Raffaele Rubino, 40 anni di…colpi di testa

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by Simone Balocco

Un celebre film del 1987 aveva un titolo cult: I miei primi 40 anni”. Ideato sulla vita di Marina Ripa di Meana ed interpretato da Carol Alt, non è stata una pellicola hollywoodiana, ma comunque storica, soprattutto perché quel titolo è oggi un modo di dire.

Oggi compie gli anni (e proprio quaranta), un giocatore che ha scritto la storia del Novara Calcio, un attaccante che è entrato a piedi uniti, anzi…di testa, negli annali del club azzurro: Raffale Rubino.

Rubino, oggi nei quadri del Parma Calcio, è il secondo marcatore di sempre della storia del Novara con 87 reti, a sette lunghezze dal recordman, Marco Romano. Dietro al biondo attaccante barese, staccato di un gol, Silvio Piola.

Una storia d’amore quella tra l’attaccante di Bari e il club novarese nato nell’estate 2001 e conclusosi, con quattro “addii” nel mentre, il 30 giugno 2014. Una love story di gol partita dal primo (su rigore) contro la Valenzana (16 settembre 2001) all’ultimo di Lanciano del 15 marzo 2014, passando per lo storico gol contro il Parma del 26 novembre 2011. Il gol di Rubino contro i ducali, quando gli azzurri erano in Serie A, fu da Guinness dei primati: mai nessun calciatore italiano, fino a quel momento, era riuscito a segnare con la stessa maglia in tutte le serie professionistiche calcistiche nazionali. Ad eguagliarlo, Lorenzo Pasciuti del Carpi che ha avuto anche la “fortuna” di segnare con la squadra biancorossa anche in Serie D. E in quale giorno poteva segnare Pasciuti contro l’Udinese se non il giorno del compleanno di Rubino (9 gennaio 2016). Quando si dice il destino. Per fortuna Rubino, non ha mai giocato in D con il Novara e la squadra non ha mai giocato (a oggi) nei dilettanti.

Raffaele Rubino e il Novara Calcio, un binomio nato quasi per caso durante il calciomercato estivo del 2001 all’AtaHotel di Milano, grazie all’interessamento di una persona che ha fatto la storia recente, nel bene e nel male, del Novara, l’allora direttore sportivo Sergio Borgo. La chiamata della nobile decaduta Novara era l’ultima occasione per Rubino di sfondare nel calcio professionistico. L’allora 23enne attaccante arrivava da una pessima stagione con la maglia della Pro Sesto dove deluse le attese e fino a quel momento aveva giocato sempre nella periferia del calcio (Bisceglie, Noicattaro, Brescello) tra Dilettanti, C2 e una mezza stagione in C1.

La sua carriera di calciatore non lo vide giocare con i “grandi” del Bari, se non per aver fatto tutta la trafila del settore giovanile, con la vittoria del campionato Allievi Nazionali nel 1994 e la finale di Coppa Italia persa contro la Juventus. In quegli anni si mise in luce un giocatore che contribuì a scrivere anni dopo, anche lui, una piccola parte della storia recente del Novara, Nicola Ventola.

Rubino debuttò in maglia azzurra il 2 settembre 2001 allo stadio “Due Strade” di Firenze, nel match contro la Rondinella. La prima stagione lo vide segnare ben sedici reti (tra cui una tripletta alla Pro Vercelli, terzo a riuscirci nella storia del derby delle risaie). Il Novara chiuse terzo in regular season e i due attaccanti della squadra erano i Calypso boys, ovvero Rubino e Massimiliano Palombo. Gli azzurri furono sconfitti nei play off promozione contro la Pro Patria e Rubino non giocò per infortunio il ritorno a Busto: la squadra disse addio ai sogni di promozione in Serie C1. Ci sarebbe tornata la stagione successiva.

Rubino ripagò la fiducia datagli da Sergio Borgo e da mister Stefano Civeriati (e poi Stefano di Chiara) con i gol ed uno spirito battagliero, ma “Lele” era uno che voleva sfondare e, tra il 2002 e il 2007, salutò Novara riuscendo a giocare in Serie B e la massima serie con la maglia del Siena, anche se con quest’ultima solo per cinque partite, giocando con l’amico di sempre Nicola Ventola. Dopo aver peregrinato tra la città del Palio, Torino (B), Salerno (B) e Perugia (C1), Rubino capì che Novara era la sua seconda città, la piazza da dove era sempre partito alla ricerca della consacrazione, che aveva sempre creduto in lui e gli aveva sempre voluto bene.

