Un mito hockeystico di nome Pino Marzella

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di Simone Balocco

Giovinazzo”, recita Wikipedia, “è una città italiana di 20.376 abitanti nella città metropolitana di Bari in Puglia”. Situato sul mare Adriatico, questo comune dista 20 chilometri dal suo capoluogo di regione ed è un centro dedito alla pesca e all’agricoltura, in particolare l’olio.

Giovinazzo sportivamente vede diverse formazioni attive, ma nella città di san Tommaso non sono il calcio, la pallavolo o la pallacanestro gli sport che scaldano l’anima dei cittadini: lo sport per cui è conosciuta Giovinazzo in Italia (e in Europa) è l’hockey su pista. E’ da notare come questo sport, diffuso prettamente tra Lombardia, Veneto, Toscana e con punte anche in Piemonte ed Emilia, sia lo sport principale di questa città. Un caso molto particolare.

La squadra di riferimento è la AFP Giovinazzo Polisportiva ASD, erede di quella squadra che, tra la seconda metà degli anni Settanta (e parte degli Ottanta), ha scritto una grande pagina di questo particolare sport nato in Inghilterra verso la fine dell’Ottocento: l’AFP Giovinazzo.

Nata come parte del dopolavoro della celebre azienda siderurgica locale, le Acciaierie e Ferriere Pugliesi, l’AFP Giovinazzo è stata una squadra che in pochi anni non solo è arrivata in Serie A (nove anni tra la fondazione e la promozione, tra il 1964 ed il 1973, preceduta in Serie A da un’altra squadra barese, l’Enel Bari), ma al primo anno in massima serie ha disputato subito una finale di Coppa Italia, arrivando poi altre due volte in finale (nel 1977 e nel 1978): le sconfitte arrivarono contro le più quotate Trissino, Follonica e Lodi.

A oggi la squadra pugliese ha disputato ventisei stagioni in Serie A1 ed il periodo d’oro della squadra biancoverde fu il triennio 1978-1981, con la squadra che, dopo il secondo posto nelle stagioni 1977 e 1979 (con sconfitta di misura contro il Breganze nello spareggio scudetto essendo le due squadre arrivate al primo posto ad ex equo), nella stagione 1979/1980 vinse lo scudetto e la Coppa delle Coppe. Il sodalizio perse poi le finali di Supercoppa europea e di Coppa dei Campioni contro il fortissimo Barcellona.

Con la vittoria di quello scudetto, l’AFP Giovinazzo divenne la prima squadra del Meridione a vincere un campionato nazionale di hockey su pista e la vittoria delle Coppa delle Coppe fu un successo (forse) ancora più importante perché ha rappresentato la prima vittoria di un team italiano a livello europeo, interrompendo il dominio spagnolo e portoghese, allora (come oggi) le squadre più forti a livello non solo continentale ma anche mondiale.

Deus ex machina del movimento hockeystico giovinazzese è stato Gianni Massari, l’”inventore” della squadra che, partendo da una “costola” del dopolavoro di una grossa azienda siderurgica, divenne una squadra di livello assoluto.

Grazie a Massari, il mondo dell’hockey pista nazionale conobbe i talenti immensi di Frasca, Colamaria, Turturro, Beltempo e dei fratelli Caricato. Ma non si può non parlare dell’AFP Giovanazzo senza approfondire la carriera del giocatore più forte uscito dalla “Massari academy”: Giuseppe “Pino” Marzella.

Considerato il miglior giocatore italiano di hockey tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, considerati come la golden age di questo sport nel nostro Paese quando le sue notizie venivano trattate sui giornali ed in televisione con la voce del compianto giornalista Rai Franco Costa.

Pino Marzella non è stato un hockeysta banale: venti anni di carriera, 1.000 gol segnati, quattro scudetti vinti, tre coppe nazionali alzate al cielo e tre coppe europee in bacheca. Tutte tranne la Coppa dei Campioni, vero rimpianto della sua carriera.

Come detto, Marzella mosse i suoi primi passi hockeystici come allievo del “guru” Massari. Il ragazzo debuttò in prima squadra ad appena 15 anni (è un classe ’61) e si vedeva che aveva la stoffa: tecnica, velocità, testardaggine e un feeling con il parquet senza eguali per un ragazzino della sua età già sui pattini a rotelle a dieci anni.

