di Simone Balocco
Estate 1991, l’estate dei miei 10 anni. Termino la quarta elementare e sono promosso in quinta: l’anno dopo avrei fatto il mio primo esame, quello di “quinta”. Sportivamente, sto passando dal calcio (Sparta Novara) al tennis. Non credevo, ma questo sport lo praticherò fino all’estate 2000 (dopo la fine dell’esame di quinta superiore) ed è ancora oggi (anche se non lo pratico più da allora) una grande parte di me: ho iniziato a giocare a tennis per scherzo, mi ha rapito totalmente per quasi dieci anni. In inverno poi vado a sciare e proprio nel 1991 (a dicembre) i miei genitori mi iscrivono allo “Sci Club Novara ‘81” per fare socialità, migliorare il mio modo di sciare e passare delle domeniche diverse. Grazie a quell’esperienza, ho migliorato la mia “tecnica”, ho conosciuto ragazzini nuovi (ed uno di questi, Alessandro, lo frequento ancora oggi) e scoperto nuove località sciistiche, in particolare della Valle d’Aosta.
Per il quarto anno di fila trascorro le mie vacanze estive (o meglio le ferie dei miei genitori) a Pineto, in Abruzzo: ci piace il mare, l’accoglienza ed il cibo di quella regione e siamo diventati amici di alcune famiglie di Milano e Roma con cui ci sentivamo anche in inverno, quando a Novara c’era la nebbia e speravamo che agosto arrivasse il più in fretta possibile. Dal punto di vista calcistico di “tifo”, lo ammetto: nel 1991 non seguivo ancora il Novara. Sapevo dell’esistenza della squadra, ma non la seguivo. Sarà che la squadra era sempre in Serie C2 (e nell’estate 1990 aveva rischiato di iscriversi in Interregionale, salvo poi venire poi ripescata), sarà che non chiedevo ai miei genitori di portarmi allo stadio o sarà che nessun mio amichetto andava allora al “Comunale”. Fatto sta che in quegli anni era forte il mio tifo per la Juventus.
Sapevo tutto della Juve, grazie al fatto che compravo (anzi, mi compravano) “Hurrà Juventus”, “Tuttosport” e un quindicinale (se non ricordo male) che si chiamava “Juve Squadra Mia” (e di cui esisteva anche la versione milanista e interista). La mia “cultura” calcistica era frutto degli acquisti fatti nell’edicola sotto casa gestita da Claudio, un interista di ferro che mia madre conosceva da sempre e con cui facevo dei “teatrini” di sfottò incredibile.
A Pineto in quegli anni lego molto con alcuni miei coetanei di Roma che tifavano (e tifano ancora) per la Roma: mai fino a quel momento avevo conosciuto persone che non tifassero Juventus, Milan, Inter o Torino. Nell’agosto 1991 al mare conosciamo una coppia di ragazzi di Torino, Lina e Giovanni, juventini. Sarà la comune squadra di tifo, sarà che eravamo gli unici piemontesi presenti in hotel, sarà che erano dei bravi ragazzi instauriamo con loro una bella amicizia.
Parlano loro che parliamo noi e alla fine, seduti accanto all’ombrellone: “perché non venite a Torino a vedere una partita della Juve ?”, ci fa Giovanni. “Visto che Simone è anche juventino…”. I miei genitori acconsentono e quindi tutti allo stadio domenica 1 settembre 1991, prima giornata di campionato, a vedere Juventus-Fiorentina.
A fine vacanza i miei genitori scambiano il nostro numero di telefono con il loro (il nostro “0321” con il loro “011”). Qualche giorno prima della partita si sono sentiti così da accordarsi su orario e ritrovo per quella domenica. Allora non esistevano i cellulari, figurarsi whatsapp e quindi domenica 1 settembre, intorno alle ore 9, si parte alla volta del nostro capoluogo di regione: prima di allora ero stato a Torino con la scuola una volta a vedere il museo egizio ed il museo dell’automobile. Entrata autostradale “Novara” (oggi non più esistente) sulla A4 e via verso Torino. Ci saremmo trovati con Lina e Giovanni poco fuori dal casello autostradale di Torino, in corso Giulio Cesare.
Appena trovati, baci e abbracci. Visto che allora giocavo (anzi, “giochicchiavo”) a calcio, mi ero presentato per l’occasione con la maglia del Tottenham. Il motivo di quella maglia era che mi piacevano Gary Lineker e Paul Gascoigne e l’avevo comprata (anzi me l’avevo fatta comprare) in un negozio di articoli sportivi di Novara in corso Italia oggi non più esistente, il “Pescio Sport”.
Prima tappa, Superga. Decidiamo di andare a vedere la basilica per due motivi: ne avevamo parlato a scuola, l’avevo soltanto vista sui libri e mai dal vivo; lì era successo l’incidente aereo che, il 4 maggio 1949, aveva portato alla morte del Grande Torino.