Nell’estate 2007 Rubino ritornò definitivamente in Piemonte e da li non si mosse più, decidendo di tracciare una linea definitiva nella sua carriera: il Novara aveva cambiato l’anno precedente dirigenza, una dirigenza con a capo un suo coetaneo molto ambizioso ma con i piedi per terra e con le idee chiare, Massimo de Salvo. Nonostante la diffidenza nei suoi confronti da parte dei tifosi che pensavano che per lui Novara fosse una sorta di “porta girevole” , Rubino prese la penna e scrisse la storia sua e del club gaudenziano.

Al termine della stagione 2009/2010, il Novara venne promosso in Serie B dopo 33 anni di attesa e “Lele” realizzò sette reti, tra cui la prima alla prima giornata contro il Figline dopo appena un minuto di gioco.

L’anno dopo “Lele” fece tanta panchina, ma alcune partite riuscì a giocarle, segnando nel complesso sei reti, tra cui il gol del pareggio all’”Atleti azzurri” di Bergamo contro l’Atalanta a due minuti dal fischio finale. I biancoblù a fine stagione vinsero i play off promozione e furono promossi in Serie A dopo 55 anni. Rubino, capitano dalla stagione 2008/2009, era il leader di quella squadra composta da giocatori brillanti che trovarono nella piazza piemontese la loro vera consacrazione. Rubino si sarebbe apprestato a giocare il suo primo torneo di Serie A con il “suo” Novara: un qualcosa di inimmaginabile fino a pochi anni fa, figurarsi quando Borgo gli disse, al calciomercato, di ricordarsi un Rubino “samurai” e non quello visto a Sesto San Giovanni.

La stagione in A fu difficile per lui e per la squadra: Rubino aveva 34 anni e non era titolare perché davanti a sé aveva giocatori più giovani e con le carte in regola (?) per giocare la serie maggiore. La squadra conquistò 32 punti finali, di cui appena dodici nel girone di andata. Il capitano azzurro si ritagliò complessivamente 19 presenze, ma la partita più importante per la sua carriera la disputò al “Piola” il 26 novembre 2011 contro il Parma. Il “miracolo” avvenne intorno alle 19:25: il Parma era già avanti grazie allo sfortunato autogol di Centurioni, ma in quel momento successe ciò che tutti i calciatori sognano: segnare in massima serata.

Palla a Rigoni sulla sinistra e cross in area del numero 10. Raffaele Rubino saltò più in alto del suo marcatore e colpì di testa. Palla in rete e Mirante che non poté fare nulla. 1-1, palla al centro.

Rubino di gol di testa ne ha segnati molti, se non quasi tutti, ma quello fu un gol storico per il calcio italiano: il capitano del Novara era diventato il primo giocatore a segnare con la stessa squadra dalla Serie C2 alla Serie A. Nessuno c’era riuscito prima. Il giocatore scoppiò in lacrime, gli diedero una t-shirt bianca con scritto “Record” che lui mostrò a tutto lo stadio. Una maglia semplice, bianca con la scritta in pennarello nero: una “maglia da C” come l’ha definita, Serie C come la serie calcistica dove era partito con gli azzurri. Lacrime ed abbracci dei compagni ed uno stadio che non aspettava altro che il suo capitano gonfiasse la rete. Quel gol lo ripagò delle fatiche fatte per diventare un giocatore, dei dolori e delle fatiche di un ragazzo che era partito dalla Puglia e che era “salito” al Nord per diventare un giocatore professionista.

Raffaele Rubino l’anno in massima serie segnò anche contro il Catania, siglando il gol della bandiera nel pesante 3-1 del “Massimino” del 26 febbraio 2012, ma a fine stagione il Novara retrocesse in Serie B.

Rubino, nonostante avesse 34 anni, era ancora in rosa, ma oramai sembrava davvero giunta alla fine la sua parabola azzurra. E invece giocò ben 20 partite (tre dal 1′), segnando tre reti. Questo è stato il leit motiv di Rubino dalla stagione 2009/2010: non c’è spazio per me dal 1′, bene cerco i miei spazi, mi impongo e segno. E non a caso, il 15 dicembre 2012, al suo ingresso in campo al minuto 83 con i “galletti”, lo stadio San Nicola gli tributò un incredibile standing ovation per quel “figlio” diventato grande nel mondo del calcio. A fine stagione la squadra chiuse quinta in classifica dopo una pazzesca remuntada nel girone di ritorno, ma perse la semifinale play off contro l’Empoli.

