlio che sarebbe cresciuto senza padre. E il fato ha voluto che Dalla morisse il 1° marzo 2012 (all’età di 68 anni) e le esequie si sarebbero celebrate domenica 4 marzo.
Bologna e l’Italia tutta avevano perso uno dei più grandi artisti contemporanei, tanto che la sua camera ardente fu visitata da migliaia di persone.
I funerali si tennero domenica 4 marzo al mattino e richiamarono nel capoluogo emiliano oltre 50mila persone. Per rispetto verso il cantante, il Bologna chiese che la partita casalinga in essere quel giorno fosse spostata alle ore 18, cosicché i tifosi rossoblu avrebbero preso parte alla funzione, visto che Dalla era anche un grande sostenitore del Bologna. La squadra avversaria dei felsinei era il Novara.
Il pre-partita fu tutto dedicato a Lucio Dalla: dalla sua immagine nel maxi-schermo alle sue canzoni come “intrattenimento” a Gianni Morandi che depose un mazzo di fiori sul seggiolino occupato dal cantante di “L’anno che verrà” quando si recava al “Dall’Ara”.
Il Bologna vinse 1-0 con gol di Robert Acquafresca, con una formazione messa già in modo errato da mister Mondonico, il quale sapeva già che tutte le avversarie del Novara nella lotta per retrocedere avevano vinto e che quindi c’era da giocare all’attacco e cercare di portare a casa i tre punti contro una squadra normale.
Unica nota positiva: il rigore parato da Uijkani su Marco di Vaio al minuto 20 del primo tempo.
Il giro di campo di Claudio Lotito prima di Novara-Lazio
Il 25 aprile 2012, vista la concomitanza con la festa della Liberazione, la Federcalcio decise di far disputare il recupero della 33a giornata di Serie A che si sarebbe dovuta disputare il 15 aprile. Quella domenica non si giocò perché il giorno prima, allo stadio “Adriatico” di Pescara, aveva perso la vita, durante Pescara-Livorno, il difensore amaranto Piermario Morosini. Per rispetto nei confronti del giocatore, tutto il calcio nazionale si fermò per riprendere la settimana successiva.
Il Novara avrebbe dovuto ospitare la Lazio e la partita fu posticipata al 25 aprile (come detto) alle ore 12:30. La partita fu vinta dal Novara per 2-1 con vantaggio novarese per via di autogol di Diakité, con gli ospiti che pareggiarono due minuti dopo con Candreva su ottimo spunto di Mauri. A decidere l’incontro, una grande punizione di Mascara a undici minuti dal termine.
Nonostante l’orario, al “Piola” accorsero molti tifosi, anche ospiti.
Dell’incontro, tutti si ricordano il giro di campo che fece il presidente della Lazio Claudio Lotito sotto i settori “Rettilineo”, “Curva Nord” e “Distinti”, con il presidente biancoceleste che si prese una marea di insulti da parte dei tifosi novaresi. In parte perché non era particolarmente amato, in parte perché percepirono il suo giro di campo come un gesto di sfida e di presunzione. Anche perché all’andata, la partita invece di giocarsi domenica 4 dicembre alle 15, venne disputata il giorno dopo alle 20:30. Motivo del cambio di giorno, fu il fatto che la Lazio aveva giocato il giovedì sera precedente in Europa League contro i rumeni del Vaslui e sia Lotito sia mister Reja avevano chiesto l’autorizzazione alla Lega per dare alla squadra almeno 24 ore in più di riposo. Ma se per i tifosi di casa non cambiò praticamente molto, per i tifosi del Novara fu un vero problema perché la quasi totalità di loro non poterono disdire viaggi e pernottamenti in terra romana, perdendo i soldi di entrambi. Per questo motivo, i tifosi del Novara non vedono di buon occhio il presidente della Lazio e loro quel 25 aprile non solo lo fischiarono ed insultarono, ma vinsero anche la partita.
“Jimmy” Fontana percula i tifosi della Juventus al “Piola”
Il derby piemontese fra Juventus e Novara fu la grande novità della Serie A 2011/2012. Una partita attesissima sin dalla stesura del calendario con il match di andata giocato nel nuovo “Juventus Stadium” il 18 dicembre 2011 (chiusosi 2-0 per la squadra torinese) e il ritorno il 29 aprile 2012 al “Piola”.
