«Teorema di Natale», una storia narrata, tutta novarese…

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Trentun anni fa…
… scoccavano le sei di sera di una cortissima giornata di dicembre. Il giovane avvocato Claudio Barbi uscì dallo studio un’ora buona in anticipo, intabarrato nel suo cappotto nuovo con una sciarpa bianca intorno al collo.
Non appena in strada si infilò in bocca una pastiglia di Formitrol, pronto ad affrontare il freddo e l’atmosfera nebbiosa di quel tratto di cammino che conduceva ad un vicolo del centro storico della città. Diede un’occhiata distratta alle vetrine dei negozi, splendenti di mille luci multicolori, davanti ai quali la gente sembrava sostare tanto volentieri.

Ma lui aveva fretta.
Il brusio di mille suoni indistinti gli lambiva i padiglioni auricolari protetti dall’ampia voluta della sciarpa. Dopo cinque minuti di andatura sostenuta, Barbi arrivò a destinazione. Si fermò davanti ad una porticina di legno -che non aveva nemmeno una qualche sagoma di nome intagliato- e bussò, più per annunciarsi che per chiedere ed aspettare permesso.
“Avanti!”… disse una voce che sembrava provenire dalla fioca fiammella della candela che illuminava la piccola, disadorna stanza.
“Ciao Babbo, sono venuto appena mi hai chiamato”, borbottò Claudio con voce indecisa.
“Veramente, io avevo chiesto di te ieri…”, interloquì l’altra figura.
“Sì, ehm, è vero, ma ieri ero molto impegnato, sai? Avevo una riunione assolutamente indifferibile con il mio commercialista…”
“Ah, per il nuovo condono? Pensi forse di non voler pagare un condono fiscale?”, sorrise con una punta di malizia il vecchietto. Gli occhi di Claudio si erano abituati alla semioscurità e finalmente poteva scorgere i lineamenti del suo interlocutore.
“Veniamo al dunque”, tirò via -sempre con delicatezza- il Babbo, sfogliando uno schedario. “A… A… B… Ba…, ecco: Barbi. Ho fatto sulla tua scheda un paio di annotazioni, se hai un attimo di pazienza ti espongo tutto in due minuti”.
Claudio lasciò cadere le braccia lungo lo schienale della sedia in segno di bonaria resa e si dispose ad ascoltare: i due minuti del Babbo potevano durare una vita!…
“Dunque”, riprese il Babbo inforcando gli occhiali, “qui vedo una separazione… quella separazione, resa più complicata dall’azione di disconoscimento della paternità…”
“Sì…”, fece Claudio con un tuffo al cuore. Quella separazione gli era costata parecchie ore di tensione, tra colloqui in studio e udienze in tribunale.
“Allora, il bambino, Marcello, ha cinque anni adesso, se non vado errato: e lui è il pomo della discordia!”
“Dì pure la merce di scambio”, gracchiò amaro l’avvocato Barbi, “per adesso sta col padre, quello vero. Ma con lui non si trova bene, vorrebbe tornare con la mamma, anche se adesso lei vive con un altro…”
“Ecco, coff…”, tossicchiò il Babbo, “dovresti combinare un incontro tra i due genitori, nel tuo studio, diciamo… dopodomani, verso le sette di sera; dì al papà di portarsi dietro il piccolo Marcello”.
“Ma tu sei paz… hem, imprudente, Babbo, volevo dire, tu non sai che cosa succederebbe!”, sbottò Claudio, “Si prenderebbero a sberle davanti al bambino! Ma cosa dico “bambino”.. lo trattano quasi come un pacco postale: lo dai a me, lo voglio io… Non sai quanto ne soffre quel piccolo!”
“Invece lo so!”, fece il Babbo, “cioè… lo immagino!!! Non ti preoccupare, Claudio, io… io ti prometto che stavolta finirà che i genitori usciranno a cena insieme, e si terranno vicino il bimbo un paio d’ore. Sarà il suo regalo di Natale… Solo per un sera ma… sai, Marcello ha bisogno di sentire i suoi due genitori vicino a lui, e anche un po’ vicini a se stessi… per il futuro… chi può dirlo? Può darsi che volino ancora schiaffi. Ma vedo … cioè credo, che le cose andranno meglio!”
Claudio aveva socchiuso gli occhi rimasti sbarrati per trenta lunghi secondi. Da fuori arrivava sommessamente un tintinnio lontano.
“Va bene, d’accordo, Babbo”, sibilò, “hai vinto, con te è inutile discutere, non imparerai mai come vanno le cose del mondo…”
“No… per fortuna vostra”, rispose il Babbo con un risolino discreto che apparve all’angolo della bocca.
“C’è altro?”, azzardò il giovane, ancora confuso.
“Sì ,sì, aspetta che guardo…”, il Babbo aggrottò le sopracciglia. “Deve essere venuto da te un certo Storzani, per un processino in pretura: ha emesso degli assegni a vuoto”.
“Ah, ah, Storzani, buono quello… è venuto sì… un po’ di tempo fa; mi ha promesso l’acconto, ma poi non si è fatto più vedere. Il processo è dopodomani: ma io lascio perdere, dismetto il mandato, tanto prima o poi l’amnistia arriva”.
“E scusa, quanto gli avevi chiesto come acconto?” incalzò il Babbo.
“Ma che acconto, diciamo l’onorario, tutto compreso; un’inezia, insomma, quello che poteva racimolare, gli avevo chiesto”.
“Quanto?”
“Ohh, meno del minimo della tariffa. Ha detto che gli stava bene, e che i soldi me li avrebbe portati dopo qualche giorno… Beh, non l’ho più visto come al solito! Ma li conosco questi tizi! Pensano che gli avvocati debbano lavorare gratis, e loro invece passano la loro vita beati in mezzo alle truffe, agli assegni “cabriolet” e cose del genere…”
“Storzani lo assisterai gratis, stavolta”, bisbigliò sottovoce il Babbo, “non è più tornato perché aveva vergogna di non aver potuto tenere fede all’impegno assunto. Non è uno che vive in mezzo alle truffe, si trova davvero in difficoltà. Lui e la sua famiglia non avranno neanche un regalo sotto l’albero: non hanno neanche l’albero… Così il regalo glielo fai tu, lo assiste al processo. Studiatelo bene; batti sul tasto dell’emissione dell’assegno per fatto scusabile, o meglio invoca la non colpevolezza a causa del suo stato di bisogno. Hmm, si, vediamo… tornerà da te domani pomeriggio; e vedrai che il Pretore lo assolverà! Ma tu, però… mi raccomando: impegnati.”
Claudio Barbi era sempre più confuso. Era la prima volta che il Babbo gli dimostrava di intendersene anche di codici e pandette. Allargò le braccia e fece lentamente cenno di sì con il capo.
“Non c’è altro, mi pare. Beh, buon Natale, Claudio”, si congedò il Babbo.
“Buon Natale anche a te, Babbo, noi… ci vediamo l’anno prossimo”.
“Sperare humanum est…”, disse sottovoce il Babbo, mentre l’esile figura del giovane si stagliava attraverso la porticina di legno.