Rubino sarebbe andato in scadenza al termine della stagione 2013/2014 ed in estate fece un precampionato importante, però non rientrava nei piani di mister Aglietti. Fino a fine ottobre la squadra non ingranava, perdeva, non riusciva a vincere in trasferta, non convinceva ed i tifosi erano molto arrabbiati.

Il 28 ottobre 2013 il Novara stava perdendo in casa contro il Cesena. La folla, a partire dalla metà della ripresa, invocò il debutto in campionato del loro capitano. Aglietti non poteva perdere ancora e allora gettò il numero 9 in campo. Lui non si arrabbiò per il minutaggio “a zero” fino a quel momento, ma entrò in campo con la solita grinta e al minuto 89, dodici minuti dopo l’ingresso, il “Re leone” segnò di testa e pareggiò la rete cesenate. Lo stadio, come si dice in gergo, “venne giù” e l’eterno capitano segnò la rete numero 81 con la maglia azzurra. Piola era quasi vicino. Da quel momento, Rubino segnò altre sei reti, fino all’ultima del “Biondi” contro il Lanciano.

Dopo il gol contro il Cesena, Rubino, insieme ad un pool di giornalisti-tifosi novaresi, decise di scrivere la sua biografia (Colpo di testa – 20 anni di calcio per un capitano da record, edizioni Interlinea), un libro di 179 pagine in cui il capitano del Novara svelò tutti i segreti della sua carriera, dal calciatore all’uomo al padre, con alcune interviste ad alcuni compagni con cui ha condiviso gioie e dolori.

Ma torniamo a quel 15 marzo 2014: lo stadio di Lanciano assistette ad un qualcosa di incredibile. Minuto 52′, punizione per il Novara. Se ne occupò Genevier. Il francese calciò di destro, la palla entrò in area e su di essa si avventò come un leone, di testa, come sempre, Raffaele Rubino. La palla compì una traiettoria che l’allora portiere dei frentani, Luigi Sepe, poté solo osservare la “palombella” entrare in rete. Il Novara pareggiò così il gol di Gatto al 30′. E pazienza se il gol del record non è bastato alla squadra per battere la “bestia nera” Lanciano e perdere l’allora dodicesima partita stagionale su 29 giocate: la sconfitta contro l’allora seconda in classifica diventò un po’ meno amara. Niente male per un giocatore che tanti davano per finito e che invece, da ultima punta nel carniere di Alfredo Aglietti, diventò il secondo cannoniere della squadra a fine stagione con 7 reti di cui sei di testa, la sua specialità.

Il 30 giugno 2014 fu il suo ultimo giorno in azzurro ed il contratto non gli fu rinnovato: lasciò la squadra appena retrocessa in Lega Pro dopo la sconfitta nei play out con il Varese. “Lele” decise di continuare a giocare a calcio, ma lo fece lontano dal “Piola”, firmando un contratto annuale con il Prato, compagine di Lega Pro. In quell’unica stagione in terra toscana, Rubino giocò trentatre partite (trenta di campionato) segnando otto reti, di cui una in Coppa Italia di Lega Pro, facendo coppia con Riccardo Bocalon, segnando insieme ventitre reti in campionato. Se fosse rimasto a Novara e quelle otto reti le avesse segnate in azzurro, ora Raffale Rubino sarebbe il marcatore più prolifico di sempre in azzurro. Non lo sapremo mai.

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Rubino ha intrapreso la carriera dirigenziale che lo ha portato prima ad essere un osservatore del Bari e oggi a far parte dello staff dirigenziale del Parma.

Di Rubino oggi si ricordano l’impegno alla causa azzurra, il suo essersi sempre rimboccato le maniche, la grinta, la continuità, la tenacia e la determinazione di voler sfondare nel calcio. E proprio la voglia di diventare un giocare professionista lo ha portato per quattro volte a salutare Novara cercando l’occasione di fare il salto di qualità, non sapendo che proprio Novara (e il Novara) gli regalarono le emozioni più forti per quel cuore che batteva dopo ogni rete segnata.

Ligabue cantava “una vita da mediano” citando Gabriele Oriali. Se il rocker di Correggio avesse conosciuto Raffaele Rubino, quella canzone avrebbe, forse, oggi un altro titolo.

Del resto, dal primo gol su rigore contro la Valenzana ne ha fatta di strada il “Re Leone” ammiratore di Hernan Crespo e che non sapeva neanche dove fosse Novara e di che colore fossero i colori sociali della squadra.

Pazienza, alla fine li ha onorati alla grande.