Par Condicio 2018 elezioni: sempre zone d’attenzione, i media avanzano e le leggi forzatamente “arrancano”

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di Antonio Costa Barbé

Disciplina della “par condicio”

La normativa sulla Par Condicio (che viene dal latino «pari condizioni» ma s’ispira ideologicamente al principio americano dell’«equal time») si propone di garantire la parità di trattamento a tutti i soggetti politici, disciplinandone l’accesso ai mezzi di informazione anche in ambito locale. Le leggi che la regolano sono numerose e sono state approvate tra il 1993 e il 2005, ma quella a cui si fa correntemente riferimento è la 28/2000, sulla tutela del pluralismo nel settore radiotelevisivo. 


 INFATTI: La legge n. 249 del 1997 e il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (testo unico della radiotelevisione) individuano nella tutela del pluralismo uno dei compiti principali dell’Autorità nel settore radiotelevisivo.I riferimenti normativi per l’attività di vigilanza sono, oltre le leggi citate, la legge 10 dicembre 1993, n. 515 e la legge 22 febbraio 2000, n. 28, come modificata dalla legge 6 novembre 2003, n. 313, e il decreto del Ministro delle comunicazioni 8 aprile 2004, che emana il Codice di autoregolamentazione per l’emittenza radiotelevisiva locale.

La legge n. 28/2000  disciplina i programmi di informazione e la comunicazione politica, distinguendo fra due diversi periodi: quello non elettorale e quello elettorale. Chiamate a dettare le disposizioni attuative della normativa primaria sono, per la RAI, la Commissione parlamentare di vigilanza e, per le televisioni e le radio private, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che si avvale a livello locale dei Comitati regionali per le Comunicazioni.
In periodo non elettorale, la Commissione e l’Autorità, previa consultazione, emanano due distinti regolamenti (per l’Autorità è la delibera n. 200/00/CSP, integrata dalla delibera n. 22/06/CSP).
In occasione di ogni singola consultazione elettorale, i due organismi provvedono ad emanare specifici regolamenti sulla cui osservanza vigila l’Autorità. L’Autorità assolve tale compito attraverso l’attività di monitoraggio dell’emittenza radiotelevisiva nazionale. A livello locale, l’attività di vigilanza è rimessa ai competenti comitati regionali per le comunicazioni.
 
 Come funzionava fino al 1997?  
Nell’Italia degli Anni Cinquanta la legge si limitava a stabilire alcune regole per l’affissione dei manifesti elettorali nei 30 giorni precedenti le elezioni. Bisogna aspettare il 1993 perché venga emanata una prima normativa specifica (legge n.515/1993) che però interviene solo sulle campagne elettorali di Camera e Senato. Il testo del 2000 (seguito di pochi mesi al richiamo dell’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che per primo pronunciò il termine «Par Condicio») mette invece a fuoco la comunicazione politica durante l’intero anno e in tutte le campagne elettorali e referendarie.  

 Chi propose la legge del 2000?  

La maggioranza di centro-sinistra, che allora era guidata dal premier Massimo D’Alema. 

 A chi tocca il ruolo di arbitro?  

Il compito di far rispettare la Par Condicio come si e’ visto è affidato a due organi: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom), per le tv e le radio private, e la Commissione di vigilanza Rai per le reti pubbliche. Prima di ogni voto (referendum compreso) l’AgCom e la Commissione di vigilanza Rai emanano due diversi regolamenti.  

 OGGI PERO’ (febbraio 2o18) sono state fornite anche linee guida per internet e i social Divieto di comunicazione istituzionale, possibilità di segnalare tempestivamente videomessaggi illeciti, trasparenza nei messaggi pubblicitari: l’AgCom stila le linee guida che cercano una declinazione della legge per le piattaforme

In vista delle prossime elezioni del 4 marzo in linea con la stretta sulla disinformazione annunciata da Facebook, ora l’AgCom si rivolge a Facebook, come a Google, chiedendo pari opportunità alle rappresentanze politiche in campo.
“Come regolatori  dobbiamo domandarci se abbiamo a disposizione strumenti normativi adeguati per garantire una informazione plurale e di qualità, soprattutto durante il periodo elettorale in cui vige una legge, quella sulla par condicio, promulgata nel 2000, quando Internet si presentava ancora nella sua versione 1.0”, ha detto il Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Antonio Martusciello.