Nel 1980 Pino Marzella vinse la sua prima “Stecca d’oro” (il premio per il miglior marcatore del campionato) con 62 reti e fu i protagonisti del double scudetto-Coppa della Coppe dell’AFP Giovinazzo. E proprio in quella manifestazione, cui il sodalizio biancoverde vi partecipò come secondo classificato l’anno precedente poiché non si disputò la Coppa Italia, Marzella ed i suoi compagni fecero un qualcosa di clamoroso: al loro primo tentativo avevano portato in Italia il primo trofeo hockeystico internazionale.

L’AFP Giovinazzo batté in sequenza gli olandesi del Duyvestein ed i belgi del Royal Sunday. In finale, l’ultimo ostacolo furono i catalani del Sentmenat. E Marzella scrisse la pagina di hockey più bella (fino a quel tempo) di questo sport. Dopo aver perso all’andata 11-4, al ritorno si pensò che la partita fosse una cosa ovvia per gli spagnoli. Invece il Giovinazzo vinse addirittura 14-4 ai tempi supplementari, con ben undici reti segnate dal solo Pino Marzella. Se non un record, quasi. Il bomber aveva allora solo 19 anni e l’Europa scoprì questo talento in erba che aveva le stimmate del predestinato. Una sua intervista poco dopo la sconfitta in terra catalana fu profetica: “non conoscono Giovinazzo”. Ed infatti il pubblico del “Parco Scianatico” fu il sesto uomo in campo nel vero senso della parola.

La stagione 1980/1981 vide il Giovinazzo rappresentare l’Italia in Coppa dei Campioni (sesta squadra del nostro hockey) dove raggiunse la finale perdendo ancora contro il Barcellona, troppo forte per la squadra pugliese. Il Giovinazzo fu la quarta squadra hockeystica (dopo Monza, Triestina e Hockey Novara) a raggiungere l’ultimo atto della manifestazione europea più importante di tutte.

Una stagione altrettanto importante per il sodalizio biancoverde che chiuse però il campionato al quarto posto. La squadra pugliese ottenne tutti questi risultati senza Pino Marzella in squadra, perché l’estate precedente il giocatore si era trasferito a Reggio Emilia, firmando con l’allora “Corradini”.

Come tutti i suoi colleghi-amici di squadra, Marzella fu costretto ad emigrare nei top team del Nord Italia per giocare ancora ad alti livelli. Alti livelli che il Giovinazzo non poteva garantire più dopo la chiusura delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi nei primissimi anni Ottanta.

La tappa reggiana fu la prima di un lungo viaggio di Pino Marzella nelle migliori squadre del Nord ed essendo un giocatore sanguigno, Marzella era l’idolo della squadra in cui giocava e quello detestato dalle tifoserie avversarie. Tifoserie avversarie che quando lo videro però giocare con le loro squadre lo elessero a mito. Marzella rimaneva in una squadra al massimo due stagioni, per poi cambiare aria in cerca di nuovi stimoli ed ingaggi migliori.

Rimase a Reggio Emilia due stagioni (1981-1983), poi fece un anno all’Hockey Monza e all’Hockey Novara (1983/1984; 1984/1985), due anni con l’Amatori Vercelli (1985-1987), altri due anni con l’Hockey Monza (1987-1989) e da allora, ad ogni stagione, cambiò squadra: Amatori Lodi (1989/1990), Hockey Novara (1990/1991), Correggio (1991/1992), Monza (1992/1993 con il Roller) per poi tornare a Giovinazzo dove chiuse la carriera poco tempo dopo.

In questo suo lungo peregrinare, Marzella vinse tre scudetti (Reggio Emilia, Novara, Vercelli); tre Coppe Italia (due con Monza, una con Novara) e due Coppe CERS (l’Europa League dell’hockey pista) con Novara e Monza.

La stagione di club migliore di Marzella fu la 1984/1985 con cui fece addirittura il treble vincendo scudetto, Coppa Italia e Coppa CERS: il bomber di Giovinazzo vinse la classifica marcatori nelle tre manifestazioni.

