di Simone Balocco
“Il cane è il miglior amico dell’uomo”, “ai cani manca solo la parola”, “i cani sono angeli piovuti dal cielo”, “il cane non ha amici, ha solo il suo padrone come amico”. Quante volte abbiamo sentito queste frasi da parte di una persona che ha un cane.
Queste espressioni le faccio totalmente mie e concordo in pieno con esse. Però devo parlare al passato, perché purtroppo sabato 2 ottobre, poco dopo le ore 13, è mancata la mia cagnolina Jolie e proprio oggi avrebbe compiuto sette anni. Sette anni per un West Highland White Terrier (o Westie, per brevità), la razza cui apparteneva Jolie, è come essere “nel mezzo del cammin di nostra vita” poiché ha un’età di vita compresa tra i 14 e 16 anni. Jolie purtroppo non è arrivata al “giro di boa” della propria vita. Un dispiacere enorme, ma siamo contenti perché ora corre felice e spensierata sul Ponte dell’Arcobaleno. Non so se questo Ponte esista o meno, ma dicono che ogni qualvolta che un cane (o un animale domestico) muoia vada lì, dove ritrova altri suoi simili e rimarrà per tutta la via lì a giocare, correre e stare bene. Come ha fatto quando era in vita: perché Jolie ha vissuto poco, ma secondo mia madre, mia moglie ed io ha vissuto la sua vita in pieno. E spero nella maniera più felice. Non dico sia stato il cane più felice del Mondo, ma abbiamo fatto il possibile per arrivare a quell’obiettivo.
La mia intenzione non è scrivere un pezzo struggente o di commiserazione verso mia madre e verso me stesso per questo nostro tragico lutto, ma vuole essere un ricordo di quanto un cane alto 28 centimetri, pesante 8 chilogrammi e mezzo e dal pelo bianco una volta ogni tanto ci ha cambiato la vita. Eh sì, perché Jolie, con le sue piccole dimensioni, ci ha cambiato la vita. In meglio, nella maniera più categorica.
Facciamo un passo indietro e torniamo ai miei 5-7 anni. I miei nonni materni al paese (Mosezzo) avevano due cani meticci di piccola taglia, madre e figlia: Diana e Jolie. In particolare ero affezionato a Jolie, che era dello zio di mia madre. Avevo un amore incredibile verso quella cagnolina: mi faceva le feste, correva come una matta per tutto il cortile e non appena mi accovacciavo e facevo un movimento delle dita sfregando pollice e indice mi veniva incontro festante. Ed ogni volta che tornavo a caso la salutavo e la “baciavo”.
Prima di sposarmi ho abitato in due condomini e per regolamento non si potevano tenere cani e gatti. Per me un vero dispiacere, ma i regolamenti vanno e devono, obtorto collo, essere osservati.
Nel 2012 Michela Vittoria Brambilla, dopo che era stata parlamentare e ministro, aveva promosso la deregulation sul fatto che, con la riforma dell’art. 16 della riforma del condominio degli edifici, negli appartamenti si potessero tenere cani, gatti o qualsivoglia animale domestico anche se il regolamento condominiale lo vietava. Per me un sogno che si poteva (forse) realizzare: avrei potuto avere finalmente un cane un giorno. Anche perché la mia ragazza del tempo (poi diventata mia moglie) Paola aveva sempre avuto i gatti in casa e volevo essere come lei: la casa piena di cani, conscio del fatto che avere un cane è un impegno ed i cani non sono mode, soprammobili o trofei da mostrare.
Nel 2013 a mia madre mancava un anno alla pensione e ha preso una decisione: “quando andrò in pensione, prenderò il cane”. Per me una gioia incredibile.
Ok…ma quale tipo cane? Visto che abitavamo in un appartamento era ovvio che avremmo optato per un cane di piccola taglia. Si, ma quale? Quale sarebbe stato il cane adatto a noi e alle nostre esigenze?
