di Simone Balocco
Per la seconda (o terza volta) da quando scrivo su questo blog, scriverò in prima persona. Un approccio meno giornalistico (non sono un giornalista) e più da blogger (cosa che sono e di cui rivendico il ruolo).
Questa volta le mie consuete “due righe” le dedicherò a quello che a oggi (e da qualche anno) è considerato il calciatore più impattante della storia: Lionel Messi.
Parto con un inciso: non sono mai stato un fan di Messi e sono conscio che nel Mondo siamo delle mosche bianche. Ma questo lo dico non perché non lo considero “il più forte calciatore di sempre della storia del calcio”, ma perché nel calcio non ho idoli. Ho calciatori preferiti, non idoli, cose diverse. E chi mi conosce sa come la penso.
E Messi, lo ammetto, non è mai stato un calciatore che mi ha entusiasmato: sarà per l’aurea che lo circonda, sarà perché gioca in una squadra perfetta (forse troppo perfetta), sarà perché gioca da sempre (e solo) in una sola squadra, sarà perché di questa squadra è dalla stagione 2004/2005 l’ingranaggio perfetto di un sistema perfetto. Insomma, ero prevenuto nei suoi confronti e il mio giudizio è sempre stato viziato da qualche pregiudizio.
Sarà, ma a me Messi non è mai piaciuto. Nel senso: grande giocatore, ma Cruijff, Platini, Maradona, van Basten erano di un altro livello. Va bene i cinque Palloni d’oro (tre meritati, due forse no), però…
Però ora mi devo ricredere: Lionel Messi ha un impatto sul calcio devastante. E i numeri parlano da soli: 683 partite nel Barcellona, 600 reti, un gol ogni 1.14 partite giocate. Messi è il giocatore più forte di questi anni Duemila ed è senza dubbio fra i dieci calciatori più grandi della storia di questo sport. Anche tra i primi cinque.
E per capirlo (forse tardi, ma meglio tardi che mai) ho dovuto attendere i due gol che l’asso argentino ha segnato mercoledì sera al Camp Nou contro il Liverpool nella semifinale di andata di Champions League: nel primo caso si è trovato al posto giusto al momento giusto; nel secondo ha calciato una punizione da manuale del calcio. “Nel sette” da almeno 40 metri contro quello che è considerato tra i primi tre portieri al Mondo, Alisson.
E la seconda rete del numero 10 blaugrana (la numero 48 in stagione, la dodicesima in questa Champions, la centododicesima in totale) è stata così “da manuale” da far “sbottare” di gioia due commentatori flemmatici come Rio Ferdinand e Gary Lineker che, immortalati nel loro “”sgabbiotto” dello stadio del Barcellona, hanno esultato come pazzi. Loro che non sono nemmeno spagnoli (o catalani), ma inglesi e che invece avrebbero dovuto (forse) tifare per i Reds. Alla faccia del detto “in Europa si devono tifare le squadre del proprio Paese”.
Ma non è solo: anche il gol che ha realizzato la “pulce” al Nou Camp contro il Manchester United nel turno precedente è stato da antologia. Un gol cercato, voluto, da manuale. Un gol “alla Messi”.
Va bene che nel calcio serve anche la fortuna, ma Lionel Messi questa fortuna ce l’ha da esattamente dal 1° maggio 2005, dal suo primo gol nella squadra catalana nel match contro l’Albacete. Ma oltre alla fortuna, qua c’è talento, classe e voglia di stupire chi lo guarda gioare.
E di gol incredibili e da stropicciarsi gli occhi, la “pulce” di Rosario ne ha segnati davvero tanti. Segno che non è solo fortunato, ma è davvero forte. Il più forte di tutti.
Messi è così: in una partita non si vede per molti minuti, ma quando arriva il suo momento non perdona, diventando letale. Proprio come i campioni: si vedono quando meno te lo aspetti e ti fanno urlare di gioia.
Perché scrivere un pezzo su Lionel Messi in un contesto (cittadinovara.com) dove quando scrivo di calcio lo faccio solo ed esclusivamente riguardo il Novara? Scrivo per scusarmi con Lionel Messi. So che questo pezzo lui non lo leggerà, ma tant’è.
Lo ammetto: ho sempre sottovalutato Lionel Messi. L’ho sempre considerato il classico “uomo giusto-al posto giusto-nel momento giusto”, ingranaggio perfetto di una macchina perfetta. L’ho sempre considerato un giocatore che senza la camiseta blaugrana non è mai stato decisivo. L’ho considerato un ottimo giocatore, ma non un campione di questo sport. Insomma, lo ribadisco: non ho il poster di Messi in camera e non ho la maglia numero 10 del Barcellona nell’armadio e questo pezzo è una sorta di “Simone che si cosparge il capo di cenere”.
Negli ultimi due anni ho rivalutato molto anche Diego Armando Maradona, l’alter ego di Messi, quello di cui la “pulce” dovrebbe essere l’erede. Però tra i due calciatori c’è una distanza siderale per almeno due motivi:
a) il calcio degli anni Ottanta è diverso da quello odierno (dico lo stesso dei Novanta e del primo decennio di questi Duemila);
b) Maradona ha contribuito da solo alle vittorie italiane ed europee del Napoli e della vittoria del Mondiale messicano del 1986 e del secondo posto di Italia ’90 da parte della Nazionale argentina con una squadre più “operaia” dell’altra.
Messi ha vinto tantissimo con il Barcellona (anche se alle vittorie ha contribuito anche un pacchetto di giocatori devastanti) e nulla con la Nazionale argentina, nonostante Seleccion albicelesti molto più forti delle precedenti, mancando sempre il guizzo nelle finali (mondiale come Copa America).
