di Simone Balocco
Ci sono libri che hanno segnato intere generazioni di persone: libri capolavoro, libri “mattoni”, libri facili da leggere, libri impegnati e libri che hanno deluso o confermato le aspettative.
Tendenzialmente, da ragazzini, tutti quanti abbiamo letto il romanzo di formazione più noto di tutti. Un libro che ognuno di noi e di cui ricordiamo ancora le vicende e i momenti salienti. Stiamo parlando de “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”, il celebre libro di Collodi, alias Carlo Lorenzini.
Scritto tra il 1881 ed il 1883, oggi l’opera ha 140 anni ed è un capolavoro senza tempo, venduto in tutto il Mondo e tradotto in tutte le lingue, la prima delle quali, in inglese, è datata, addirittura, 1891.
In due righe: Pinocchio è un burattino creato dal falegname Geppetto da un tronco di legno donatogli da Mastro Ciliegia, che invece di farlo diventare ricco con gli spettacoli, lo porterà alla disperazione perché Pinocchio, durante il corso del racconto, si caccerà in ogni guaio possibile, alternando la figura del bravo “figliolo” con quella del monello, con al suo fianco tantissimi personaggi (per lo più animali) e alla fine, dopo essere diventato “perbene”, viene trasformato, per mano della Fata dai capelli turchini, in un bambino in carne e ossa.
Pinocchio sarebbe in realtà una marionetta e non un burattino, ma lo scrittore toscano ha deciso che il protagonista doveva essere un burattino: la marionetta è un personaggio mosso con i fili, mentre il burattino è mosso da dentro. Pinocchio sarebbe una marionetta, ma Collodi optò per il burattino.
Chi era Carlo Lorenzini? “Collodi” nacque nel 1826, a Pescia, nell’odierna Provincia di Lucca, allora nel Granducato di Toscana. Primo di dieci figli, è stato scrittore, giornalista umoristico e prese parte alla Prima e alla Seconda guerra di indipendenza. Intrecciò una bella collaborazione con “Il giornale dei bambini” di Ferdinando Martini (per cui scrisse “a puntate” l’opera incentrata su Pinocchio), diventandone anche per un breve periodo direttore.
La favola di Pinocchio è scritta da Collodi in modo semplice, a volte con espressioni dialettali, veloce. Scrivesse oggi, questo libro sarebbe totalmente diverso perché allora era ambientato intorno all’Unità di Italia con altri valori. Si dice, ma questo non è stato mai verificato, che Collodi scrisse “Le avventure di Pinocchio” basandosi su uno scritto simile molto precedente al 1881.
Collodi all’inizio non era convinto di scrivere un’opera di quel tipo, ma nel luglio 1881, sulle colonne de “Il giornale dei bambini” uscirono i primi capitoli. Lorenzini inviò a Guido Biagi, redattore del “Il giornale dei bambini”, la sua opera che lui stesso considerava una “bambinata”, un’opera dedicata esclusivamente ad una platea di piccoli lettori.
Lorenzini non ebbe pretese di diventare ricco con la pubblicazione dell’opera, ma chiese che se fosse stata pubblicata, lui avrebbe voluto un tot per ogni copia venduta.
La prima uscita è datata 7 luglio 1881, a cadenza settimanale, successivamente il 14 luglio, il 4 agosto, il 18 agosto, l’8 e 15 settembre ed il 20 e 27 ottobre 1881. Dopodiché ci fu uno stop. A grande richiesta dei lettori, Lorenzini continuò nella pubblicazione ed il 16 febbraio 1882 uscì la nuova serie di Pinocchio su “Il giornalino”, mentre l’ultimo capitolo uscì il 25 gennaio 1883.
“Le avventure di Pinocchio” viene letto nelle scuole elementari per la sua facilità di lettura, per le tante peripezie che affronta il protagonista e perché è un vero romanzo di formazione. Ed il motivo è semplice: nonostante il burattino non impari mai la lezione dai suoi errori, alla fine, conscio dei suoi mezzi e delle sue birichinate, decide di dare un taglio al proprio passato, migliorandosi ed aiutando le persone in difficoltà. Come dire: nella vita se si è bravi e ci si comporta bene, si viene sempre premiati.
Oltre alla semplicità e al linguaggio a volte dialettale (l’opera è ambientata nell’allora Gran Ducato di Toscana, prima dell’Unità d’Italia), l’opera di Lorenzini, serve anche ai genitori sul come educare e crescere un figlio.
