di Alessio Marrari
Nel cuore pulsante delle nostre società, un sentimento corrosivo si insinua e si diffonde: l’invidia sociale. Questo fenomeno, lungi dall’essere una semplice emozione passeggera, è diventato una forza trainante che plasma dinamiche interpersonali, scelte politiche e tendenze culturali. L’invidia sociale si nutre delle disparità economiche sempre più evidenti e della spettacolarizzazione del successo sui social media. Oggi, più che mai, siamo bombardati da immagini di vite apparentemente perfette, ricchezze ostentate e successi fulminei. Questa esposizione costante alimenta un senso di inadeguatezza e risentimento verso chi percepiamo come più fortunato o privilegiato. Il risultato è una società in cui il successo altrui non viene celebrato e nemmeno riconosciuto, ma visto come una minaccia personale. Questo atteggiamento mina le fondamenta stesse del progresso collettivo, creando un ambiente tossico in cui la collaborazione viene sostituita dalla competizione malsana e dal desiderio di vedere gli altri fallire e soprattutto screditandone i meriti o minimizzandone i risultati, spesso evidenti e sotto gli occhi di tutti. L’impatto dell’invidia sociale si estende ben oltre la sfera personale. Influenza le scelte, spingendo verso generalizzazioni vuote di contenuti che pontificano regole e “sentenze” proprio da parte di coloro i quali non posseggano le conoscenze atte a ricoprire ruoli che richiedano capacità. È il fallimento più acclarato del concetto di meritocrazia legato alle paure di essere “spodestati” dai livelli di competenza raggiunti. Questo fenomeno ha radici profonde nella psiche umana, ma è stato esacerbato dalle caratteristiche della società moderna. I livelli di declino culturali, combinati con l’illusione di fornire maggiori crediti ai possessori di più ragguardevole livello di ricchezza, creano un cocktail esplosivo di aspettative frustrate e rabbie represse. Questa è la realtà. Affrontare l’invidia sociale richiede un approccio multidimensionale. È necessario ricostruire un tessuto sociale basato sulla solidarietà e sul riconoscimento del valore collettivo del successo individuale. Occorre promuovere una narrazione che valorizzi percorsi di vita diversificati, non solo quelli legati al successo economico o alla fama, ma soprattutto ai tragitti di vita che conducano un individuo a tagliare i traguardi del successo: questo sì che andrebbe valorizzato ed invece? Avviene il contrario nella stragrande maggioranza dei casi e tutto ciò è solo frutto di ignoranza buia che si sovrappone con forza ed arroganza alla gentilezza e l’educazione di essere colti sul serio, rispettosi dei ruoli altrui. In sintesi, come da antico detto popolare, “come dare i confetti ai maiali”. La sfida potrebbe configurarsi nella trasformazione dell’energia negativa dell’invidia in una forza propulsiva atta ad un cambiamento positivo. Tutto ciò richiede molta nobiltà d’animo e non di “portafoglio”, come sovente accade. Invece di desiderare ciò che gli altri hanno, dovremmo concentrarci su come migliorare collettivamente le nostre società partendo dai singoli ruoli che ognuno ricopra, ma ciò si sa benissimo, rimane utopia, sarebbero necessari sacrifici e comportamenti individuali capaci di porsi al servizio della collettività, nella vita privata, nel lavoro ed anche (perché no), nei salotti culturali che ostentano contenuti positivi, razzolando in direzioni diametralmente opposte. Solo riconoscendo l’interconnessione del nostro benessere possiamo sperare di costruire un futuro in cui il successo di uno non venga percepito come una perdita per l’altro. L’invidia sociale è un sintomo di società malate, ma non è un destino inevitabile. Affrontarla richiede coraggio, onestà ed un profondo riesame dei valori su cui basiamo il nostro senso di realizzazione e felicità. È una battaglia che si combatte nei cuori e nelle menti, ma le cui conseguenze plasmeranno il futuro delle nostre società. L’invidia sociale è anche l’esaltazione che i singoli impongono sfoderando sé stessi in una posizione di supremazia nei confronti di chi ha dimostrato di essere più capace. Un dannato cancro silente delle società, queste ultime volte all’apparire ostentatrici di denaro ed avide nel consumarlo.