Mia madre aveva posto un veto: non un cane proveniente da un canile. Non perché fosse contraria (e questo lo voglio sottolineare in maniera netta) ai cani meticci o a quelli abbandonati, ma solo che lei voleva avere un cane di piccola taglia da crescere da zero come una sorta di secondo figlio. Cosa difficile da trovare in un canile, dove si trovano prettamente cani che non soddisfano (purtroppo) i suoi due parametri. L’unica possibilità era l’allevamento. E vada per l’allevamento, allora.
Ok, ma quale cane? Lei è sempre stata innamorata del carlino e del pechinese: nel primo caso era un cane che si vedeva molto in giro in quegli anni mentre il secondo era la razza di Ciuffo, il cane dei nostri ex vicini di casa quando abitavo nel primo condominio fino al 1987. Non mi ricordo se ero affezionato a lui come fossi affezionato alla Jolie del mio prozio, ma tant’è: sono passati 34 anni dall’ultima volta che l’ho visto e me lo ricordo ancora.
Paola ed io guardando un po’ in giro sul web, in giro quando uscivamo in città o dove c’era movimento di persone ed abbiamo scoperto una razza di cane dal nome lungo e particolare: il West Highland White Terrier, abbreviato in Westie. In pratica, per chi non conoscesse la razza, il cane bianco con il naso nero che c’è sulle confezioni del cibo dei cani “Cesar”. Oppure il cane di José Mourinho (Salsiccia) in uno spot di una nota marca di birra sponsor qualche anno fa della Champions League o la mascotte del whisky “Black & White”, molto in voga da sempre nel Regno unito, dove accanto al Westie c’è anche quello che io ho sempre chiamato il suo “cugino”, lo Scottish Terrier (detto Scottie).
Ne parliamo con mia madre, ne vediamo qualche d’uno in giro, ci informiamo sul web anche perché non avevamo nessun conoscente che aveva quel tipo di cane e decidiamo: il cane che sarebbe arrivato a casa nostra sarebbe stato un West Highland White Terrier.
Scelto il periodo di arrivo (successivo al 1° dicembre 2014, primo giorno da pensionata di mia madre) e scelto il cane, altra domanda: dove si trovano gli allevamenti di questa razza vicino a Novara? La fortuna ha voluto che a Cressa, a 25 km a nord di Novara, ci fosse proprio un allevamento di Westie. Facciamo un giro sul web, leggiamo le recensioni e vediamo che ne parlavano bene. Mi metto in contatto con l’allevatrice Monica prima via email e poi via cellulare intorno ad inizio ottobre e subito pongo una questione: il pedigree è davvero così necessario? Glielo chiedo perché noi (da neofiti) abbiamo sempre pensato che il pedigree fosse solo riservato per i cani da mostra, esposizioni e cose che a noi non interessavano e che pensavano si potesse non avere. Lei mi dice che allevava solo cani con pedigree e mi spiegò che questo è una sorta di “libro” che racconta la storia del cane e dei suoi avi. E vada per il pedigree: se è per una “sicurezza” per il cane, partiamo con il piede giusto allora.
Poi arriva quello che io ho sempre chiamato, e che continuo a chiamare, “colpo di fortuna” (non è vero, ho usato un’altra espressione non proprio…oxfordiana): una loro cagnolina (“fattrice” nel gergo) aveva avuto da pochissimi giorni una cucciolata, tre femmine ed un maschio. A parte una femmina, tutti erano stati prenotati. La cucciolata era nata l’8 ottobre 2014, segno zodiacale “bilancia” (che nel mondo canino forse non ha importanza).
Faccio un ulteriore passo indietro: confrontandoci con altre persone che avevano i cani, tutte ci avevano consigliato di prendere una femmina perché più gestibile rispetto ad un maschio sotto tanti aspetti. Noi non avevano messo paletti sul sesso, ma se tutti ci avevano consigliato una femmina…femmina sia!