Il giovane Barbi fece tre o quattro passi in mezzo alla nebbia, un po’ ingiallita dalla luce dei lampioni. Respirò adagio per non tossire, ma non gli riuscì; un piccolo sbruffo di saliva invase l’aria e ridiscese in goccioline sui lembi della sciarpa: di colpo, la nebbia parve brillare intensamente, quasi fosse un caleidoscopio multicolore cento volte più bello di tutte le vetrine illuminate della città.

In quel tempo un’anziana figura avanzò verso di lui.

“Ma guarda chi si vede!”, gridò Claudio, “Ciao Battista!… anche tu… stai per caso andando…”
“Sì, sto proprio andando dal Babbo”, rispose l’anziano avvocato Battista Zanìa con la sua sempiterna giovialità d’accento.
“Io ne esco ora”, disse il giovane collega.
“Ah, allora sei fortunato! Tutt’e due siamo stati fortunati anche quest’anno”, si accalorò il Battista, “pensa che di noi ne ha mandati a chiamare dieci o undici, non di più”.
“E gli altri?”
“…gli altri, se vogliono ci vanno di loro spontanea volontà, ma devono chiedergli l’appuntamento.Noi, invece, siamo, come dire… dei privilegiati: insomma gli siamo simpatici”, sussurrò abbassando la voce l’avvocato Zanìa, “Ogni anno ci offre la solita opportunità di incontrarlo: qualcun altro se la deve guadagnare…”
“Eh già, oh già…”, mormorò Claudio Barbi, con lo sguardo assorto perduto nella nebbia. Poi si riscosse: “Beh, allora ti lascio andare, Buon Natale, Battista!”
“Buon Natale, Claudio, ci vediamo!”

Fuori, nella nebbia, gli occhi del giovane avvocato luccicavano come se nelle sue pupille si fosse specchiato per un attimo il caleidoscopio di tutto l’universo.

Antonio Costa Barbe’
Natale 2o14