Desta il più forte dolore e la più grande preoccupazione la notizia del primo caso di eutanasia su minore avvenuto negli scorsi giorni in Belgio. Il “cuore burocratico d’Europa” si conferma ancora una volta tristemente all’avanguardia nella propaganda dei falsi miti di progresso, abbattendo un altro paletto di civiltà e spostando un po’ più avanti la frontiera dei desideri scambiati per diritti.
La vicenda ha destato imbarazzo anche tra gli stessi promotori della legge entrata in vigore nel 2014 che permette l’eutanasia su minori in Belgio, tanto che il presidente della Commissione Federale sul controllo e la valutazione dell’eutanasia, Will Distelmans, ha subito provato a rassicurare dicendo che si tratta di un caso isolato. Temiamo di dover aggiungere “per ora”: sappiamo bene, infatti, come la legge faccia cultura, e come un primo episodio possa rappresentare la breccia per rompere la diga ad un dilagare di casi simili. La conferma di questo la troviamo, ad esempio, in uno studio sull’incremento dell’eutanasia proprio in Belgio (https://www.rt.com/news/359542-euthanasia-rise-belgium-study/ ): i risultati parlano da soli! La cosiddetta “dolce morte” viene scelta sempre di più e per motivi sempre meno gravi; in calce trovate il grafico che descrive l’andamento del ricorso all’eutanasia in Belgio negli ultimi anni: una inquietante e drammatica crescita esponenziale!
Ci informano che l’iniezione letale sarebbe avvenuta col consenso del giovane, un ragazzo di 17 anni: è incredibile come si possa pensare che un ragazzo che non è considerato dallo Stato ancora sufficientemente maturo per guidare un automobile o per esprimere la propria preferenza di voto, e quindi che si ritiene non avere ancora un giudizio maturo sulle questioni che riguardano la società in cui vive, sia considerato allo stesso momento sufficientemente maturo per poter esprimere il proprio consenso su una vicenda tanto drammatica e che lo coinvolge così direttamente.
Nel vano tentativo di rassicurarci, ci dicono anche che tutto è avvenuto nel rispetto della legge: esattamente come avveniva nella Germania nazista, nella URSS dei Gulag o nell’Italia delle leggi razziali! Non basta una legge a trasformare il male in bene! Don Fortunato Di Noto, un uomo eccezionale da anni al servizio della difesa della dignità dei più piccoli, ha affermato che queste leggi gli ricordano il progetto Aktion T4 della Germania nazista, in cui si eliminavano “le vite che non meritano di essere vissute”, come le definivano gli agguzzini di Hitler.
Ancora una volta siamo di fronte ad una legge che confonde i desideri – che sappiamo non essere sempre giusti e buoni – con i diritti: e così l’angoscia per la malattia si trasforma in diritto alla morte. L’errore ancora una volta è quello di non contemplare i limiti della volontà umana: abbiamo manie di controllo che ci illudono di poter pretendere di decidere come e quando nasciamo (fecondazione artificiale) e come e quando moriamo (eutanasia): ma questo delirio di onnipotenza si ritorcerà contro di noi!
Qui siamo di fronte al peggior caso di mala sanità: si vuole infatti debellare il malato e non la malattia. Insieme all’aborto, l’eutanasia, che adesso arriva a colpire perfino i più giovani, è il principale strumento eugenetico che la modernità sta costruendo. E con l’eutanasia che viene sdoganata anche tra i minorenni, e l’aborto che si cerca di introdurre anche “post-natale”, non rimangono più zone franche per la difesa della vita.
Temiamo fortemente che questa deriva antropologica, estremamente pericolosa per la dignità dell’uomo, possa presto arrivare anche in Italia: per questo il Popolo della Famiglia dice il suo secco e incontrovertibile NO alla cultura dello scarto, alla cultura della morte che i paesi cosiddetti “progrediti” ci vogliono inoculare.
Difenderemo sempre in ogni sede la bellezza della vita, anche e soprattutto quando è fragile, indifesa, ferita e sofferente: perché è questo che ci rende umani e veramente civili.