Marzella ebbe un feeling incredibile con i gol, tanto che negli anni Ottanta (1980-1989) vinse ben otto “Stecche d’oro”, di cui sei consecutive (1980-1985), segnando qualcosa come 577 reti. Non primeggiò nelle stagioni 1986 e 1988 classificandosi al secondo posto dietro a Fernando Nunes dell’Hockey Bassano e a Franco Amato dell’Hockey Novara, quest’ultimo nativo di Giovinazzo (ma più giovane di sette anni rispetto a Marzella). Era dai tempi del tandem Marzella-Frasca che due giovinazzesi non primeggiavano nella classifica marcatori. In quella decade, Marzella segnò complessivamente 700 reti in campionato.

Ma se Marzella è stato un mito con le squadre di club, è stato un qualcosa di sensazionale quando indossava l’azzurro. Il bomber di Giovinazzo giocò nella Nazionale maggiore tra il 1980 ed il 1992, consacrandosi tra i migliori giocatori del Mondo.

Già leader indiscusso della Nazionale juniores (con cui vinse il titolo europeo nel 1977 nei Paesi Bassi, la medaglia di bronzo l’anno successivo in Spagna ed in Inghilterra l’anno dopo, dove fu premiato miglior giocatore del torneo da parte della regione Elisabetta II), la prima manifestazione internazionale con i “grandi” per Marzella risale all’Europeo di Essen (in Germania Ovest) nel 1981, dove l’Italia chiuse al quarto posto.

Marzella però trascinò l’Italia alla vittoria due volte consecutive al Mondiale a Sertãozinho (Brasile) nel 1986 e a La Coruña (Spagna) nel 1988, oltre a vincere l’Europeo casalingo di Lodi nel 1990 ed il “bronzo” alle Olimpiadi di Barcellona dove l’hockey però fu sport dimostrativo (che non venne più proposto nelle successe kermesse con i cinque cerchi)

Il palmares azzurro di Giuseppe Marzella vede anche un argento (a Barcelos, in Portogallo, nel 1985) e due bronzi europei (a Vercelli e a Oviedo, in Spagna, nel 1983 e nel 1987).

Giuseppe Marzella vinse la classifica marcatori del Mondiale brasiliano, ma in quello spagnolo (dove fu il capitano) fu preceduto da Amato.

I successi in azzurro furono merito non solo del bomber di Giovinazzo, ma di una vera generazione di fenomeni che contribuì a far vincere il Mondiale all’Italia dopo trentatre anni di attesa, a fare un clamoroso bis iridato (mai accaduto per il nostro hockey) e vincere l’Europeo dopo trentasette anni. Oltre a Marzella, in campo c’erano i suoi compaesani Colamaria e Amato ed i talentuosi Bernardini, i fratelli Massimo ed Enrico Mariotti, Cupisti, Crudeli, Girardelli e Stefano dal Lago (che morì il 27 settembre 1988 durante una partita di Coppa Italia, a Novara, durante un match contro il Forte dei Marmi). Commissario tecnico di quel magico biennio mondiale fu il “padre” hockeystico di Marzella, Gianni Massari.

Il legame tra Marzella e Massari è stato importantissimo per la maturazione dell’attaccante ed è grazie al mister più vincente di sempre dell’hockey nazionale se Pino Marzella è arrivato ad essere ciò che è diventato, il “Maradona dell’hockey pista”: se il pibe de oro incantava sul rettangolo verde, il pibe de Giovinazzo era diventato un monumento di questo sport praticato su una pista in parquet. Dopo il Mondiale di Sertãozinho, qualche giornale locale lo definì persino “il Falcao dell’hockey”.

Dopo il ritiro agonistico, Pino Marzella ha abbracciato la carriera di allenatore, seguendo il Giovinazzo e facendolo tornare competitivo.

Prese la guida della squadra nel 2004 seguendo i dettami di Massari: coltivazione del settore giovanile in prima istanza ed infatti i risultati furono molto positivi. Partito dalla Serie B (paragonabile alla Serie C del calcio), nella stagione 2006/2007 il Giovinazzo fu promosso in Serie A1 dopo dodici stagioni di assenza (e nel mentre anche uno scioglimento societario), facendo tornare a sognare una piazza calda ed esigente che voleva riassaporare l’aria dell’hockey che conta e tornare a riempire il palazzetto dello sport sotto lo slogan degli anni Settanta-Ottanta “la febbre del sabato sera”.

