di Simone Balocco
Come tutti sapranno, lo scorso 20 agosto il governo è caduto per via delle dimissioni del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: l’esperienza del governo gialloverde è durata 14 mesi.
Dalle elezioni del 4 marzo alla nomina di Giuseppe Conte a Primo ministro
L’operatività del nuovo governo, frutto delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, è stata molto travagliata in quanto dal voto al giuramento (1° giugno) erano trascorsi ottantotto giorni. Finalmente il 31 maggio c’è stata la fumata bianca: il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, conferisce a Giuseppe Conte l’incarico di formare il nuovo governo. Conte, avvocato e docente universitario di diritto privato, la sera stessa presenta la lista dei Vice-Presidenti del Consiglio, del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e dei suoi diciannove ministri. In base all’articolo 94 della Costituzione, il governo Conte entro dieci giorni dalla sua formazione si sarebbe dovuto presentare alle Camere per ottenerne la fiducia e divenire operativo.
In base alle elezioni del 4 marzo 2018, il partito in parlamento con la maggioranza relativa è il M5S con 227 deputati e 112 senatori (32,68%), seguito da PD con 107 deputati e 51 senatori (18,76%) e Lega con 123 deputati e 58 senatori, pari al 17,35% dei voti.
Il governo Conte è il primo della XVIII legislatura ed è succeduto al governo Gentiloni, in carica dal 12 dicembre 2016 al 1º giugno 2018 ed è stato il 65° governo della Repubblica italiana.
Conte è un “tecnico”, un membro dell’esecutivo non facente parte di nessun partito e non eletto in questa legislatura.
Il governo Conte è stato composto da otto esponenti del Movimento Cinque Stelle, sei della Lega Nord e altri cinque di natura tecnica, ovvero non iscritti o facenti parte di nessun partito presente in parlamento.
Dopo un anno e due mesi l’alleanza di governo è naufragata: troppe le distanze tra i due partiti, troppi problemi all’interno della compagine, troppo spaccato il governo per proseguire fino al termine naturale della legislatura (2023).
La crisi di governo: tappe e il discorso del Premier al Senato
L’8 agosto dopo settimane di discussioni e litigi vari (una su tutti, il voto del Senato che boccia la mozione di M5S contraria alla Tav e approvato invece quella del Pd favorevole alla stessa, grazie anche al voto favorevole della Lega), Matteo Salvini (vicePremier e Ministro degli Interni), afferma che era inutile che il governo continuasse la sua esistenza e sarebbe stato ora di tornare al voto, cosicché il popolo potesse dire la propria. In pratica, la Lega ha (più o meno) fatto come nel dicembre 1994, quando fece cadere il governo Berlusconi (il “ribaltone”).
Il 9 agosto il Carroccio decise di presentare una mozione di sfiducia al Senato contro il Primo ministro. La presidente Elisabetta Alberti Casellati convoca successivamente la conferenza dei capigruppo programmando per il 20 agosto una comunicazione di Conte a Palazzo Madama
In un intervento molto intenso davanti ai senatori, Conte annuncia che l’esperienza del governo era giunta al termine ed in serata sarebbe andato al Quirinale a rassegnare al Presidente Mattarella le sue dimissioni. Mattarella le accetta, dando il via il giorno dopo ai lavori per la nomina del suo successore, partendo dalle consultazioni. Il discorso dell’ex Premier, molto apprezzato, conteneva molte critiche al suo vice-Premier, seduto alla sua destra.
Come si forma il governo?
Siamo al 3 settembre e non c’è ancora un accordo tra il Partito Democratico e il Movimento, i due partiti più rappresentati in parlamento e che potrebbero (o dovrebbero) dar vita al nuovo governo giallorosso (dai colori dei loro partiti).
Sul web e sui social c’è molta confusione sulla procedura dell’incarico di un secondo mandato a Giuseppe Conte, con molti italiani che si dividono tra un ritorno alle urne e continuare la vita della legislatura.
