di Simone Balocco
Nella mia vita ho tanti interessi, ma una sola unica e grande passione. Quasi una ragione vita, una cosa che sin da bambino mi è sempre piaciuto, appassionato (appunto) e fatto stare con il fiato sospeso fino al triplice fischio dell’arbitro: il calcio. E come me, milioni di italiani.
Faccio il tifo per una squadra, ma seguo anche i campionati esteri (in particolare quello inglese) grazie ai siti web, alle app e al tanto criticato TeleVideo, considerato obsoleto e demodé, ma che ogni giorno mi informa al volo sui fatti che succedono in Italia e nel Mondo in diversi ambiti. Calcio compreso, ovviamente.
Però c’è un però: non tifo una sola squadra di calcio. O meglio, a dire il vero, la squadra di Serie A (che non cito) ha la mia simpatia, mentre il mio tifo vero e proprio è rivolto ad un’altra squadra. Una squadra particolare, una squadre semplice, oggi militante nel campionato di terza serie, ma per la quale sarei a disposto a fare qualsiasi cosa. Una squadra che mi fa arrabbiare, ma che ogni volta “perdono” e tifo più di prima. La squadra per la quale tifo è la squadra della mia città: il Novara.
Voi direte, giustamente: tanti tifano la squadra della propria città. Ma vi state riferendo senz’altro agli abitanti di Torino, Milano, Roma, Genova, Napoli o Firenze. Qui si tratta di tifare una squadra che da quando esiste il girone unico di Serie A (stagione 1929/1930), ha militato in massima serie solo tredici volte (l’ultima volta sette stagioni fa) e che ha in “bacheca” una finale di Coppa Italia persa contro l’allora Ambrosiana Inter nella lontana stagione 1938/1939. Una squadra che in questi mesi è sulla bocca di tutti non per meriti sportivi (anche se vincere 0-3 la prima trasferta a Piacenza e 0-2 a Pistoia in otto contro undici non è da tutti), ma per alcune vicissitudini che stanno facendo infuriare me, i miei amici tifosi del Novara, i supporter delle altre squadre coinvolte nel bailamme dei ripescaggi in B.
Insomma si, lo ammetto: tifo una squadra che nessuno, se non i novaresi e quelli della Provincia (oltre a qualche “pazzo” che parte dalle province) tifa. Ed io sono orgoglioso di farlo.
Sono nato nel 1981 quando in Italia veniva istituita la quarta serie nazionale di calcio (la fu Serie C2) ed il Novara, ovviamente, vi prese parte essendo retrocesso dalla Serie C1. Vi partecipò consecutivamente fino al campionato 2002/2003. L‘unica volta che non vi prese parte fu il campionato 1996/1997, quando tornò in Serie C1 per rimanervi una sola stagione e retrocedere mestamente dopo i play out di Pistoia. Praticamente il Novara nella sua storia è stato più in Serie C2 che in Serie A, ma per chi lo tifa questa è solo una statistica.
Ero piccolo e ho vaghi ricordi anche della sventata retrocessione in Serie D dopo aver perso i play out a Modena contro il Pontedera il 7 giugno 1990: fortuna che la Pro Vercelli fu estromessa dal campionato poche settimane dopo ed il Novara fu ripescato al suo posto.
Il Novara il prossimo 22 dicembre compirà 110 anni. Centodieci anni di storia senza fallimenti e rifondazioni societarie e senza aver mai giocato in Serie D: in Italia, a oggi, oltre al Novara, solo altre dodici squadre sono “immacolate”. E sapere che la squadra della mia città è in questa élite mi rende orgoglioso: non vedrò mai il Novara lottare per scudetti e coppe, ma meglio non avere mai avuto problemi societari tali da non iscriversi a un campionato. Questo per me vale come sentire al “Piola” l’inno della Champions League.
