di Simone Balocco
Nell’estate 1984, il musicista napoletano Emilio Campassi compose una canzone che ha fatto la storia del tifo italiano: “Maradona è megl’e Pelé”. Questo inno (più che una semplice canzone) Campassi lo pubblicò prima del 5 luglio 1984, il giorno più importante della storia del Napoli quando venne presentato, in uno stadio “San Paolo” pieno all’inverosimile, il giocatore che nei sette anni successivi scrisse una grande pagina di calcio a Napoli e nel Mondo: Diego Armando Maradona.
Il Mondo conosceva (abbastanza) bene allora Maradona: argentino, 24 anni il 30 ottobre successivo, un campionato argentino vinto, 34 presenze in Nazionale e tredici reti, il Mondiale Under20 vinto nel 1979 in Giappone e la fama di essere il più forte giocatore dell’epoca, nonostante un terribile infortunio patito alla caviglia in un famoso Barcellona-Atletico Bilbao di nove mesi prima.
A Maradona la nomea di “miglior giocatore del Mondo” gli venne “confermata” nel Mondiale messicano del 1986 quando portò al successo (praticamente da solo) la Nazionale argentina. Inoltre, tra il 1984 ed il 1991, Diego Armando Maradona fece grande Napoli ed il Napoli: due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa UEFA e la vittoria della classifica marcatori della stagione 1987/1988. Da allora, il club partenopeo ha vinto tre Coppe Italiane, una Supercoppa italiana, quattro volte è arrivato secondo in campionato, due suoi giocatori hanno vinto la classifica marcatori, ma non ha più vinto scudetti e coppe europee. Maradona, ancora oggi, a Napoli è intoccabile: per i napoletani è come fosse un dio ed il giorno della sua morte, avvenuta il 25 novembre 2020 a 60 anni, tutta la città si è fermata per rendergli omaggio.
A dire il vero, Campassi è stato un premonitore: Maradona allora era considerato uno dei giocatori più forti del tempo e lui si era azzardato a paragonarlo ben oltre Pelé, non sapendo (ovviamente) cosa avrebbe fatto il ragazzo argentino con la maglia del “ciuccio”.
Molti credono però che sia Pelé il più forte giocatore di sempre, altri che invece lo sia il pibe de oro. Quindi, ora che i due giocatori sono entrambi morti, si può rispondere una volta per tutte all’annosa domanda: è più forte Maradona o Pelé?
Partiamo dicendo che questa domanda non ha una vera e propria risposta per una serie di motivi: quando Pelé si è ritirato dal calcio (1° ottobre 1977), Diego Maradona avrebbe compiuto ventinove giorni dopo 17 anni, era già un talento assoluto ed aveva la carriera in ascesa. Pelé invece si era ritirato dopo una carriera carica di vittorie e record.
Pelé ha giocato tra il 1956 ed il 1977, Maradona tra il 1976 ed il 1998 (con due stop di un anno per squalifica per doping): due ere calcistiche completamente diverse. E quindi impossibile stabilire chi sia più forte tra i due. Ma entrambi hanno scritto una grande pagina di calcio e sono stati considerati il Calcio con la C maiuscola. E ha fatto bene la FIFA nel 2000 ad assegnare a ex aequo il titolo di “Giocatore del secolo” ad entrambi, anche se il sondaggio indetto dalla Federcalcio mondiale lo aveva vinto Maradona: il pibe de oro era inviso alla Federcalcio mondiale per i suoi comportamenti fuori dal campo tenuti durante la sua carriera, mentre Pelé è stato considerato molto legato all’establishment, non era mai stato coinvolto in scandali ed è stato sempre considerato un giocatore positivo. Per la FIFA “è megli’e Pelé”, per il Mondo “Maradona è megli’e Pelé”.
Ma perché tutti si incaponiscono nel volere stabilire che fosse il migliore tra i due numeri 10 più famosi del Mondo? Per una serie di motivi.
Uno di questi: entrambi sono stati il Calcio, non c’è dubbio. A modo loro, Edson Arantes do Nascimento e Diego Armando Maradona hanno scritto la storia del calcio. Ambidestro il primo e mancino il secondo, in campo sono stati la quintessenza di velocità, intuizione, genialità, freddezza. Ed entrambi sono autori di gol iconici proprio ai Mondiali, la manifestazione che li ha consacrati: il “sombrero” al difensore svedese nella finale mondiale del 1958 ed il gol di testa nella finale di Messico ’70 contro l’Italia; la “mano de Dios” ed il “gol del secolo”, entrambi realizzati il 22 giugno 1986 contro l’Inghilterra e segnati a quattro minuti di distanza l’uno dall’altro (tra il 51’ ed il 55’). Queste quattro reti rimarranno per sempre nell’immaginario collettivo come gol che solo loro due potevano segnare.