La squadra di Conte era lanciata verso lo scudetto mentre il Novara si apprestava ad ospitare una squadra forte e compatta e aveva poche speranze di fare risultato.
La città era una settimana che aspettava questo incontro, tanto che nella mattina di lunedì 23, all’apertura della vendita dei biglietti, gli stessi furono letteralmente polverizzati in poco tempo sia per il settore ospiti sia per i settori “novaresi”: il “Piola”, quel pomeriggio, sarebbe stato, come si dice in gergo, “pieno come un uovo”.
La Juventus si presentava con in attacco Vucinic e Borriello ed in difesa la futura BBC (BarzagliBonucciChiellini) guidata da capitan Buffon (del Piero era in panchina), mentre il Novara fece davvero la vittima sacrificale non potendo disporre di Mascara in attacco e puntando sull’esperienza di Caracciolo come unica punta e dietro Mazzarani.
Il match fu senza storia e vide la Juventus vincere 4-0 con doppietta di Vucinic e reti di Borriello e Vidal. Nonostante la sconfitta, il Novara uscì tra gli applausi ma il momento più bello avvenne al minuto 45 e vide protagonista il portiere del Novara, Alberto “Jimmy” Fontana. La Juventus era già sul 4-0 e il portiere azzurro, sostituto di Uijkani da alcune partite, aveva neutralizzato alcune incursioni bianconere.
Nel secondo tempo, Fontana era posizionato sotto il settore occupato dai tifosi juventini e Fontana era (ed è tuttora) un dichiarato (ed acceso) tifoso del Torino, tanto da giocare con il numero “31” in ricordo delle vittime di Superga del 4 maggio 1949.
I tifosi bianconeri presenti al “Piola”, sapendo della sua fede calcistica, lo imbeccarono per tutta la partita con cori di scherno ed insulti assortiti. E al minuto 43 Fontana decise di prendersi la sua rivincita: rimessa dal fondo del Novara, ricorsa del giocatore con i tifosi bianconeri che stavano facendo partire un coro contro di lui. E cosa fece Fontana? Fece apposta a non colpire la palla, facendo andare a vuoto il coro.
Tutto lo stadio rise e i tifosi novaresi iniziarono a deridere i tifosi avversari. Per Fontana, quattro reti sul “groppone” ma un gesto che è rimasto iconico. Che forse ha lo ricompensato delle palle raccolte in fondo alla rete.
Delio Rossi “mena” Adem Ljajić e il Novara retrocede
Un altro fatto che ha visto protagonista (anche se indirettamente) il Novara è ciò che successe al minuto 32 del primo tempo del match del “Franchi” del 2 maggio 2012 contro la Fiorentina. Era l’ultimo turno infrasettimanale della stagione e Ludi e compagni fecero visita a Stevan Jovetić e compagni, una della delusioni della stagione.
Mancavano 180 minuti alla fine del campionato ed il Novara per non retrocedere matematicamente doveva assolutamente vincere e sperare nei risultati negativi delle avversarie dirette (Lecce, Genoa, Palermo, Cagliari e Siena). Il Novara giocò una bella partita, tanto che al minuto 30 era in vantaggio 0-2 con i gol di Jeda e Rigoni.
Molti tifosi speravano che nulla fosse del tutto perduto e che una incredibile salvezza era possibile. Certo, c’era da sperare nei passi falsi delle avversarie per la lotta salvezza, ma visto che il calcio è scienza inesatta per antonomasia, nulla sembrava perduto.
Se non che la Fiorentina riuscì a rimontare le due reti con una doppietta di Montolivo. 2-2 fu il risultato finale che, visti i risultati delle avversarie, condannò alla retrocessione il Novara. Montolivo quella stagione segnò quattro reti, di cui tre al Novara. Oltre al centrocampista ex Atalanta, altri giocatori segnarono al Novara sia all’andata sia al ritorno: Pellissier e Thereau del Chievo, Gomez del Catania, Bojan e Osvaldo della Roma,
Ma Fiorentina-Novara è ricordata anche per la lite tra il tecnico viola Delio Rossi e l’attaccante Adem Ljajic.
Minuto 32: Rossi richiama in panchina il serbo per mandare in campo Rubén Oliveira. L’attaccante numero 22 uscì dal campo ed iniziò a discutere con il tecnico riminese, facendogli presente il suo disappunto per la sostituzione.
