Il “mio” Giovanni Udovicich

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di Simone Balocco

 

Ieri si è tenuto, presso la chiesa di San Martino, l’ultimo saluto a Giovanni Udovicich. Giovanni Udovicich per chi segue il Novara Calcio non è stato il nome di un calciatore qualunque: è stato IL NOVARA CALCIO.

Faccio parte di quella schiera di tifosi che, per motivi anagrafici, purtroppo, non lo ha mai visto giocare dal vivo: sono nato nel 1981 e Udovicich si era ritirato al termine della stagione 1975/1976 per via di un serio infortunio al ginocchio. Quella stagione si chiuse con il Novara di Lamberto Giorgis (morto una settimana prima dell’ultimo addio ad Udovicich) al sesto posto in classifica. La stagione successiva, senza Udovicich in campo, la squadra retrocesse in Serie C dopo sette campionati cadetti consecutivi e per il club (ed i suoi tifosi) iniziò un “calvario” terminato solo il 25 aprile 2010 con il ritorno della squadra in Serie B dopo trentatre anni consecutivi tra Serie C, Serie C1, Serie C2 e Lega Pro.

Giovanni Udovicich è stato il simbolo della Novara calcistica. Motivo? Con 516 presenze, “Nini” è il recordman di presenze dalla sua fondazione a oggi. Ed il suo primato, che dura ininterrottamente da 43 anni, durerà ancora tanti altri anni (se non decenni) perché Udovicich faceva parte di un altro calcio: un calcio umano, dove la maglia non era solo una cosa in sintetico da indossare la domenica prima della partita, ma era un qualcosa che si indossava nel cuore, nell’anima e nella mente. E non a caso, con la morte dell’ex capitano azzurro, muore una delle ultime bandiere del calcio nazionale. Giocatori che hanno deciso (senza rimpiangersi mai) di mettere la loro squadra davanti a tutto e a tutti. Anche ad offerte importanti di squadre di categoria superiore.

Eh si perché Giovanni Udovicich ha ricevuto in carriera molte lusinghiere offerte da parte di squadre della massima serie, ma lui ha sempre rifiutato: prima il Novara…e dopo anche. Un segno di riconoscenza verso una piazza calcistica tranquilla che da mercoledì è orfana del suo mito, del suo simbolo, della sua storia recente.

C’era tanta gente ieri dentro e fuori la chiesa del quartiere dove “Nini” abitava. Tantissimi tifosi commossi, ma orgogliosi di aver visto giocare (quelli più agé) quell’uomo nato a Fiume e che lo ha visto esule a sei anni. Gli Udovicich, scacciati come altri 300mila dalle loro terre dalle forze di Tito, trovarono nella città di San Gaudenzio la loro nuova casa, anche se distante 530 km dalle loro radici.

Giovanni amava il calcio e a 14 anni entrò a far parte del settore giovanile del Novara, allora in Serie A. Era destino: entrava “Nini”, usciva Silvio Piola. Guarda caso, i due giocatori più amati dai tifosi: il futuro recordman di presenze ed il cannoniere di sempre degli azzurri in Serie A.

L’11 febbraio 1958, a Bari, arrivò il debutto in prima squadra di “Nini” come…attaccante, lui che era uno stopper nato. Da lì in poi cambiò ruolo, dovuto anche al fisico e alla mole. La sua prima partita nel suo ruolo “naturale” la disputò allo stadio “Cibali” di Catania il 18 maggio successivo. Con l’arrivo di mister Facchini, “Nini”, nella stagione 1960-1961, divenne titolare inamovibile: 18 campionati consecutivi, dieci reti, due promozioni e due retrocessioni di cui una molto contestata per un presunto illecito sportivo mai chiarito del tutto. Ma lui è sempre stato lì: maglia numero 5 sulle spalle, “pelata” e lunghe leve che gli permisero di staccare in aria prima dell’avversario, colpire di testa e far ripartire l’azione evitando il gol al Novara.

La sua ultima partita la disputò il 30 maggio 1976 contro la Ternana: usci al 71′ e non entrò più in campo. Se non si fosse infortunato gravemente al ginocchio, avrebbe giocato ancora ed incrementato il suo bottino di caps. Un infortunio al ginocchio che oggi lo vedrebbe in campo dopo pochi mesi, ma che allora significava una cosa sola: ritiro.

Nei suoi diciotto anni tinti di azzurro, Udovicich ebbe tre presidenti (Spaini, Plodari e Tarantola) e tredici allenatori. E con Alberto Vivian formò una diga difensiva da urlo.

Era un calcio “di provincia” quello di Udovicich, dove non esisteva ancora Novarello ed il campo di calcio era il “Comunale” di via Alcarotti. Non c’era la “legge Bosman”, non c’erano gli agenti e non c’erano i social network. Un calcio che manca come il pane.

Ieri nella piazza della chiesa di San Martino c’erano inoltre alcuni ragazzi della curva che sventolavano orgogliosi la maxi-bandiera con l’effige stilizzata del giocatore. La stessa bandiera che da tre stagioni fa capolino in Curva Nord e che questa sera, e durante le prossime partite, dovrà sventolare ancora di più di quanto non abbia fatto finora. Motivo? Per “Nini”. Per la squadra. Per tutti coloro che hanno reso grande il Novara nella sua ultracentenaria storia.

Ovviamente tutto stadio questa sera dovrà omaggiare al meglio la memoria di Giovanni Udovicich. Non basteranno il lutto al braccio dei giocatori ed il doveroso minuto di silenzio prima del calcio d’inizio. Dovrà esserci una prova maiuscola di tutta la squadra. E non solo per la classifica, ma per il suo ex capitano. Capitano di 516 battaglie e l’immagine di un Novara d’antan che sulle “figu” Panini faceva bella mostra della “pelata” di Udovicich e di una squadra che quarantatre stagioni fa “rischiò” di tornare in Serie A dopo 20 stagioni, ma che invece dovette poi attenderne altre trentacinque.

Udovicich è stato il simbolo di quella “novaresità calcistica” che ora non c’è più, con l’unico cruccio di non aver mai giocato in massima serie. Ma lui, no testardo: sempre e solo Novara, orgoglio e vanto di tutta la città.

Purtroppo non ho mai avuto modo di conoscere Giovanni Udovicich se non vederlo nelle vie del quartiere prima che mi trasferissi in un altro. Mi hanno detto che è stato un grande calciatore, ma tutti hanno messo l’accento sul fatto che è stato un grande uomo. Ed è anche per questo che ieri pomeriggio gli sono stati tributati lunghi applausi. Soprattutto quando sul feretro è stata posizionata una maglia azzurra. La maglia che lui ha reso grande e nota in tutta Italia.

Anche se non ho mai avuto il piacere di conoscerlo di persona (e questo cruccio me lo porterò con me per sempre), mi resterà il fatto che, ad esempio, tante pagine sui social, SportMediaset, TeleVideo e molti quotidiani nazionali (sportivi e non) abbiano dedicato a Giovanni Udovicich un grande spazio per ricordarlo. Se lo meritava, il “Nini”. Ed è stato giusto così.

Si dice che questa potrà essere una difficile stagione per il Novara: squadra giovane, rivoluzionata e ridimensionata rispetto al passato.

“Nini”, fai una cosa: da questa sera e per sempre, guarda dall’alto la squadra e guidala come hai fatto tu per diciotto entusiasmanti anni.

E grazie per le emozioni che hai regalato a me e a tutti quelli che, come me, hanno il Novara nel cuore e sono cresciuti con il tuo mito nel cuore, nell’anima e nella mente.