Un orgoglio provinciale perché il Novara è una provinciale. La più bella provinciale del Mondo perché è la squadra della mia città e per la quale ogni anno dedico parte del mio tempo. Un tifo 24 ore su ventiquattro, 7 giorni su sette e non vi nascondo che prima di addormentarmi tante volte il mio ultimo pensiero è stato proprio il Novara. Sarò un matto, machissene.
Quando nasce il mio amore per il Novara? Da piccolo, leggendo sui quotidiani le vicende ed il lunedì leggere i tabellini e la cronaca della partita. Poi dando uno sguardo al TeleVideo e quella pagina 216 che per tanti anni la domenica pomeriggio, unita alle radiocronache, ha accompagnato la mia poca voglia di fare i compiti, e andando poi di persona allo stadio.
Nonostante abitassi ad un tiro di schioppo dallo stadio di via Alcarotti, per motivi anagrafici il Novara l’ho sempre visto giocare al “Comunale” di viale Kennedy e la prima volta che vi sono entrato era l’estate 1993 ed il Novara disputava un triangolare contro Juventus e Sparta, la allora seconda squadra cittadina che, allora in Serie D, lottava per salire in Serie C2. Ho sempre sognato il derby cittadino, ma non si è mai disputato. Che peccato o che fortuna, dipende.
La mia prima volta seria allo “stadio di viale Kennedy” (come lo hanno sempre chiamato i tifosi azzurri)…pioveva. Era domenica 12 maggio 1996 ed il Novara avrebbe ospitato l’Alzano Virescit per la partita decisiva per la promozione diretta in Serie C1. La pioggia non intaccò il tifo ed un gol di Massimo Pellegrini piegò gli avversari e, dopo infiniti anni di quarta serie, il Novara poté fare il tanto sospirato salto di categoria. Quell’anno frequentavo la prima superiore e, con un paio di compagni, ho vissuto con ansia quell’attesa che poi è diventato puro godimento. L’anno dopo in Serie C1 ho visto il Novara dal vivo in una sola partita. Ero andato in “Curva Sud” (quando quel settore non era completamente riservato ai tifosi ospiti) con mio padre (con cui ero andato già a vedere Novara-Alzano con l’ombrello in mano) e abbiamo visto gli azzurri perdere contro la Pistoiese. Brutta partita quella giocata da Coti e compagni e quello fu un campionato davvero sfortunato, sotto tutti i punti di vista (presidenziale in testa).
Ho visto tutte le recenti gioie azzurre: la già citata vittoria sull’Alzano, il 3-3 contro la Cremonese, la finale play off vinta contro il Padova, tutte le partite casalinghe in Serie A e qualche trasferta, la remuntada dal penultimo posto al quinto posto con play off annesso, il gol di della Rocca all’Arezzo ed il Novara di Baroni (a mio avviso il Novara più bello dai tempi di Tesser, ma molti credo che non saranno d’accordo con me). Purtroppo non ho visto il ritorno della finale play off del 15 giugno 2003 contro il Sud Tirol perché due giorni dopo avrei dovuto sostenere l’esame di diritto amministrativo e questo, a distanza di anni, è una cosa che mi ha sempre fatto rosicare. Mi sarebbe piaciuto poter assistere ad un’altra promozione in Serie C1 dal vivo.
Ma ho anche visto tante sconfitte e momenti tristi, eppure sono ancora qua, conscio di sapere che non sempre nel calcio si vince e ci sono anche momenti brutti. Anzi i momenti brutti spesso sono superiori di quelli belli nella vita di un tifoso (chi non è concorde è perché gioca solo ai videogiochi), ma non vedo l’ora che inizi una nuova settimana calcistica per rivedere dal vivo il Novara.