Il giocatore iniziò ad applaudire il tecnico il quale gli rispose per le rime. In pochi secondi i due arrivarono a scontrarsi fisicamente con l’allenatore che menò il giocatore. I due furono divisi a fatica. Una scena da Far West mai vista. Delio Rossi a fine partita fu sollevato dall’incarico e squalificato per tre mesi.
Peccato che passò in secondo piano la seconda squadra retrocessa in Serie B del campionato, il Novara.
La tripletta di Marco Rigoni al Cesena
Domenica 6 maggio a Novara c’era il sole e faceva caldo. Il calendario della Serie A “offriva” la 37a giornata e al “Piola”, alle 15, agli ordini del signor Merchiori di Ferrara, scensero in campo due squadre che non avevano più nulla da chiedere al campionato, il Novara ed il Cesena. Entrambe retrocesse matematicamente, azzurri e bianconeri si affrontarono in una partita senza stimoli. Il Novara voleva chiudere in bellezza, regalando gli ultimi tre punti casalinghi alla propria tifoseria che non lo aveva mai abbandonato durante il corso del campionato.
A vincere fu il Novara con un netto 3-0 frutto di…tre gol di Marco Rigoni: il numero 10
azzurro era andato a segno due volte su rigore (28′ e 68′) e una volta su azione (85′). Hat trick e undici gol in stagione per il fantasista di Montegrotto Terme, che si era imposto come uno dei migliori centrocampisti della Serie A. Lui che, nonostante il livello tecnico elevato rispetto alla norma, era arrivato a giocare in Serie A all’età di 31 anni e mezzo. Meglio tardi che mai, come si dice. E la stagione successiva, Rigoni andò in prestito prima al ChievoVerona e poi al Genoa. Il giocatore chiuse con il Novara (e con il calcio) il 30 giugno 2014 e da quel momento il numero 10 che aveva deciso i play off azzurri della stagione 2010/2011 è il brand manager del Novara.
Nota statistica: avendo realizzato tre reti nella stessa partita, come da regolamento, l’arbitro Merchiori ha dato a Rigoni il pallone della partita da portarsi a casa. In quella stagione altri nove giocatori segnarono tre reti nella stessa partita: Joaquín Larrivey, Mauricio Pinilla, Kevin Prince Boateng, Antonio Nocerino, Zlatan Ibrahimovic, Denis, Fabrizio Miccoli, Edinson Cavani e Diego Milito, che segnò anche quattro reti contro il Palermo nel match di ritorno.
L’abbraccio del “Piola” alla squadra dopo Novara-Cesena
Quando una squadra vince in casa, di norma tutto lo stadio applaude ed incita i propri beniamini, in tutte le categorie. A Novara, tra il 2009 ed il 2011, è stata una cosa naturale l’applaudire la squadra di calcio: da anni al “Piola” non si vedeva vincere e giocare bene la squadra di casa. E anche il 6 maggio dopo il 3-0 al Cesena, avvenne lo stesso: giro di campo della squadra e tutti in piedi ad applaudire la squadra di Tesser che aveva appena disputato la sua ultima partita casalinga in Serie A.
I mai cuntent potrebbero dire “come si fa ad applaudire una squadra che è retrocessa con 32 punti in 38 giornate?”. Si fa, si fa perché anche se la squadra era retrocessa dopo un solo anno, tra la questa e la città (ma anche il territorio) si era costruito un legame fortissimo. Una cosa impensabile nelle grandi piazze, normale nelle piccole piazze. E anche Novara non fu da meno.
Peccato che nelle ultime tre stagioni questo legame si sia logorato e c’è (purtroppo) tanta disaffezione da parte dei novaresi verso la squadra.
L’ultima partita in Serie A, il gol di Inzaghi e l’addio di Nesta & C.
Il 13 maggio 2012 si chiudeva l’esperienza del Novara Calcio in Serie A e per l’ultima giornata i ragazzi di Attilio Tesser sarebbero stati ospiti del Milan al “Meazza”: per la terza volta in cinque mesi, il Novara andava a giocare nella “Scala del calcio”. Il Milan con qualsiasi risultato avrebbe chiuso al secondo posto in classifica ed era già qualificato alla prossima Champions League, mentre il Novara era retrocesso da undici giorni. Una partita solo per le statistiche e nulla più.