Ad avvicinare i due talenti del calcio mondiale sono state anche le umili origini: Pelé era nato il 23 ottobre 1940 a Três Corações, nel Minas Gerais, figlio di João Ramos do Nascimento “Dondinho” e Maria Celeste Arantes (ancora viva e centenaria) in un contesto di povertà dove anche il procurarsi qualcosa che potesse assomigliare ad un pallone era difficile; Maradona era nato 20 anni e 7 giorni dopo di lui (30 ottobre 1960) a Lanus ed aveva vissuto a Villa Fiorito, periferia tra le più povere di Baires, quintogenito di Diego Armando Maradona senior detto “Chitorro” e Dalma Franco detta “dona Tota”.
Se Maradona nel 1972, a 12 anni, intervistato da una tv locale argentina disse, candidamente, che un giorno gli sarebbe piaciuto giocare un Mondiale e di vincerlo, Pelé allora aveva in bacheca tre Mondiali vinti e giocava ancora nel “suo” Santos, una squadra che prima dell’arrivo di O Rey era una squadra qualsiasi nell’enorme Brasile calcistico avendo vinto solo venti anni prima un solo titolo paulista e che quando la lasciò divenne tra le squadre più famose di tutte, in particolare nel biennio 1962 -1963 quando, con Pelé in campo, vinse due volte consecutive la Copa Libertadores e la Coppa Intercontinentale. Nel 1975, dopo aver vinto tutto, Pelé salutò il Brasile ed accettò l’offerta miliardaria dei New York Cosmos, il club più munifico dell’allora NASL, e nei tre anni successivi vinse un titolo ed incantò gli spettatori con giocate ancora…da Pelé. Complessivamente Pelé ha segnato 1.281 gol in 1.363 partite fra Santos, New York Cosmos e Seleçao e detiene il primato di giocatore più giovane ad aver segnato ad un Mondiale, ad aver segnato una tripletta in un Mondiale e ad aver segnato in una finale mondiale. Però Diego Armando Maradona si è messo in gioco molto di più giocando in più squadre (Argentinos Juniors, Boca Juniors, Barcellona, Napoli, Siviglia, Newell’s Old Boys e ancora una volta Boca) e ha giocato in due dei migliori campionati del Mondo, cosa che Pelé non ha mai fatto (e che invece molti altri brasiliani del suo periodo hanno fatto). Molti sostengono che Pelé avrebbe giocato “da Pelé” anche in Europa e anche in epoche successive (negli anni ’80, gli anni di Maradona per intenderci) perché fisicamente devastante nonostante non fosse un corazziere (era 172×75), ma aveva una presenza in campo devastante.
Per definire al meglio Pelé si può usare in prestito la prima pagina del “Sunday Times” del 22 giugno 1970 dopo la vittoria del terzo Mondiale (“How do you spell Pelé? G-O-D”. “Come si scrive Pelé? D-I-O”), mentre per definire Maradona si può usare una frase iconica del film “Amici miei atto II” di Mario Monicelli del 1982, quando Melandri-Moschin definì il “genio” con queste parole: “fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione”. Ma anche ascoltare la cronaca del gol di Maradona contro l’Inghilterra da parte di Victor Hugo Morales può far capire cosa ha rappresentato Maradona per i tifosi di calcio.
Pelé e Maradona sono stati idoli planetari tanto da aver avuto anche un peso geopolitico: nel gennaio 1969, per vedere giocare Pelé impegnato con il Santos in una serie di amichevoli in Africa, si fermò (o così dicono le notizie del tempo) la guerra civile in Biafra; il gol della “mano de Dios” ed il “gol del secolo” di Maradona sono stati la rivincita (calcistica) dell’Argentina contro il “nemico” inglese dopo la fine della guerra delle Falkland/Malvinas dell’aprile-giugno 1982 e Maradona fu il leader di un Paese che aveva perso la guerra ma non la partita di calcio.
Già, perché Pelé non ha mai giocato in Europa? Per due motivi: uno passionale (ha giurato amore eterno al Santos) ed uno politico, ovvero dopo il Mondiale cileno e la vittoria della seconda Coppa Intercontinentale il governo brasiliano nominò Pelé “tesoro nazionale”, impedendogli di andare a giocare da un’altra parte, se non a 35 anni quando non aveva più da dire (e dare) al mondo del calcio. Questo è stato forse il grande limite di Pelé, vale a dire non aver testato il grande calcio europeo ed aver giocato nei top campionati continentali. Tutte le squadre europee avrebbero fatto carte false per averlo, ma il giocatore non si spostò dal Brasile. Cosa che invece Maradona fece e che ha permesso al giocatore argentino di misurarsi in altri campionati e dimostrare il suo valore. I fatti parlano per lui e, a parte la parentesi sfortunata di Barcellona, sono gli anni napoletani il top della carriera del “dies” di Villa Fiorito.