Faccio parte di quella schiera di quelli che definisco “tifosi azzurri interrotti”: schiere di tifosi nati tra la fine degli anni Settanta ed i primi anni Novanta che non hanno mai visto il Novara giocare ad alti livelli ma lottare per una benedetta promozione in Serie C1 o giocare campionati anonimi. E anche per questo motivo a Novara sono in pochi quelli che tifano solo il Novara, perché negli anni della fanciullezza e dell’adolescenza si tifava per la squadra di Serie A che vinceva scudetti, coppe ed entusiasmava i tifosi. Questo è un vero peccato e mi ha fatto piace che il “Piola” fosse quasi sempre pieno tra l’autunno 2009 ed il maggio 2011, ovvero gli anni migliori del mio tifo azzurro, gli anni della doppia promozione dalla Lega Pro alla Serie A. Quel biennio è stato eccezionale: il Novara dopo anni, anzi decenni, era riuscito a far innamorare la città verso la sua squadra. E poi i servizi televisivi, le immagini della festa e tutti i miei amici non di Novara, tifosi di squadre di Serie A, che si complimentavano con me (come se fossi stato io l’artefice del Miracolo Novara) dicendomi che mi avrebbero aspettato quando gli azzurri sarebbero andati a giocare contro le loro squadre. Per me la Serie A significò due cose: andare in stadi che prima di allora avevo visto solo in televisione (e di conseguenza avrei visto giocatori che fino a quel momento avevo visto in televisione e sui giornali), non andare a giocare in stadi di paesi sconosciuti ed in stadi fatiscenti e senza curve.
Ma poi? Da allora meno tifosi di campionato in campionato, meno glamour e poco interesse perché la Serie B e (sopratutto) la Serie C non sono la Serie A, zero interesse generale. E non so dei famosi 13mila tifosi giunti in massa a San Siro per gli ottavi di finale di Coppa Italia, quanta gente frequenta ancora oggi il “Piola”. Allora in città era cool tifare Novara, ora una disgrazia. Ma solo secondo loro.
Non a caso molti nati negli anni Trenta e Cinquanta tifavano Novara perché la squadra giocava in Serie A e dava fastidio alle grandi ed in rosa c’era gente come Mornese, Torri, Romano, Baira, Lena, Versaldi, Renica e tre ex campioni del Mondo come Rava, Piola e Ferraris vittoriosi a Parigi nel 1938.
Ho vissuto Novara meno nobili, dove le avversarie erano (con il massimo rispetto, ci mancherebbe) Derthona, Pievigina, Orceana, Mira, Giorgione, Fanfulla, Suzzara, Sorso, Carbonia, Civitavecchia, Pizzighettone, Saronno, Pergocrema, Solbiatese, Crevalcore e tante altre. La cosa che mi rincuora che è che molte delle ex avversarie degli anni Ottanta e Novanta sono sparite dal calcio o faticano nelle serie dilettantistiche, mentre il Novara c’è e lotta ancora. E con lui i suoi tifosi.
Da quando seguo il Novara, mi sono “innamorato” di molti calciatori: da Paladin e Guatteo, da Borgobello a Pellegrini, da Morganti a Ciuffetelli, da Cioffi a Monza, da Rubino a Palombo, da Polenghi a Porcari, da Rigoni a Ludi fino ai vari Faragò, Gonzalez, Seferovic, Buzzegoli ed Evacuo. E sopratutto di un uomo di Soncino che tra il 2001 ed il 2009 ha scritto una grande pagina azzurra: Sergio Borgo, uno che solo chi tifa Novara ama, rispetta, vuole bene e che non ha bisogno di presentazioni.
Durante i miei anni novaresi (dal 1993 ad oggi) ho visto passare dieci presidenti e ben trentasei diversi allenatori. Quelli a cui sono più legato sono Frosio, di Chiara, Foschi, Tesser, Aglietti. Mondonico, Toscano e Baroni. Tutti gli altri o non mi hanno dato niente o hanno fatto male.