Pinocchio è un burattino che fa…il bambino: è dispettoso, non ubbidisce, ha poca coscienza, non vuole studiare, si caccia sempre nei guai. Solo che nella realtà di tutti i giorni, esistono genitori amorevoli e coscienziosi che seguono i figli e li rimettono sulla retta via. Pinocchio invece è un po’ allo stato brado, poiché gli unici suoi “genitori” (Geppetto e la Fata turchina) provano in tutti i modi a metterlo sulla retta via, ma lui, imperterrito, continua sulla sua strada: il “padre” vende la sua giacca per comprargli l’abecedario (che poi Pinocchio venderà, senza pensarci due volte, per andare a vedere lo spettacolo dei burattini di Mangiafuoco), gli darà le pere che porterà a casa dal carcere, gli costruirà delle gambe nuove e si getterà in mare aperto per cercarlo disperatamente; la Fata turchina, un po’ madre ed un po’ sorella, morirà di dispiacere per colpa sua per poi trasformarlo definitivamente in un “bambino perbene” quando Pinocchio capisce gli errori fatti in precedenza aiutando Geppetto in difficoltà (dopo averlo salvato dal ventre del Pesce-cane) e iniziando a lavorare duramente.
Geppetto e la Fata sono la famiglia del burattino, anche se non lo sono in senso stretto: Geppetto è il suo “creatore” poiché lo costruisce da un pezzo di legno donatogli da Mastro Ciliegia, mentre la Fata sarà il suo angelo custode durante il corso della storia. Svolgendo per Pinocchio un ruolo contemporaneamente di madre e sorella maggiore. La fata non interviene mai nella vicende direttamente, ma sempre di lato, ha tanta pazienza ed è sempre in pena per lui.
Nell’opera di Lorenzini, Pinocchio incontra personaggi importanti che caratterizzano la sua vicenda: da Mangiafuoco al Gatto e la Volpe, dal Grillo parlante alla Fata turchina, dai medici che devono capire se è morto ai conigli neri che trasportano la sua bara se non berrà la medicina, dall’omino di burro a Lucignolo, oltre ad un serie di animali che danno al racconto il vero impatto di una favola, ma ognuno con un proprio significato intrinseco: il grillo rappresenta la coscienza, l’asino la voglia di non studiare.
Gli animali rappresentano molte caratteristiche dell’uomo, con pregi e difetti umani. Cosi come i colori dei personaggi ed i loro ruoli negativi, ammonitori o soccorritori Ci sono bene 26 tipi diversi di animali nel racconto.
La prima parte del libro termina con la morte di Pinocchio impiccato ad un albero per mano degli Assassini (alias il Gatto e la Volpe travestiti) per rubargli le monete d’oro che gli aveva dato Mangiafuoco, il proprietario del Gran teatro dei burattini, che, rattristitosi per la storia della sua vita e per la povertà di Geppetto, gli aveva regalato cinque monete d’oro. La seconda parte termina con la trasformazione del burattino di legno in bambino in carne e ossa.
Sono diversi i temi contenuti nell’opera: dal tema dell’amicizia (Pinocchio aiuta il cane dei carabinieri Alidoro a non affogare e Alidoro lo libera dal pescatore verde che vuole farlo fritto; Pinocchio è amico di Lucignolo e per seguirlo nel Paese dei Balocchi non dice nulla alla Fata turchina che il giorno dopo avrebbe organizzato una grande festa con i compagni di scuola del burattino per farlo diventare un bambino in carne e ossa) e della povertà, un tema ricorrente e che caratterizza la storia sin dal principio (Geppetto è un povero falegname che abita in una piccola casa ricavata da un sottoscala, abita con il suo gatto e che per comprare l’abbecedario a Pinocchio vende la sua giacca, gli prepara un vestito di cartapesta con un cappello fatto di molliche, lo veste con un vestito di carta fiorita, con scarpe fatte di scorza d’albero). Per non parlare del tema dell’amore, con Pinocchio che, nelle ultime fasi della storia, aiuta il padre con il lavoro e negli spostamenti, regalando anche delle monete di rame alla Lumaca (animale vicino alla Fata turchina) e le dice di darle alla Fata in pericolo di vita, invece di comprarsi un vestito nuovo.
Come ogni vicenda, ci sono sempre degli antagonisti, dei personaggi negativi. Negativo è tutto l’ambiente che circonda Pinocchio nelle sue avventure: gente che vuole derubarlo, giudici che non lo ascoltano, gente che non studia e che prende in giro quelli che studiano, nessuno è buono, nessuno che aiuti. Tra questi i principali sono il Gatto e la Volpe e Lucignolo.