Facciamo un giro dentro e fuori la basilica, soprattutto per vedere il luogo dell’incidente e la lapide che ricorda le 31 vittime del disastro aereo (diciotto giocatori, tre allenatori, tre dirigenti, tre giornalisti al seguito e quattro membri dell’equipaggio). Un luogo molto caro ai tifosi granata e a cui tanti tifosi di altre squadre (ma anche persone non tifose) rendono sempre omaggio.
Pranzo in un self service di Venaria Reale (nella prima periferia di Torino) e poi, intorno alle ore 14, la partenza verso lo stadio. Parcheggiate la macchina, ci dirigiamo verso il “delle Alpi”.
Quello stadio già da lontano mi sembrava enorme: 72mila posti di capienza, tre anelli, tutto coperto, impianto realizzato ex novo per i Mondiali di calcio, vanto dell’ingegneria civile italiana e “casa”, a partire da quella stagione, di Juventus e Torino che lasciavano dopo tanti anni il vecchio “Comunale”.
Indosso sempre la maglia del Tottenham, ma capisco che non posso vedere giocare la Juventus con la maglia di un’altra squadra e quindi mi faccio comprare in una delle tantissime bancarelle intorno allo stadio una t-shirt raffigurante il volto del mio calciatore preferito dell’epoca (e ancora oggi, a distanzi di oltre trent’anni); Roberto Baggio. Avevo poi con me una sciarpa comprata tempo prima.
Pronti, partenza, via…si entra dentro lo stadio. Giovanni e Lina avevano preso come biglietti il primo anello della Curva Nord, quella che quando giocava il Toro si chiamava “Maratona”, ma che quando giocava la Juve era la curva dei “Viking”, dal nome dell’enorme striscione che capeggiava per tutto il secondo anello con il nome ed il simbolo di questo gruppo ultras. La partita iniziava alle ore 16 ed almeno un’ora prima che l’arbitro fischiasse l’inizio, mi sembrava di essere capitato in un luogo incredibile: uno stadio enorme, almeno 50mila persone presenti, il grosso altoparlante sopra il campo, la pista di atletica, il manto erboso verdissimo, gli striscioni, i cori, tutti con qualcosa di bianconero addosso.
Poi l’ingresso in campo delle squadre per il riscaldamento pre-partita: la Juve schierava Tacconi, Julio Cesar, Casiraghi, Marocchi, de Agostini, Schillaci, Baggio e i nuovi arrivi Carrera ed i campioni del Mondo Kohler e Reuter. Allenatore, Giovanni Trapattoni, tornato dopo cinque anni alla Juve per subentrare a Gigi Maifredi, allenatore della stagione precedente (la peggiore dei precedenti trent’anni). Gli avversari li conoscevo perché, sempre informatissimo, i loro nomi li leggevo sui giornali: Mareggini, Dunga, Maiellaro, Branca, Borgonovo ed il loro allenatore, Sebastiao Lazaroni, un allenatore brasiliano che l’anno prima aveva guidato il Brasile ai Mondiali di Italia ’90 e che proprio al “delle Alpi” era stato eliminato dall’Argentina per mano (anzi, per “piede”) di Claudio Caniggia, un giocatore molto caratteristico per i suoi lunghi capelli biondi che lo rendevano quasi un cantante rock dell’epoca (oltre ad aver “contribuito” a portare alla sconfitta della nostra Nazionale contro l’Argentina in semifinale.
Alla nostra sinistra, il settore ospiti. In una sorta di gabbia, c’erano almeno 2mila tifosi della Fiorentina che non smettevano mai di fare cori per la loro squadra e contro la Juventus, di cui era una grande rivale. Ed infatti prima, durante e dopo la partita ci furono scontri tra le due tifoserie con lancio di seggiolini da un settore all’altro con la polizia in antisommossa a placare gli animi (e fare andare i manganelli). Quegli scontri sono durati tanto, tantissimo e ad un certo punto i tifosi viola hanno cercato di sfondare il plexiglass che divideva i due settori per venire dentro il nostro. E ammetto che ho avuto paura che davvero sarebbero venuti e mi sono messo a piangere dalla paura. Un vero trauma come debutto in uno stadio!
Nonostante questo, della partita ho quattro ricordi: Mareggini che calpesta Casiraghi in terra, un Maiellaro molto falloso, il gol di testa di Casiraghi, l’ingresso in campo di Gabriel Omar Batistuta.
Il gol di Casiraghi fece tremare lo stadio: cross di di Canio da sinistra e l’attaccante con la maglia numero 11 di testa che supera Mareggini al 42’. Gioia immensa e Casiraghi sotto il nostro settore a fare festa. Peccato che la visuale non era ottima per colpa della pista di atletica che circondava il campo, ma ho visto bene la rete gonfiarsi e Gigi Casiraghi esultare con i suoi compagni e con tutto lo stadio.