Mi reputo un tifoso mediamente sportivo: applaudo se l’avversario fa gol, ammetto se c’è un fallo commesso da un giocatore del Novara e se era rigore o meno pro o contro il Novara. A meno che gli avversari non mi “sfanculizzino” tutta la partita. Ma non sono contento se i miei avversari “storici” dovessero retrocedere o fallire. Li no, li mi spiacerebbe a meno che la squadra rivale rimanga in categoria o venga promossa mentre il Novara retroceda. Io giocherei tutto l’anno contro le varie Pro Vercelli, Pro Patria, Alessandria, Casale, Varese, Cesena e altre squadre e credo che con me convengano moltissimi tifosi. Anche avversari.
Come tanti poi, in estate soffro di “saudade da stadio”: con la fine della stagione calcistica (indicativamente dopo la prima metà di maggio, salvo play off/out del caso) e fino a fine agosto per me niente stadio e niente Novara “giocato”. Niente spalti, niente incitamenti ed amichevoli di preparazione contro squadre di categorie inferiori, niente di niente. Come tutti, vivo di notizie vere di mercato e/o di bufale, ma poi arriva la compilazione dei calendari, la presentazione della squadra alla città, la prima partita in casa…e si torna alla normalità. Ovviamente non sono un folle come il Nick Hornby di “Febbre a 90′” (ah se potete leggetelo perché ne vale veramente la pena), ma non vedo l’ora di tornare al “Piola”.
Il tifare Novara mi ha permesso di conoscere Novarello, la casa del Novara all’ingresso di Granozzo con Monticello dove c’è il quartier generale della squadra e i campi di allenamento. Una struttura d’eccellenza riconosciuta a livello nazionale, tanto che anni fa la Roma vi aveva soggiornato per preparare una partita di Coppa Italia e Daniele de Rossi (ripeto “Daniele de Rossi”, uno dei rigoristi di Berlino 2006) aveva avuto solo parole di elogio per Novarello, considerandolo un centro che molte squadre di Serie A non hanno. E pensare che quando lo avevano inaugurato (29 settembre 2007, compleanno di Silvio Piola), ero molto scettico: perché spendere milioni di euro per una cosa del genere, quando si ha la squadra che è a metà classifica in Serie C1? Perché non investirli in giocatori o per sistemare la squadra? A distanza di undici anni da allora mi pento di aver detto quelle cose e sono orgoglioso che la squadra abbia un posto d’eccellenza dove allenarsi ed ospitare anche alcune squadre in trasferta, Nazionali comprese.
Quando ero un ragazzino facevo sempre l’album Panini, ma mai una “figu” del Novara tra le mie mani perché allora si arrivava fino alla Serie C1 e speravo un giorno che il Novara tornasse nell’album. L’anno della Serie A, l’anno calcistico più bello della mia vita da tifoso azzurro, ho rifatto l’album dopo tanti anni. Che bello: i miei giocatori scambiati in tutta Italia da milioni di persone. Ed il primo giocatore che ho trovato nelle bustine è stato Francesco Marianini.
A parte questa stagione, per quindici anni consecutivi ho visto giocare il Novara nel settore “distinti” e, in questo lasso di tempo, ho visto entrare ed uscire la squadra dal tunnel, fare il warm up da vicino ed incitarla a piena voce. Ma non solo quello: in molti casi sono uscito abbronzato avendo per 90′, nella bella stagione, il sole davanti e anche preso tanto di quel freddo che la metà basta e avanza.
Allo stadio ho visto il Novara giocare in tutte le condizioni meteo possibili: dal caldo torrido circondato dalle zanzare (le partite estive di Tim Cup) alla nebbia (Novara-Cremonese del 22 dicembre 2008, la partita del Centenario), dal freddo siberiano (Novara-Figline del 20 dicembre 2009, con la temperatura di -9° e i “distinti” chiusi per inagibilità) alla pioggia tropicale (Novara-Pescara, semifinale play off del 29 maggio 2006, talmente inzuppato che se avessi fatto una doccia mi sarei bagnato di meno).
