“Pronto Avvocato? Cosa succede quando si è denunciati o querelati?”

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Una NOTA molto completa da http://studiosegalini.altervista.org/…
PRIMA PARTE
Avvocato Antonio Costa Barbè - blog cittadinovaraE’ accaduto a molte persone, e potrebbe accadere a chiunque, soprattutto nel nostro periodo, che registra un sensibile aumento di questo fenomeno: essere “denunciati”. Come in ogni persona che ritenga di aver subito un torto sorge spontaneo l’istinto (forse innato) di voler denunciare la condotta di una persona nella speranza che “sia fatta giustizia”, è sempre presente, specie in chi ancora non ne abbia fatto l’esperienza, lo spauracchio del vedersi denunciati. Anzitutto, è da premettere che – eccettuate le indagini compiute in autonomia dall’autorità inquirente o dalla polizia giudiziaria – due sono le modalità principali con le quali un soggetto porta a conoscenza dell’autorità giudiziaria fatti che possono costituire notizie di reato: cosa succede quando fanno una denuncia a) la denuncia b) la querela. Non ci addentreremo ora nei particolari di entrambe, se non per rilevarne la differenza: affinché l’autorità giudiziaria si metta in moto attraverso l’espletamento di indagini ed il successivo eventuale rinvio a giudizio), per un certo numero di reati, contrassegnati da una certa gravità, è sufficiente che pervenga una denuncia; per altri (solitamente meno gravi), occorre la presentazione di una querela. La querela è una dichiarazione fatta da una persona fisica (anche in rappresentanza di persona giuridica o in rappresentanza o nell’assistenza di soggetto privo di capacità di agire) con cui si espongono i fatti, senza necessità di configurarli giuridicamente, e si manifesta la volontà che si proceda a punire il preteso reo. La manifestazione che si proceda a perseguire e, se del caso, a punire, è l’elemento essenziale che contraddistingue la querela dalla denuncia: infatti, mentre con la denuncia (ove utilizzabile) la macchina della giustizia si mette in moto da sè e così prosegue, per i reati perseguibili a querela è la stessa manifestazione di volontà del querelante a sostenere la prosecuzione del procedimento e del processo: basti pensare infatti che la querela si può rimettere (revocare) e che, salvo casi particolari, la remissione della querela porta alla sopravvenuta mancanza di una condizione di procedibilità, con conseguente arresto delle indagini ed estinzione del processo. In ogni caso e’ altamente probabile che una persona ci abbia denunciato ma che i fatti non siano così gravi da aver indotto a disporre misure cautelari (in altre parole, si resti a piede libero). Queste sono le fasi che potrebbero seguire a) identificazione – a meno che le forze di polizia intervenute vi abbiano proceduto al momento dei fatti, si verrà convocati presso un comando (solitamente di Polizia o dell’Arma dei Carabinieri) per essere sottoposti ad identificazione. Sarà richiesto di comunicare le proprie generalità ed un proprio domicilio, e si sarà avvisati del fatto che è stato nominato un difensore di ufficio. Solitamente, non viene comunicato nulla più di questo, dal momento che le indagini rivestono carattere di segretezza fino al momento in cui il pubblico ministero decida di esercitare l’azione penale, o in altre ipotesi nelle quali si debbano compiere i cosiddetti “atti garantiti” (ad esempio: incidente probatorio ed interrogatorio). In assenza di tali particolari ipotesi, ove avvenga la sola identificazione, si verrà informati della possibilità di rivolgersi ad un difensore di fiducia, con l’informazione che – in assenza di tale scelta – si sarà assistiti dal difensore di ufficio nominato, che sarà possibile contattare per ricevere tutte le informazioni del caso. Solitamente l’assistito non esperto si precipita presso l’avvocato (scelto di fiducia o da quello di ufficio) chiedendo un appuntamento quanto prima, o addirittura in giornata; senza rendersi conto che l’avvocato può non essere affatto informato della suddetta nomina (se avviene l’identificazione soltanto, ne avrà notizia dal soggetto convocato, e quindi soltanto successivamente) e che quindi non ha alcuna conoscenza dei fatti e delle ragioni per cui possano svolgersi tali indagini. Ad ogni modo, sarà bene fare avere all’avvocato (non necessariamente brevi manu, ma eventualmente anche a mezzo posta elettronica) l’originale o una copia del verbale di identificazione consegnato dal comando di polizia o dei carabinieri; il difensore, infatti, presentandolo