di Simone Balocco
Carbonara al Ticino è un comune di 1.500 abitanti in Provincia di Pavia a quindici chilometri scarsi ad ovest del capoluogo, immerso nella Pianura padana. Questo paese è salito alla ribalta delle cronache lo scorso 22 settembre quando circa quattrocento persone si sono ritrovate per il secondo anno consecutivo per festeggiare un evento che, oggi, nel 2018, sa di desueto: vedere passare un treno in compagnia. I nostri lettori avranno subito legato il binomio “persone-passaggio del treno” ad uno dei film più celebri della commedia italiana: “Il ragazzo di campagna”. Nel comune pavese si è tenuto il secondo evento in onore della celebrazione del film incentrato sulla vita del quarantenne Artemio, impersonato dall’attore Renato Pozzetto, il simpatico contadino stufo della campagna che voleva scoprire la città ed affermarsi come cittadino.
Film del 1984, ancora oggi quando è trasmesso in televisione ha ancora una importante audience, segno che nonostante sia stato girato oltre trenta anni fa, è un film che raccoglie ancora consensi e strappa ancora una risata (ma forse anche molte di più) nonostante viviamo in un mondo 2.0 dove tutto va veloce e tutto è wifi. E non a caso il film prende un po’ in giro la vita degli anni 80, appunto veloci, stressati e vissuti alla grande.
Ma vediamo perché “Il ragazzo di campagna” è un diventato un vero fenomeno.
La regia di Castellano e Pipolo, un binomio importante con Pozzetto – Quando di parla di Castellano&Pipolo (al secolo Franco Castellano e Giuseppe Moccia, padre dello scrittore Federico) si parla di grandi film comici. I due registi romani (registi di altri capisaldi della comicità come “Attila il flagello di Dio”, “Il bisbetico domato”, Mia moglie è una strega”, “Grand Hotel Excelsior”, “Grandi magazzini”, sceneggiatori di Totò e di molti varietà negli anni Settanta) hanno diretto alcune pellicole che sono ricordate ancora oggi con affetto (e risate) dal pubblico italiano. E con questo film, datato 1984, si sono superati raccontando la vita di un contadino di 40 anni in crisi di…mezza età che il giorno del suo compleanno parte con il suo trattore verso la ricca e prospera Milano in cerca di fortuna, portando con sé i classici stereotipi del contadino: dal suo arrivo a ridosso di piazza San Babila con il trattore, al non riuscire ad attraversare la strada perché travolto dai milanesi che vanno al lavoro; dal sequestro dello stesso trattore perché “non a norma”, alla nettezza urbana che scambia la sua valigia per un rifiuto urbano tanto è brutta e vecchia; dal ritrovare il cugino Severino dopo anni e scoprire, direttamente, che è uno scippatore, alla platonica storia d’amore con Angela, 26enne milanese “imbruttita” ed in carriera, fino ai vari tentativi di trovare un impiego senza fortuna, tornando a casa ogni sera nello strano e stretto appartamento ultra moderno, ma di una scomodità infinita. Il tutto con scene surreali di una comicità oggi persa, ma che ogni volta fa share in tv.
Il protagonista: Artemio – Il film inizia il 22 aprile: il contadino Artemio si sveglia per affrontare un’altra giornata di lavoro. La vita in campagna è dura e senza comodità: sveglia all’alba per “voce” del gallo, lavaggio della faccia con acqua ghiacciata…venuta fuori da un blocco di ghiaccio rotto, riscaldamento assente ed un pinguino che esce dal guardaroba. Quella mattina, dopo aver tagliato le unghie, letto le notizie dal Mondo e scoperto il “consueto” menù a base di coniglio, Artemio scopre dalla anziana madre che compie 40 anni, come il castagno piantato davanti alla casa per festeggiare allora la nascita. Artemio ha un sussulto: 40 anni di vita piatta, di vita dura nei campi senza essere mai uscito dal suo paese (Borgo Tre Case frazione di Borgo Dieci Case) dove l’unico passatempo della gente (ormai anziana) è guardare passare il treno il venerdì. Un vero evento che ferma il paese non solo perché il passaggio a livello spezza il borgo, ma perché tutti si fermano a guardare la “novità”.