Il mio tifo per il Novara me lo sono costruito da solo: un paio di volte mio padre è venuto con me allo stadio (anche se è lui che mi ha trasmesso l’amore per il calcio) anche se a casa quando giocava il Novara si digitava sempre la pagina del Televideo (214 e 2016 il più delle volte) per rimanere aggiornato su risultato e classifica.
Se tifo Novara è anche grazie ad un gruppo di amici mi hanno “tirato dentro” e mi hanno riportato allo stadio a seguire la squadra: prima in curva, poi nei “distinti”. Negli anni, qualcuno di loro l’ho perso (scelte di vita diverse, nessun litigio o discussione accesa voglio sottolineare), mentre io sono rimasto sempre fedele alla causa. Non che sia più bravo di loro, ma ho tifato sempre anche davanti alle retrocessioni più amare, ma li voglio ringraziare se ora sono qua a scrivere ‘ste due righe.
Nonostante mi sia sempre seduto (non è vero, sto sempre in piedi) in settori tranquilli, ho sempre avuto una devozione per la curva, anzi per le curve. E anche la Curva Nord del “Piola” mi ha sempre interessato, come mi interessano in generale gli ultras, i cori, la nascita dei vari gruppi organizzati, la loro connotazione politica (anche se per me dovrebbe stare fuori dagli stadi), i lancia-cori che incitano la curva cantando per 90′ dando le spalle al campo.
Odio la violenza negli stadi e tenete presente che la mia prima volta allo stadio in assoluto è avvenuta il 1° settembre 1991 ed è stata scandita da violenti scontri tra tifosi avversari prima, durante e dopo la partita con lanci di seggiolini, fumogeni con la polizia che menava i tifosi e i tifosi che attaccavano la polizia. Avevo dieci anni, piansi dalla paura e dallo spavento.
Ovviamente maledico sempre chi parla male degli ultras e quelli che lo fanno solo quando succedono scontri, tafferugli o ci scappa il morto. Questa cosa mi fa incacchiare perché molti non sanno (o meglio, lo sanno ma non lo ammettono) che molte curve italiane (e quella del Novara non è esclusa, anzi) compiono atti benefici e fanno raccolta fondi per le persone in difficoltà (tipo le vittime del terremoto ad Amatrice di due anni fa).
Tanto per chiarirci: se non avessi avuto l’amore per la storia, sicuramente la mia tesi di laurea l’avrei redatta sul tifo negli stadi. Anche se devo dire che nella mia tesi ho dedicato un ampio spazio alla storia dello sport novarese durante il Ventennio, Novara compreso.
Ho ripreso a frequentare il “Piola” dall’aprile 2003, in un derby infuocato contro il Pavia. Stadio pieno, partita serale (che a me piace da matti), tifo indiavolato e 1-1 finale.E prima della partita ho acquista la sciarpetta che ancora oggi indosso quando vado allo stadio. A fine stagione il Novara fu promosso in Serie C1 vincendo i play off contro la Pro Sesto ed il Sud Tirol di un certo Tesser e di un certo Bertani che qualche anno dopo scrissero una grande pagina di storia a Novara.
A partire dalla stagione 2006/2007, la mia simpatia verso il Novara è diventato tifo. Anzi, ossessione: abbonamenti, quotidiani comprati, pagine web lette, trasferte, commenti scritti su questo blog (e in radio), oltre ai commenti con altri tifosi.
E in questi anni il Novara mi ha regalato la promozione in Serie B, l’esodo di San Siro del 13 gennaio 2010 quando al seguito degli azzurri, per gli ottavi di finale di Tim Cup (ripeto: Tim Cup), c’erano oltre 13mila tifosi azzurri sugli spalti, la promozione in Serie A, i sei punti su sei contro l’Inter in campionato e il gusto di fare i play off da penultimi o con i punti di penalità ad inizio stagione. Ma il Novara mi ha anche dato delusioni: le due retrocessioni in Serie C degli ultimi quattro anni, i play off persi quando la squadra era lanciata, i punti di penalità subiti nei tre campionati tra il 2012 ed il 2016 e poi molti giocatori che hanno deluso le aspettative di tutti.
