Massimo Mariotti e l’hockey su pista come ragione di vita

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di Simone Balocco

 

Grosseto” recita Wikipedia “è un comune italiano di 81 350 abitanti, capoluogo della provincia omonima in Toscana […] capoluogo della Maremma”.

A Grosseto gli sport più seguiti sono il calcio con il Grosseto Calcio, con all’attivo sei campionati di Serie B disputati tra il 2007 ed il 2013 (ed oggi milita Serie D) ed il baseball con il Grosseto Baseball ed il BSC Grosseto 1952, entrambi ad oggi in Serie A. Il Grosseto Baseball conta nella sua bacheca quattro scudetti, tre Coppe Italia, due Supercoppe italiane, una Coppa dei Campioni ed una Coppa CEB, l’Europa League di questo sport a livello continentale.

Un altro sport molto seguito in città, ed in provincia, è uno sport di nicchia, poco praticato e diffuso a macchia di leopardo in Italia. Uno sport di squadra nato in Inghilterra nel 1877 per poi essere successivamente esportato in Francia, Germania e Svizzera. Uno sport in cui si gioca indoor cinque contro cinque su una pista di parquet 40×20 con i pattini a rotelle ai piedi, una stecca di legno ricurva in mano ed una pallina nera di 1,5 chilogrammi e di 23 centimetri di circonferenza da buttare in rete in partite di due tempi da venticinque minuti ciascuno. Uno sport dove i palazzetti sono veri e propri “Maracanà”, templi dove i gradoni trasudano di colore, fumogeni e tifo: l’hockey su pista.

La squadra di riferimento nella città di San Lorenzo è il Circolo Pattinatori Grosseto 1951, militante oggi in Serie A1 e con all’attivo nove campionati di massima serie ed alcune esperienze in Europa.

Il protagonista della nostra storia è nato a Grosseto e ha iniziato a praticare questo sport dall’età di sei anni. Oggi, che compie, 60 anni, è considerato il giocatore di hockey su pista più forte e vincente in Italia: Massimo Mariotti.

Mariotti ha giocato a livello professionistico per oltre trent’anni, vincendo qualcosa come undici scudetti, dodici Coppe Italia, una Coppa di Lega, tre Supercoppe italiane, sei Coppe CERS e, soprattutto, una Champions League ed una Coppa Intercontinentale. Il tutto “bagnato” con 901 gol in Serie A1 e 123 in Nazionale, dove “Mario” è stato anche determinante vincendo due Mondiali ed un Europeo tra il 1986 ed il 1990.

Massimo Mariotti è considerato un mito, non solo per i suoi primati sportivi ma anche perché è stato determinante in ogni squadra in cui ha giocato ed è stato amato da tutti i propri supporters e rispettato da quelli avversari.

Ha giocato nelle squadre più forti del nostro Paese (Hockey Novara, Amatori Vercelli, Seregno, Monza e Follonica su tutte) ed è stato un esempio per tutti quelli che volevano avvicinarsi a questo sport molto particolare e poco reclamizzato a livello nazionale, ma che nelle piazze in cui si gioca è lo sport cittadino e gli impianti di gioco sono brulicanti di tifo e passione.

Una carriera quella di Massimo Mariotti iniziata a 15 anni (in un Modena-Grosseto dell’aprile 1979) in Serie B e poi l’approdo in Serie A1 con il Follonica con cui arrivò subito alla semifinale scudetto perdendo contro Lodi nella stagione 1982/1983.

La stagione successiva arriva a Novara ed inizia la storia del Mariotti giocatore (ci ha giocato 6 anni sotto la Cupola). A Seregno però raggiunse il top agonistico e fisico (vincendo Coppa CERS, campionato ed arrivando in finale di Coppa dei Campioni contro gli spagnoli del Liceo La Coruna) e nel 1990 divenne nominato miglior giocatore della manifestazione. Nel 1993 lasciò la Nazionale dopo 101 presenze e 123 reti segnate in dieci anni.