Artemio vuole uscire dal guscio materno e dalla sciatta vita di Borgo e, come si dice in dialetto, “ciapa su” e parte alla volta della Milano ricca ed industriosa dove lui avrebbe voluto diventare un vero uomo e non un semplice contadino.
Artemio sale sul trattore in direzione Milano in cerca di fortuna, solo che la fortuna non busserà mai alla sua porta e alla fine arrabbiato contro la città e la sua vita caotica se ne tornerà a Borgo Tre Case dove alla fine si fidanzerà e (si presume) sposerà con Maria Rosa, l’unica ragazza giovane del paese innamorata di lui, che nel giro di pochi mesi (dalla sua partenza al ritorno) si trasformerà da brutto anatroccolo a cigno, colpendo Artemio e spingerlo a scegliere lei piuttosto che la milanese “moderna” Angela per cui lo stesso contadino aveva perso la testa.
Le donne del film: “la Maria Rosa” e Angela – Il film è anche un commedia (alla fine) romantica. A Borgo Dieci Case l’unica (quasi) coetanea di Artemio è Maria Rosa (interpretata da una sconosciuta, ma efficace, Sandra Ambrosini), la figlia del produttore di vino del paese. Ad Artemio lei non interessa in quanto brutta, con l’acne e trasandata. Eppure alla madre di Artemio piace, anche perché è del paese cosicché il figlio non si debba allontanare da Borgo Tre Case. Il protagonista non vuole sentire ragione e tratta male la povera Maria Rosa che, nonostante questo freddo distacco, lo ama sempre e comunque. Nella tentacolare Milano, Artemio conoscerà una bella ragazza di nome Angela (interpretata da Donna Osterbuhr) di cui si innamorerà. E pensare che l’aveva conosciuta nel peggiore dei modi, spinto dal cugino Severino a scipparla in motorino. Angela venne privata della borsa, ma non appena Artemio capisce che il cugino è uno ladro lo lascia perdere e riconsegna la borsa alla legittima proprietaria, segno che Artemio non è un poco di buono, ma un ragazzo onesto e sincero.
Angela rappresenta la ragazza milanese rampante degli anni Ottanta: ben curata e ben vestita, rampante, arrivista, impegnata su tanti fronti (anche dal punto di vista sportivo, essendo una sfegata tifosa juventina ed il povero Artemio in un Inter-Juventus ne prenderà di santa ragione avendo sbagliato, fantozzianamente, settore dello stadio insieme a lei), ma sempre sola perché non vuole impegnarsi sentimentalmente. Artemio se ne innamora subito, tanto da vivere all’inizio qualche giorno con lei in attesa del trovare una sistemazione ed un lavoro. Angela è il prototipo della donna milanese della sua epoca e non avendo un senso empatico verso il povero Artemio gli troverà una sistemazione in uno stano e costosissimo appartamento dal mobilio bianco e blu che porterà Artemio già subito a perdere i risparmi della vita datogli dalla povera madre.
Artemio riusce a trovare qualche lavoretto (metronotte, protagonista di un spot tv, accompagnatore di un cieco) e a fare qualche colloquio (l’assicuratore), ma non porta a casa nulla e per vivere è stato costretto a vendere il suo sangue. Con quei soldi riesce a regalare un anello di fidanzamento ad Angela che lo rifiuta, non interessata a legarsi a lui e a sposarlo.
Angela coinvolge Artemio in ogni cosa, ma con lo scopo di usarlo per non restare da sola.
Quando Angela gli dà il “due di picche”, Artemio si dispera al punto di tentare il suicidio da un ponte sul Naviglio. Peccato che viene salvato da un uomo di mezza età che, impietosito dal suo status e dalla ricerca disperata di soldi, vorrebbe introdurlo nel mondo dello spaccio di marijuana ai ragazzini davanti alle scuole.
Artemio, integerrimo-onesto-dolce come pochi, declina in maniera violenta l’offerta e perde le staffe: la Milano che sognava lo aveva tradito ed inizia ad inveire contro tutti, persino contro la polizia. Una pattuglia riceve uno sputo da parte sua e porta il contadino in Questura. In Questura interpretano male ciò che racconta Artemio e vedendolo povero, vestito male e impazzito, decidono di dargli un foglio di via da Milano. Tornato a casa, riprende la sua vita in mano, tornando a fare ciò che sapeva fare meglio: il contadino.