Parlo con mia madre, lei è d’accordo e la “fermiamo”. Fissiamo un appuntamento a Cressa un sabato pomeriggio per conoscere l’allevatrice, l’allevamento e vedere i cani. Si poteva però solo quel giorno perché mia madre in settimana lavorava ancora. Fissiamo un sabato pomeriggio, andiamo, entriamo in questo allevamento e vediamo un sacco di West Highland White Terrier venirci incontro e guardarci. Che emozione!
Morale: il 13 dicembre 2014 avremmo ritirato la nostra cagnolina. Per regolamento di tutti gli allevamenti, i cuccioli possono staccati dalla madre al compimento dei 60 giorni dalla nascita e la nostra cagnolina ci sarebbe stata consegnata con 66 giorni di vita. Per regolamento degli allevamenti, ogni cucciolata ha una lettera cui tutti i cani devono chiamarsi. La nostra cagnolina arrivava da una cucciolata con la lettere “E” e lei si chiamava Edelweiss. Ma noi potevamo scegliere un altro nome, se non ci piaceva quello datole per la cucciolata.
Altro problema quindi: come chiamare la “cana” (come la chiamavo io)? Mi ero fatto una lista di undici nomi da darle, mentre mia madre ne aveva in mente due. Ho fatto scegliere a lei perché sarebbe stata lei la sua “mamma umana”: la cagnolina si sarebbe chiamata Jolie, come il cane di quel suo zio che io da bambino adoravo. Poca fantasia, ripensandoci, ma chissenefrega: Jolie sarebbe stata la mia “sorellina” pelosa.
Non mi ricordo più bene, ma da quando abbiamo conosciuto Monica (e quindi fermato la cagnolina) al 12 dicembre sera, mia madre ed io ci siamo fatti un sacco di paranoie: saremmo stati in grado di curare ed allevare in casa un cane? Sarebbe stato bene? E se l’avessimo fatto stare male? Mille pensieri, mille problemi, mille paure. Comprensibili, umane.
A mia madre sono andati incontro gli allora suoi colleghi, rincuorandola e dicendole che sarebbe stata in grado e capace. Loro come regalo di pensione non le avevano fatto la solita pianta (che poi forse gliel’hanno fatta altri ex colleghi), ma le hanno regalato un bonus sostanzioso da spendere in un negozio di animali sito in viale Giulio Cesare a Novara. La settimana prima dell’arrivo di Jolie, siamo andati in questo negozio, abbiamo parlato con un commesso, gli abbiamo spiegato del buono, gli spieghiamo le nostre paranoie e…siamo usciti con una borsa piena di cose e rincuorati. Guinzaglio, collare, cuccia, giochino rumoroso a forma di pinguino in piedi (il mitico “signor Pinguino”). Piazziamo tutto dove Jolie si sarebbe posizionata in casa. Da quel sabato, abbiamo fatto partire il countdown.
Il 13 dicembre 2014 mattina ci “consegnano” Jolie dentro un trasportino, facciamo le foto di rito e nell’uscire dall’allevamento, Monica dice a Jolie “buona vita, piccola mia”. Avevamo un compito d’ora in avanti: far fare a Jolie quella “buona vita” che le aveva augurato Monica.
Il resto è la storia che ci ha accompagnati da quel bellissimo 13 dicembre 2014 fino a quel terribile 2 ottobre 2021: sei anni, undici mesi e 24 giorni.
Una storia bellissima e irripetibile di un amore viscerale tra noi e Jolie e tra Jolie e noi. Un legame indissolubile. Un legame terreno finito per colpa di un brutto male che le è stato diagnosticato nel primo pomeriggio di martedì 17 agosto. Per noi quel 17 agosto 2021 è la data in cui è “morta” Jolie: da quel giorno e fino al 2 ottobre l’abbiamo accompagnata alla sua dipartita. Abbiamo fatto il possibile per lei e per farla vivere il più a lungo possibile (e bene) nonostante la malattia. Ma i miracoli su questa Terra non li fa ancora nessuno.