Rimase “a casa” fino al 2010, ricoprendo anche un ruolo dirigenziale: il miglior risultato sotto la sua gestione fu il sesto posto nella stagione 2009/2010 e la partecipazione, dopo venticinque anni, alla Coppa CERS. Tutto con in rosa giocatore made in Giovinazzo.

Lasciò Giovinazzo e fece ciò che già fece da giocatore: emigrare al Nord. La sua prima panchina fu quella di Lodi, con cui vinse una Coppa Italia (stagione 2011/2012).

Tra il 2013 e oggi, Pino Marzella ha allenato il Matera femminile e l’Hockey Bassano entrambi per due stagioni (2013-2015 vincendo un campionato; 2015-2017), per una stagione l’Amatori Vercelli (2017/2018, con la vittoria del campionato di Serie A2 tornando in Serie A1 dove la squadra piemontese mancava da diciassette anni) e tra il 2018 e l’inizio di questo anno ha allenato il rivale storico del Giovinazzo, il Molfetta, che nella stagione 2018/20019 ha portato il club biancorosso in Serie A2. Con le ragazze della Pattinomania Matera nella stagione 2014/2015, ha vinto il titolo nazionale e, a tal proposito, Marzella ha nel suo curriculum anche l’esperienza alla guida della Nazionale femminile italiana.

E cosa fa oggi, hockeysticamente parlando, Pino Marzella? L’allenatore della AFP Giovinazzo, che la prossima stagione giocherà in Serie A2.

Il terzo ritorno del “Maradona dell’hockey” nella squadra che lo ha reso…Pino Marzella è diventato ufficiale il 13 giugno. La piazza è pronta a tornare come negli anni Settanta e Ottanta ai fasti della “febbre del sabato sera” quando nella città barese i sabati sera erano frizzanti grazie alle gesta della squadra biancoverde al “Parco Scianatico”.

Nel 2020 l’Italia è ancora una delle grandi dell’hockey mondiale, non riuscendo però più ad imporsi a livello mondiale come durante l’epoca di Marzella: l’ultimo Mondiale vinto dagli azzurri risale all’edizione tedesca del 1997 di Wuppertal, mentre a livello europeo l’ultima vittoria è più recente e risale al 2014 ad Alcobendas, in Spagna. In compenso, oltre a Giovinazzo hanno giocato in Serie A1 altre cinque squadre provenienti dal Sud (le tre squadre di Salerno, Molfetta e Matera).

Certamente gli azzurri non sono ai livelli di quegli anni Ottanta e Novanta, ma si sta imponendo una bella generazione di giocatori importanti, tra cui molti espressioni di quel Sud che ha visto emergere il Giovinazzo, facendo uscire (in parte) questo sport di nicchia fuori dal suo centro del Nord Italia.

Fatto sta che però all’orizzonte non si vede nessun nuovo Pino Marzella. Non che gli attuali hockeysti nazionali siano scarsi, ma perché di Pino Marzella ce n’è stato uno solo. Unico ed irripetibile.

Pino Marzella è stato un funambolo, un virtuoso, un leader ed uno che metteva sempre la stecca per fermare l’avversario di turno. Classico genio e sregolatezza, era un fulmine in pista. In pratica, valeva da solo il prezzo del biglietto.

Marzella ha dato una svolta all’hockey nazionale ed in ogni squadra in cui ha giocato, in particolare nella sua Giovinazzo contribuendo a farla diventare nota in tutta Europa. Un vero nemo propheta in patria, visto che grazie al suo ritorno in società è riuscito a farla tornare in A1 ed a giocare la coppe europee dopo oltre venti anni di attesa ed una piazza esigente che voleva tornare a sognare come anni prima.

Marzella è stato l‘emblema del riscatto, uno che non ha mai mollato ed icona di uno sport poco diffuso in Italia se non in piazze dove questo sport è vitale quasi più del calcio.

Per ancora tanti anni si parlerà di quello che ha fatto vedere Giuseppe Marzella detto “Pino” da Giovinazzo, alias il pibe de Giovinazzo con il gol nel sangue.

 

immagine in evidenza tratta dalla pagina Facebook “Pino Marzella personaggio pubblico”