Ma allora, chi è migliore di ?
Edson Arantes do Nascimento da una parte, Diego Armando Maradona dall’altra. Da una parte il giocatore con più reti segnate in partite ufficiali (1.281 reti in 1.363 partite), dall’altra quello che ha fatto “il gol del secolo”, ovvero prendere la palla a centrocampo ed un 11 secondi arrivare in porta scartando quattro avversari più il portiere. Da una parte O Rey, il re, dall’altra, il barrilete cosmico, l’aquilone cosmico. La pérola negra contro el pibe de oro. Brasile contro Argentina, due modi di vedere e concepire il calcio.
Pelé è stato un giocatore completo: destro, sinistro, testa, velocità, potenza. Maradona era veloce, intuitivo e mancino. Cosa non da poco, comunque. Pelé ha sempre giocato in contesto di campioni (leggasi Brasile ‘58 e Messico ‘70, mentre Maradona è stato in trascinatore di squadre normali (Argentina ’86 e Italia ’90) e ha portato sul tetto del calcio italiano per due volte in quattro anni il Napoli, una cosa mai accaduta prima.
Pelé ha vinto tantissimo, ma Maradona ha giocato in contesti calcistici più difficili (leggasi Napoli e Serie A) e le vittorie del “dies” di Villa Fiorito, in paragone, valgono quasi quanto le vittorie di Pelé.
La differenza tra i due calciatori è stata soprattutto fuori dal campo: Pelé non fu oggetto di scandali, cosa che invece era un classico per Maradona. Pelé era un vero atleta, Maradona no. Eppure i “gol del secolo” non si segnano per caso, il gol da centrocampo contro il Verona e la punizione contro la Juve non si segnano per caso. Come la maggior parte dei gol segnati in carriera da Maradona: chissà cosa avrebbe regalato al mondo del calcio se fosse stato un atleta come Pelé.
Pelé è stato un paladino del calcio ed esportatore nel Mondo di bontà e di sani principi, Diego Armando Maradona, invece, non è mai stato un personaggio banale. Come non banale è stata la sua vita: una montagna russa partita da Villa Fiorito, periferia povera di Buenos Aires, fino alla cima del Mondo (calcistico) con la vittoria di Messico ’86, i trionfi con il Napoli e poi la caduta tra brutte storie legate al consumo di droga, amicizie poco raccomandabili, doping, problemi di salute.
Pelé ha avuto un grande lato umano, partecipando a raccolte fondi ed è sempre stato vicino alle persone in difficoltà. Anche Maradona, soprattutto a Napoli, ha fatto lo stesso e si è fatto voler bene da tutti: celebre è stata la partita di beneficienza di Acerra su un campo da calcio che “da calcio” non aveva nulla per aiutare il figlio di un tifoso del Napoli molto malato.
Pelé è stato istituzionale, “patrimonio storico-sportivo dell’umanità” e ministro dello sport in Brasile, Maradona l’idolo degli ultimi, il riscatto della povertà e portavoce di tutti coloro che cercano il riscatto.
I due giocatori sono morti a distanza di due anni l’uno dall’altro ed il giorno della loro morte ha trasformato il loro trapasso in un rito degno di dei ed imperatori: il Mondo (calcistico e non) si è fermato per omaggiarli, i due giocatori che non si sono mai “presi”, due giocatori diversi, due uomini diversi, il diavolo e l’acqua santa, il buono ed il “pierino” della situazione. Uno pro establishment, l’altro anti establishment. Due che non si sono mai piaciuti e che si sopportavano anche poco, anche se negli ultimi anni si sono riavvicinati e riappacificati dopo aver espresso negli anni, reciprocamente, uscite poco edificanti l’uno verso l’altro.
Sia Edson che Diego Armando hanno combattuto le loro malattie, i loro drammi ed i loro fantasmi, ma rimarranno immortali. Di loro si parlerà ancora per i prossimi 100 anni. I loro nomi rimarranno scolpiti nell’Olimpo del calcio e fra altri cento anni saremo ancora qua a chiederci chi è stato più forte tra Pelé e Maradona. E, allora come oggi, non avremo una risposta certa a quella domanda.
Le immagini in evidenza sono state tratte da www.mondialidicalcio.org (Pelé) e www.wikipedia.it (Maradona)