Non voglio ricordare qui gli ultimi giorni di Jolie: voglio ricordare i tanti momenti belli. Possiamo dire che noi per Jolie avremmo dato la vita e io non nascondo di aver detto al “Dio dei cani” che pur di farla vivere fino alla sua età media avrei ceduto dieci anni della mia vita e io vivere dieci anni di meno.
Di Jolie ricordo tutto: la prima pipì fatta in casa sul giornale, la prima cacca, il primo sonnellino, la prima notte passata da sola nel recintino che ci aveva prestato l’allevamento con lei che piangeva intorno alle ore 2 ed io che mi sono alzato, l’ho presa in braccia e lei ho detto “Jolie! Non è ora di giocare. E’ ora di dormire. Domani giocheremo tutto il giorno”: le ho scaldato del latte in polvere, lo ha bevuto tutto e ha dormito. Gliel’ho fatto altre due volte quella notte, segno che ha pianto altre due volte. Ho fatto quella cosa per tutta la prima settimana…e non rimpiango di averla fatta.
Grazie anche all’aiuto di Paola, mia madre ed io siamo migliorati nella sua gestione e non è stato neanche un grosso problema portarla fuori al guinzaglio. Che spettacolo le prime uscite: un cagnolino di quattro mesi (è uscita di casa la prima volta al guinzaglio nel febbraio 2015) che scopriva il mondo fatto di persone e altri cani.
Uscendo prima nell’isolato e poi nel quartiere, siamo andati in centro e l’abbiamo portata in un luogo “sacro” a Novara per chi ha cani: il monumento ai caduti presente sull’Allea. Un luogo verde dove i cani sono liberi e corrono e giocano. Ovviamente sull’Allea i cani devono stare assolutamente al guinzaglio e non devono essere tenuti liberi pena una contravvenzione, ma tant’è.
Lì abbiamo conosciuto un Mondo: cani di tantissime razze e taglie e tante persone. Abbiamo conosciuto Anna Maria con Tobia, Sarah e Silvia con Denver, Maria con Limone, Rosy con Achille (e poi con Valentina), Walter con Daisy (poi anche con Guia e Mya), Orietta con Gala (e poi con Ciocky), Paola con Filippo, Mita con Tommaso, Sonia con Nami, Giulia con Kay. Non esagero: avrò conosciuto 50 cani diversi e cinquanta padroni diversi tra febbraio e luglio 2015. Un microcosmo di persone e cani quello del “monumento” che ci porteremo sempre nel cuore visto che con la maggior parte di loro abbiamo sempre avuto ottimi rapporti e in questi giorni hanno mostrato a me e mia madre il loro rammarico e dispiacere per la morte della “nana” (il soprannome che usavo sempre per chiamarla).
Eh sì perché una cosa che “sospettavo” è che la morte di Jolie non solo ha fatto piangere noi, ma ha fatto “piangere” tutti quelli che l’hanno conosciuta sull’Allea o nelle passeggiate cittadine: dai “genitori” di Chicca e Vicky (le altre due cagnoline del condominio) alle persone che non conoscevamo ma cui Jolie si faceva fare le coccole, da Alice che quando lavorava nella panetteria sotto casa le dava di tutto da mangiare e ora che lavora in un bar vicino le dava il solito biscotto ogni volta che la vedeva (con Jolie che si sedeva, l’aspettava e non se ne andava fino a quando non glielo dava) ai fruttivendoli Sergio ed Ezio che le davano anche loro i biscottini (con il secondo che la chiamava “Giuli’” anziché “Jolie”), dai figli di Daniele ed Eugenia della pizzeria sotto casa che ogni volta che Jolie passava davanti al loro locale nella via dove abitava era “riempita” con vagonate di prosciutto che