Al triplice fischio, vittoria della Juventus: i primi due punti della stagione (allora la vittoria valeva due punti) e io che avevo visto dal vivo questo successo molto importante, alla faccia dei tifosi fiorentini che mi avevano messo paura.
Fuori dallo stadio, la situazione era normale e siamo tornati alle macchine. Salutiamo Lina e Giovanni e diciamo loro che saremmo tornati altre volte a vedere con loro giocare la Juventus anche perché, a parte il discorso “scontri tra tifosi”, mi era piaciuto tutto. Appena usciti dal parcheggio, coda infinita di automobili strombazzanti e con fuori dai finestrini sciarpe e bandiere. Ci “adeguiamo” anche noi: fuori la mia sciarpetta.
Il giorno dopo a scuola ho parlato con i miei compagni di quella mia “prima volta” allo stadio.
Dopo di allora, almeno fino al 1998, sono andato tante altre volte al “delle Alpi” a vedere giocare la Juventus (anche una volta in Champions League) ma con il monito dei miei: andare allo stadio ma a vedere solo partite tranquille dove non ci sarebbero stati incidenti tra le tifoserie. Cosa che puntualmente abbiamo fatto e cosa che, grazie al cielo, non è mai accaduta. E fino al 1995 (o giù di lì) siamo sempre andati con Lina e Giovanni. Poi purtroppo con loro non ci siamo più sentiti, non sono più venuti al mare con noi: ci avevano però detto che si sarebbero poi sposati e che hanno avuto un figlio che oggi avrà sui 25-27 anni (credo). Lina l’ho poi ritrovata qualche tempo fa su Facebook ma purtroppo sono 30 anni che ci siamo visti dall’ultima volta. E tra l’altro da qualche parte in casa di mia madre ho ancora le foto fatte quella domenica. Di loro ho comunque un bel ricordo e chissà mai che un giorno (non troppo lontano) possa rincontrarli. E ne avremmo di cose da dirci.
Mi posso anche vantare di una cosa di quella domenica di quasi 34 anni fa: aver visto il debutto in Serie A di un giovane attaccante argentino di cui si diceva un gran bene, Gabriel Omar Batistuta. Allora aveva 22 anni e superò le aspettative degli addetti ai lavori, diventando uno degli attaccanti più forti visti in Serie A negli anni successivi. In quel Juventus-Fiorentina giocò poco più di trenta minuti e fu marcato strettamente da Kohler che non gli ha fatto vedere palla, ma la sua carriera parla da sola.
Negli anni successivi siamo andati ancora tante altre volte a Pineto e poi ci sono andato anche con Paola prima da fidanzati e poi da sposati. Ancora oggi sento gli amici conosciuti quasi quarant’anni fa in Abruzzo ed i miei amici romani-romanisti Andrea, Giampaolo, Stefano e Paolo, oltre a sentirli praticamente sempre, fanno parte a pieno titolo della mia vita: quando si dice la vera amicizia. Gli sfottò, nel mentre, non sono mai mancati.
A distanza di allora, tanto è cambiato. Addirittura il “mio” primo stadio ora non esiste più: il “delle Alpi”, costato oltre 220 miliardi di lire dell’epoca, è stato demolito nel 2009 e dalle sue ceneri è nato un nuovo impianto, lo “Juventus Stadium” (oggi “Allianz Stadium”), lo stadio di proprietà della Juventus, mentre il Torino, dopo la demolizione dello stadio allora in via Altessano, ha sempre giocato allo stadio “Olimpico” (ovvero il vecchio “Comunale” ristrutturato dopo le Olimpiadi invernali del 2006) e oggi quell’impianto è co-intitolato alla memoria del Grande Torino.
A fine gennaio ho scoperto, con mio grande dispiacere, che il mio ex edicolante Claudio, ad inizio anno, era morto: non mi dimenticherò mai di lui, del suo essere anti-juventino con grande simpatia e del fatto che se mi sono appassionato al gioco del calcio è anche grazie a tutta la “cultura calcistica” che mi ha inculcato (e venduto) nella mia adolescenza.
Poi nell’estate 1993 ho “scoperto” il Novara Calcio ed il resto è storia attuale.
Dopo quel 1 settembre 1991, sono andato tantissime altre volte allo stadio ed ogni volta è sempre come la prima volta. Di anni da quella domenica 1 settembre 1991 ne sono passati, ma ci sono luoghi “del cuore” che non si possono dimenticare e so che tutti i “calciofili” e gli “stadiologi” che leggeranno questo pezzo concorderanno con me: queste cose ce le porteremo sempre con noi.
immagine in evidenza tratta dalla pagina Facebook ultras-tifo.net