In attesa di tornare a scrivere del Novara/1: la storia di Gigi Marulla

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di Simone Balocco

 

In attesa che si riunisca l’assemblea dei club di Serie C mercoledì 22 agosto per decidere sull’avvio del campionato di terza serie domenica 2 settembre (e quindi redigere la composizione dei gironi e i calendari), ho deciso di dedicare due piccoli spazi a due calciatori che mi hanno sempre incuriosito ed affascinato. Non sono novaresi e non hanno mai giocato nel Novara, ma tant’è.

Cosenza e Pescara distano tra loro 550 chilometri: una è in Calabria ed è a 240 metri sul livello del mare, l’altra è adagiata sull’Adriatico. Città diverse, regioni diverse ma unite dal calcio: piazze calde e passionali. La città abruzzese lo scorso 16 giugno ha ospitato la finale unica dei long play off di Serie C tra la squadra dei “lupi della Sila” e la Robur Siena. In un “Adriatico-Cornacchia” colorato di rossoblu con oltre 10mila tifosi cosentini al seguito, la squadra di Piero Braglia ha vinto il match ed è tornata, dopo quindici anni di attesa, in Serie B, relegando i toscani a disputare un’altra stagione in Serie C. Ma il Cosenza e lo stadio di Pescara, calcisticamente, hanno un feeling particolare, poiché il 26 giugno 1991 i calabresi sconfissero la Salernitana nei play out salvezza, con un gol a minuto 6 del primo tempo supplementare, restando in cadetteria.

I tifosi cosentini presenti in Abruzzo e quelli che hanno aspettato in piazza il giorno dopo l’arrivo della squadra, presumibilmente hanno legato la vittoria al fatto che qualcuno abbia dato loro una mano dal cielo. Proprio colui che ha segnato quel gol che salvò il Cosenza dalla retrocessione ventisette anni prima, colui che ha scritto una grande pagina di calcio a Cosenza, colui che ha fatto grande una provinciale grazie ai suoi gol e alla sua fedeltà alla causa. Tanti tifosi cosentini sabato 16 giugno, dopo il 3-1 definitivo di Alain Baclet (un ex Novara per nulla rimpianto), hanno guardato in cielo e hanno ringraziato Luigi “Gigi” Marulla.

Parlare nel 2018 di Gigi Marulla significa parlare del vero calcio di provincia, quello ruspante, quello che ha fatto appassionare gli italiani tra gli anni Ottanta e Novanta, dove il livello calcistico era alto a tutti i livelli, dove gli stadi erano strabordanti di tifo passionale e di uomini che, in pantaloncini e scarpini, erano considerati divinità pagane. Gente che faceva piangere ad ogni loro gol, l’opposto dei calciatori odierni muscolosi, vip, social network addicted e pronti a lasciare la loro squadra se retrocede in una serie inferiore.

E Gigi Marulla, reggino di Stilo, ha incarnato il prototipo del calciatore-icona di una piazza, quella cosentina, che si è immedesimata in lui negli anni in cui ha giocato al San Vito e quello stadio, che lo vide guidare la squadra fino a giocarsi la promozione in Serie A, dal settembre 2015 è intitolato proprio alla sua memoria, poiché Marulla è morto il 19 luglio 2015. Improvvisamente, lasciando un vuoto incolmabile tra i supporter dei “lupi della Sila”.

Ma se si pensa a Marulla si pensa, senza se e senza ma, alla sua epopea in terra cosentina: undici campionati, 330 presenze e novantuno reti segnate, primati difficilmente superabili anche nel lungo periodo in casa silana.

Il giorno delle sue esequie, il 21 luglio successivo, ha visto Cosenza paralizzata, ferma per rendere omaggio al suo idolo numero 1 (anzi, numero 9), quello che l’aveva fatta sognare ed uscire dall’anonimato calcistico. La bara dell’attaccante entrò nel “suo” stadio ed i tifosi fecero cori e lo festeggiarono come se avesse segnato un gol. E con loro i tifosi di altre squadre, perché Marulla era un unicum, uno che piaceva a tutti, anche se indossava la maglia della squadra rivale.

A distanza di tre anni dalla scomparsa del bomber di Stilo, molti si ricordano ancora delle sue gesta in campo, sopratutto negli anni della Serie B, una serie che da quelle parti mancava dalla stagione 2002/2003 prima del trionfale torneo giocato quest’anno da Corsi e compagni.

Marulla iniziò a giocare a calcio da professionista con la maglia dell’Acireale nella stagione 1979/1980 nel Campionato Nazionale Dilettanti, rimanendovi due anni e segnando nove reti.

Passò poi all’Avellino, allora in Serie A, ma i “lupi” irpini decisero di darlo in prestito ad un’altra squadra che aveva (e ha ancora oggi) un altro lupo come mascotte, il Cosenza, neopromosso in Serie C1.