mangiava senza pietà (e con mia madre sempre a disagio nel vederla visto che si sentiva in debito verso Daniele ed Eugenia). Per non parlare di Claudia del negozio Fastweb in centro o dei suoi datori di lavoro cui Jolie era la mascotte, di Daniela che lavorava in un negozio di sigarette elettroniche sempre in prima linea a farle le coccole e lei a “baciarla”, di Gabriella che il sabato prima che giocasse la Juventus voleva che portassi Jolie nel suo negozio per “stropicciarla” perché portava fortuna oppure la signora di circa 90 anni che mia madre vedeva tutte le mattine e che le diceva “Jolie! Dai un bacio alla nonna!” e lei via, leccata sulla faccia di questa signora e la signora contenta. Oppure quel ragazzo che un pomeriggio di (credo) quattro anni fa mentre eravamo nei pressi di un locale molto quotato di piazza Martiri le ha urlato “Cesar, vieni a fare l’aperitivo?!!?”, rifacendosi al fatto che Jolie fosse il cane della pubblicità. Potrei parlare anche di Beppe, un vicino di casa, che ad ogni carezza che le faceva le diceva “Jolie vieni qua a prendere la merendina” e che quando domenica sera gli ho detto che Jolie era morta era dispiaciuto e mi aveva ringraziato che glielo avessi detto. Ma anche di Alessandro e Gian Luca, i primi amici che hanno visto Jolie e che lei ogni volta che li vedeva, anche a distanza di tempo da allora, faceva loro le feste. Ed un pensiero speciale va anche a Maria, una ragazza che abbiamo conosciuto portando a spasso Jolie e che sin da subito ha mostrato un forte affetto verso di lei tanto da stare davvero male per la sua morte e a scrivere per lei addirittura una poesia che ha deciso di incorniciare e mettere in casa (e che magari un giorno convincerò a pubblicare da qualche parte).
Altri momenti belli: quando l’abbiamo portata in Val Formazza con il permesso di mia madre (che essendo la sua “madre umana” ed essendo il suo “genitore” era lei a darle il permesso di andare da qualche parte), l’abbiamo portata di sera (al buio) in un’area giochi per bambini e l’ho fatta scendere dallo scivolo e l’ho messa poi sull’altalena da dove è caduta dopo due secondi che l’avevo messa sopra.
Visto che si dice il “Mondo è piccolo”, abbiamo avuto anche modo di conoscere i “parenti” di Jolie nel tempo: al raduno dell’allevamento del 6 giugno 2015 alla Cappuccina di Cureggio abbiamo conosciuto Spank, l’unico maschio della sua cucciolata; abbiamo conosciuto Tex, il suo fratellastro con cui aveva in comune il padre Napoleone e che era di Daniela, una ex collega di Paola e che al nostro e al suo matrimonio abbiamo fatto una reunion di Westie; abbiamo conosciuto in centro a Novara Flash, figlio dello stesso Spank e di cui la “nana” è la zia. Ovviamente Jolie non sapeva che Spank, Tex e Flash fossero suoi “parenti” (e la cosa era reciproca), ma è stato bello conoscere la sua “famiglia”. E non nascondo che mi piacerebbe conoscere un giorno le altre due sorelle di Jolie.
Come non dimenticare poi i nostri viaggi in macchina con Jolie seduta davanti con la sua cinturina rosa e che ogni volta che mi fermavo o rallentavo metteva fuori il testone e guardava fuori, con tutti che la guardavano. Oppure la gita a Orta organizzata dall’allevamento con annesso pranzo sull’isola con oltre una decina di Westie al seguito ed ovviamente tutti i cani sul traghetto per l’isola di San Giulio.