Dopo questa stagione (e dopo queste undici partite di Champions, soprattutto), Lionel Messi ha definitivamente messo la freccia e ha superato da sinistra (come il suo piede) il suo rivale principale in questi anni Dieci del XXI secolo: Cristiano Ronaldo.
E qua si apre l’annoso dibattito: è più forte Leo Messi o CR7? Ad ognuno la preferenza per uno dei due alieni del calcio mondiale. Due di cui si può dire, senza se e senza ma, “questi fanno un altro sport”. Due che hanno riscritto la storia del calcio, due che hanno vinto più tutti dividendo il Mondo in “messiani” e “ronaldiani”, con i rispettivi fan che non hanno mai considerato il rivale all’altezza del loro idolo.
A differenza di Messi, il portoghese si è messo molto in gioco in carriera: dallo Sporting Lisbona al Manchester United, dal Real Madrid alla Juventus. Ha cambiato aria, cercando nuovi stimoli dimostrandosi sempre sul pezzo.
Messi è arrivato al Barcellona nel 2000, ha fatto la trafila della cantera e sono tredici anni che è titolare inamovibile: il classico “coniglio dal cilindro” per Frank Rijkaard, Josep Guardiola, Tito Vilanova, Gerardo Martino, Luis Enrique ed Ernesto Valverde.
Però Messi è stato ancora più determinante del portoghese che, a differenza dell’argentino, a livello di Nazionale, ha vinto di più (leggasi Europeo 2016 e ora la Seleção das Quinas, il prossimo 5 giugno, affronterà la Svizzera nella semifinale di UEFA Nations League). Nessuno dei due vincerà più (credo) la Coppa del Mondo vista l’età (34 anni lo scorso febbraio Ronaldo, 31 anni il 24 giugno per Messi), ma i loro nomi saranno ricordati negli anni a venire come degli immortali del football.
Tanto per capire di cosa stiamo parlando: Ronaldo il suo seicentesimo gol in carriera lo ha segnato sabato 27 aprile al “Meazza” contro l’Inter, mentre Messi il suo “seicentesimo” lo ha segnato quattro giorni dopo. CR7 vs Messi, la sfida infinita: titolo giusto per un film su di loro.
Dopo i trofei vinti a Barcellona (trentaquattro, a oggi, in totale tra “domestici” ed internazionali) e tutti i primati conquistati in carriera (cinque Palloni d’oro, cinque Scarpe d’oro, top scorer di sempre e maggior fornitore di assist nella storia Liga), sarebbe ora che Lionel Messi cambiasse aria anche lui e andasse a confrontarsi in altri campionati, cercando nuovi stimoli e facendo innamorare (dal vivo) altri tifosi. Ma l’attaccante rosarino ha nel cuore, nella mente e nei piedi solo il Barcellona, la società che gli ha pagato le visite mediche quando gli fu diagnosticato, a 13 anni, un’insufficienza ormonale che gli impediva la crescita. Il club catalano lo ha inoltre plasmato come uomo e come calciatore. In pratica, per Messi il Barcellona è una seconda mamma e la mamma, lo sappiamo, non si cambia con nessun’altra cosa al Mondo.
Ora per Messi si prospetta (salvo miracoli della squadra di Klopp) la finale di Madrid contro (presumibilmente) l’Ajax dei ragazzi terribili di Erik ten Hag, capitanati a centrocampo dal futuro compagno di squadra di Messi, Frenkie de Jong.
Ed i bookmakers (e gli amanti del calcio) sono sicuri che allo stadio “Wanda Metropolitano” il 1° giugno ad alzare la coppa sarà proprio il capitano barcelonista, erede di coloro che prima di lui (con la fascia al braccio) aveva alzato la coppa dei sogni: José Ramón Alexanko, Carles Puyol (tre volte) e Xavi. E la alzerebbe dopo quattro stagioni consecutive in cui il Barcellona è sempre stato eliminato nei quarti di finale.
A fine anno (vabbé che siamo ad inizio maggio) per Lionel Messi potrebbe anche arrivare il sesto Pallone d’oro, quello che potrebbe mettere la parola “fine” sull’eterna rivalità tra lui ed il giù citato asso di Funchal.
Ai posteri l’ardua sentenza, anche se molti, forse per un effetto simpatia, vorrebbero che a vincere la Champions League fossero gli ajacidi, la più bella squadra d’Europa dal punto di vista del gioco che potrebbe porre fine al dominio spagnolo nella “coppa dalle grandi orecchie”: tra il 2000 e la scorsa stagione, Real Madrid e Barcellona hanno vinto la coppa dieci volte, mentre Valencia (una volta) ed Atlético Madrid (due volte) hanno perso in finale.
Chi vivrà, vedrà.
Tutto questo per ribadire: Lionel Messi, scusami se in questi anni non ti ho messo in cima ai miei pensieri calcistici.
Scusami se ti ho sottovaluto e non ti ho considerato alla stregua dei grandissimi di questo sport. Scusami se ti ho considerato “uno che segna solo perché gioca con Xavi e Iniesta” e ora che i tuoi due ex compagni ti hanno “lasciato” campo libero, tu hai fatto capire che anche senza di loro sei davvero il più forte di tutti.
Sei un immortale del calcio. Sei un Maestro, un idolo, un campione. Come Michael Jordan, Michael Phelps, Tiger Woods, Michael Schumacher e Mohamed Alì.
E visto che si parlava di mamme, ringrazio la mia per avermi permesso di vivere l’epoca calcistica di Lionel Messi, il ragazzo partito da Rosario, la capitale del calcio argentino, per dispensare tecnica e gol clamorosi in giro per i campi di tutto il Mondo.
Con buona pace degli amanti di Cruijff (di cui mi onoro di essere), Pelé, van Basten, Maradona e Cristiano Ronaldo.
foto in evidenza tra da sport.sky.it