Ho vissuto (anche se non ero presente allo stadio) i tre play out vinti consecutivamente tra il 1999 ed il 2001 contro Voghera, Imperia e Fiorenzuola e vivo con il mito di Tiziano Polenghi che contro la squadra emiliana segnò all’andata e al ritorno, salvando il Novara dalla retrocessione in Serie D. Poi è arrivato Sergio Borgo ed il calcio azzurro non è stato più lo stesso. In positivo.
Vi racconto un aneddoto, datato 18 maggio 2018, una data che nessun tifoso azzurro potrà dimenticare. Quella sera si è giocato l’ultimo match di campionato di Serie B ed il Novara affrontò la Virtus Entella: in caso di vittoria o pareggio (anche a reti bianche), gli azzurri avrebbero disputato i play out contro l’Ascoli, mentre in caso di sconfitta sarebbero retrocessi direttamente in Serie C. E visto che il campionato scorso è stato davvero incredibile dal punto di vista delle delusioni, ecco arrivare il colpo di testa di Crimi a ventidue minuti dal termine e ciao ciao salvezza. A fine partita fischi, improperi e urla contro la squadra.
Fuori dallo stadio, mi dirigo con i miei amici di stadio all’uscita dei pullman delle squadre a scaricare la rabbia (solo verbalmente, ribadisco) contro quei giocatori che avevano portato un Novara sulla carta da play off a retrocedere direttamente con due risultati su tre a favore tornando nell’inferno della Serie C.
Ho visto tanti amici (perché in questi anni, grazie anche ai social e ad altre cose, ho conosciuto davvero tante persone che tifano Novara) tutti infuriati (potrei usare un’altra parola, ma glisso). Ad un certo punto vedo un signore distinto che oltre ad essere un grande cuore azzurro ha la particolarità di andare spesso allo stadio in giacca e cravatta. E anche il 18 maggio sera era in giacca e cravatta. E’ un signore che ho conosciuto grazie alla radio e alle “panisciate” del club “Quelli dell’Alcarotti” con cui ho sempre parlato e discusso, anche di storia del Novara. Parli te che parlo io, ad un certo punto lo saluto e lui apre le braccia e piangendo mi ha abbracciato. Io l’ho abbracciato forte, non ho pianto ma l’ho confortato. E’ stata una bella pagina di “amicizia sportiva”. Poco dopo quell’abbraccio ho rivisto un altro signore che è uno dei fondatori della “Rosa che non retrocede”. Era arrabbiato nero e io gli ho detto, sfruttando anche il nome del gruppo da lui fondato, “noi tifosi non retrocediamo” e lui, mettendosi a piangere, mi ha fatto vedere la t-shirt del gruppo che indossava sotto la felpa. Insomma, è facile tifare quando tutto va bene, ma è quando va male che si vede quanto uno tiene o meno alla squadra per cui fa il tifo.
Questa sera finalmente si torna in campo e quale miglior ritorno in campo se non andare a vedere il “derby delle risaie” contro la Pro Vercelli in trasferta?
Mia moglie mi dice di non capire perché io perda tempo a seguire una squadra che va male, spendendo soldi e non dedicandole tempo. Le rispondo sempre che il tifo è una fede, è un qualcosa che non si può capire se non si va allo stadio e vivere 90 minuti di pura passione. E sto ancora aspettando che venga una volta con me a vedere una partita, oltre a quella dell’”esodo” di quasi nove anni fa.