Il Gatto e la Volpe (uno finto cieco, l’altra finta) rappresentano il malaffare e la prevaricazione: non appena vengono a conoscenza che Pinocchio ha in tasca cinque monete d’oro, e sapendo di avere davanti a loro un burattino, prima si fanno portare al “Gambero rosso” dove mangiano a bizzeffe facendo pagare poi il conto a Pinocchio senza dirgli niente, poi la stessa notte Pinocchio (su indicazione dell’oste) va verso il bosco trovato i due che invece si travestono da “assassini” e lo colpiscono a morte e lo impiccano per rubargli le monete d’oro. Poco dopo Pinocchio sempre su loro consiglio sotterra in una buca nel “campo dei miracoli” le monete d’oro affinché nascesse un albero di monete ma venti minuti dopo, in sua assenza, i due lestofanti recuperano le monete, lasciando il povero burattino senza un soldo.
Per il Gatto e la Volpe conta più avere qualche moneta d’oro invece che rispettare la vita di persone indifese e ingenue.
Lucignolo invece è un compagno di classe di Pinocchio, più grande di lui e con poca voglia di studiare. Lucignolo era il soprannome di Romeo, studente (forse) ripetente, svogliato e poco interessato allo studio, ma propenso all’ozio e al divertimento estremo. Convince il burattino a seguirlo, il giorno prima della sua festa dove la Fata lo avrebbe trasformato in un bambino, nel Paese dei balocchi, un luogo dove non c’erano scuole, maestri, regole e dove si rideva, si scherzava e si giocava tutto l’anno e per tutta la vita. La sera stessa Pinocchio parte con Lucignolo verso questo Paese accompagnati da un carro trainato da dodici asini dell’Omino di burro, un uomo malvagio che aveva il compito di portare i ragazzini nel fantomatico “Paese dei balocchi”. Arrivati a destinazione, i due ragazzini entrano nel mood del Paese, se nonché cinque mesi dopo, una mattina scoprono che sulla loro testa erano cresciute delle orecchie da asino. Nonostante cerchino di nasconderle, i due ragazzini temono per la loro sorte (visto che a Pinocchio una marmotta aveva detto della trasformazione molto veloce) e poco dopo diventano due asini veri e propri. Ed il compito dell’Omino di burro era proprio quello di portare i ragazzi nel Paese dei balocchi, aspettare la loro “trasformazione” e poi venderli ad agricoltori o imprenditori circensi ricavando un bel po’ di soldi.
L’asino-Pinocchio e l’asino-Lucignolo vengono allontanati e Pinocchio diventa un asino da circo molto famoso, solo che durante una esibizione, vedendo tra gli spettatori la Fata turchina triste e con la sua immagine su una medaglietta, il Pinocchio-asino cade e si rompe una zampa. Il direttore del circo sa che non può fare più nulla per lui (e con lui, soprattutto), lo vende ad un signore che con la sua pelle avrebbe fatto un tamburo. Lo portò su uno scoglio, gli legò un sasso al collo e lo buttò in mare. Pinocchio-asino diventò un burattino come prima (dicendo che la sua pelle da asino era stata mangiata dai pesci), l’uomo lo volle allora prendere e trasformare in legna da ardere, ma Pinocchio si mise a nuotare e scappò via dalle grinfie di quell’uomo cui interessava il guadagno e non il rispetto della vita.
Pinocchio rivede il Gatto e la Volpe e Lucignolo alla fine della storia: i due lestofanti sono diventati davvero cieco e zoppa, chiedono ancora l’elemosina a Pinocchio il quale li sgrida per il loro passato. Lucignolo era da tempo l’asino del contadino per cui Pinocchio faceva dei lavori per guadagnare dei soldi da portare al padre. Il contadino, contento del lavoro svolto dal burattino, mostra allo stesso Pinocchio il suo asino morente: era proprio Lucignolo che però muore poco dopo.
Ma se si pensa al racconto di Collodi, non si può non pensare alle bugie, la cosa più caratteristica del racconto. Le bugie sono il vero motivo per cui Pinocchio è famoso in tutto il Mondo.
La bugia è un “classico” della vita di ognuno: chi di noi non ha mentito almeno una volta nella vita, anche a fin di bene? Solo che dire bugie non è bello e Collodi punisce Pinocchio facendogli crescere il naso. Segno di disagio nei confronti di chi lo vede, mettendolo in cattiva luce e per questo come monito affinché non ne dica. Pinocchio non è un bambino in carne e ossa, non può vergognarsi per le bugie dette e quindi gli si allunga a dismisura il naso che, essendo di legno, lo caratterizza.