Era il 1982, l’Italia aveva vinto da poco il Mundial spagnolo e Gigi Marulla, 21 anni, planò sul San Vito rimanendovi tre stagioni. In quel lasso di tempo, l’attaccante segnò ventotto reti, di cui diciotto nella sola stagione 1984/1985 che gli valse la vittoria della classifica marcatori ad ex equo con de Lorenzo del Catanzaro. Tre stagioni dove i tifosi cosentini iniziarono a capire che quel ragazzo li avrebbe fatti sognare. Ma sul giovane Marulla, nell’estate 1985, si fiondò il Genoa, nobile decaduta del nostro calcio da tre stagioni in Serie B con l’obiettivo di tornare nella massima serie. L’allora neo presidente del Grifone, Aldo Spinelli, decise di strappare un cospicuo assegno (2 miliardi di lire del tempo) al Cosenza per ingaggiarlo. Marulla fece le valigie e “salì” al Nord, approdando sotto la Laterna rossoblu. Altre tre stagioni, una media gol non altissima, ma la consapevolezza di essere diventato un giocatore di livello.

Nell’estate 1988 Marulla tornò all’Avellino appena retrocesso in Serie B e segnò con la media di un gol ogni tre partite, ma il bomber reggino iniziò a soffrire la saudade di Cosenza.

La stagione successiva tornò nella città della Madonna del Pilerio, decidendovi di rimanerci a lungo, tanto da diventare anche il capitano ed il leader indiscusso della squadra. Vi rimase fino all’estate 1997: otto campionati, 61 reti, una promozione in B, due “quasi” promozione in Serie A ed il gol “benedetto” di Pescara.

Le undici stagioni totali di Marulla al Cosenza hanno, come detto precedentemente, uno zenith, un momento ed uno stadio ben preciso: 26 giugno 1991, finale play out di Serie B, stadio “Adriatico” (non ancora intitolato anche a Giovanni Cornaccia) di Pescara. La sua rete al sesto minuto del primo tempo supplementare fu accolta dai tifosi cosentini assiepati nello stadio pescarese come una rete di una finale mondiale: palla a Marulla che si “bevve” i marcatori e Battara battuto. Il giocatore andò sotto la curva a prendersi le lacrime di gioia dei tifosi, assalito dai compagni.

Quel giorno l’attaccante di Stilo divenne il vero eroe di una curva che non voleva tornare in Serie C, diventando l’eroe di Cosenza, l’idolo incontrastato che aveva regalato la salvezza ad una piazza che viveva (e che vive ancora oggi) di calcio.

Marulla salutò calcisticamente il Cosenza poco dopo la retrocessione in Serie C1 della stagione 1996/1997. Si aprirono per lui le porte del Castrovillari, dove rimase due stagioni segnando un discreto bottino di reti in Serie C2.

Iniziò poi la carriera da allenatore, che lo vide debuttare e chiudere alla guida del Cosenza tra Primavera, Berretti e Prima squadra, con le parentesi a Gallipoli (Lega Pro, con promozione in B) e Vigor Lamezia, in Serie D. L’esperienza di Marulla alla guida del Cosenza risale alla stagione 2005/2006, con la squadra fallita in estate e caduta negli inferi del dilettantismo.

Dopo l’addio al Cosenza decise di aprire una scuola calcio, dove poter insegnare alle nuove leve le tecniche ed i segreti dello sport che lo aveva reso immortale in Calabria. E poi quel tragico 19 luglio 2015, il malore e la morte di un uomo di appena 52 anni che, dopo anni di gloria e luce, intristì Cosenza, il Cosenza e l’Italia calcistica.

Gigi Marulla è stato un simbolo, un punto di riferimento, un esempio per tutti e la grande promozione in Serie B di Pescara di due mesi fa, 27 anni dopo il suo gol che salvò il Cosenza dalla Serie C1, ha ricordato le gesta di quel ragazzo che partendo dalla provincia estrema ha portato il calcio di provincia a giocarsi la Serie A, facendo conoscere la Cosenza del calcio in tutto lo Stivale. E chissà cosa avrebbe fatto in squadra con Denis Bergamini, lo sfortunato calciatore compagno di squadra per pochi mesi e trovato morto ai bordi di una strada statale e di cui ancora oggi non si è ancora arrivati a trovare un colpevole.

Gigi Marulla per amore di Cosenza e del Cosenza rifiutò importanti offerte dalla Serie A per stare vicino alla sua gente per regalare sogni e speranze. Perché il vero comandante non lascia la nave in balia delle onde, non tradisce l’amore di una vita per un po’ di soldi ed un po’ di gloria in più.

Questa è stata la storia di Luigi Marulla detto “Gigi”, una storia che non deve mai essere declinata al passato ma sempre al presente perché lui, il bomber, non è morto ma è vivo in tutti i tifosi del Cosenza e di chi ama il calcio di provincia a scapito di quello delle pay tv e del calcio griffato.

immagine in evidenza tratta da www.cosenzapost.it