Proprio in quel decennio si è visto il miglior Massimo Mariotti: decisivo e trascinatore con le maglie di Novara, Monza, Vercelli e Seregno con cui, nella stagione 1989/1990, segnò anche 64 reti, suo primato. Poi il ritorno in Toscana a Prato, Follonica, Castiglione della Pescaia e Viareggio.

Se il triennio 1989-1992 può essere considerato il top della carriera di Mariotti con la vittoria di un incredibile scudetto con Seregno, l’Europeo vinto a Lodi (vince il premio di miglior giocatore del torneo) ed il bronzo olimpico “dimostrativo” di Barcellona ’92, gli anni di Follonica sono quelli da incorniciare.

Non tanto per i quattro scudetti consecutivi vinti (2005-2008), le altrettante cinque Coppe Italia (2005-2009) e due Supercoppe italiane, ma perché il Follonica (sponsorizzato in quel periodo “Consorzio Etruria”) del Mariotti giocatore-allenatore portò per la prima volta la Champions League in Italia. La vittoria del club bianco-blu fu iconica perché alla tredicesima finale raggiunta da una squadra italiana, il trofeo più importante di tutti era arrivato finalmente nel nostro Paese. Non a caso quel Follonica è stato ribattezzato “degli Immarcabili”, perché era una squadra strepitosa composta da veri assi della stecca e del pattino a rotelle: Sergio Silva, i gemelli Alessandro e Alberto Michielon, i fratelli Mirko e Alessandro Bertolucci, Andrea Tosi, Massimo Mariotti e suo fratello minore Enrico che aveva già vinto la Champions League nella stagione 1996/1997 quando militava nel Barcellona diventando così il primo hockeysta italiano a fare la “doppietta” Coppa dei Campioni-Coppa Intercontinentale.

A Torres Novas, in Portogallo, quel Follonica vinse la final four contro tre squadre che erano habitué della Coppa europea più importante (Porto, Reus e Noia) e scrisse la storia di questo sport. Una storia così grande tanto che la città grossetana a quella squadra ha anche intitolato una via.

Quella Champions ripagò Mariotti sotto tre aspetti: le amarezze delle finali perse e di quelle mancate da giocatore; l’aver portato in Italia per la prima volta in quarantuno edizioni la coppa europea per club più importanti; l’aver interrotto la striscia di vittorie di squadre spagnole (35) e portoghesi (5) in Coppa dei Campioni.

Fino all’arrivo di Massimo Mariotti a Follonica, il Follonica, nato nel 1957, aveva vinto solo due Coppe Italia ed una Coppa di Lega e negli anni del “Follonica degli immarcabili” il “Capannino” (il vero nome del palazzetto “Armeni”) era sempre pieno di tifosi anche poco avvezzi a questo sport, ma trascinati dalle prestazioni e dalle vittorie del club bianco-blu. Ciliegina sulla torta di quel Follonica guidato ma Massimo Mariotti in campo e in panchina, il 24 marzo 2007, la vittoria, al “Capannino” anche della Coppa Intercontinentale sconfiggendo gli argentini del Conception campioni del Sudamerica.

A partire dal 1998 (con il suo arrivo a Prato), Massimo Mariotti si è diviso tra pista e panchina iniziando a fare il giocatore-allenatore: la sua fonte di ispirazione è stato Gianni Massari, guru della AFP Giovinazzo, tecnico della Nazionale italiana negli anni Ottanta e Novanta bicampione del Mondo e campione d’Europa ed uno dei migliori allenatori di hockey mondiali.

Nel 2009, con i giornalisti Nicola Uras e Matteo Alfieri, “Mario” scrisse anche la sua autobiografia dal titolo “Mister Hockey”, un libro che racchiude oltre trent’anni di vita dedicata a questo sport: prima di lui, in Italia, nel campo hockeystico, solo a Stefano dal Lago avevano dedicato un libro.

Lasciato Viareggio nel 2011, tra il 2018 ed il 2020 ha allenato il Grosseto e fino allo scorso ha allenato, per tre stagioni, ancora Viareggio. E proprio il CGP Viareggio è la squadra con cui ha vinto di più (double scudetto e coppa Italia nel 2011 e Supercoppa italiana due anni dopo) solo da allenatore (e non più con il doppio ruolo).