Innanzitutto c’è da dire una cosa: in parlamento c’è la maggioranza delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e non delle elezioni europee dello scorso 26 maggio: la maggioranza ce l’ha quindi il M5S (32%) e non la Lega (34%, in base al voto europeo). E’ errato dire che la Lega (e Salvini) dovrebbero avere il mandato per creare il nuovo governo perché Lega e coalizione di centrodestra non hanno i numeri in parlamento per governare, avendo 262 deputati ed 138 senatori (quando la maggioranza è 316 deputati a Montecitorio e 161 deputati al Senato).
Differenza tra Repubblica parlamentare e Repubblica presidenziale
Partiamo dall’abc: l’Italia è una repubblica parlamentare, vale a dire che il parlamento è il luogo dove si fanno le leggi e dove è rappresentata la volontà popolare. I cittadini ogni cinque anni, salvo termine anticipato della legislatura, sono chiamati ad esprimersi mediante il voto per eleggere i 630 deputati e i 315 senatori (compresi i 12 deputati e i sei senatori eletti all’estero). Questi daranno la fiducia al governo e ogni sette anni eleggono (insieme a 58 delegati regionali e ai senatori a vita) il Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica non è eletto dal popolo mediante voto elettorale, ma viene eletto dal parlamento in base ad una procedura particolare (in base all’articolo 83 comma III della Costituzione, “l’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio e` sufficiente la maggioranza assoluta”): se i cittadini votassero direttamente il Presidente della Repubblica, l’Italia diventerebbe una repubblica presidenziale alla stregua in Europa della Francia e Cipro o nel Mondo di Stati Uniti d’America e Argentina. La nostra forma di governo è frutto del referendum del 2 giugno 1946.
Quindi è errato dire che il Presidente del Governo è eletto dal popolo.
Come si nomina un governo in Italia?
Come si nomina il governo? Partiamo dall’articolo della Costituzione specifico, il 92: “il governo della Repubblica è composto [dal] Presidente del Consiglio e [dai] Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”.
Una volta ricevuto l’incarico, il candidato Premier in pectore stila il nome dei suoi ministri e tutti dovranno tutti recarsi al Quirinale per giurare dinnanzi al Capo dello Stato. Entro dieci giorni da allora, il governo dovrà andare dinnanzi alle Camere per avere la fiducia di entrambi i rami del Parlamento in base agli articoli 93 e 94 della Costituzione.
Per arrivare a questo il percorso non è facile e lo stiamo vivendo da tre settimane. Stiamo vivendo una cosa chiamata “crisi di governo” che si risolverà o con l’incarico e la fiducia parlamentare o con lo scioglimento delle Camere ed il ritorno al voto. Se ciò avvenisse, sarebbe la nona volta in diciotto legislature.
Molti nostri connazionali vorrebbero andare alle urne, il che sarebbe una novità perché mai nella storia repubblicana (dal 18 aprile a oggi) si è votato in autunno o in inverno per il rinnovo del parlamento. Perché in autunno? Perché in base all’articolo 61 della Costituzione “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti [e] la prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Il che vorrebbe dire, in soldoni, che se Mattarella sciogliesse le Camere domani (4 settembre), si tornerebbe al voto al massimo il 13 novembre ed il nuovo governo non si insedierà, praticamente, fino ad inizio dicembre.
Il percorso della formazione del governo
Il giorno dopo la caduta del governo, il Presidente della Repubblica ha dato il via alle consultazioni: ha incontrato privatamente i presidenti emeriti della Repubblica (gli ex Capi dello Stato in vita, ovvero Giorgio Napolitano), i Presidenti di Senato e Camera in questo ordine (Elisabetta Casellati Alberti e Roberto Fico) e incontrato i gruppi parlamentari dai più piccoli (in ordine numerico) ai più grandi, tenendo incontri con i capigruppo ed i leader politici (es di Maio, Patuelli e d’Uva per il Movimento 5 Stelle; Salvini, Romeo e Molinari per la Lega; Zingaretti, Marcucci, Delrio, de Micheli e Gentiloni per il PD; Berlusconi, Bernini, Gelmini e Tajani per Forza Italia; Meloni, Ciriani e Foti per Fratelli d’Italia; per il Gruppo misto al Senato, de Petris, Nencini, Grasso, Bonino e Merlo in rappresentanza di PSI, LeU, +Europa e MAIE; per il Gruppo misto alla Camera Schullian, Fusacchia, Plangger, Lupi, Lorenzin, Vitiello e Borghese in rappresentanza di +Europa, Minoranze linguistiche, Noi con l’Italia, Civica Popolare, Sogno Italia e Maie; Unterberger, Laniece e Bressa per il gruppo senatoriale Per le autonomie).