La prima volta che Pinocchio dice una bugia è a letto, sorvegliato dalla Fata, dal corvo, dal grillo e dalla civetta che devono dare la loro diagnosi sul suo stato di salute. La Fata chiede a Pinocchio il motivo della sua impiccagione e lui, non dicendo la verità, si vede ogni volta crescere il naso in maniera tale da non potersi muovere per la stanza. E solo un migliaio di uccellini, entrati di colpo nella casa della Fata, glielo ridurranno ad una misura normale.
Collodi mai aveva scritto opere come “Pinocchio”: era un amante della politica e ad un certo punto della sua vita decise di scrivere per i bambini. Con “Pinocchio” diede sfogo alle sue fantasie che strizzano l’occhio anche agli adulti.
“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un romanzo di formazione per bambini e ragazzi, in quanto Lorenzini scrisse l’opera partendo dalla nascita di Pinocchio (da un tronco di legno che doveva essere usato inizialmente per diventare la gamba di un tavolo), attraversando la sua vita da burattino che non riusciva a diventare un ragazzino come tutti gli altri (anche per colpa sua) con personaggi che tutti incontrano nella propria vita: dal grillo parlante che è la nostra coscienza all’andare a scuola; dal divertirsi fino all’approcciarsi con persone che non si dovrebbero frequentare; fino al tema della morte (un tema discusso dagli studiosi dell’opera che non rende, secondo loro, Pinocchio un libro per bambini ma per adolescenti visto che in molte occasioni Pinocchio rischia davvero di morire); le forze dell’ordine e la legge e poi la consapevolezza di raggiungere i propri sogni comportandosi bene e rispettando tutti. La fiaba è profonda e può essere letta da tutti, non solo da bambini, anche se si dice che “Pinocchio” contenga esoterismi e richiami alla massoneria.
Pinocchio cerca la dignità, non ci riesce e solo alla fine dopo tante vicissitudini si completa diventando come tutti quelli che lo circondano: uomini in carne ed ossa. Pinocchio vuole essere libero (appena creato, scappa), non vuole obbedire (leggasi il Grillo parlante), frequenta cattivi consiglieri (il Gatto e la Volpe). E’ umano, senza saperlo.
Pinocchio anche se di legno, fa cose umane: corre, parla e mangia. E’ buono, gentile, ingenuo, umano, a volte dice bugie e spesso si caccia nei guai. In pratica, durante il corso del libro Pinocchio migliora se stesso: la vita è un percorso ad ostacoli che Pinocchio affronta sin da subito.
La morale della fiaba si basa sul dire sempre la verità, impegnarsi sempre nei compiti assegnati, rispettare tutto e tutti ed imparare dai propri sbagli per non commetterli più in futuro. Ed infatti, negli ultimi capitoli della favola, Pinocchio è cresciuto, sa che ora deve diventare serio se vuole diventare un bambino vero, quindi salva dal ventre del Pesce-cane Geppetto, lavora, guadagna tanto per lui e per il padre. La Fata turchina lo trasformerà in un bambino dentro una casa che il giorno prima era una catapecchia.
“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un libro per tutti, insomma. E serve anche come esempio per i ragazzini: studiare, volere bene ai propri genitori, comportarsi bene, non dire bugie, non credere alla gente che promette cose impossibili e non perdere mai di vista l’obiettivo.
Su Pinocchio è stato scritto di tutto, compresi musical, fumetti e anche Walt Disney ci mise lo “zampino” con il suo cartone datato 1940, cartone classico Disney numero II in ordine di apparizione e vincitore di ben due Premi Oscar.
Nel Comune di Pescia si trova il Parco tematico di Pinocchio che presenta un percorso che porta i bambini e le famiglie ad immedesimarsi nella vicenda grazie anche alle statue e le costruzioni che ricordano i vari passaggi della fiaba. A capo di questa c’è la Fondazione Collodi. Pensato nel 1953 per ricordare i 70 anni dalla pubblicazione del libro, ci fu un concorso per realizzare il monumento al burattino più famoso del Mondo: il successo fu forte tanto che arrivarono quasi 200 progetti e tre anni dopo venne inaugurato questo parco unico nel suo genere.
Nessun altra fiaba per bambini, o un romanzo o un altro libro ha avuto un successo planetario. Merito di uno scrittore umoristico toscano che nel 1881 decise di formare nel suo piccolo, milioni di bambini.
E questi bambini, da allora, gli sono eternamente grati.
immagine in evidenza tratta da www.tg24.sky.it