“E’ un qualcosa che non si può capire”, infatti. Non a caso (almeno fino a tre anni fa) vivevo le partite in maniera spasmodica: pensavo alla partita tutta settimana, entravo allo stadio oltre un’ora prima del calcio di inizio, facevo in macchina (o in bici) sempre la stessa strada, parcheggiavo sempre nella stessa via, facevo il solito percorso, mi mettevo la sciarpa nel piazzale dello stadio, entravo e mi dirigevo a ridosso del tunnel dove potevo vedere i giocatori da vicino (così come gli avversari, se sapevo chi fossero) e poi vedere la squadra entrare in campo per il warm up. Dopodiché tornavo al mio posto e riscendevo le gradinate per andare ad applaudire la squadra dopo la partita giocata. E, perché no?, fammi dare da un giocatore la maglia che aveva indosso (o i pantaloncini). Una volta anche il mio futuro suocero si è dovuto “assorbire” il mio “rito” (uscire di casa oltre un’ora prima, stessa strada, stesso parcheggio, stesso percorso). Non ha detto nulla: che fosse scaramantico anche lui e non mi avesse mai detto niente prima? Per inciso, rispetto a tre anni fa non è cambiato nulla: sempre la stessa scaramanzia.
Frequentando lo stadio ho avuto modo di interfacciarmi con tifosi di tutte le età: dal ragazzino al pensionato che parla solo in dialetto. Ma non solo: per me è un must partecipare a novembre alle “panisciate” del club “Quelli dell’Alcarotti”. In pratica, un convivium di tifosi azzurri che si ritrovano una sera per mangiare una buona paniscia, un po’ di pietanze tipiche e parlare del Novara e del campionato in corso. La cosa bella è che queste cene sono sempre sold out: ci sono tifosi di Novara e della Provincia o delle province limitrofe. A questi meeting il Novara invia sempre un paio di giocatori con cui noi tifosi parliamo, ci confrontiamo e facciamo qualche selfie. E non vedo l’ora che si rinnovi l’appuntamento anche quest’anno.
Nella mia esperienza di tifoso azzurro ho pianto tre volte. O meglio, mi si sono inumiditi gli occhi in tre momenti distinti: 13 gennaio 2010, 26 novembre 2011, 18 maggio 2018. Ovvero dopo il gol del pareggio contro il Milan di Gonzalez a San Siro sotto il settore dove c’era la quasi totalità dei famosi 13mila novaresi in trasferta; dopo il gol di Rubino contro il Parma che decretò il fatto che fu il primo calciatore a segnare in tutte le serie calcistiche pro italiane con la stessa maglia; dopo il gol di Crimi in Novara-Entella. Non ho pianto la sera del 12 giugno 2011: non me lo sono mai spiegato, ma ero stracontento. Che avessi dato per scontato la promozione in Serie A? Chi lo sa.
Se le prime due sono state lacrime di felicità che mi hanno inorgoglito di tifare Novara, dopo il gol che sancì l’addio (spero temporaneo) alla Serie B avevo gli occhi lucidi e le mani sulla testa come dire: “basta mi arrendo, il sogno finisce qua”. Ed invece, da buon incoerente quale sono, eccomi qua in attesa di sapere quando finirà il limbo del “le partite del Novara sono rinviate a data da destinarsi”.
In estate molti che venivano allo stadio con me hanno deciso di non abbonarsi, dando la colpa alla società di questa loro scelta per il risultato “scabroso” della scorsa stagione. Il giorno dopo, ancora “arrabbiato” per ciò che avevo visto la sera prima, ero sempre più convinto: quando inizia la prossima campagna abbonamenti? Non che io sia più bravo di quelli che hanno deciso di non abbonarsi, ma ho paragonato la loro decisione di non volersi abbonare (scelta legittima, attenzione) a come quando in un naufragio il capitano lascia la nave con i passeggeri sulla stessa in balia degli eventi. Se si “affonda”, si affonda tutti insieme ed insieme se ne uscirà.
Il tifoso è un unicum nel Mondo: spende tempo, spende soldi, spende emozioni per vedere una partita con in campo i famosi “ventidue che in pantaloncini inseguono un pallone”, senza che nessuno gli abbia chiesto qualcosa. Ma tutto ciò che è “speso” non ha un ritorno materiale, ma morale e personale. Che forse vale di più.