Ma al minuto 20 del primo tempo, ecco il vantaggio azzurro: Santiago Garcia, lasciato solo davanti ad Amelia, calciò verso la porta e portò in vantaggio i suoi. Prima rete in azzurro per il numero 28 argentino, artefice di un campionato davvero importante: dopo un avvio shock, il centrale di Rosario si era imposto come titolare fisso tanto da risultare sempre tra i migliori in campo. E il gol era la giusta ricompensa per una carriera che poi lo ha visto tornare a Palermo e ritagliarsi un po’ di spazio per poi andare a giocare addirittura in Bundesliga con il Werder Brema e poi in Messico con il Deportivo Toluca.
La partita non si chiuse con la vittoria azzurra ma con quella dei ragazzi di mister Allegri che pareggiarono nella ripresa con Flamini (56′) e poi al 82′ con Inzaghi che chiuse la contesa. Il gol di Inzaghi fu l’esempio di isteria collettiva: entrato in campo al 67 al posto di Cassano, quella sarebbe stata l’ultima partita in rossonero per il numero 9 di Piacenza dopo undici stagioni rossonere e il suo gol sotto al curva Sud “causò” una avalanche (una “valanga”, come si dice in Argentina) che vide migliaia di tifosi scendere dai loro posti per avvicinarsi al giocatore in lacrime e abbracciato dai compagni. Quello era il suo primo gol in campionato, il 126° in maglia rossonera, il 291° in carriera.
E ironia della sorte, o pura coincidenza, quel 13 maggio 2012 avevano segnato gli stessi milanisti del 13 gennaio 2010, il celebre ottavo di finale di Tim Cup con 13mila novaresi al “Meazza”.
Ma Milan-Novara del 13 maggio 2012 non fu solo la partita di addio del Novara alla Serie A e di Inzaghi al calcio, ma fu l’addio anche di altri milanisti che hanno scritto la storia non solo del Diavolo ma del calcio nazionale: Alessandro Nesta, Gennaro Gattuso, Gianluca Zambrotta, Mark van Bommel, Clarence Seedorf, Antonio Cassano e Thiago Silva. E lo stadio meneghino, sold out, era tutto una coreografia per salutare i suoi beniamini. E anche molti tifosi del Novara, in attesa che uscissero dal terzo anello per fare ritorno ai propri mezzi per tornare a casa, si fermarono e fecero molte foto di uno stadio in piedi e festante per salutare i suoi eroi.
Per la cronaca, dopo quel Milan-Novara, in casa azzurra si ritirarono dal calcio giocato anche Centurioni, Paci, Fontana, Rinaudo e da allora solo nove giocatori della rosa del Novara giocarono ancora in Serie A. A oggi, di quella rosa, uno solo giocatore milita ancora in Serie (Ivan Radovanovic nel Genoa).
Quando Mathieu Flamini vedeva il Novara, segna
Ci sono tanti giocatori che, non si sa per quale motivo, segnano di più ad alcune squadre che ad altre. E il Novara, nella sua storia, ne ha avuti tanti di giocatori che gli hanno segnato con regolarità. Uno di questi è senza dubbio Mathieu Flamini, centrocampista francese in forza al Milan tra il 2008 ed il 2013.
Flamini, classe 1984, oggi è un giocatore senza contratto, ma ha una caratteristica: quando gioca contro il Novara. segna. E lo ha fatto sia il 13 gennaio 2010, sia il 13 maggio 2012: prima aveva spezzato i sogni di gloria del Novara nel mitico ottavo di finale di Coppa Italia che aveva portato a San Siro 13mila tifosi azzurri, poi aveva impedito che il Novara vincesse anche in casa del Milan. Cosa Inzaghi che mise fine ai sogni di gloria di Centurioni e compagni.
Uno direbbe “Flamini e Inzaghi sono marcatori seriali contro il Novara”. Certo, ma con dei distinguo: Inzaghi in carriera ha segnato 290 reti, Flamini nella stagione 2009/2010 e 2011/2012 segnò solo due reti. Entrambe contro il Novara. Quando si dice, il destino di un giocatore che da solo valeva (come ingaggio lordo) tutta la rosa (come ingaggi lordi) del Novara.
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