Le consultazioni non istituite da articoli della Costituzione, ma sono una “convenzione costituzionale”.
Per prassi, la persona cui viene conferito (almeno) il pre-incarico è il leader o un esponente del partito più votato alle ultime elezioni. Giuseppe Conte, sebbene sia un indipendente, è vicino ai 5S, il partito (anche se loro si definiscono “movimento”) che alle elezioni del 4 marzo 2018 ha ottenuto la maggioranza relativa.
In base all’articolo 94, “il governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione”.
Tra governo e parlamento c’è un rapporto di mera fiducia: l’esecutivo rimane in carica fino a quando esiste una maggioranza parlamentare a sorreggerlo. In mancanza di questo, il governo in carica deve dimettersi.
L’incarico di formare il governo è in forma orale e non scritta dopo un incontro specifico tra il candidato ed il Capo dello Stato. L’incarico può essere esplorativo (vedere se effettivamente è possibile trovare una quadra) o pieno (la persona incaricata incontra i singoli partiti da avvio con l’obiettivo di far nascere, nel più breve tempo possibile, il nuovo esecutivo).
Se la maggioranza c’è, si prosegue con la legislatura, se non c’è e non è possibile la formazione di nessun governo, il Presidente della Repubblica, in base all’articolo 88 della Carta costituzionale, può sciogliere le Camere.
Il candidato Premier una volta ricevuto l’incarico non potrà essere sollevato dall’incarico dal Capo dello Stato.
Ogni candidato accetta “con riserva”: dopo aver ricevuto l’incarico, questo incontrerà i partiti in un altro giro di consultazioni dopo di che andrà dal Presidente a sciogliere o meno la riserva. In caso positivo, verranno emanati tre decreti del PDR (nomina Presidente del Consiglio, nomina dei singoli ministri, accettazione dimissioni del governo precedente). Questi tre decreti sono controfirmati rispettivamente dal Presidente del Consiglio nominato, per attestare l’accettazione; controfirmato dal Presidente del Consiglio; controfirmato anch’esso dal Presidente del Consiglio nominato.
Prima di diventare veramente esecutivo, il governo dovrà prestare giuramento nella mani del Capo dello Stato ed entro 10 giorni dal decreto di nomina, il governo dovrà presentarsi alle Camere per ottenere il voto di fiducia. Il voto di fiducia viene prima anticipato da un discorso da parte dei capigruppo in cui si specifica il voto del gruppo parlamentare. Il voto di fiducia è per appello nominale, ovvero non segreto.
Da quando ha giurato e prima del voto di fiducia, tutta la compagine governativa è responsabile delle sue azioni.
Ricapitolando: i cittadini non decidono chi dovrà essere il nuovo Presidente del Consiglio perché è il Presidente della Repubblica che conferisce l’Incarico.
Il percorso è diviso in:
-
consultazioni;
-
conferimento dell’incarico;
-
nomina del candidato Presidente del Consiglio;
-
giuramento al Quirinale;
-
fiducia parlamentare
Cosa succederà?
Quando sarà esecutivo il nuovo…esecutivo? Questa settimana inizieranno nuovi incontri tra Conte, di Maio, Zingaretti ed altri esponenti del papabile governo giallorosso.
In caso di mancato accordo, presumibilmente Mattarella scioglierà le Camere e si tornerà al voto. L’articolo 61 dice che “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni” e “finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”.
L’importante è che si decidano: o si prosegue con la legislatura o si torna alle urne. Ma questa deve essere una cosa veloce: l’Italia non ha più tempo da perdere.
Gli articoli della Costituzione sono stati consultati sul sito https://www.senato.it/1024
Immagine in evidenza tratta da wikimapia.it
Articolo scritto in collaborazione con Paola Maggiora