Angela invece, alla fine della storia, rimarrà da sola perché una volta tornato a Borgo Tre Case Artemio si fidanzerà con Maria Rosa, lasciando la bella impiegata milanese con un palmo di naso ma pronta a partire per un viaggio a Tenerife, nonostante avesse cercato il contadino per dirgli che aveva cambiato idea sull’idea del matrimonio. Ma Artemio, che era un umile contadino di provincia ma non uno sciocco, rifiuta sia l’assunzione alle assicurazioni, stracciando la lettera che gli aveva portato Angela, sia la proposta di Angela, sapendo che in caso positivo non sarebbe stato felice.
Cosa che invece con Maria Rosa non sarebbe successa, poiché più umile e sincera di lei. Nel frattempo, cosa da non tralasciare, la giovane campagnola era diventata più bella e meno scialba di quando l’aveva lasciata.
Se avesse scelto la rossa Angela e non la paesana Maria Rosa il film non si sarebbe concluso con la mitica frase: “e vissero contadini e contenti”.
Le scene cult: il passaggio del treno – Il film di Castellano e Pipolo dura 90 minuti, tutti da ridere. Se si dovesse scegliere la Scena con la S maiuscola, senza dubbio tutti sceglieremmo quella che è davvero un cult: il passaggio del treno.
E’ il simbolo del film, una scena che oggi tra alta velocità su strada ferrata e app sugli smartphone che indicano orari e puntualità dei treni, fa ridere e rende l’idea di come era semplice la vita contadina: riunirsi tutti insieme davanti alle sbarre del passaggio a livello ed aspettare in trepidazione il passaggio del treno, quasi fosse la prima di un film.
Una scena di una semplicità senza eguali, ma che ha reso il film un capolavoro.
Perché è un fenomeno di costume questo film – Il sito della Treccani definisce il “cult” come un “film, fumetto, libro, disco e simili. che riscuote un successo di lunga durata ed è particolarmente ricercato dal pubblico degli appassionati”. In pratica, un cult è un qualcosa di memorabile degno di essere ricordato e tramandato nel tempo.
“Il ragazzo di campagna” può essere considerato un cult? Assolutamente si ed il raduno avvenuto lo scorso 22 settembre a Carbonara al Ticino in località “Casoni” ne è stata la riprova: oltre 400 persone di tutte le età si sono ritrovate per celebrare la storica pellicola di Castellano e Pipolo. Ospite d’eccezione: Renato Pozzetto, ovviamente. Il 78enne attore, volto notissimo della commedia italiana degli anni Settanta e Ottanta, oggi un po’ meno mainstream di allora, si è ritrovato come tanti adepti per celebrare le battute più famose, gli aneddoti e replicare la scena delle scene: il passaggio del treno, seduti davanti alle sbarre abbassate del passaggio del treno. Proprio come il 40enne Artemio aveva fatto fino al giorno del suo compleanno e sicuramente sempre prima di allora.
“Il ragazzo di campagna” però si prende anche gioco della Milano degli anni Ottanta, rappresenta in toto dalla figura di Angela. Anzi, nel film Milano è l’antagonista di Artemio che farà di tutto (riuscendoci) per farsi odiare dal simpatico agricoltore che raccoglieva e spargeva letame come professione. E la scena in cui dà di matto, sputando contro le auto ne è l’emblema: Milano mi hai sconfitto, ma me ne torno a casa a testa alta perché sei stata tu a non volermi e non io a non volere te.
A parte questo, anche i social hanno contribuito a rendere ancora più epico di quanto non lo fosse il film: fan page, gruppi, utenti che non perdono occasione per condividere sulle loro bacheche spezzoni del film o magari riportare il famoso “taaaac!” in ogni occasione della propria vita. Per non parlare di veri e propri tour sui luoghi del film, con selfie e citazione “campagnola” annessa. E la data del raduno non è stata casuale, giorno in cui, nel film, Artemio aveva detto ad Angela che il loro matrimonio si sarebbe tenuto quel giorno.
A Carbonara quel sabato pomeriggio non si è celebrato nessun matrimonio, ma l’happening in ricordo di un film che non ha vinto Oscar o altri premi cinematografici di prestigio, ma che è rimasto nell’immaginario collettivo come un film da vedere sempre, in qualsiasi momento. Taaaac!
immagini tratte da play4movie.it e cineblog.it