E ora io e altri 2.400 tifosi azzurri fedeli alla causa abbiamo versato l’annuale “obolo” alla società, sperando che questo campionato non sarà come quello appena passato.
Ora sono qua con il mio cuore biancoblu, conscio del fatto che molti non capiscono la mia fede e la mia passione, prendendomi per pazzo o ignorando ciò che scrivo e dico sul calcio. In compenso, molti apprezzano il mio tifo, le mie “mattane” e come me si riuniscono una volta ogni due settimane in quel tempio pagano (per noi sacro) che è il “Piola” per vivere 90 minuti (più recupero) di gioia, passione e tifo, supportando sempre la squadra e sperando che possa vincere e giocare bene.
Tenete presente che ho deciso di sposarmi in un periodo dell’anno dove, Mondiali di calcio a parte, il Novara non avrebbe dovuto disputare partite di campionato, play off e/o play out. Furbo? Forse, ma non mi sarei perdonato di dire “sì”, sapendo che qualche ora dopo il Novara avrebbe potuto giocare e io (insieme agli invitati azzurri) non avrei potuto vedere la partita. Va bene le app e la radiocronaca, ma non sarebbe stato lo stesso.
Sono per il calcio delle famiglie, quelli che partono da lontano e decidono di passare una domenica alternativa allo stadio piuttosto che fare la gitarella o andare allo zoo safari o fare shopping in mobilifici fai-da-te o al centro commerciale. Sono uno che adora la ragazza/donna che segue e tifa: non a caso adoro (e loro lo sanno) un gruppo di tifose del Novara super scatenate e mi piace parlare e commentare le partite quando le incontro. Ci sono tante coppie allo stadio, ci sono tante donne che vengono da sole e fanno amicizia con altre tifose, c’è la mamma che va allo stadio con le due figlie (e non si sa chi delle tre sia la più tifosa) e poi ci sono le donne che vengono allo stadio costrette dagli uomini (e già mi vedo mia moglie quando verrà allo stadio e starà sempre sul cellulare non guardando mai la partita). Tutte quanto hanno la mia stima, perché condividono con me questa malsana passione per il calcio e per il Novara. Una condizione che ci accomuna e che ci fa stare tutti sereni e allegri perché “chi tifa Novara non perde mai”.
Purtroppo mi spiace vedere che ci sono più tifosi del Novara che partono da Gattico, da Trivero, da Vittuone, da Verbania, da Bergamo e Parma (e forse anche più lontano) e vedere pochi novaresi “di città” fermarsi in biglietteria, comprare un biglietto ed entrare allo stadio. Peccato che invece poi mi tocca sentire da parte di gente che non sa nemmeno dove sia il “Piola” dire, in dialetto of course: “ma dove vai? Non perdere tempo”, “Ha perso ancora, sono incapaci”. E poi il mitico “si vede che non vogliono salire”. Ma questa è la classica battaglia di don Chisciotte con i mulini a vento: persa in partenza.
“Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti” diceva Arrigo Sacchi, ma anche “il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”, chiosava Pier Paolo Pasolini. Mentre la mia preferita è “Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio” detta dal francese Albert Camus. Un premio Nobel che seguiva il calcio, si badi.
Ma sono dell’avviso che i tifosi del Novara sono, come recita uno striscione al Piola, “Pazzi e Visionari” ma tutti devono sapere una cosa: “chi tifa Novara non perde mai”. E questa definizione, che per me è Vangelo, è quello in cui mi rispecchio di più.
Si potrà retrocedere, si potrà perdere, si potrà giocare male e dire parole contro la squadra, ma io non appena esco dallo stadio per tornare a casa faccio già il conto alla rovescia di quanto manca alla prossima partita.
Un pazzo? Forse, ma toglietemi tutto…ma non il mio tifo per il Novara.