In tutta questa “storia”, non posso dimenticare anche le parole dei miei due testimoni di nozze, Marco e Andrea: il primo ha preso un lagotto romagnolo dopo mesi che era indeciso se prendere un cane o meno (ed io che l’ho sempre spronato a prendere un cane un giorno); il secondo ha sempre avuto gatti e due anni fa ha avuto evento luttuoso che ha portato alla morte i suoi due gatti, Chuck e Ellie. Le loro parole, al telefono con mia madre o con me e su Facebook, mi hanno fatto molto piacere e hanno reso un po’ meno doloroso la perdita di Jolie. Per questo sono sicuro che Simba (il cane di Marco e di sua moglie Maria Grazia) sarà in ottime mani e vedonel suo arrivo e nella morte di Jolie una sorta di “passaggio di consegne” tra i nostri cani. E spero che Andrea possa prendere per la sua famiglia (e soprattutto per sé) un altro animale domestico, magari non solo un gatto, che possa farlo tornare felice come allora quando ha perso i suoi gatti.
Ho un cruccio per: non avere mai portato Jolie al mare a fare il bagno. Mi sarebbe piaciuto vederla nuotare o vedere cosa facesse in quella situazione. Per non parlare del fatto di non averla mai portata allo stadio: volevo che mia madre la portasse alla contestazione contro la dirigenza del Novara lo scorso 29 luglio in centro (giusto anche per portarla fuori nel pomeriggio), ma ho pensato che magari i fumogeni e i petardi lanciati l’avrebbero spaventata e quindi abbiamo lasciato perdere. Però domenica 10 maggio 2015, in occasione della festa promozione del Novara in Serie B, mia madre l’ha portata in centro con me a fare festa. Una volta è anche venuta con lei a piedi allo stadio e al termine di una partita le ho messo la mia sciarpa al…guinzaglio e siamo tornati a casa in macchina.
Sempre dal punto di vista calcistico, credo che Jolie sia stata benedetta: il primo giorno che è arrivata a casa, il 13 dicembre 2014, si è giocato Novara-Pordenone ed il Novara ha vinto 2-0 mentre domenica 3 ottobre, il giorno dopo la sua morte, il Novara Football Club ha vinto in casa contro il Varese segnando il gol del pareggio due minuti dopo il vantaggio ospite ed ha segnato il gol vittoria al al 95’ con io che dicevo (giuro: non sto scherzando!) nella mia mente qualche minuto prima “Dai Jolie, portaci alla vittoria”. Se non è stato un segno divino (o canino), non so come chiamare queste due coincidenze.
Come non dimenticare il fatto che mia madre per quasi sette anni non ha potuto vedere in tv qualcosa con i cani o gli animali: ho temuto che un giorno Jolie potesse tirare giù la tv dalla foga dell’abbaio e all’”arrampicamento” verso la tv nel vedere cani o altri animali. Oppure il fatto che lei, non appena qualcuno abbaiasse in strada, in casa impazziva: abbaiava senza fermarsi. Gli altri cani abbaiavano dieci secondi, lei non si fermava più. E abbiamo sempre temuto che questo potesse dare fastidio ai nostri vicini, che però non si sono mai lamentati. Hanno sempre glissato per buon vicinato o non dava davvero fastidio? Rimarremo sempre con questo dubbio.
La vita di Jolie è stata però costellata però di momenti brutti. Due su tutti, gli interventi chirurgici che ha subito nel luglio 2019 e nel gennaio 2020 dove è stata operata alle zampe posteriori per la rottura dei legamenti e della rotula. Due interventi molto invasivi che l’hanno portata a due riabilitazioni. Tutto riuscito, sia come intervento sia come riabilitazione. Non comprendo nel “pacchetto” la sterilizzazione e i problemi di otite e dermatite di cui “gode” un West Highland White Terrier e per cui bisogna stare sempre attenti a cosa le si dava da mangiare. Mia madre inoltre la portava spesso dalla veterinaria anche per il più banale dei controlli e le faceva fare sempre esami, lastre e prelievi.
E poi ecco arrivare il momento più difficile: la diagnosi.
Non appena hanno diagnosticato a Jolie il tumore, ci siamo subito attrezzati per curarla: possiamo dire di aver fatto il possibile nei nostri limiti umani. Ci siamo attrezzati come meglio abbiamo potuto: per l’impossibile (la morte) noi umani non possiamo nulla. Non possiamo fare nulla per i nostri cari, idem per i nostri “pelosi”.