con opportuna delega, potrà chiedere informazioni presso gli uffici giudiziari competenti (si tratterà degli uffici della Procura, presso il Tribunale competente). Ancora, ciò che spesso l’ansia e la concitazione non permettono di tenere presente, è che la trasmissione dei dati dai funzionari di polizia giudiziaria non è sempre immediata: per varie ragioni, potrebbe essere necessario qualche giorno prima che la Procura possa fornire l’informazione necessaria (tutto questo, si ripete, nel caso in cui l’indagato identificato sia a piede libero, in quanto ben diversa è la situazione nel caso il pubblico ministero disponga una misura cautelare). Si ricordi ancora una volta che le indagini, salvo casi particolari, sono coperte dal segreto e che quindi ben poco si potrà conoscere a riguardo: un numero (il numero al quale è registrata la comunicazione di notizia di reato, l’acronimo è RGNR) ed il cognome del pubblico ministero responsabile delle indagini. Nella normalità dei casi, quindi, non è dato di sapere i fatti contestati, e tanto meno chi possa essere la parte offesa; nel caso vi sia querela, mai si potrà sapere, in tale fase, l’identità del querelante. E’ però possibile, spesso, immaginarsi di cosa possa essersi trattato e quindi individuare chi possa essere stato l’eventuale soggetto che abbia esposto querela. Allo stesso modo, sarà possibile comprenderne le ragioni. Questa meditata riflessione sarà di aiuto per iniziare a preparare la propria difesa. b) interrogatori ed altri atti in fase di indagine A seguito dell’identificazione (per l’esattezza, con l’iscrizione del nominativo nell’apposito registro delle notizie di reato contro soggetti noti), il soggetto denunciato o querelato assume la qualifica di indagato. Da tale momento si svolgono le indagini (che, come detto, sono coperte dal segreto), delle quali si potrà carpire qualche notizia, tramite il difensore, soltanto se e qualora il pubblico ministero riterrà di compiere i cosiddetti atti garantiti, che comporteranno un certo grado di discovery (conoscenza degli atti d’indagine). Potrebbe infatti essere disposto un interrogatorio. Tale atto richiede la presenza di un difensore, il che presuppone che sia già stato previamente nominato un difensore di ufficio che possa intervenire qualora l’interessato non abbia voluto (o non sia riuscito a) nominare un difensore di sua fiducia. Nell’interrogatorio, per prassi è possibile inserire qualche libera dichiarazione, ma si è chiamati a rispondere alle domande che vengono rivolte dal pubblico ministero o dall’ufficiale di polizia giudiziaria dallo stesso delegato. Vi è la facoltà di non rispondere (a tutte le domande o anche soltanto ad alcune di esse), dichiarandolo. Chi interroga ha il dovere di segnalarlo. Non vi è neppure l’obbligo di dire la verità (diverso sarebbe nel caso di un testimone), eccettuato che per le informazioni riguardanti le proprie generalità, residenza, domicilio e condizioni sociali. Il difensore presente non può rispondere per l’assistito; la sua funzione è prevalentemente di controllo sulla legittimità delle operazioni (potrebbe ovviamente intervenire ed opporsi laddove le domande rivolte vadano a vertere su fatti completamente estranei all’oggetto dell’interrogatorio, inerenti ad esempio a vicende strettamente riservate che non siano pertinenti, o laddove le domande siano rivolte senza riconoscere la facoltà di non rispondere ed attuando tecniche di violenza psicologica o fisica non ammesse nel nostro ordinamento. in ogni caso, il difensore può conferire, durante l’interrogatorio, con l’assistito, al fine di aiutarlo a ricordare i fatti o la sequenza dell’esposizione, o finanche – rivolgendogli qualche domanda – al fine di aiutarlo a comprendere meglio le domande che gli siano rivolte. Dell’interrogatorio è redatto verbale, una copia del quale è lasciato all’interessato. In vista dell’interrogatorio, non è consentito l’accesso agli atti di indagine. La normativa prevede che il soggetto che conduce l’interrogatorio, durante l’espletamento dello stesso, possa comunicare all’indagato le fonti di prova se ciò non rechi pregiudizio per le indagini. Sia però chiaro che “comunicazione delle fonti di prova” non significa possibilità di prendere visione di atti e documenti, ma soltanto di venire a conoscenza del motivo per cui si è indagati e – in caso di querela – eventualmente, del nominativo del soggetto querelante e dei fatti denunciati (ciò è del resto abbastanza ovvio, dal momento che tali fatti sono ciò su cui verte l’interrogatorio).