di Sara Melito
Quando ero bambina rimanevo ore ad osservare i profili delle montagne che si stagliavano, soprattutto d’estate, lungo la linea dell’orizzonte. Il cielo era rosso fuoco e i monti violacei e neri. Riconoscevo i contorni e imparavo a memoria i nomi delle vette.
Dal mio balcone però non riuscivo a scorgere l’imponente mole del Bianco perché, per uno scherzo della prospettiva, la grande montagna di granito, appare all’improvviso solo quando ci si trova ad essere sotto il suo cospetto.
Poi ti appare come un muro gigantesco che tutto sovrasta e ti senti abbracciato in una stretta soffocante perché la valle è stretta e la montagna così alta che sembra ricadere su se stessa. La cima è informe tutta spuntoni e coste taglienti. I vecchi ghiacciai hanno lasciato il posto a pietraie grigie e i boschi di abeti si interrompono prima della vetta.
Di recente ho letto un libro di Maurizio Corona, una condanna contro lo sfruttamento turistico della montagna, relegata a grande villaggio all inclusive in cui tutto è permesso a tutti, anche a noi di città che diventiamo scalatori per un giorno e aggrediamo la montagna senza rispettarne i tempi, i silenzi, i segreti.
Non biasimo l’autore, nato e cresciuto tra le vette e geloso di un tempo che fu, ma noi viviamo in un mondo globalizzato dove tutto deve essere raggiungibile e fruibile. Talvolta si trova un compromesso, una soluzione che accontenta tutti, detrattori e non, un escamotage che diventa l’ottava meraviglia del mondo.
Skyway è la creatura sorta ai 3500 metri di Punta Helbronner dopo un lavoro durato 3 anni in condizioni impossibili tra i ghiacci del Monte Bianco. Una funivia avveniristica, un’opera eccezionale che permette di vivere la montagna a 360°.
La sua cabina girevole con pavimento riscaldato e vetri anti appannanti regala lo spettacolo unico di un panorama mozzafiato: la valle di Courmayeur in basso e le pareti di granito del Monte Bianco in alto dove spazia lo sguardo.
L’avventura parte da Pontal a 1300 metri. Il visitatore viene accolto in una moderna struttura di acciaio e legno perfettamente integrata nel paesaggio circostante. Dopo una corsa sospesi nel vuoto si raggiunge il Pavillon, la stazione intermedia, la porta d’accesso al gigante d’Europa. Da qui si diparte un percorso nel giardino botanico tra i più alti d’Europa che conserva una ricca rassegna di piante alpine di incredibile rarità e bellezza appartenenti a catene montuose di tutto il mondo. Le 900 specie presenti sono raggruppate in roccere dedicate alle diverse aree geografiche, da quelle valdostane fino ad arrivare a quelle esotiche. E per una passeggiata in relax in alta quota, sul pianoro panoramico, sono stati ricreati un pascolo alpino e gli ambienti umidi.
Una curiosità: all’interno del centro visitatori, grazie al progetto iniziato nel 2007 presso il rifugio Monzino, si produce lo spumante metodo classico Vallée d’Aoste DOP Blanc de Morgex et de La Salle “Cuvée des Guides”.
La lavorazione è frutto dell’attento studio sperimentale ed è interamente svolta a 2.173 m slm.
Altitudine e temperature producono caratteristiche uniche e rare.
Si prosegue con un altro viaggio in cabina girevole verso il punto più alto del percorso, punta Helbronner a 3466 metri. Uscendo sulla terrazza panoramica dove il vento sferza il viso ed il sole acceca, si è circondati delle vette innevate e dai ghiacciai. Da un lato, verso la Francia, l’Auguille du Midi e poi via via il rincorrersi dei picchi fino al punto più alto, lassù a 4810 metri.
Dall’altro lato il Dente del Gigante che si staglia nel blu del cielo e il Grandes Jorasse. E poi i grandi ghiacciai con le loro spaccature che disegnano strane geometrie tra le rocce. E’ un mondo a sé, silenzioso e caotico, rarefatto dove predominano neve, cielo, rocce. Lo sguardo si perde e cerca di andare oltre, di scavalcare le montagne cercando di vedere più in là. E’ strano trovarsi sul tetto d’Europa e non riuscire a vedere se non la valle sottostante.
Rientrando nella stazione, opera del laborioso impegno di uomini straordinari che hanno combattuto contro la montagna ad altitudini impossibili, è doverosa la visita alla Sala dei Cristialli.
La sala “Hans Marguerettaz” ospita la mostra permanente dei cristalli del Monte Bianco dove si possono ammirare i gioielli delle nostre montagne. Tutti pezzi bellissimi e di varie dimensioni estratti nell’arco degli anni da vari appassionati “cristalliers” valdostani nel massiccio del Monte Bianco.
Un’ultima occhiata prima della discesa al massiccio del Bianco ce la regala la Sala a lui dedicata. Unica nel suo genere: una vera istantanea, un’immensa vetrata sul massiccio d’Europa, è lì e pare poterlo toccare con un dito, il gigante delle Alpi si mostra in tutta la sua straordinaria imponenza e bellezza.
Gli schermi multimediali sulle pareti narrano la storia dell’alpinismo e portano turisti e curiosi in un viaggio virtuale a 360° sulle principali vette circostanti.
A volte il viaggio è anche in verticale, a bordo di una navicella sospesa nel vuoto si percorre la storia dell’alpinismo, si oscilla sui boschi, si scavalcano ghiacciai e si tocca il cielo con un dito.