Rimango inerte di fronte ad un reato: sono punibile?

Condividi sulla tua pagina social

di Antonio Costa Barbè con il fondamentale contributo di Emanuele Carbonara

(Nei prossimi giorni pubblicheremo un videoblog ai fini di ulteriore approfondimento)

Cosa succede se mi accorgo della commissione di un reato e rimango inerte? Sono connivente (chi è complice di un’azione disonesta senza avervi parte attiva) e come tale, sono punibile?
Il nostro sistema penale non punisce la mera connivenza: non esiste infatti una regola generale che imponga ai cittadini di intervenire in qualunque caso essi vengano a conoscenza di un illecito o addirittura vi assistano.
Esistono delle eccezioni, comunque. A volte la legge impone a certi soggetti di non rimanere inerti di fronte a un delitto: anzi, li obbliga a impedirne la commissione.
Ancora, se la sola presenza di una persona sul luogo del delitto rafforza il proposito criminale di chi materialmente commette il reato, la prima persona risponde a titolo di concorso morale nel reato.
Prendiamo in esame questo caso: comuni cittadini assistono passivamente alla commissione di un reato: possono essere puniti per il solo fatto di essere rimasti “immobili”?
Va ribadito che nel nostro ordinamento non esiste una norma generale che imponga a qualunque cittadino di intervenire qualora assista alla commissione di un reato o ne venga poi conoscenza. E dunque se una persona comune rimane inerte di fronte a un delitto, essa non è penalemente punibile per il solo fatto di essere rimasta passiva.
Tale principio legislativo trova conferma in una serie di norme presenti sia nel codice penale che nel codice di procedura penale. Nel codice penale esistono specifiche disposizioni che puniscono colui che si trovi in determinate circostanze e ometta di intervenire: si pensi al reato di «omessa denuncia di reato da parte del cittadino» (Art. 364 cod. pen). Con questa norma, viene sancita la responsabilità penale (reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1o32 euro) del comune cittadino che, avuta notizia di un delitto contro la personalità dello Stato per cui la legge commina l’ergastolo, non ne faccia immediatamente denuncia. Insomma quando la legge impone ai cittadini di non restare passivi e quindi punisce penalmente l’inerzia di fronte a un reato eco che lo dice espressamente!
Può accadere invece che un soggetto si trovi a ricoprire, per i motivi più vari, una determinata posizione di garanzia nei confronti di qualcuno o qualcosa. Ad esempio, le forze dell’ordine sono garanti dell’ordine pubblico e devono impedire e prevenire la commissione di reati (art. 55 cod. proc. pen). I genitori sono tenuti a garantire l’educazione e l’istruzione dei figli, e a proteggerli in ogni caso fino a quando non siano capaci di badare a loro stessi. In questi casi, quindi, la legge vuole espressamente che determinati soggetti siano garanti di qualcosa o di qualcuno: essi hanno quindi il potere (e il dovere) di impedire un qualsiasi evento dannoso per ciò di cui si fanno carico.
Si pensi alla madre che assista passivamente alle violenze sessuali subite dal figlio, ad opera del padre.  Se il genitore non interviene, pur avendo la perfetta consapevolezza di ciò che sta accadendo, egli risponderà di reato omissivo se, qualora si fosse attivato, avrebbe certamente o probabilmente evitato l’illecito. Secondo la legge, infatti, non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo (Art. 40, comma 2, cod. pen.)
È chiara quindi la differenza tra connivenza e reato omissivo. La prima, di per sé, non è punibile. Il secondo si configura solo quando la legge investe un soggetto di una determinata posizione di garanzia nei confronti di qualcosa o qualcuno. Se il garante, in caso di pericolo per il bene che è chiamato a proteggere, non interviene pur avendo i poteri per farlo (e si accerta che il suo intervento avrebbe evitato il reato), si configura il reato omissivo. Si ricorda che, per essere punito, il comportamento del garante deve essere caratterizzato da dolo (ossia la precisa intenzione di non intervenire), o da colpa. Ci sono poi casi in cui la legge punisce espressamente una specifica omissione, come nel reato di omissione di soccorso (Art. 593 cod. pen.)
Connivenza e concorso morale nel reato
Il concorso morale nel reato si configura invece quando qualcuno, pur non prendendo materialmente parte all’illecito commesso da altri, determina o agevola la commissione del delitto stesso. L’esempio classico è quello del mandante dell’omicidio: il delitto è commesso materialmente dal sicario, ma l’ideazione dello stesso è stata di un altro soggetto. I due risponderanno entrambi (con terminologia tecnica, «in concorso») del reato di omicidio (Artt. 110 e 575 cod. pen.)
Per aversi concorso di persone nel reato, quindi, è necessario che un soggetto faccia nascere o rafforzi il proposito criminoso dell’autore materiale dell’illecito.
RIASSUMENDO: Se una persona assiste passivamente ad un reato e la sua presenza non agevola la commissione dello stesso né rafforza la determinazione del soggetto che commette il fatto allora si avrà una mera connivenza, non punibile. Viceversa, se la mera presenza del soggetto rafforza la volontà criminosa dell’autore del reato, entrambi risponderanno in concorso nel reato commesso, perché la sola presenza del primo soggetto ha concretamente influito sulla commissione del delitto (si pensi a colui che compia un reato in presenza di un amico, di un genitore o di un’altra persona che eserciti su di lui un’influenza rilevante).