Cosciente che le due piattaforme non debbano rispettare e la legge sulla par condicio, la n° 28/2000, l’AgCom chiede pero’ alle piattaforme di “uniformarsi ai princìpi che animano il dettato normativo“.

Si tratta di “Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale 2018”, ( https://www.agcom.it/documents/10179/9478149/Documento+generico+01-02-2018/45429524-3f31-4195-bf46-4f2863af0ff6?version=1.0 ) emerse dai lavori del Tavolo Tecnico di autoregolamentazione promosso da Agcom per garantire pluralismo e correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali.

Le pari opportunità andranno quindi garantite “nella fase I, alle forze che vantano una rappresentanza parlamentare nelle assemblee da rinnovare (o al Parlamento europeo) e, nella II fase, alle liste (e coalizioni di liste) che si presentano in tante circoscrizioni da interessare almeno un quarto degli elettori su base nazionale”.
Garantita la parità d’accesso agli strumenti, l’AgCom raccomanda particolare trasparenza sui messaggi pubblicitari: “Con riferimento ai messaggi pubblicitari i cui inserzionisti siano soggetti politici si evidenzia la necessità, per le fattispecie in cui è possibile, che l’inserzionista indichi la natura di messaggio elettorale di questi, specificando, altresì, il soggetto politico committente”.
L’Autorità chiede anche un intervento “in tempi consoni” in caso di diffusione di messaggi o videomessaggi in violazione di legge, come quelli diffamatori nei confronti dei candidati, così come di identificare procedure che le consentano di segnalare alle piattaforme contenuti che diffondono sondaggi nei 15 giorni antecedenti il voto (il cui divieto è espresso esplicitamente nell’art. 8 della legge 28/2000).
Se questa e altre applicazioni risultano non così facilmente applicabili alle maglie della comunicazione online, altre sembrano prestarsi più agilmente, come sottolinea la stessa AgCom. Per esempio, il divieto di comunicazione istituzionale: “la stessa Presidenza del Consiglio ha già invitato le amministrazioni a utilizzare i propri canali di comunicazione via internet in modo rispettoso dei principi espressi dalla legge in occasione di consultazioni elettorali”, si legge nelle linee guida.
Allo stesso modo, sarebbe “auspicabile” che venisse replicato ilsilenzio elettorale, “che anche sulle piattaforme in questi due giorni fosse evitata, da parte dei soggetti politici, ogni forma di propaganda, per evitare di influenzare con pressioni indebite l’elettorato ancora indeciso”  (difficilissimo!).
Come sesto punto delle linee guida, l’Autorità raccomanda un rafforzamento delle iniziative di fact-checking già rappresentate da Google e Facebook nell’ambito del Tavolo tecnico.
Google infatti, che non ha rilasciato dichiarazioni specifiche in merito, rinnova in vista della tornata elettorale lo spirito di collaborazione con l’Autorità già intrapreso all’inaugurazione del tavolo sulla disinformazione.
La lista infatti emerge da una riunione plenaria che ha visto coinvolti i due colossi così come i rappresentanti dei principali gruppi editoriali della stampa e radiotelevisione, le rispettive associazioni di categoria, nonché rappresentanti del mondo del giornalismo e della componente pubblicitaria.
È stata anche approvata la creazione di cinque gruppi di lavoro: metodologie di classificazione e rilevazione dei fenomeni di disinformazione online; definizione dei sistemi di monitoraggio dei flussi economici pubblicitari, da fonti nazionali ed estere, volti al finanziamento dei contenuti fake; fact-checking, organizzazione, tecniche, strumenti ed effetti; media literacy e disinformazione online; progettazione e realizzazione di campagne informative su disinformazione rivolte ai consumatori.