Ovviamente il giocatore più vincente della storia dell’hockey italiano non poteva che allenare anche la Nazionale ed in due parentesi (nel 2004 e tra il 2011 ed il 2021) fece cose molto importanti raggiungendo due secondi posti europei (nel 2004 a La Roche-sur-Yon e a Oliveira de Azeméis nel 2016) e tre medaglie di bronzo (nel 2012 e nel 2021 a Paredes e nel 2018 a La Coruna). Ma il clou è stata la vittoria dell’Europeo di Alcobendas nel 2014. Più amaro il percorso mondiale, con il top del quarto posto di Nanchino 2017: il dislivello con Spagna, Portogallo e Argentina è ancora troppo elevato per il nostro hockey su pista.

La vittoria di Alcobendas è stato il capolavoro di Massimo Mariotti, portando gli azzurri a vincere il titolo continentale dopo l’edizione di Lodi del 1990, vincendo in casa dei “maestri” spagnoli e riportando così sul tetto d’Europa l’Italia dopo la “generazione di fenomeni” degli anni Ottanta-Novanta con in squadra talenti del calibro di Enrico Bernardini, Franco Amato, Pino Marzella, Roberto Crudeli, Tommaso Colamaria, Alessandro Cupisti ed il compianto Stefano dal Lago. Dopo quattordici anni di attesa, la Nazionale italiana di hockey su pista era tornata sul tetto d’Europa per la terza volta nella sua storia interrompendo il dominio di Portogallo e Spagna che durava proprio dall’ultima vittoria italiana. La Roja, inoltre, aveva vinto le ultime sette edizioni consecutive della rassegna continentale e la stessa Spagna arrivava da una striscia di 59 partite consecutive di vittorie, visto che l’ultima sconfitta risaliva al Mondiale portoghese del 2003 a Oliveira de Azeméis: con il pareggio 2-2 gli azzurri riportarono gli spagnoli sulla Terra, visto che già si vedevano con la medaglia d’oro al collo.

Dopo il deludente Mondiale in Angola nel 2013, era in dubbio la conferma di Mariotti sulla panchina azzurra, la Federhockey gli diede ancora credito e lui ripagò la fiducia con una vittoria clamorosa.

Oggi Mariotti si dedica anima e corpo alla sua academy (anzi la sua “Clinic”) con il fratello Enrico attraverso stage ad alta specializzazione dove prepara giovani hockeysti a crescere e migliorare il loro tasso tecnico. E recentemente è stato chiamato a tenere uno stage in Olanda. Il giusto riconoscimento per uno che è cresciuto a pane…bastone, pallina e rotelle e che vuole trasmettere alle nuove generazioni la passione e l’amore verso questo sport molto particolare.

Una storia hockeystica quella di “Mario” ricca di emozioni, passione, vittorie, trofei alzati al cielo e sconfitte brucianti, ma sempre con la voglia di correre sui pattini a rotelle lungo una pista in parquet 40×20 con in mano un bastone curvo e tirare in rete una palla nera pesante 1,5 kg e con 23 centimetri di circonferenza o spiegare all’allievo di turno come ci si muove su otto rotelle sotto i piedi, come si impugna un bastone e si fa una “cristiana” ad arte.

Non era un funambolo Massimo Mariotti, ma aveva un grosso cervello in pista (come ha detto in un intervista ad una trasmissione toscana incentrata sull’hockey pista anni fa) ed è sempre stato un allenatore in campo anche quando giocava: se non segnava, forniva assist e guidava i compagni in pista.

Un mito per una generazione di tifosi ed appassionati. Un punto di riferimento per chi iniziava da piccolo a giocare a hockey. Un giocatore irripetibile che Spagna, Portogallo e Argentina, le tre Nazionali più forti al Mondo, ci hanno sempre invidiato.

E noi italiani ci teniamo stretti Massimo Mariotti, il “Mister Hockey” per antonomasia.

 

 

immagine in evidenza tratta da Wikipedia