Una cosa che mi ha “rincuorato” durante la sua cura è che non è morta per avvelenamento da bocconi avvelenati, non è stata investita da una macchina e non è stata azzannata. Queste tre cose mi hanno sempre fatto preoccupare sin dal primo momento che ha mosso i primi passi in casa. Ci è andata bene? Può essere. Siamo stati attenti? Assolutamente sì.
Si potrebbe raccontare la vita di Jolie in un libro. Un libro lungo, fantastico e come dicevo irripetibile. Una storia d’amore durata troppo poco, ma che secondo me ha visto Jolie vivere la sua vita in maniera molto intensa. Nonostante abbia vissuto gli ultimi due mesi di vita mangiando poco, bevendo tanto, faticando vista la cura chemioterapica e camminando poco dove era più il tempo distesa che il tempo in piedi. Fino alle ore 13:10 di sabato 2 ottobre, quando ha esalato l’ultimo respiro tra le mie braccia.
Durante il corso di quella tremenda mattina mi ero sdraiato accanto a lei e le avevo detto all’orecchio “Jolie non ti dimenticherò mai! Grazie per tutto quello che hai fatto per noi! Ci hai reso delle persone migliori”. Sapevo in cuor mio che ci avrebbe lasciati a breve e ho voluto dirle ugualmente quelle parole. E quelle parole le ho dette ancora una volta con lei tra le mie braccia morta, dandole tanti baci sulla sua testolina.
Non c’è niente da dire: Jolie ci ha reso persone migliori e ci ha riempito la vita solo di cose belle. Per questo posso dire una sola cosa: prendete assolutamente un cane (o un gatto o un altro animale domestico). Se avete un cane, un gatto etc. fate di tutto per farli stare bene. Non lesinate loro nulla, ma anzi sacrificatevi per loro. Metteteli davanti alla vostra vita: prima loro, poi voi. E e siete indecisi se prendere un animale domestico o meno, non siate indecisi: prendete un animale domestico e la vostra vita migliorerà in meglio. Ve lo posso garantire.
Ora non so se mia madre vorrà prendere un altro cane o meno. Sarà lei a scegliere visto che il cane sarà, come del resto è stata Jolie, suo. Se lei vorrà, rifaremo con il futuro “nuovo” arrivo tutto quello che abbiamo fatto per Jolie…con quasi sette anni di esperienza nella gestione di un cane e senza più paure e timori. Non le faremo mancare il nostro amore, il nostro affetto.
In questi sei giorni che sono passati dalla sua morte, mi chiedo senza risposta due cose: a) dove sarà ora, la mia Jolie? b) l’abbiamo fatta stare davvero bene, è stata felice davvero? Ovviamente non avrò risposta ad entrambe le domande, ma sulla seconda credo di sì mentre sulla prima spero che sia davvero in questo Ponte dell’Arcobaleno a correre spensierata, a giocare con altri cagnolini, a mangiare biscottini, a rosicchiare peluche, rompere rotoli di carta igienica, ad abbaiare a 10mila watt o sedendosi se qualche cane le annusa il culetto.
E chissà che quando verrà il mio momento, magari andrò anche io sul Ponte dell’arcobaleno di noi umani ed ad attendermi magari ci saranno (oltre a mio padre, mio zio, i miei nonni, tutti gli amici che ho perso nel tempo e che perderò da qua in avanti nella mia vita e mia madre se morirà prima di me) proprio la “prima” Jolie e la “mia” Jolie a corrermi incontro e a farmi le feste come mi hanno sempre fatto.
E’ stata una bella storia d’amore, Jolie. E, come detto, non ti dimenticherò mai. Non ti dico addio: ti dico arrivederci e già ti vedo seduta con le zampe posteriori avanti come ti mettevi spesso e che mi guardi con il tuo naso nero ed i tuoi occhioni docili neri.